Simboli religiosi, tortellini e i nostri soldi

Non si tratta solo della proposta di protocollo e di una cappella dentro un ospedale di Imola…

di Roberto Vuilleumier (*)

Gentile direttore,

leggo su un quotidiano locale (**) un intervento di Simone Carapia di Forza Italia, che a mio modo di vedere è degno di puntuale replica.

Lo Stato e il Comune, che lui stesso in qualche modo rappresenta, sono di tutti, così come l’ospedale: trasformare la cappella in luogo multiculturale è segno di civiltà, “non di attacco” a una tradizione che peraltro non coinvolge “tutti gli italiani” ma solo quelli che credono in una determinata religione.

Tutte le religioni dovrebbero davanti allo Stato abbassare toni e simboli proprio in ragione del rispetto reciproco nei confronti del diverso.

Esempio ne è proprio la sentenza definitiva della Suprema Corte che ha sancito per esempio che il crocifisso, simbolo della religione cristianocattolica niente altro è che un suppellettile: e aggiungo che – per ragioni di rispetto, insieme al velo musulmano e ogni altro simbolo – andrebbe tolto ed infilato in un cassetto.

Segno di poco rispetto sarebbe chiedere a ogni edificio pubblico di affiancare al crocifisso il tortellino o il cappelletto, simbolo anch’esso della tradizione culinaria locale.

E’ privo di senso e irrispettoso, e attacco allo Stato laico, semmai che i soldi pubblici vengano impegnati per mantenere la cappella di un’esclusiva religione, esclusivi assistenti religiosi strapagati, che contribuiscono all’esborso annuale a carico dei cittadini italiani con la modica cifra di oltre 6 miliardi di euro, a favore esclusivo della Chiesa Cattolica che – ricordo – oltre ad avere beni per oltre 2000 miliardi di Euro (fonte: «Il sole 24 ore») ha appena avuto in eredità un’azienda, la Faac, del valore stimato di 1,7 miliardi di euro.

Dunque la Chiesa Cattolica può costruire cappelle – se conviene, visto il calo di fedeli – a sue spese ma fuori dai luoghi pubblici; al loro interno dovrà prima o poi adeguarsi al fatto che esistono altri pensieri anche non confessionali, i quali hanno tutto il diritto di avere un luogo non esclusivo, ma condiviso, ove potersi raccogliere in un momento di dolore.

Attendiamo con ansia di capire cosa farà la direzione dell’ospedale anche per quello che riguarda gli assistenti religiosi strapagati e vista l’ardore politico formalizzeremo come Uaar una proposta per rendere quel locale un locale condiviso e non più esclusivo.

ECCO LA PROPOSTA DI UN PROTOCOLLO fra l’ospedale di Imola Santa Maria della Scaletta e Uaar (Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti)

L’Uaar associazione della quale sono delegato a Imola e Castel S.Pietro Terme è un’organizzazione filosofica non confessionale, democratica e apartitica che intende tutelare i diritti dei propri associati, opponendosi a ogni forma di discriminazione, giuridica e di fatto nei loro confronti, attraverso iniziative legali e campagne di sensibilizzazione.
L’Uaar intende anche contribuire all’affermazione concreta del supremo principio costituzionale della laicità dello Stato e quindi fra l’altro di ottenere il riconoscimento della piena uguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini indipendentemente dalle loro convinzioni filosofiche e religiose. In particolare pretendere l’abolizione di ogni privilegio accordato, di diritto o di fatto, a qualsiasi religione in virtù della uguaglianza di fronte alla legge di religioni e associazioni filosofiche non confessionali.
Qualche tempo fa ho rilevato – anche grazie all’analisi di tutti “protocolli d’intesa” fra l’Azienda sanitaria e la Curia imolese – ingenti spese a carico del locale servizio di assistenza sanitaria locale e quindi dei cittadini, a mio avviso ingiustificati per ragioni di proporzionalità e “livello” o “ categoria”dei corrispondenti “stipendi”.
Per quanto la Legge regionale Emilia-Romagna 12 del 10 aprile 1989 (su “Disciplina dell’assistenza religiosa nelle strutture di ricovero delle Unità Sanitarie Locali”) consenta alla Curia di Imola, non certo povera, di essere profumatamente pagata da oltre 20 anni, per assistere “spiritualmente” i malati in fin di vita (nei secoli passati mi pare fosse una missione…) io ritengo la cosa di cattivo gusto; che poi questo venga pagato attraverso le tasse di tutti i cittadini a prescindere dalle loro convinzioni filosofiche e religiose lo ritengo assurdo.
Oltre ad altre “facilitazioni” economiche, la Curia gode all’interno dell’Ospedale di almeno un locale a uso esclusivo per permettere «il raccoglimento dei pazienti e dei loro parenti», oltre che per lo svolgimento di «riti religiosi».
– Considerato il sensibile aumento delle persone non credenti e di confessioni religiose diverse dalla cattolica nella società italiana attuale e il riflettersi di questo fenomeno nella tipologia dei pazienti ricoverati,
– considerata la natura del così definito “servizio di assistenza morale”, di carattere volontario per il bene e la salute psicologica del malato e dei suoi pazienti,
– visto quanto indicato dall’articolo 38 della legge 833 del 23 dicembre 1978, la quale prevede che le strutture di ricovero del Servizio sanitario nazionale assicurino «l’assistenza religiosa nel rispetto della volontà e della libertà di coscienza del cittadino», stipulando intese con le autorità religiose competenti per territorio,
– tenuto conto che l’articolo 52 comma 2 del Trattato Costituzionale Europeo ratificato dal Parlamento italiano il 7 aprile 2005, equipara lo status delle associazioni filosofiche non confessionali a quello delle confessioni religiose,
– vista la Legge regionale Emilia-Romagna 12 del 10 aprile 1989 (“Disciplina dell’assistenza religiosa nelle strutture di ricovero delle Unità Sanitarie Locali”),
– richiamati i commi 2 e 3 dell’articolo 1 della citata L. R. 12/1989: «Il servizio di assistenza religiosa ha il compito di assicurare presso i presìdi di ricovero sanitari e sociali del servizio socio-sanitario regionale, nel rispetto della volontà e libertà di coscienza dei cittadini, l’esercizio della libertà religiosa e l’adempimento delle pratiche di culto, nonché il soddisfacimento delle esigenze spirituali proprie delle diverse confessioni, in conformità ai rispettivi ordinamenti»,
– visto che l’organizzazione del servizio e le condizioni e modalità di svolgimento delle attività sono stabilite mediante apposite intese di cui all’articolo 38 della Legge 833 del 23 dicembre 1978,
– visto che le intese locali fra Unità sanitarie locali e autorità religiose competenti per territorio saranno conformi, per i singoli culti, all’intesa approvata dal Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, previo accordo con l’Autorità religiosa regionale (In sede di prima applicazione “A” e “B”),
– visto lo schema allegato B alla L. R. 12/1989 (“SCHEMA REGIONALE D’INTESA: Assistenza religiosa di culti non cattolici”).
– visto che, in base agli articoli 3 e 19 della Costituzione italiana e agli articoli 21 e 22 della «Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea», il contenuto degli articoli citati al punto precedente è applicabile anche alle persone non credenti.
ritengo opportuno fare alcune richieste che vadano nella direzione di un «protocollo d’intesa» fra l’associazione Uaar e l’ospedale di Imola che consenta indistintamente a tutti la libertà di culto e di pensiero, soprattutto in momenti difficili quali il ricovero ospedaliero, la sofferenza e il lutto.
Ritengo che le mie successive richieste vadano accolte dall’amministrazione ospedaliera anche in ragione del “principio di trasparenza” di cui ha diritto il contribuente, al quale viene erogato un servizio di cui non solo deve conoscerne “il costo” ma a parer mio anche le correlate motivazioni economiche legate nel caso a quelle “morali”.
In ragione dell’imminente scadenza del protocollo d’intesa con la Curia per quanto previsto dalla legge regionale 12/1989, chiedo in sede di “rinnovo” venga richiesto alla Curia di erogare il servizio di assistenza morale in maniera totalmente gratuita e che venga messa a “verbale” nel documento la richiesta dell’amministrazione e le argomentazioni per esteso che ne conseguono la risposta.
Inoltre, nel pieno rispetto delle differenti confessioni, culti, fedi viventi e convinzioni già presenti all’interno dell’Azienda ospedaliera richiedo che il locale attualmente a uso esclusivo della Curia venga liberato e trasformato in locale aperto «alla libertà di culto e di pensiero» accessibile quindi a tutte le fedi e/o pensieri filosofici e dedicato al raccoglimento e alla meditazione, di pazienti e familiari di tutte le fedi e di liberi pensieri (arredato in maniera sobria reciprocamente rispettosa e condivisa, senza fasce d’orari “riservate” ma con libero accesso a tutti in qualsiasi momento).
In subordine, richiedo un locale dedicato, parimenti accessibile e visibile di quello al momento dedicato esclusivamente alla Curia, che consenta il raccoglimento e la meditazione anche dei non credenti. Il locale sarà ovviamente condivisibile con quelle “fedi minori” che hanno altrettanto rispetto per la diversità di opinione filosofica-religiosa e se non per legge per coerenza offrono senza oneri per l’amministrazione pubblica il “servizio di assistenza morale ai malati”. L’accesso al locale sarà libero e non avrà “fasce d’orario” e nel caso venga partecipato da più fedi o “pensieri” verrà arredato nel rispetto reciproco delle stesse.
Compatibilmente con i tempi necessari alla formazione e all’organizzazione degli incaricati Uaar chiediamo venga regolato dal medesimo protocollo d’intesa anche il servizio di assistenza morale non confessionale, che sin da ora chiarisco, per il quale «nessun onere economico, o riconoscimento di altro titolo, è concesso o richiesto dalle parti, o da loro incaricati, per l’attività prestata».
Nel ringraziarla per la disponibilità, rimango in attesa di una sua cortese risposta
Cordialmente
Roberto Vuilleumier   

(*) Roberto Vuilleumier è referente Uaar Imola

(**) http://www.ilrestodelcarlino.it/imola/cappella-tutte-religioni-ospedale-1.14351

 

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