Spada di Damocle ipersicuritaria sul nuovo centro migranti di Messina

di Antonio Mazzeo (*)

Mercoledì 28 giugno sarà inaugurato alla presenza delle maggiori autorità civili e militari il nuovo “Centro Polifunzionale” per migranti del Comune di Messina, realizzato all’interno di uno stabile della centrale via Bisazza. Prima che media, forze politiche e sociali e cittadini prendano per buone le narrazioni dell’amministrazione comunale guidata da Renato Accorinti (assessora competente Nina Santisi) è opportuno soffermarsi sulle pesanti ombre del progetto, presentato come il fiore all’occhiello delle politiche cittadine nel settore “accoglienza”. In verità la filosofia che ha condotto al finanziamento e alla realizzazione della nuova struttura è intrinsecamente legata alla visione sicuritaria, fortemente criminalizzante e discriminatoria, di mera gestione dell’ordine pubblico e/o “contenimento” militare del fenomeno migrazione, così come si è affermata in tutti questi anni nell’Unione europea e in Italia.

Innanzitutto va rilevato come i servizi che saranno forniti dal Centro e le attività che si svolgeranno al suo interno saranno riservati esclusivamente agli “immigrati regolari”, come si legge nell’Avviso Pubblico per manifestazione di interesse alla co-progettazione e co-gestione delle attività del Centro Polifunzionale per Immigrati pubblicato qualche mese fa dall’Amministrazione comunale. Sempre nello stesso avviso si specifica che il Centro è “finalizzato all’inserimento sociale e lavorativo degli immigrati regolari” e  “alla realizzazione di interventi finalizzati a sviluppare punti di aggregazione ad accesso aperto per gli immigrati regolari”. Di fatto ci troviamo di fronte ad un grave arretramento culturale nel settore dell’assistenza e dell’accompagnamento della persona migrante: in questi anni, alcuni enti locali e numerose associazioni si sono opposte alle logiche poliziesche e xenofobe che tendevano a differenziare strumentalmente “regolari e “irregolari”, rifiutandosi di legittimare differenze di trattamento e servizi a favore dei migranti e rivendicando il diritto-dovere alla difesa, protezione e assistenza di tutte le donne e agli uomini giunte/i nel nostro paese. L’opposizione alle pratiche di discriminazione e di divisioni tra buoni e cattivi (regolari e non regolari) è stata dettata in tutti questi anni anche a seguito delle disastrose conseguenze degli atti normativi dei governi che hanno reso sempre più indeterminata la demarcazione tra i due diversi status, ma soprattutto per un’architettura repressiva che ha reso sempre più facile – per i migranti -precipitare dalla condizione di “regolarità” a quella di “irregolarità”.

Faranno comunque bene i migranti “irregolari” di Messina a tenersi in futuro lontani dal Centro polifunzionale di Via Bisazza. Come infatti si evince ancora dall’Avviso pubblico del Comune di Messina, insieme agli sportelli orientativi e alle sale destinate ad attività di formazione e socializzazione, al secondo piano sorgeranno gli “uffici utilizzati dalla questura per le attività dedicate all’accoglienza e integrazione degli immigrati”. “Nello specifico – si legge ancora – il Centro Polifunzionale per immigrati dovrà prevedere al suo interno l’offerta dei seguenti servizi e lo svolgimento delle seguenti attività amministrative: Prefettura; Questura – Uff. immigrazione; Circoscrizione – Anagrafica”. Per ovvie ragioni, ONG e associazioni antirazziste si sono opposte da sempre a condividere spazi e attività di ascolto, formazione, supporto, assistenza migranti con quelli destinati alle procedure di identificazione, schedatura e “regolarizzazione” in mano alle forze dell’ordine e agli apparati sicuritari. A Messina, invece, si andrà in direzione opposta e contraria.

Il Centro Polifunzionale è stato ereditato da Accorinti & C. dalla precedente amministrazione di centro-destra, sindaco Giuseppe Buzzanca (già esponente del Msi-Dn e poi di Alleanza Nazionale) e dell’assessore ai servizi sociali Dario Caroniti (cattolico ultraconservatore). Nel novembre 2010, il Ministero dell’Interno approvò un finanziamento di 751.600 euro a favore del Comune di Messina per la realizzazione di un “Centro Polifunzionale per l’integrazione degli immigrati”, nell’ambito del PON (Programma Operativo Nazionale) Sicurezza per lo sviluppo – Obiettivo Convergenza 2007-2013 – finanziato con fondi strutturali europei – che si è proposto di “migliorare le condizioni di sicurezza nelle regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia” e “contrastare i fenomeni di illegalità e di esclusione sociale”. Due anni più tardi, sempre nell’ambito del PON Sicurezza – Obiettivo Convergenza 2007-2013, il Ministero dell’Interno ha autorizzato il finanziamento del progetto “Messina Sicura” (350.000 euro), relativo alla “fornitura di un sistema di video sorveglianza territoriale del Comune di Messina”; il bando di gara per la videosorveglianza è stato preposto dall’Amministrazione nel dicembre 2013.

A riprova della visione esclusivamente di controllo dell’ordine pubblico” e ipersicuritaria del PON, il Ministero dell’Interno specifica che “in particolare l’obiettivo globale del programma è quello di diffondere migliori condizioni di sicurezza, giustizia e legalità per i cittadini e le imprese, in quelle regioni in cui i fenomeni criminali limitano fortemente lo sviluppo economico, contribuendo alla riqualificazione dei contesti caratterizzati da maggiore rilevanza e pervasività dei fenomeni criminali nonché all’incremento della fiducia da parte della cittadinanza e degli operatori economici”. Il Programma si è articolato in tre assi di intervento, di cui l’Asse 2 ha avuto come fine la “diffusione di migliori condizioni di legalità e giustizia ai cittadini ed alle imprese, anche mediante il miglioramento della gestione dell’impatto migratorio”. “Particolare attenzione – si aggiunge – è posta alle iniziative in materia di impatto migratorio promuovendo procedure di inclusione sociale degli immigrati e rafforzando le azioni di prevenzione e contrasto al favoreggiamento della manodopera immigrata, in particolar modo quella clandestina”. Ogni commento è superfluo. Ci limitiamo solo a ricordare che titolare del PON Sicurezza è il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno; esso vede inoltre la collaborazione di tutte le Forze di Polizia (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria, e Corpo Forestale dello Stato) ed il coinvolgimento delle realtà istituzionali locali.

Motivi sufficienti, riteniamo, perché le associazioni di volontariato antirazziste si tengano lontane dalla cogestione del nuovo Centro per migranti regolari di Messina; attività certamente lodevoli non possono né devono essere strumentalizzate, mai, per legittimare lo stato di guerra – interno ed esterno – alle migrazioni.

(*) ripreso da http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/

LA VIGNETTA E’ DI MAURO BIANI

 

Redazione
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Un commento

  • Daniele Barbieri

    QUI UN SECONDO ARTICOLO
    “Countdown per la grande baraccopoli migranti di Messina”
    di Antonio Mazzeo
    Bocche cucite in Prefettura a Messina, ma alla fine qualcuno si lascia andare e tra i denti conferma che a breve prenderanno il via i lavori di realizzazione di una baraccopoli all’interno del Centro di “prima accoglienza” per richiedenti asilo nell’ex caserma “Gasparro” di Bisconte Messina, dove da quasi quattro anni sono stipati sino a 200 giovani migranti alla volta. “Al Ministero dell’Interno la decisione è stata presa da tempo e non ci sono più spazi di manovra per bloccare l’iter del progetto”, ci spiegano. “Nonostante le diverse prese di posizione contro l’istituzione di un hotspot in città, non sono state esercitate pressioni di alcun genere a Roma per ottenere lo stop al progetto. Opporsi oggi è una battaglia del tutto persa in partenza”.
    Dopo un lungo e tormentato iter della gara d’appalto (contraddistinto tra l’altro da un primo affidamento ad una nota azienda modenese di prefabbricati in legno, seguito da due ricorsi al Tribunale Amministrativo Regionale di Catania da parte delle imprese escluse, la loro riammissione, un secondo affidamento poi sospeso per l’offerta anomala della nuova azienda risultata vincitrice), salvo imprevisti dell’ultima ora, sarà l’azienda “Tomasino Metalzinco Srl” di Cammarata (Agrigento) a eseguire a breve i lavori del nuovo Centro-hub (e/o hotspot) di Bisconte. Da quanto si evince dalla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 6 febbraio 2017, alla fine sembra aver prevalso la logica del risparmio a tutti i costi, ovviamente sulla pelle dei futuri “ospiti” stranieri: l’azienda siciliana infatti ha ottenuto l’affidamento dei lavori con un’offerta per 1.249.550 euro più IVA, con con un ribasso di circa il 35,3% rispetto al valore complessivo a base d’asta di 1.932.000 euro.
    Secondo il bando di gara, il contraente dovrà assicurare la “fornitura e posa in opera, comprensiva di trasporto, installazione, montaggio, manutenzione e smontaggio finale per la realizzazione di una struttura temporanea costituita da tendostrutture e moduli prefabbricati, recinzioni e cancelli, pensiline, arredi e cartellonistica per l’accoglienza dei migranti presso il comprensorio Caserma Gasparro di Messina”. Le opere dovranno essere realizzate entro 70 giorni dalla data di avvio dell’esecuzione del contratto; inoltre, la “Tomasino Metalzinco” dovrà assicurare la manutenzione degli impianti per almeno due anni.
    Alla pubblicazione del bando di gara in molti avevano ipotizzato la realizzazione nell’ex caserma di Bisconte di una nuova tendopoli per richiedenti asilo, una sorella-gemella della struttura che aveva trovato posto per circa tre anni presso il centro sportivo di contrada Conca d’Oro dell’Università degli Studi di Messina e che la Prefettura aveva chiuso per le gravissime carenze igienico-infrastrutturali e per le sempre più numerose denunce sulle disumane condizioni di vita dei richiedenti asilo ospitati. Quando la gara fu assegnata in via provvisoria alla Sistem Costruzioni Srl di Solignano di Castelvetro, società attiva nella ricostruzione dei centri delle regioni Abruzzo ed Emilia Romagna colpiti dai recenti eventi sismici, si pensò che a Messina sarebbero stati allestiti alloggi in prefabbricati in legno come quelli utilizzati per i terremotati; oggi, invece, è molto più probabile che i migranti saranno costretti a vivere in monoblocchi in profilato di acciaio-zincato, trasformando così il Centro di prima accoglienza di Bisconte in una grande zinco-baracappoli, dove le escursioni termiche, il superaffollamento e l’assenza di spazi sociali renderanno ancora più inaccettabili e insostenibili le condizioni di vita.
    “Siamo specializzati nella progettazione, produzione e installazione chiavi in mano di prefabbricati per campi di lavoro, uffici, sale riunioni, attività sportive, servizi igienici, servizi per disabili, mense e refettori, laboratori, strutture sanitarie e ludiche, postazioni per guardiania o di controllo, magazzini”, riporta il sito internet della “Tomasino Metalzinco Srl”. Fondata nel 1979 come società Artigiana costruzioni metalliche in provincia di Palermo, l’azienda si è insediata nel 1985 nella zona industriale di Cammarata. Suoi i container recentemente forniti all’AMAT e al Comune di Palermo per ospitare biglietterie trasporti e i centri di assistenza turisti.
    Il Ministero dell’Interno ha prescelto Invitalia S.p.A., l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia, quale centrale di committenza per la gara d’appalto di Messina (responsabile unico del procedimento l’avvocato Cristiano Galeazzi). Invitalia S.p.A. (presieduta da Claudio Tesauro, contestualmente presidente di Save the Children Italia Onlus e già membro del consiglio di amministrazione di TNT Post Italia S.p.A. e sino al 2013 del board di Save the Children International) ha sottoscritto con il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Viminale una specifica convenzione con l’obiettivo di “fornire il supporto per migliorare il sistema delle strutture per l’accoglienza e il soccorso dei migranti”. A tal fine, nel febbraio 2016, Invitalia aveva pubblicato un bando di gara per le “attività di rilievo e progettazione esecutiva e funzionale per adeguare il sistema di immobili all’interno dell’ex Caserma Gasparro a centro di accoglienza per migranti”. Il compenso previsto per i progettisti era stato fissato in 138.000 euro, valore “sottostimato perlomeno di 140.990 euro” secondo una nota inviata il 4 aprile 2016 a Invitalia dall’Ordine degli architetti della provincia di Messina. Il 7 aprile le richieste dell’Ordine furono però rigettate dall’Agenzia presieduta da Claudio Tesauro e fu riconfermato il 14 aprile 2016 come termine massimo per l’espletamento della procedura. Per la cronaca, il 20 aprile dello stesso anno anche il Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Roma aveva chiesto inutilmente alla stazione appaltante di “effettuare le opportune verifiche e integrazioni, mediante sospensione e riesame in autotutela, della procedura di gara, con riserva, in caso contrario, di valutare ogni opportuna azione tesa al ripristino della piena applicazione delle norme vigenti”.
    Nel bando di gara non sono contenuti i dati numerici sulla futura capienza del centro di “prima accoglienza”, ma secondo le indiscrezioni trapelate nei mesi scorsi è possibile che nell’hub di Bisconte saranno trattenuti tra i 500 e i 1.000 migranti alla volta. Unione europea, l’agenzia Frontex e il governo stanno rivedendo le modalità con cui verranno reinterpretati nei prossimi anni l’intervento di “contenimento” e la gestione dei flussi migratori ma secondo quanto annunciato da alcuni dirigenti del Ministero dell’Interno, a Messina sarà realizzato uno dei nuovi hotspot previsti in Sicilia, dove, sotto la giurisdizione dell’Agenzia per il controllo delle frontiere dell’Unione Europea e della Polizia europea EASO, i migranti appena sbarcati saranno sottoposti alle operazioni di identificazione, fototesseramento e prelievo, anche forzato, delle impronte digitali, “ai fini di uno screening che distingua i richiedenti asilo dalle persone destinate al rimpatrio”. Con la nuova zinco-baraccopoli è prevedibile che sarò proprio l’ex caserma “Gasparro” ad essere riconvertita in struttura per la semidetenzione dei migranti in vista della loro ricollocazione ed espulsione, come già accade nei centri di Trapani-Milo, Mineo (Catania), Pozzallo (Ragusa) e nell’isola di Lampedusa.
    Il CPA di Bisconte è stato più volte utilizzato anche come “centro di primissima accoglienza” per minori stranieri non accompagnati, in palese violazione delle leggi nazionali e regionali in materia e del diritto internazionale. Nell’ex caserma ci sono ovunque muri scrostati e reti metalliche, per bagni e docce sono utilizzati un paio di container esterni e solo tre stanzoni sono adibiti ad alloggio con un centinaio di letti a castello, uno accanto all’altro. Come documentato in diverse ispezioni di parlamentari, avvocati, organizzazioni non governative, giornalisti, ecc., la “Gasparro” è già oggi una delle peggiori strutture in termini di solidarietà e assistenza migranti di tutta Italia: un vero e proprio lager di funesta memoria, dove imperano sovraffollamento, precarietà e promiscuità e le giornate vengono trascorse dai giovani “ospiti” nell’inutile attesa del nulla. Un limbo, un non luogo per non persone che per tanti ha avuto una durata insostenibile di mesi e mesi. “Le peculiarità strutturali e la carenza di servizi che caratterizzano questo centro delineano un’accoglienza di tipo contenitivo che non solo si presenta in violazione delle leggi e della dignità della persona, ma che a fronte della prolungata permanenza, ha delle conseguenze molto gravi sulla vita dei migranti”, riportò l’onlus Borderline Sicilia dopo un’ispezione il 7 marzo 2016. Dello stesso tenore le denunce presentate dalla Campagna LasciateCIEntrare, dall’associazione Migralab “A. Sayad” e dall’Arci.
    Dal 1° dicembre 2016 il centro di Bisconte vede come ente gestore le cooperative Senis Hospes di Senise, Potenza e Domus Caritatis di Roma, rappresentate dall’imprenditore della ristorazione collettiva Benedetto “Benny” Bonaffini, asso pigliatutto del business migranti peloritano. Le due coop hanno vinto a fine giugno 2016 la gara bandita dalla Prefettura per l’ospitalità di soli adulti migranti (importo base 30 euro al iorno per ogni “ospite” per la durata di un anno), ma il passaggio di consegne è avvenuto solo cinque mesi dopo. Senis Hospes e Domus Caritatis hanno presentato un’offerta economica con un ribasso del 10,7% (26,79 euro per migrante) e un’offerta tecnica di 53,4 punti su 60. La cooperativa di Senise gestisce a Messina anche il centro di primissima accoglienza per minori stranieri non accompagnati “Ahmed” e uno Sprar per categorie vulnerabili; si è candidata inoltre alla gestione di altri due centri Sprar per minori stranieri e avrebbe manifestato l’intenzione di collaborare alle attività che saranno realizzate dal Centro polifunzionale per soli “immigrati regolari” che il Comune di Messina ha realizzato in uno stabile della centrale via Felice Bisazza, nell’ambito del PON (Programma Operativo Nazionale) Sicurezza per lo sviluppo – Obiettivo Convergenza 2007-2013.
    Nonostante l’amministrazione comunale e buona parte delle forze politiche, sociali e sindacali di Messina abbiano ripetutamente espresso la loro contrarietà alla conversione in hotspot dell’ex Caserma “Gasparro”, alla pubblicazione della notizia sull’affidamento dell’appalto per la realizzazione della zinco-baraccopoli non sono seguite prese di posizione o reazioni pubbliche. Ad oggi solo il circolo “Peppino Impastato” di Rifondazione comunista si è dichiarato contrario alle nuove “gabbie per migranti” nel futuro hotspot di Bisconte. “Se invece di un centro per inscatolare migranti avessero deciso di aprirne uno per inscatolare tonni o sgombri, siamo certi che già sarebbero insorti furiosi, animalisti e gruppi di vegetariani”, è stato l’amaro commento degli attivisti anti-razzisti peloritani. “Ancora una volta è l’ipocrisia a caratterizzare i comportamenti degli amministratori e dei ceti dirigenti della città dello Stretto in tema accoglienza. Tra tonni e migranti, Messina ha scelto ancora una volta i tonni…”.
    Intanto i dati ufficiali del Ministero dell’Interno relativamente ai porti italiani maggiormente interessati nei primi cinque mesi del 2017 dalle operazioni di sbarco dei migranti recuperati in mare da unità delle marine da guerra Ue o di quelle di proprietà delle ONG, confermano il ruolo chiave di Messina, al settimo posto nella classifica nazionale con 3.183 arrivi. In pole position c’è il porto di Augusta (base strategica delle flotte USA, NATO e della marina militare italiana nel Mediterraneo) con 11.100 arrivi; seguono poi in ordine Catania con 7.385; Trapani con 4.442; Pozzallo con 3.954. In notevole crescita il ruolo dei porti della Calabria: la città di Reggio Calabria, infatti, con 3.702 sbarchi si posiziona al 5° posto nazionale, seguita da Vibo Valentia (3.656). Dopo Messina, i porti più utilizzati per gli sbarchi nel corso del 2017 sono stati quelli di Palermo (3.059); Cagliari (2.647); Salerno (2.355); Lampedusa (2.317); Crotone (1.821); Napoli (1.443); Taranto (802); Porto Empedocle (699); Corigliano Calabro (565); Bari (249). Quasi a conferma del processo di ipermilitarizzazione in atto delle operazioni di sbarco in sud Italia, si tratta in buona parte di città dove sono operativi importanti porti o basi militari o porti “civili” prossimi ai centri hotspot per l’identificazione forzata e la reclusione dei migranti.

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