Donne in 3650 milioni di onde

Atlas de las mujeres en el mundo, las luchas históricas y los desafíos actuales del feminismo

di Maria Teresa Messidoro (*)

Almeno 50.000 donne sono state assassinate nel 2017 dal proprio compagno o famigliare, in prevalenza uomini, per il solo fatto di essere donna, secondo i dati ufficiali delle Nazioni Unite. L’Organizzazione Mondiale della Salute calcola che ogni anno si praticano 25 milioni di aborti insicuri; 200 milioni di donne e bambine sono vittime della mutilazione genitale secondo l’Unicef. L’Organizzazione Mondiale del Lavoro ci ricorda che nel 2014 90 milioni di dollari sono stati il triste guadagno della tratta con il fine di sfruttamento sessuale. Ecco alcune delle cifre impietose riportate dal “Atlas de las mujeres en el mundo, las luchas históricas y los desafíos actuales del feminismo” (Clave Intelectual, 2018), atlante delle donne nel mondo, le lotte storiche e le sfide attuali del femminismo. Un testo che spazia dall’Argentina al Kurdistan, dalle beghine del XII secolo alle donne iraniane del 2018. Secondo Lourdes Lucía e Ana Useros, la direttrice e la coordinatrice dell’opera:”in tutti i campi della società, le norme comunemente accettate sono un giogo patriarcale che sottomette, discrimina ed umilia questa metà della popolazione mondiale”.

Nelle nostre società, il 74,7% dei presidenti o membri dei consigli di amministrazione più importanti sono uomini, nel 2018 le donne furono soltanto il 21% del totale dei partecipanti al Foro Economico di Davos; gli stipendi delle donne sono mediamente meno pagati degli uomini, un 24% in meno a parità di lavoro, e prevalgono nei lavori più umili. Riflettendo su questa storia al femminile, scopriamo che scrivere nell’atlante sulle resistenze che genera il femminismo ne è una logica conseguenza.

Non solo: siccome il libro ci racconta la situazione di 3650 milioni di donne, più della metà della popolazione mondiale, è inevitabile che prima ancora di giungere alle librerie, il libro era già stato surclassato e superato da nuove forme di resistenze dell’altra metà del cielo: un esempio il muro umano di 620 km in India formato da milioni di donne, dopo che due di loro avevano sfidato la proibizione secolare di entrare in un tempio nello stato di Kerala. Questa iniziativa, come le oceaniche mobilitazioni in Argentina, l’organizzazione delle donne in Kurdistan o lo sciopero femminista in Spagna del 2018, ci aiutano a disegnare la mappa della sororidad global, la “sorellanza globale”.

Il capitolo “Sororidad, un pacto entre mujeres” (sorellanza, un patto tra donne), scritto dalla filosofa argentina María Luisa Femenías, ci introduce questo concetto, che richiama la “fraternità” della Rivoluzione francese, declinandolo al femminile.

Per Femenías, anche se i termini fraternità e sorellanza sono logicamente e linguisticamente corretti, non lo sono nel loro uso politico, pubblico e sociale; la sorellanza si riferisce ad un patto non necessariamente esplicito, basato sulla fiducia reciproca, rispetto mutuo e la valorizzazione positiva dell’altra, rifiutando categoricamente la dipendenza emotiva, economica, di classe o identitaria da una figura maschile a cui si deve richiedere un riconoscimento della propria identità. La sorellanza, infine, ci introduce ad una società senza gerarchie, in cui è possibile un cambiamento relazionale tra i generi, tendente ad una trasformazione sociale, radicale e profonda.

Successivamente, nel capitolo “La generación ni una menos” (la generazione di Non una di meno), di María Florencia Alcaraz e Agustina Paz Frontera si parla della nuova ondata femminista. Quella creata appunto dal movimento Non una di meno, che ha sconvolto la agenda politica tradizionale con le proprie rivendicazioni e la propria presenza. Si afferma che questa è la quarta “onda”: la prima viene identificata con le lotte contro le disuguaglianze, culminando nelle lotte per il diritto al voto; la seconda è quella dello slogan “il personale è politico”, in cui il sistema patriarcale viene individuato nella sua componente di oppressore delle donne; la terza, a partire dagli anni 80 del secolo scorso, riesce invece ad allargare il femminismo come soggetto politico, facendo nascere nuove prospettive e richieste. Se siamo nella quarta “onda” non lo sappiamo, dice ancora Ana Useros, che ritiene di star ancora “surfando” nella prima onda. Ma una cosa è certa: a partire dalla terza o quarta onda, o dalla propria o forse da nessuna, milioni di donne hanno dimostrato in tutto il mondo la capacità di organizzarsi di fronte ad un sistema patriarcale che cerca tutti i modi per contenere l’ondata , o le ondate femministe e mantenere soggiogata la donna.

E sono state le donne che hanno segnalato la misoginia di Bolsonaro in Brasile o di Trump negli Stati Uniti, come sono state le donne che hanno denunciato il pericolo dell’estrema destra in Polonia o in Andalusia, come sono ancora le donne in prima fila, pagando di persona Bertha Caceres, contro il vorace modello estrattivo neoliberale.

Ecco la sfida della lotta femminista: essere globale e non solo riconducibile alle importanti iniziative dell’8 marzo.

(*) vicepresidente Associazione Lisangà culture in movimento 

 

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Teresa Messidoro

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