Souvenir

Un racconto di Luigi Tuveri

Lapo Groff uscì dalla stanza di decompressione temporale meno allegro del solito. Il revisore periferico, notandogli il velo grigio sul viso, lo segnalò alla sorveglianza per il controllo sanitario di secondo livello. Gli fu diagnosticata una mestizia acuta transitoria. Il medico lo fece accompagnare al ponte di sbarco da una guardia e da un infermiere: riposo assoluto per sei mesi, nessun viaggio nel tempo e quotidianità rurale. Aggiunse alla terapia una pastiglia di berix-new-tell al mattino e una dopo pranzo. Dal multieli, guardando in basso le luci delle città, Lapo chiamò Mara e le disse che l’indomani avrebbe dovuto partire per la campagna. Lei non la prese bene, gli domandò più volte cosa le avesse portato dal viaggio. Mara collezionava manufatti del passato, ne aveva una vetrina piena ed era solita spolverare i suoi oggettini un giorno sì e un giorno no.

Giunto a casa, Mara lo abbracciò e lo investì di altre domande, aveva voglia di parlargli. Lapo invece era oppresso dal mal di testa, corse via da lei, tolse i vestiti e riempì la piscina di minerali e spezie da bagno. Chiese a Mara dove fosse il gel rigenerante e lei gli disse che era terminato.

«Usi i miei cosmetici?» lo canzonò «pensavo avessi altre idee».

«Puoi ordinarlo al Sempremarket?» le chiese già immerso nell’acqua profumata «sarà qui in dieci minuti».

«Il mio regalo?» sorrise lei «dai, non farmi penare».

Lapo non rispose, sottacqua abboccò la presa dell’ossigeno e soffiò forte. «Non ho trovato niente di bello» disse riemergendo.

«Neppure una cosina piccola?»

«Chiameresti il market per il gel?»

«Lo sai che adoro i regali» era sul punto di piangere «è la mia ricompensa per aspettarti ogni volta».

«Lo so» fece Lapo «ne porterò due la volta prossima».

«E domani partirai di nuovo?»

«Puoi venire con me».

«In campagna? Vuoi vedermi morta?»

«Non sto bene, mi spiace» si mise a mulinare le braccia «al controllo mi hanno assegnato la cura obbligatoria».

«In che anno sei stato?»

«Nel duemiladodici».

«Cos’hai vissuto di tanto terribile da star così male?»

«Normale trantran».

«Possibile che tu debba per forza viaggiare nel passato?»

«È il mio lavoro e se non sbaglio mi pagano bene».

«Il solito caso di omicidio mai risolto?»

«E il mio gel?»

«Il centrino per il souvenir era già pronto, sei senza cuore».

Lapo di colpo si alzò in piedi. L’acqua gli arrivava alla gola. Camminò verso la scaletta seguendo la pendenza a salire del fondo. A Mara sembrò di notare qualcosa, ma non ebbe il tempo di capire. Lui uscì dalla grande vasca, alcuni rametti di rosmarino gli restarono appiccicati alla pelle, si avvicinò al comunicatore e ordinò il gel al Sempremarket. Fu quando si voltò per tornare nell’acqua che Mara vide come stavano le cose.

«Mio dio!» infilò il volto divenuto cereo tra le mani «che t’hanno fatto?»

«Abbiamo dovuto, ho dovuto» disse Lapo immergendosi di nuovo «solo così siamo riusciti a prenderlo».

«Prenderlo? Prendere chi?»

«L’assassino della ragazza».

«Che m’importa! È accaduto più di duecento anni fa».

«Ne abbiamo già parlato, è che tu proprio non vuoi capire la filosofia del viaggio nel tempo, ti accontenti dei regalini».

«Basta! Stai zitto, taci!» esclamò nervosa. Poi disse a bassa voce, sospirando le parole tra le labbra: «Sei una donna, ti sei fatto evirare, rasare, femminilizzare. Trova tu la parola giusta».

Lapo si levò la maschera da Lapo e la lanciò completa di capelli sintetici ai piedi di Mara che indietreggiò inorridita.

«Il killer è stato assicurato alla giustizia del tempo» disse mentre la voce perdeva il tono maschile «solo questo conta». Una lunga chioma castana gli si arricciava sulle spalle. Camminò verso il bordo fino a quando l’acqua gli arrivò ai polpacci. «Per il prossimo viaggio chiederò un’epoca dove sapranno rimettermi a posto». Si carezzò il seno godendo di quella pelle liscia: «Ci vieni con me in campagna?»

LE IMMAGINI – scelte dalla “bottega” con l’entusiastica approvazione di Luigi Tuveri – sono del qui molto amato Jacek Yerka.

 

Redazione
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