Su “Rex tremendae maiestatis” di Valerio Evangelisti

Ti chiederai: perché questa recensione arriva con 14 mesi di ritardo? Beh è inutile che fai quella faccia a punto interrogativo, vai avanti e lo saprai
Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa. Mi batto il petto. Mi spargo il capo di cenere – Camel? mini Meharis? – e confesso: «Solo nel febbraio 2012 (come contano qui) dunque 14 mesi – e passa – dopo l’uscita in libreria, ho letto “Rex tremandae maiestatis” di Valerio Evangelisti. Ho delle attenuanti: è un periodo che spendere 18 euri per un libro mi pesa. Ma ho delle aggravanti: la ben fornita biblioteca pubblica è a 500 metri da casa mia (mia si fa per dire: in affitto). Forse il vero motivo del ritardo è un altro; sapevo che questa era l’ultima storia di Nicolas Eymerich e, in fondo al mio cuoricino, tremavo all’idea di perdere per sempre un così splendido-mostruoso e antico nemico. Poi, dopo aver letto “The Big Union”, ho sentito l’urgenza di tornare all’Evangelisti fanta-scienti-catt-noir ed eccomi qua. Ti chiedo venia, amica/o di blog e prometto di recuperare il tempo perduto e soprattutto il piratesco “Veracruz”, l’unico (se non erro) altro libro di super-Valerio che ancora è sfuggito ai miei occhietti».
Ciò detto db si getta in terra (pentimento? macchè, le sue solite sceMeggiate), si rotola, ulula. Poi si spazzola la tuta, indossa una elegante vestaglia (figuriamoci), si appoggia sulla sedia a dondolo (virtuale) e inizia a dettare la seguente recensione ai suoi due assistenti (ipo-pa-tetici) Severo De Pignolis e l’ornitorinco.

Il titolo «Rex tremendae maiestatis» (Mondadori: 502 pagine per 18,50 euri) rimanda a Giobbe e a una strofa del solenne canto «Dies Irae» ma … potrebbe esserci dell’altro che solo verso la fine risulterà comprensibile.
Anche qui, come sempre nel ciclo di Eymerich, ci si muove su vari piani temporali. La breve apertura di «Rex tremendae maiestatis» (d’ora in poi «Rtm») è in un lontano futuro, poco dopo il capodanno del 3000, con Lilith sulla Luna dove comanda la Wmho cioè l’Organizzazione mondiale della sanità mentale mentre la Terra è devastata «dopo un intero millennio di guerre e di violenza» e, sapremo poi, domata a colpi di Es, un «elettroshock collettivo» .
Il tempo-base, dove cioè si svolge la maggior parte dell’azione del romanzo, è invece quello di Eymerich, «inquisitore generale del regno d’Aragona» (realmente esistito e liberamente reinterpretato da Evangelisti in 11 storie, compresa questa, se non ho fatto male i conti). La prima scena del tempo-base di «Rtm» è datata 20 settembre 1371 con la sorpresa di un impiccato “sbagliato” e la scomparsa di Ramon de Tàrrega, un ebreo che in quanto tale – questa la convinzione dei tempi – è infido, probabilmente demoniaco. Se allora li si chiama giudei non è infatti per rimandare al territorio (la Giudea) ma a Giuda, il peggiore dei traditori. Subito Eymerich deve mettersi in viaggio perché re Pietro IV d’Aragona, «detto il Cerimonioso», lo spedisce in Sicilia a indagare su certi «oggetti singolari di forma discoidale» dai quali scendono giganti, forse collegati ai Lestrigoni «menzionati da Omero». Nella rete dei rapporti fra Chiesa cattolica e Spagna sarà bene che Eymerich obbedisca (ma stavolta «solo lui sapeva perché fosse tanto felice») pur se pensa che il re sia «un credulone», ostaggio di astrologi (in particolare di un ebreo… eccone un altro nella parte del cattivo). Il re ignora, a esempio, una verità fondamentale: «ciò che si vede non sempre coincide con ciò che è reale». E a proposito di ciò che invece potrebbe esser reale ma non si vede… molti misteri di questo libro ruotano intorno alla «quintessenza» – chiamata anche «l’ottavo cielo», «oro filosofico» oppure «la materia sottile» – cioè un elemento «a parte rispetto ad acqua, aria, fuoco e terra» che, secondo alcuni, attiene alla «sfera spirituale comune a tutti gli esseri senzienti». Ed è legata al lavoro dell’alchimista la divisione del libro in 5 fasi: nigredo, albedo, citrinitas, rubedo precedono «quinta essentia» (e un brevissimo epilogo, «27 anni dopo») . Le quattro sostanze «di cui è composto ogni vivente» si collegano, secondo Maria l’Ebrea – ecco un’altra nemica? –  a rame, ferro, piombo e zinco e alle quattro parti di cui è fatto l’uovo.
Oltre al tempo futuro e a quello dell’inquisitore, chi legge «Rtm» incontra anche squarci su «un’infanzia difficile», ovvero il Nicolas – o Nicolau, se preferite – bambino che fa i conti con una madre di fulgida bellezza, un domenicano di ferro, un po’ di ebrei (naturalmente subdoli, visto il contesto), una bambola, una carrettata di ragazzacci da domare.
Incantesimi, schiavi ai remi, tempo “fuor di sesto”, congiure di signorotti locali, la sorpresa di un ebreo “buono” (cioè che piace ad Eymerich), un’ambigua Eleonora d’Arborea, commistioni fra umani e animali, antiche storie piene di fascino (come quella di Castel dell’Ovo a Napoli), bambini mostruosi, anagrammi, strani acronimi, esorcismi, sabbie mobili, nebbie, fetori, una donna “trina” (o più), serpenti in stile alfa e omega ma anche – dalle parti del nostro domani? – la firma di un famoso assassino seriale del XX secolo, malattie mentali come classi sociali (un’idea ripresa da «Follia per 7 clan» di Philip Dick) o nuove applicazioni delle intuizioni di Nikola Tesla, la guerra futura tra le due nuove superpotenze – cioè la Rache e l’Euroforce – di un possibile Duemila: sarebbe un frullato imbevibile se di mezzo non ci fosse la sapienza culinaria, letteraria e politica di Evangelisti.
Anche quando la Terra viene «ripiegata» o se incontra le madri dei demoni, un vero inquisitore non deve scendere a patti con nessuno: «San Domenico ha forgiato una spada di cui noi, suoi umili seguaci, siamo non la lama ma la punta. L’ investitura ci impone di colpire e ferire, non di duellare» spiega Eymerich. E «con un sogghigno» dichiara che i domenicani sono i veri soldati del papa: «chi ha affrontato sul serio gli eretici siamo stati noi, i Domini canes. Prima smantellando le loro argomentazioni, poi bruciandoli vivi». Fra loro il vero-falso Eymerich di Evangelisti è uno dei più cattivi. «Rtm» non ci risparmia le torture, gli omicidi a fin di bene, le violenze perché «dio lo vuole». Se padre Simone, fra una morte e l’altra, ammette che l’Inquisizione se la prende soprattutto o solo con i poveracci («i nobili, anche se miscredenti o eretici, non li si può toccare») Eymerich sbotta; perché lui crede davvero nella sua missione, in quel re di una terribile maestà.
Eppure qui l’inquisitore catalano «con i suoi 52 anni» appare stanco, in crisi, più turbato del solito dalla sessualità… e in questo viaggio fa persino «uno dei tre o quattro sorrisi sinceri che si era concesso in vita sua». Sino a un finale che definirei così: “voglio proprio vedere in faccia lo sfrontato che dice di avere capito tutto dall’inizio”. Il tessitore salda il 1399 (l’anno in cui Eymerich muore) al 3000 e qualcosa di Lilith. Nel risvolto di copertina – mondadoriano o evangelistiano? – si legge: «Eymerich esce di scena, eppure rimane ben vivo e incombente. Anche sui tempi nostri». La saga dell’inquisitore catalano è finita. Ma resta sospeso qualche equivalente moderno dell’ibbur ebraico, cioè «un travaso di mente da un corpo a un altro»? E chi dice a Lilith che «millenni di storia umana saranno il nostro passatempo»?

Redazione
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2 commenti

  • uno dei nostri migliori narratori contemporanei;ho da poco finito One big Union e ti consiglio gli ebook così non devi spendere tanto, a volte niente e non attendere tutto questo tempo.

  • Ottimo articolo che fa venire voglia di rileggere tutti gli Evangelisti d’annata- quanto tempo è passato da quel giorno d’estate in cui apparve in edicola il romanzo più terremotante degli ultimi anni…

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