Sport: giochi e/o guerre

Nella 138esima partita del campionato Cmuv – «Ci manca(va) un Venerdì» – l’allenatore e astrofilosofo Fabrizio Melodia schiera 6 assi: George Orwell, José Ortega y Gasset, Nadia Comaneci, David Foster Wallace, Eraclito e John Steinbeck

«Lo sport serio non ha nulla a che fare col fair play. È colmo di odio, gelosie, millanterie, indifferenza per ogni regola e piacere sadico nel vedere la violenza: in altre parole, è guerra senza sparatorie»: così George Orwell.

Oggi la violenza esplode spesso dentro il campo da gioco e tutto intorno. Ma quale sport appassiona? Mentre la Roma sembra risorta in Champions League e il Napoli tira fuori “l’orgoglio del Meridione” perché tutti si sono già dimenticati della pallavolo femminile, dove “le azzurre” (che poi sarebbe il colore della bandiera monarchica ma lasciamo perdere per stavolta) si sono conquistate un epico secondo posto? Contano solo le medaglie d’oro?

Lo scrittore José Ortega y Gasset dissente da Orwell: «Al lavoro si contrappone un altro tipo di sforzo che non nasce da un’imposizione, ma da un impulso veramente libero e generoso della potenza vitale: lo sport […] Si tratta di uno sforzo lussuoso, che si dà a mani piene senza speranza di ricompensa, come il traboccare di un’intima energia. Perciò la qualità dello sforzo sportivo è sempre egregia, squisita».

Lo sforzo lussuoso che produce formidabili quantità di energia/lavoro può in qualche modo dare idee non di guerra?

«È a questo che serve lo sport: a farti arrabbiare nel posto giusto, a prenderti rivincite, a capovolgere quel misto di sentimenti neri che hai dentro quando sei adolescente e non hai ancora mezzi per farti valere. Orgoglio e ribellione» affermava, in una intervista, la campionessa rumena di ginnastica Nadia Comaneci.

Orgoglio e ribellione ma ben incanalate per non arrecare danno alla società? Forse sì, dato che queste qualità da tanti non sono viste come positive….

Ovviamente c’è dell’ altro:«I maschi possono professare il loro “amore” per gli sport ma è un amore che deve sempre improntato e applicato alla simbologia della guerra: eliminazione contro promozione, gerarchia di rango e livello, statistiche ossessive, analisi tecniche, fervore tribale e/o nazionalista, uniformi, rumore di massa, striscioni, pugni battuti sul petto, facce dipinte, eccetera. Per motivi non del tutto chiari, molti di noi trovano i codici della guerra più sicuri di quelli dell’amore» nota lo scrittore statunitense David Foster Wallace.

In effetti, la spiegazione potrebbe risiedere in un illuminante frammento (quello numerato 53) del filosofo presocratico Eraclito: «Pólemos è padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi». In un altro frammento (numero 80) aggiunge: «Bisogna però sapere che la guerra è comune, che la giustizia è contesa e che tutto accade secondo contesa e necessità».

Quindi lo sport sarebbe solo uno dei molteplici aspetti dell’inevitabile e connaturato divenire dell’ universo intero, nella “guerra” fra tutte le cose? Una teoria del tutto che indica in quel conflitto la sua realizzazione continua e infinita?

I pacifisti sarebbero poveri illusi, necessari ai guerrafondai in un rapporto di forte reciprocità. Se lo sport é realmente guerra, seppur in altre vesti, non dobbiamo implicare alcun giudizio morale che non appartenga alla teoria eraclitea?

Ma ecco John Steinbeck, ribaltare questa discussione (quasi un goal in rovesciata all’ultimo minuto): «I popoli non combattono le guerre per fare dello sport».

Voi che dite?

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

Un commento

  • Che non bisogna sovrapporre la “cosa”, lo sport, alle problematiche esistenziale e “destinali” che la condizionano e che la “cosa” medesima può produrre (lo sport contiene in sé una carica di aggressività). Questo non per amore delle categorie, ma per dar modo a differenti punti di vista, a diversi modi di vivere la “cosa”, di venire alla luce. Lo sport può effettivamente essere “sportivo”? O può e deve essere definito attraverso le sole manifestazioni deteriori? Che per altro dilagano quando la società opta per queste ultime. A proposito faccio notare quanto abbia influito negativamente la riforma di “Attila” Veltroni, Ispirata, come tutte le altre di quest’ultimo trentennio, al catechismo liberista. Il liberismo, alias liberazione degli spiriti animali nell’uomo, l’impulso del rettile e dello scimmione come misura di tutte le cose…
    Non dimentichiamo che le società degli ultimi diecimila anni sono tutte fondata sul principio dell’uso legittimo del bastone per garantire la sottomissione.
    Persino la bocconiana Fornero, simbolo dell’inciviltà imperante, nel momento di valutare misure economiche sgradite ai padroni del vapore (300 euro ai giovani disoccupati) abbandonava il paludato tono pseudoscientifico degli economisti televisivi e scendeva ai più miti consigli (e veri, finalmente sinceri) dell’ideologia dominante: non bisognava, altrimenti questi giovano non avrebbero fatto altro che suonare la chitarra e organizzare spaghettate sulla spiaggia. Traduzione: bisogna affamare per far inghiottire a questi giovani le condizioni selvagge delle attuali forme di sfruttamento. La violenza della disoccupazione quale forma principale di educazione; o di rieducazione, quando accade che questi giovani aprano la mente a possibilità differenti da quelle assurde offerte dal mercato.
    La violenza. La spietatezza. Il cinismo. La presa permanente per i fondelli. La guerra permanente. La sopraffazione. La menzogna. L’insulto alle classi subordinate (da dove credete abbia origine la parola “scioperato”?). Il raggiro.)
    L’inosservanza sistematica del monarca delle due stesse leggi (costituzione)…
    È in questo quadro che prospera lo sport e la sua espressione come sportività! Qualcuno crede che davvero che quest’ultima possa sopravvivere? Assediata come è dai disvalori imperante?
    Ma poiché VIENE soffocata non è detto non esista. O sia morta. È un possibile punto di vista. Il MIO possibile punto di vista. Valido proprio perché può farsi (anche) veicolo di quegli impulsi guerreschi e di competizione che sono parte dell’essere umano. Ma che possono essere espresse nelle attuali forme degenerate, oppure servire agli uomini per fare fratellanza e non staccarsi troppo dalla natura.

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