Sud America in bici: intervista alle ragazze del progetto Serendipia

Il 18 marzo tre donne sono partite da Quito in bicicletta per viaggiare in tutta l’America latina rompendo schemi e pregiudizi. Il loro racconto del progetto Serendipia Sobre Ruedas dal Perù, il Paese che hanno raggiunto in questi giorni pedalando quotidianamente.

di Enza Caputo

“Quanto strada nei miei sandali, quanta ne avrà fatta Bartali” canta Paolo Conte e quanto ne avranno fatta e ancora ne faranno le ragazze del progetto Serendipia Sobre Ruedas: Generando redes sobre ruedas, partite da Quito il 18 marzo scorso. Con un focus sociale e di genere, Carolina, Marina e Alejandra, che si unirà al gruppo nel 2019, percorrendo l’America Latina in bicicletta, vogliono creare una rete regionale di persone singole, associazioni e collettivi di donne per condividere processi e pratiche per favorire l’empowerment femminile.
Hanno percorso tutto l’Ecuador e adesso si trovano in Perù. Nonostante la lontananza e la scarsa connessione ad internet, sono riuscita a porgli qualche domanda per farmi raccontare un po’ del loro viaggio.

D. Come è andata la prima parte del viaggio? Stanche?

R. Senza dubbio, le prime due settimane di viaggio sono state motivo di crescita/apprendimento e allo stesso tempo una vera e propria sfida.
Siamo passate dall’avere un orario lavorativo rigido, attività organizzate quasi a tutte le ore della giornata, al non saper né dove arriveremo con la bici, né dove dormiremo, né cosa mangeremo né chi conosceremo, tutto, in maniera repentina. E non è una cosa che si può fare da un giorno all’altro. Nonostante ciò, ci siamo riappropriate del nostro tempo, abbiamo imparato ad essere flessibili, a rompere con il “devo fare qualcosa di produttivo”, ad ascoltare di più il nostro corpo, ad accettare la stanchezza ed a saperci fermare. Durante questo viaggio abbiamo capito quanto sia importante considerare e trovare un equilibrio tra la forza fisica e la forza mentale.
I maggiori momenti di felicità e di lezioni di vita avuti durante il viaggio fino ad ora?
Essere autosufficienti nella nostra vita sulle due ruote.
Definitivamente, il viaggio, fin ad ora, è stato apprendimento dopo apprendimento, godere, al ritmo di pedale, della vita, dei paesaggi, dell’interazione con le persone; il viaggio è un libro costante della storia, e la parte migliore è quella che si vive direttamente, attraverso le persone ed i luoghi, non solo attraverso i libri.

D. Quali comunità di donne e/o associazioni avete già incontrato? Potete raccontarci un po’ di questi incontri e delle esperienze delle donne conosciute?
R. Il contatto con le donne è quotidiano; conoscere la realtà e la situazione delle donne su economia, politica, settore culturale e sociale, lo facciamo in ogni luogo dove arriviamo nel momento stesso in cui conversiamo con le persone. Questa è la parte più bella che permette di conoscere le realtà vissute da queste donne, avvicinandosi, conversando e osservandone i comportamenti, le dinamiche sociali, la cultura. Riguardo ai collettivi organizzati di donne, lavoriamo con: l’Associazione di donne Gonzanameñas, ACIJE e con le Donne che difendono la la vita e la Pachamama.
L’Associazione delle donne Gonzanameñas è un’organizzazione nata in Ecuador, provincia di Loja, nella città di Gonzanamá; ha un focus sociale. Con loro abbiamo realizzato un laboratorio sui ruoli di genere ed abbiamo lanciato il messaggio dell’importanza della partecipazione delle donne nella politica, specie dopo che ci raccontavano che la loro incidenza nella politica è nulla, solo gli uomini se ne occupano.
ACIJE è un’associazione di docenti in pensione che durante tutti i loro anni di insegnamento hanno lottato per ottenere l’uguaglianza salariale. Abbiamo avuto l’opportunità di conoscerle della città di Jaén, in Perú, dove abbiamo organizzato un dibattito per conoscere di più sulla gestione e sui problemi che affrontano nel quotidiano sia come donne che come docenti in pensione.
Ci hanno raccontato un po’, sia della mancanza di attenzione da parte delle istituzioni nei confronti della loro lotta, che sui metodi di rivendicazione con un focus di genere promossi e adottati attraverso programmi educativi nelle scuole della città.
Donne che difendono la vita e la Pachamama (Madre Terra) è un gruppo di attiviste donne che lottano contro le miniere in Cajamarca e Celendín, le cui attività estrattive sono su grande scala. Queste donne difendono la terra, lottando contro le ripercussioni ambientali e sociali provocate dalle attività minerarie; la loro azione è in difesa dell’ambiente, attraverso attività di sensibilizzazione nei confronti delle popolazioni direttamente coinvolte e di prevenzione. Le attività di prevenzione sono iniziate dopo i controlli effettuati sulla qualità dell’acqua, evidentemente contaminata, e dall’emergere di molti casi giuridici di persone affette dall’attività di estrazione mineraria. Questa gruppo di donne sono supportate/spalleggiate dalla ONG Grufides.

Nel momento stesso in cui queste donne diventano attiviste ambientali e dei diritti umani, non si prendono cura dei propri stati emozionali. Per questo motivo, abbiamo voluto organizzare un “laboratorio per attiviste” attraverso il quale abbiamo voluto far capire l’importanza di riconoscere i propri spazi, le proprie necessità, per prendersi cura di sé, così da lottare meglio per i propri ideali.

D. Dove siete dirette adesso? Avete già fissato le prossime tappe?

R. Adesso siamo a Huaraz e siamo dirette a Cusco e Puno. A Puno, rimarremo tre settimane per conoscere alcune attiviste donne che offrono accompagnamento e supporto a donne vittime di violenza di genere, in particolar modo alle donne vittime di tratta e vittime dei danni provocati dalle attività minerarie su grande scala.

D. Il momento più brutto e quello più bello del vostro viaggio?

R. Credo che qui possiamo raccontarti esperienze distinte. Per Caro, il momento più brutto del viaggio è stata la tratta da Chacas (Perù) ad Acocha: era un sentiero di terra, con molte pietre e fango, caduta dopo caduta, ci colse la notte. Per me, invece, è stato il tratto che va dalla laguna di Llanganuco fino a Puerto Chelo (Huascarán, Perú); siamo salite in bici fino a 4800 metri di altitudine attraverso un sentiero di terra e la mancanza di ossigeno dovuta all’altura, è stata una delle sfide maggiori che ho dovuto affrontare…però, riuscire a raggiungere la cima mi ha fatto dimenticare tutto quello che ho passato durante la salita!

Il momento più bello del viaggio? Ti potrei fare mille esempi.
Dalle incredibili accampate sotto il cielo stellato in mezzo al nulla e circondate solo da montagne innevate, alle meravigliose persone che ci hanno ispirato; però quello che vorrei condividere con te è di quanto sia stato bello condividere la nostra ultima tratta, attraversando il Huascaran, la più alta montagna del Perù, con la coppia Chie e Daniel, dai quali abbiamo appreso molto sulla forma di viaggiare, la loro semplicità, il loro spirito critico, la loro filosofia di vita e la loro generosità.

D. Sognando di essere lì con voi, vi chiedo come si finanzia il progetto e come possiamo seguirvi e sostenervi?

R. Il progetto si finanzia attraverso una campagna di raccolta fondi online attraverso la piattaforma gofundme. Chiunque può aderire alla campagna, donando e supportando il nostro progetto cliccando al seguente link https://es.gofundme.com/serendipiasobreruedas

Potete seguirci e condividere le nostre esperienze di vita e di viaggio anche su Facebook: https://www.facebook.com/serendipiasobreruedas/

Instagram: serendipiasobreruedas

Attraverso il nostro sito web: https://serendipiasobreruedas.com/

La Bottega si era già occupata dell’impresa delle tre ragazze qui.

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