«Sphericon» più Szymborska: Cv, futura (in)umanità

Il meglio del blog-bottega /123…. andando a ritroso nel tempo (*)

Ragazze/i in cerca di pto (prima temporanea occupazione) e “non più giovani” ma senza redditi stabili che pensate di riciclarvi, se negli ultimi tempi avete maledetto il cv e le sue multiformi trasformazioni («non hai seguito il modello europeo? ah-ia-ai») qui scoprirete quanta è lunga la strada del curriculum…
Ci trasferiamo nella Germania del 2016 –
okkio: questo post è dell’aprile 2011, il tempo passa… e incalza – in una fabbrica dimessa, con stanze per meditare e palestre ma «mensa senza cucina». E’ Sphericon che però si scrive – soprattutto la si pensa – tutta maiuscola. In questa scuola-galera l’Agenzia federale tedesca regala un’altra chanche a poche decine di persone fra i milioni [8? forse 10? «Da tempo non circolano più cifre ufficiali»] di suoi disoccupati.  Se la suderanno.
«Nulla deve restare com’è» recita SPHERICON e perciò questi “falliti” vanno rimodellati; se i loro curricula non funzionano verranno falsificati, come le loro biografie. Del resto un buon curriculum – ecco il punto – non è altro che «letteratura applicata», bisogna trovare una «trama in crescendo«» che punti alla vittoria finale. Tutto va ripensato. Anche il sesso fa parte di una strategia vincente. La tolleranza zero è per l’auto-commiserazione. Ritmi incessanti per ri-costruirsi. «SPHERICON non è un progetto, un programma ma un sistema […] Intervenire a 360 gradi contro ogni forma di inattività o di blocco» così spiega Joachim Zelter in «
La scuola dei disoccupati» (ISBN edizioni, 2007, traduzione di Barbara Ciolli: 186 pagine per 12 euri). Ossessivamente viene ripetuto che il lavoro è libertà, la libertà è lavoro. Lo stemma della scuola è una piramide. «Diversità, novità, contingenza. […] Mobilità, elasticità, imprevedibilità». Se si affaccia una vaga opportunità per avere una occupazione  – fissa addirittura – va colta. Sacrificando tutto, giocando sporco. «Rompere con il pessimistico atteggiamento del ma». Imparando tutto quello che serve. Cercando di decifrare i messaggi nascosti nei poster: perché la Sierra Leone? Potrebbe accadere che… Come nella famosa serie tv «Job Quest», modello educativo basato su un mix di eroismo, cinismo, instancabile ricerca e fortuna.
Ce la faranno i due protagonisti del romanzo, cioè Roland Bergmann e Karla Meier? Sono gli unici due “studenti” che Zelter ci concede ­- il libro fu tradotto nel 2007 da edizioni Isbn, 192 pagine per 13 euro – di osservare da vicino: più che vincitori alla gara dell’ipotetico lavoro, questi due sembrano in grado di sottrarsi agli ossessivi rituali della religione lavorativa che pervade SPHERICON. Con i suoi santi: quello che nel 2012 trovò un lavoro fisso, pensate… un miracolo di volontà. «Anche se non c’è lavoro ci sarà. E se dovremo inventarlo, lo inventeremo. […] Se non avessimo più disoccupati, li inventeremmo anche solo per accrescere valore al lavoro». Gli altoparlanti-guru pongono i quesiti essenziali: «esiste il lavoro prima della morte, esiste il lavoro dopo la morte? Nell’aldilà? Può essere concepito un paradiso senza lavoro?».
Il finale resta aperto a ogni possibilità. Ma la violenza ovattata che magistralmente Zelter ha messo in scena non lascia gran che di buono da immaginare.
Una scrittura volutamente algida, ghiacciata per un libro splendidamente inquietante. Lo trovate in biblioteca o vi tocca ordinarlo dal libraio/a di fiducia ma merita.
Fantascienza? Forse SPHERICON è davvero l’unica scuola possibile del nostro futuro…. Se questa globalizzazione non viene fermata.

 

A QUESTO ARTICOLO del 26 aprile 2011 è stato poi aggiunto (a fine 2011) … UN POST SCRIPTUM

«Scrivere il curriculum» di Wislawa Szymborska (**)

Che cos’è necessario?

E’ necessario scrivere una domanda,

e alla domanda allegare il curriculum.

 

A prescindere da quanto si è vissuto

il curriculum dovrebbe essere breve.

 

E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.

Cambiare paesaggi in indirizzi

e malcerti ricordi in date fisse.

 

Di tutti gli amori basta quello coniugale

e dei bambini solo quelli nati.

 

Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.

I viaggi solo se all’estero.

L’appartenenza a un che, ma senza perché.

Onorificenze senza motivazione.

 

Scrivi come se non parlassi mai con te stesso

e ti evitassi.

 

Sorvola su cani, gatti e uccelli

cianfrusaglie del passato, amici e sogni.

 

Meglio il prezzo che il valore

e il titolo che il contenuto.

Meglio il numero di scarpa, che non dove va

colui per cui ti scambiano.

 

Aggiungi una foto con l’orecchio in vista.

E’ la sua forma che conta, non ciò che sente.

Cosa sente?

Il fragore delle macchine che tritano carta.

 

(*) Anche quest’anno ad agosto la “bottega” recupera alcuni vecchi post che a rileggerli, anni dopo, sono sembrati interessanti. Il motivo? Un po’ perché circa 12mila articoli (avete letto bene: 12 mila) sono taaaaaaaaaaanti e si rischia di perdere la memoria dei più vecchi. E un po’ perché nel pieno dell’estate qualche collaborazione si liquefà: viva&viva il diritto alle vacanze che dovrebbe essere per tutte/i. Vecchi post dunque; recuperati con l’unico criterio di partire dalla coda ma valutando quali possono essere più attuali o spiazzanti. Il “meglio” è sempre soggettivo ma l’idea è soprattutto di ritrovare semi, ponti, pensieri perduti… in qualche caso accompagnati dalla bella scrittura, dall’inchiesta ben fatta, dalla riflessione intelligente: con le firme più varie, stili assai differenti e quel misto di serietà e ironia, di rabbia e speranza che – speriamo – caratterizza questa blottega, cioè blog-bottega. [db]

(**) ripresa da “Elogio dei sogni” (collana “Un secolo di poesia” numero 1, in edicola con “Corriere della sera“) nella traduzione di Pietro Marchesani.

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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