Strage della Mecnavi: la memoria resiste

E il Teatro delle Albe stasera presenta a Ravenna «La ballata dei picchettini»

di Vito Totire (*)

Una grande, tragica analogia lega la strage della Mecnavi (**) e la vicenda Enichem (***). Lo abbiamo sottolineato nel corso del processo: la rimozione-negazione-sottovalutazione del rischio.

Anche certe dimenticanze possono essere un crimine. Quindi anzitutto grazie al teatro delle Albe per il loro contributo alla memoria con il lavoro che presentano questa sera al teatro Alighieri di Ravenna: «La ballata dei picchettini» è un dono che questo eroico gruppo – sempre presente contro le ingiustizie e la violenza del nostro sistema sociale – dà alla lotta contro l’oblio.

Come la Mecnavi fu dichiarata “gas free” un attimo prima della strage, così qualcuno pare avere dichiarato “asbestos free” l’Enichem: andremo avanti fino in fondo per la affermazione della verità. Secondo noi le analogie fra i due tragici eventi sono state molto forti con la eccezione rilevante dei “tempi di latenza”. Aspettavamo con ansia le motivazioni della sentenza Enichem; aspetteremo altri novanta giorni per confrontarci con qualcosa che – nel rispetto non ipocrita ma vero, della autonomia della magistratura e soprattutto delle persone che vi operano – abbiamo già definito «incomprensibile».

Oggi il ricordo torna all’evento di trenta anni fa in cui si evidenziarono i primi danni della precarizzazione del lavoro e i costi della assenza dell’azione di vigilanza pubblica (alla Mecnavi esattamente come all’Enichem). La situazione non è migliorata da trent’anni a questa parte. Le difese dei lavoratori si sono attenuate: è diventata sistematica la strategia del ricatto (o vi fate sfruttare sempre di più o delocalizziamo) e sono comparse modalità di organizzazione del lavoro apertamente schiavistiche (da Rignano Garganico alla logistica, anche nel cuore dell’Emilia che fu “rossa”) e non solo a carico dei lavoratori immigrati ma anche di molti giovani autoctoni disorientati fra ricatto, schiavismo e emigrazione all’estero. In un contesto in cui un ministro della repubblica vede con favore l’emigrazione e decreta «l’Inail ha lavorato bene» … è vero che ha lavorato bene: per i datori di lavoro! La stampa nazionale (anche un recente reportage de «Il resto del Carlino») ha “scoperto” che persino i dati sulla mortalità sul lavoro sono fortemente sottostimati in quanto un numero enorme di decessi non viene censito perché inghiottito dalla vergogna del lavoro nero o dal lavoro non assicurato come quello di tanti anziani che, nel tentativo di far fronte alle loro pensioni da fame, si ammazzano su trattori insicuri, anche nelle province “felici” dell’Emilia-Romagna. Ma già dieci anni fa riviste scientifiche (come «La Medicina del Lavoro») avevano evidenziato che i morti censiti dall’Inail erano solo il 51% del reale.

Pesante e drammatica – anche a Ravenna – è pure la sottostima delle malattie professionali: numerose di queste non sono neanche entrate nei procedimenti penali e addirittura non riescono a ottenere la copertura assicurativa. Ovviamente la questione non è chiusa qui ed il nostro impegno va avanti.

Drammaticamente precario è poi il quadro della “giustizia” penale. Come rimedio all’attuale caos si cerca si ventilare la parola magica del prolungamento della prescrizione: ma se i processi penali si concludono come a Ravenna per la Mecnavi e come quelli recenti di Milano per l’amianto – al proscioglimento degli imputati si è associata la condanna alle spese per le parti civili – forse c’è «qualcosa altro che non funziona…».

La strage della Mecnavi fu uno shock. Qualcuno degli imputati finì in galera ma non per la strage di operai; ci andò, più tardi, per bancarotta…

Un dubbio ci assalì, certo la domanda era retorica: i reati che riguardano il denaro sono più gravi di quelli che riguardano la vita degli operai?

Oggi un commosso ricordo delle vittime della Mecnavi, un abbraccio ai familiari, ai superstiti e a tutte le persone di buona volontà che non sono disposte a dimenticare ma continuano a sperare in un mondo migliore e a impegnarsi. Di nuovo ricordiamo il monito di Alex Langer: «Continuate a lottare per quel che era giusto»

Bologna, 13.3.2017

(*) Vito Totire, già componente delle Commissione di inchiesta del Consiglio regionale dell’Emilia-Romgna sulla Mecnavi, è portavoce nazionale della AEA, l’Associazione esposti ad amianto e rischi per la salute.

(**) Sulla tragedia ecco una sintesi di quanto riporta Wikipedia. «Il disastro della motonave Elisabetta Montanari fu un incidente sul lavoro, con conseguenze tragiche, che avvenne a Ravenna venerdì 13 marzo 1987 durante le operazioni di manutenzione straordinaria della omonima nave gassiera. L’evento fu scatenato da un incendio nella stiva n. 2 dell’imbarcazione: le esalazioni sprigionate della combustione causarono la morte per asfissia di 13 operai impegnati nel cantiere di manutenzione. […] L’imbarcazione, appartenente al compartimento marittimo di Trieste, era una nave cisterna di fabbricazione norvegese adibita al trasporto di gas GPL. Da alcuni giorni era stata tirata in secco in un bacino di carenaggio del porto di Ravenna per essere sottoposta a operazioni di riclassificazione condotte in un cantiere di manutenzione di cui era titolare la Mecnavi s.r.l., azienda di proprietà dei fratelli Arienti. […] La vicenda mise in luce la disapplicazione delle più elementari misure di sicurezza sul lavoro, come la disponibilità di estintori e presìdi antincendio, la previsione di vie di fuga da seguire in caso di pericolo. Evidenziò anche le durissime condizioni a cui era sottoposta la manodopera impiegata nei cantieri di manutenzione. Emerse, inoltre, il diffuso sistema di caporalato che si muoveva per il reclutamento di manodopera nella realtà industriale della manutenzione navale, attingendo spesso alle fasce marginalizzate e indifese della società, come tossicodipendenti ed extracomunitari. Fu rilevata, inoltre, la disorganizzazione del cantiere, con squadre operaie che lavoravano in simultanea, talmente prive di coordinazione che ciascuna ignorava perfino la presenza delle altre. […] Nell’incidente morirono tredici operai, alcuni dei quali erano assunti “in nero”. Alcune delle posizioni lavorative furono oggetto di una surrettizia messa in regola, dopo che l’incendio era divampato: mentre i Vigili del fuoco erano ancora alle prese con il rogo, l’azienda, anziché collaborare al tentativo di salvataggio, tentò di recuperare i libretti di lavoro nelle abitazioni del personale irregolare. […] Le vittime: Filippo Argnani, di 40 anni; Marcello Cacciatori, 23 anni, di Cervia; Alessandro Centioni, 21 anni, di Bertinoro; Gianni Cortini, 19 anni, di Ravenna, al primo giorno di lavoro; Massimo Foschi, 36 anni, di Cervia; Marco Gaudenzi, 18 anni, di Bertinoro; Domenico Lapolla, 25 anni; Mosad Mohamed Abdel Hady, 36 anni, egiziano, residente a Marina di Ravenna; Vincenzo Padua, 60 anni, unico dipendente della Mecnavi, a un passo della pensione; Onofrio Piegari, 29 anni, di Bertinoro; Massimo Romeo, 24 anni, al primo giorno di lavoro; Antonio Sansovini, 29 anni; Paolo Seconi, 24 anni, di Ravenna, al primo giorno di lavoro. […] L’inchiesta per l’individuazione delle cause del disastro e delle responsabilità penali furono condotte dal procuratore capo di Ravenna, Aldo Ricciuti, e dal sostituto procuratore Francesco Iacoviello. Le indagini compiute, e il successivo processo, condussero alla condanna a 7 anni e mezzo per l’imprenditore Enzo Arienti della Mecnavi, pena che fu poi ridotta a 4 anni nel 1994 […].» Fra i libri che hanno raccontato la strage Wikipedia segnala: Rudi Ghedini, «Nel buio di una nave. Ravenna, 13 marzo 1987», Bradipolibri 2007 e Angelo Ferracuti, «Il costo della vita. Storia di una tragedia operaia», con un inserto fotografico di Mario Dondero, Einaudi 2013. LA FOTO, pure tratta da Wikipedia, in alto mostra i Vigili del fuoco sulla Mecnavi.

(***) cfr qui in “bottega” Amianto/Enichem: incomprensibile sentenza a Ravenna di Vito Totire.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo una citazione, una foto, un disegno… Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega.

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

3 commenti

  • Il vigile in primo piano è mio padre. Sono estremamente orgogliosa di lui e di quello che ha compiuto quel giorno. E di come ha affrontato i giorni successivi, con quelle immagini negli occhi.

  • Umberto Laureni

    Il 15 ottobre 2019 rappresenteremo a Udine la prima dello spettacolo teatrale “”….telefonano che c’è un incendio su una nave”. Per ricordare i 13 morti della Elisabetta Montanari”. Sono stato perito di parte civile di quella tragedia e da testimone diretto mi ero preso l’impegno ripromesso di ricordarla ogni qualvolta me ne fosse data la possibilità. Dopo decine di conferenze (per voce e slide) è nata questa nuova iniziativa.

  • Sono Fabio Arienti , uno dei tre fratelli condannati . . . . dal 27 settembre 1986 ( giorno del mio compleanno ) non ero più presente in cantiere Mecnavi ma in banchina Ferruzzi per una grande trasformazione della nave Filomena Lembo e lasciate le dovute consegne dei lavori a Ing. Sama e P.i. Fanelli . . . . mi sapete spiegare perchè io mi son fatto 4 anni di galera e loro nulla ???? . . . . c’è qualacosa che mi sfugge nel vostro modo di esternare i veri fatti e di come la Giustizia emana le sue sentenze . . . . ho chiesto , più volte , nei vari stadi di istruttoria di togliere quel ridicolo cartello ” la Giustizia è uguale per tutti ” . . . . oggi mi devo ricredere : quel cartello và semplicemente aggiornato : ” Ga giustizia è uguale per tutti . . . quelli che se la possono permettere ! ” . . . . .

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