Si scrive flessibile, si pronuncia ingiustizia

recensione di Gian Marco Martignoni a «Vite Rinviate. Lo scandalo del lavoro precario» di Luciano Gallino

Instancabilmente Luciano Gallino, professore emerito dell’università di Torino, ritorna con il testo «Vite Rinviate. Lo scandalo del lavoro precario» (Laterza: pagg.136 € 5,90) su un tema centrale del dibattito politico, anche riprendendo alcune tesi enucleate nel precedente e fondamentale volume «Il Lavoro non è una merce, contro la flessibilità». Lo fa con nettezza e serietà, premettendo al suo discorso il diario postumo di un lavoratore flessibile che nell’ottobre del 2001 elenca le virtù della flessibilità, per scoprire nel 2020 che senza un lavoro stabile, a partire dalla possibilità di una carriera, non si va da nessuna parte.
D’altronde nella società flessibile del 7×21, ove il flusso continuo delle informazioni permette lo scorrimento senza limiti della produzione capitalistica, sono saltate le cosiddette “rigidità “che hanno contraddistinto il compromesso fordista del glorioso trentennio post-resistenza e l’instabilità del rapporto lavorativo è diventata la regola predominante non solo per le nuove generazioni.
La messa in concorrenza di un miliardo e mezzo di lavoratori “globali”, senza diritti e con salari ridotti al minimo, con il mezzo miliardo di lavoratori “tutelati” del nord del mondo, ha fatto sì che l’assunzione del principio di competitività da parte degli Stati come sovraordinato rispetto alle sette forme base di sicurezza economico-sociale stabilite nel 1999 dall’Oil (Organizzazione internazionale del lavoro) determinasse un processo inarrestabile di mercificazione della forza lavoro.
Nel nostro Paese le riforme del mercato del lavoro del 1997 (il pacchetto Treu), 2003 e 2012 hanno precarizzato la condizione lavorativa ed esistenziale di milioni di persone, generando profonde diseguaglianze di reddito, di qualità del lavoro, di autonomia, nonché l’annullamento degli indici che nell’epoca fordista misuravano la protezione dell’impiego.
Ora anche il governo Renzi, rispondendo alle direttive dell’egemonia neo-liberale insediatasi nel cuore dell’Europa, con la conversione in legge del decreto 34 del 2014 si muove nella direzione della più completa liberalizzazione dei contratti a termine, pur se paradossalmente la richiesta di forza lavoro nel nostro Paese è prevalentemente a qualificazione medio-bassa.
Pertanto, la prospettiva per questa forza lavoro flessibile è quella di galleggiare nel limbo della povertà relativa, essendole preclusa anche la possibilità di associarsi alle organizzazioni sindacali, stante il ricatto dell’eventuale rinnovo del rapporto di lavoro a termine, determinato, a progetto, collaborazione, ecc.
D’altronde il pensiero neo-liberale prevede un ruolo residuale e subordinato agli imperativi dell’economia di mercato per le organizzazioni sindacali, e quindi il rinnovamento delle forme di rappresentanza del movimento operaio, nonché la ricostruzione di rapporti di forza in grado di misurarsi con le tendenze devastanti della società ultra-capitalistica, passa per forza di cose per la ricomposizione di questa grave frattura determinatasi, anche per le gravi responsabilità dimostrate dai governi di centro-sinistra a livello internazionale, all’interno del mondo del lavoro.
Molto opportunamente accompagnano «Vite Rinviate» una serie di puntuali statistiche sui tassi di occupazione, disoccupazione, ecc. su scala nazionale ed europea, nonché un interessante dizionario con le fondamentali parole-chiavi del lavoro.

Redazione
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