«Tempi (retro) moderni»

  Gian Marco Martignoni ragiona sulla conversazione tra Lelio Demichelis e Francesca Re David

«Oggi tendiamo a temere il futuro, avendo perso la nostra capacità collettiva di temperarne gli eccessi, rendendolo meno spaventoso e orribile» ha scritto Zygmunt Bauman in «Retropia». Non casualmente si ispira al testamento spirituale del sociologo polacco la bella conversazione tra Francesca Re David e il sociologo Lelio Demichelis – uno studioso attento ai nuovi fenomeni dell’alienazione contemporanea – contenuta nell’agile libro «Tempi (retro) moderni» (pag 94, euro 15, Jaca Book ) che senza remore ripercorre le vicende sindacali dell’ultimo quarantennio, anche in relazione alla nuove configurazioni dell’impresa-rete.

Per via della crisi economica esplosa nel 2008 è stato un decennio travagliato per il sindacato in generale, ma soprattutto per una categoria tradizionalmente combattiva come la Fiom, che ha dovuto gestire una serie impressionante di processi di “razionalizzazione” dell’apparato produttivo del nostro Paese. Giustamente Francesca Re David sottolinea come nonostante tutti gli attacchi a cui il sindacato è stato sottoposto in questi anni – a partire dalla sconfitta alla Fiat del 1980 sino all’autoritarismo esplicitato della dottrina Marchionne a Pomigliuano d’Arco – esso rimane una delle poche organizzazioni di massa che resiste alle suggestioni della narrazione neoliberale, esercitando a tutti i livelli il suo ruolo di agente contrattuale. Ma i fenomeni della de-sindacalizzazione di massa e della conseguente de-politicizzazione della società, stante la precarizzazione e frantumazione del lavoro, la messa in concorrenza dei lavoratori e delle lavoratrici e quindi (come ci ha insegnato Luciano Gallino) la ri-mercificazione del lavoro, rendono sempre più arduo l’obiettivo ambizioso della riunificazione del mondo di chi lavora. Inoltre, la costante connessione in rete e la uberizzazione del lavoro hanno intensificato l’individualizzazione dei rapporti di lavoro, a partire da una lettura deterministica delle nuove tecnologie, che mentre occulta i caratteri comuni della condizione lavorativa altresì genera una massa crescente di lavoratori e lavoratrici poveri sul piano salariale. Per di più a costoro viene suggerita e di fatto imposta la strada dell’allungamento della giornata lavorativa per sbarcare il lunario, piuttosto che quella di organizzarsi in classe cosciente, per rivendicare e applicare collettivamente i propri diritti. Insomma, l’operazione ideologica compiuta dal neo-liberismo è stata devastante: a fronte di una estensione della condizione subordinata, il nuovo proletariato non deve prendere coscienza dello sfruttamento e dell’alienazione che lo investono nei diversificati processi produttivi, poichè nella società della prestazione ognuno deve considerarsi imprenditore di se stesso. O adattarsi subalternamente agli imperativi propagandati dalla filosofia del mercato.

Purtopppo a questo disorientamento della classe ha dato un notevole contributo quella sinistra che, abbandonando gli strumenti dell’analisi marxista, ha di conseguenza legittimato una serie di politiche social-liberiste (dalla legge Treu al jobs act solo per soffermarsi sulla flessibilità lavorativa) che hanno eroso la sua credibilità storica. Non è un caso che sulla caduta della distinzione sinistra-destra abbiano lucrato sul piano dei consensi elettorali sia M5S che Lega di Salvini, al punto che oggi il mondo del lavoro non può contare su una sua rappresentanza autonoma in Parlamento. Comunque, per un organizzazione come la Fiom – che può contare sul patrimonio costituito da 16000 delegati e delegate eletti nelle sue liste – non solo è fondamentale mantenere un punto di vista critico sui destini della società, ma è soprattutto decisivo coltivare l’obiettivo di contrattare «il come e per quale uso è stato prodotto e introdotto l’algoritmo», al fine di ricostruire il rapporto ineludibile fra soggettività e percorsi di partecipazione democratica.

Redazione
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2 commenti

  • sergio falcone

    Certamente, ma… ci sarà un futuro? Era il lontano 1977 e i Sex Pistols già cantavano “No future for you, No future for me,
    No future, no future, for you”.

    https://youtu.be/yqrAPOZxgzU

    God save the queen her fascist regime
    it made you a moron a potential H bomb !

    God save the queen she ain’t no human being
    there is no future in England’s dreaming

    Don’t be told what you want don’t be told what you need
    there’s no future no future no future for you

    God save the queen we mean it man
    we love our queen god saves

    God save the queen cos tourists are money
    and our figurehead is not what she seems
    Oh god save history god save your mad parade
    Oh lord god have mercy all crimes are paid

    When there’s no future how can there be sin
    we’re the flowers in the dustbin
    we’re the poison in your human machine
    we’re the future your future

    God save the queen we mean it man
    we love our queen god saves

    God save the queen we mean it man
    there is no future in England’s dreaming

    No future for you No future for me
    No future no future for you

    *

    Dio salvi la regina, il suo regime fascista
    Ha fatto di te un deficiente, una potenziale bomba H

    Dio salvi la regina, non è un essere umano
    Non c’è futuro, nel sogno dell’Inghilterra

    Non farti dire cos’è che vuoi, non farti dire ciò di cui hai bisogno
    Non c’è futuro, nessun futuro, nessun futuro per te

    Dio salvi la regina, hai capito bene
    Amiamo la nostra regina, Dio la salvi

    Dio salvi la regina perché i turisti sono soldi,
    La nostra “figura istituzionale” non è come sembra
    Oh dio salvi la storia, Dio salvi la vostra folle parata
    Oh signore dio abbi misericordia tutti i crimini sono pagati

    Quando non c’è futuro come può esserci peccato?
    Siamo i fiori nella pattumiera
    Siamo il veleno nella vostra macchina umana
    Siamo il futuro, il vostro futuro

    Dio salvi la regina, hai capito bene,
    amiamo la nostra regina, Dio la salvi

    Dio salvi la regina, hai capito bene
    E non c’è futuro nel sogno dell’Inghilterra

    Nessun futuro, nessun futuro, nessun futuro per te
    Nessun futuro, nessun futuro nessun futuro per me

  • sergio falcone

    No future

    Il pianto di un piccolo dopo che è stato salvato
    https://youtu.be/abOmpHDg4A8

    Cosa ne sarà di lui? Uno mette al mondo un figlio con tanto amore e con tanto amore lo cura. Poi ci pensa la società a rovinarlo. La povertà si paga con la morte e per chi è povero non c’è speranza e nemmeno riscatto. I ricchi e i potenti non lo capiranno mai.

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