Soraya for president

dal blog Lunanuvola (31 maggio) di Maria G. Di Rienzo
Come sapete già, Feministiskt Initiativ (Iniziativa Femminista) ha partecipato alle elezioni europee raggiungendo in Svezia il 5,3% dei voti. L’eletta svedese è Soraya Post, 57 anni, origine Rom,

e sarà la prima parlamentare di un partito dichiaratamente femminista al Parlamento Europeo di Bruxelles. Credo sia interessante cercare di capire come un partito femminista, che si presentava per la prima volta alle elezioni, abbia avuto una partenza decisamente buona. Ho sottolineato quelli che per me sono indicatori significativi. Maria G. Di Rienzo

(tratto dall’intervista a Soraya Post di Kat Stoeffel per «New York Magazine», 23 maggio 2014)
E’ la tua prima campagna parlamentare. Come sta andando?
«Abbiamo fatto campagna con incontri nelle case private. Poiché siamo un piccolo partito non riceviamo denaro dal governo per portare avanti la campagna elettorale. Perciò abbiamo dato le nostre informazioni dicendo: Se siete interessati ad ascoltare le nostre idee politiche, con almeno altre 15 persone, in casa vostra o altrove, noi verremo da voi. Questo è il modo in cui lo abbiamo fatto, assieme alle elettrici e agli elettori».
Ndt: Cioè, Soraya e le altre (e gli altri, ci sono anche uomini nel partito) hanno trovato modi efficaci per attirare l’attenzione a costo zero e – incredibile! – persino alternativi al farsi fotografare in tanga: e hanno attirato l’attenzione non su una persona particolare, bensì sulle loro idee politiche. Se siete interessati ad ascoltare, e non alla vostra masturbazione autoironica e trasgressiva, che con le elezioni europee non c’entra un fico secco, noi – non Soraya, non un’altra/un altro singolarizzata/o seminuda/o – verremo a parlare con voi.
Come sei entrata in Iniziativa Femminista?
«Sono entrata nel partito, come membro, nel novembre 2013 quando mi chiesero se volevo prendere in considerazione l’essere nominata quale candidata al Parlamento Europeo. Sono stata un’attivista per i diritti umani ed un’organizzatrice per molti anni, a livello nazionale e internazionale, con una speciale attenzione ai diritti dei Rom.
La popolazione Rom in Europa, circa 15 milioni di persone, è molto esclusa dalla società. Io sono nata in Svezia – la mia famiglia era in Svezia da secoli – ma vivevo comunque come una cittadina di seconda classe a causa della mia etnia. Quando mia madre era al settimo mese della sua terza gravidanza (dopo aver avuto me e mio fratello) fu sottoposta a un aborto forzato e alla sterilizzazione forzata, solo a causa della sua etnia. Aveva 21 anni.
Attualmente l’ala destra politica, partiti nazisti e fascisti stanno crescendo assai rapidamente in Europa. Per me, è un grande onore rappresentare il partito femminista. Non siamo le sole donne in Parlamento, ma abbiamo assunto una chiara presa di posizione per l’eguaglianza di genere e per i diritti delle persone omosessuali. Siamo state davvero molto esplicite e siamo state riconosciute come la forza che si oppone al razzismo e al fascismo in Europa. Vogliamo che la dimensione femminista sia parte integrante e naturale di ogni processo interno a un parlamento democratico».
Gli altri partiti hanno deluso le donne? Perché un partito femminista?
«Tutti i partiti svedesi dicono di essere femministi, viene bene sulla carta, ma noi vogliamo che le belle parole sulla carta siano tradotte in pratica. Non vogliamo aspettare più. Ne abbiamo abbastanza, di aspettare. Non vogliamo “di più” dagli uomini, vogliamo semplicemente l’eguaglianza. Vogliamo condividere la responsabilità, il potere, la rappresentanza.
Io ho quattro figli adulti e la mia famiglia ha sofferto molti anni come ritorsione per il mio attivismo. Io ho davvero corso avanti e indietro nei corridoi della politica per far conoscere le mie opinioni e tentare di migliorare la situazione dei Rom. E’ per questo motivo che sono diventata una donna politica anch’io: devo stare nelle stanze dove si prendono le decisioni. Ho una vita sola! E devo usare pienamente le mie potenzialità».
(tratto da «EU – We need a feminist voice in Europe – These elections can be a new beginning» di Caroline De Haas, per «The Guardian», 23 maggio 2014.)
Quando si tratta dei diritti delle donne, le genti d’Europa hanno guardato sbalordite la Spagna muoversi all’indietro sul diritto delle donne di controllare i loro corpi. Messa semplicemente, il governo conservatore sta pianificando di bandire l’aborto eccetto che per i casi di stupro o di pericolo per la madre. Le istituzioni europee cos’hanno da dire? Niente. Silenzio di pietra, come se non si trattasse delle fondamenta su cui tutti gli altri diritti delle donne sono costruiti: senza la libertà di controllare i nostri stessi corpi è impossibile immaginare che le donne raggiungano l’eguaglianza nella vita professionale o politica, o all’interno della famiglia. La decisione spagnola sull’aborto sottolinea il fatto che, sebbene l’Europa abbia compiuto progressi verso l’eguaglianza, non abbiamo ancora vinto.
Per fare un altro esempio, una donna europea su tre ha subìto qualche forma di violenza fisica e/o di violenza sessuale. Una su tre!
E la posizione sociale delle donne in Europa è anche un’istanza pressante. Le politiche di austerità che hanno colpito gli europei sono un’aberrazione economica quanto un disastro per i diritti umani – e colpiscono in modo particolare le donne. Questo accade quando gli Stati membri dell’Unione Europea decidono di congelare i salari dei dipendenti pubblici come in Francia, o di ridurre il numero dei dipendenti pubblici, come in Gran Bretagna. «Ma questo colpisce tutti!»: vi sento, sapete. Vero. Però in Europa il 70% dei dipendenti del settore pubblico sono donne. Quando congeli i salari del settore pubblico colpisci principalmente le donne e rallenti il progresso verso l’eguaglianza, che già non era veloce prima. (…) Buona fortuna a Soraya Post, e un brindisi al sorgere di una nuova voce femminista in Europa.
Mi associo! Skål!

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