«Tradotto il linguaggio degli scimpanzé»…

ma io chiedo: di tutti? e quelli delle riserve-zoo?

di Giorgio Chelidonio

«Tradotto il linguaggio degli scimpanzé» segnalava il 4 luglio la Misna,

cioè la Missionary International Service News Agency (http://www.misna.org/primo-piano/tradotto-il-linguaggio-degli-scimpanze-04-07-2014-813.html) lodevolmente in quanto – finora – unica pagina a parlarne in italiano, mentre la notizia era strillata da numerose pagine anglofone. E’ pur vero che la brevità non lascia spazio agli approfondimenti ma sentenziare che lo studio pubblicato da «Current Biology» sia «una sorta di dizionario di questa famiglia di primati» mi pare davvero un eccessiva antropomorfismizzazione delle pur interessanti riflessioni che possono nascere da questa notizia.

Nozioni base per capire questa premessa critica sono i concetti di:
– antropomorfismo,
cioè l’attribuzione di caratteristiche e qualità umane a esseri animati (http://it.wikipedia.org/wiki/Antropomorfismo);
– l’etologia umana, disciplina antropologica che usa i parametri dell’etologia animale per studiare le basi bio-culturali dei comportamenti umani (http://it.wikipedia.org/wiki/Etologia_umana).
Se l’etologia animale rimanda al suo fondatore Konrad Lorenz (http://it.wikipedia.org/wiki/Konrad_Lorenz) quella umana comincia, almeno nella mia memoria di lettore orientato agli studi paletnologici, con Desmond Morris (http://it.wikipedia.org/wiki/Desmond_Morris) e i suoi «La scimmia nuda» (del 1967, ma che lessi con molto ritardo e immenso piacere nei primi anni ’80) e soprattutto «L’uomo e i suoi gesti» (Mondadori nel 1982, traduzione di «Manwatching», del 1977). Quest’ultimo libro, tuttora valido e godibilissimo, mi aprì mentalmente e visivamente all’osservazione dei significati comportamentali dei miei simili, fossero ragionieri, docenti paludati o semplici sconosciuti osservati sulle scale mobili del Beauburg; ovviamente il titolo risentiva dell’antropologia maschilista del suo tempo: venne infatti ristampato nel 2002 come «Peoplewatching».
Ma alla comprensione etologica dell’antropomorfismo, ovvero dei comportamenti ricorrenti nei primati antropomorfi (scimpanzé, bonobo, gorilla e umani, questi ultimi troppo spesso sedicenti tali) non può mancare la lettura dei libri di Frans De Waal (http://it.wikipedia.org/wiki/Frans_de_Waal). Ne cito le principali edizioni italiane: «
La politica degli scimpanzé. Potere e sesso fra le scimmie» (1984), «Far la pace tra le scimmie» (1991), «Naturalmente buoni. Il bene e il male nell’uomo e in altri animali» (2001), «La scimmia che siamo. Il passato e il futuro della natura umana» (2005) e il recente (non ho ancora trovato il tempo per leggerlo adeguatamente) «Il bonobo e l’ateo – In cerca di umanità fra i primati» (2013).
Anche solo il titolo del primo libro è sufficiente a togliere stupore alla notizia data dalla Misna: scimpanzè e bonobo non soltanto sono capaci di segnali vocalizzati (il linguaggio che il loro rapporto natura-cultura ha finora evoluto) ma hanno anche forme di comunicazione corporea (gesti comunicativi) più o meno complesse ma comunque adatte alla loro natura di animali altamente sociali.
Dunque aspettarsi la “scoperta” di un «dizionario scimpanzesco» da due diversi studi, di cui uno centrato solo su un tipo di comportamento rilevato in un singola popolazione di bonobo, mi pare davvero una “sorpresa banalizzante”. Se può, per esempio, sembrar sorprendente che la «sexual attention» (cioè quei gesti con cui questi primati propongono un rapporto sessuale a un loro simile) venga comunicata sia da maschi che da femmine «mordicchiando una foglia» – ma i maschi sembrano comunicarla anche «battendo i piedi», segnali entrambi che echeggiano in più complessi comportamenti simbolici umani come «mangiare la foglia», «pretendere, facendo i capricci» – dov’è la supposta “unicità animale” di un linguaggio corporeo esplicito che era già diffusamente analizzata in «Accoppiarsi che spasso» (1985).

A pagina 150 di quest’ultimo libro – ormai fuori catalogo ma forse reperibile on-line a poco prezzo (http://www.ebay.it/itm/Accoppiarsi-che-spasso-Evelyn-Shaw-Joan-Darling-libro-MONDADORI-/170660203591) – si legge che la femmina (solo quando si sente in estro!) di foche e trichechi corteggia i maschi «con atteggiamenti inequivocabili, trascinandosi accanto a lui, strofinandogli il naso col suo» e … «mordicchiandogli il collo». Ricordo con piacere di aver letto questo gustoso libercolo, nel 1987, nelle pause di un viaggio in Francia facendone argomento di discussione con gli amici.
In conclusione: da un ipotizzato “lessico” di 36 (oppure 66 ? le recensioni differiscono) gesti, si sono estrapolati 16 (o 19?) «messaggi specifici» basati sull’analisi di ben 5000 episodi comunicativi documentati (come nel video sotto-linkato). Ma dei 16 “messaggi” ben pochi sono univoci, cioè non vengono usati per finalità diverse….. il tutto osservato su un totale di 80 scimpanzé selvatici delle foreste dell’Uganda. E le altre popolazioni regionali dei nostri parenti evolutivi? E chi è in cattività?

Speriamo e attendiamo altre …traduzioni, non fosse altro per distinguerne le probabili diversità di linguaggi.

LINKS  CONSULTATI

http://www.misna.org/primo-piano/tradotto-il-linguaggio-degli-scimpanze-04-07-2014-813.html

http://www.bbc.com/news/science-environment-28156776

http://www.aysor.am/en/news/2014/07/04/chimpanzee-gestures/

http://www.pnas.org/content/110/9/3208.full.pdf+html

http://www.wired.com/2014/07/chimpanzee-bonobo-gestures/ VIDEO

http://www.telegraph.co.uk/science/10945811/The-66-gestures-which-show-how-chimpanzees-communicate.html

 

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3 commenti

  • Interessantissimo discorso, da riprendere… Nel frattempo (guarda che coincidenza) mi girano quesata frase di Antoine Le Grand: «le scimmie antropomorfe e i babbuini non parlano perché, se lo facessero, gli esseri umani li costringerebbero a lavorare». Eh sì… Un concetto simile lo avevo trovato anni fa leggendo «L’autobiografia di mamma Jones».

  • Giorgio Chelidonio

    Ma sarebbe davvero necessario? Non mi pare che “Usi obbedir tacendo” sia una massima desunta dall’etologia dei babbuini …..

  • necessario forse no (e poi non bisogna troppo antopomorfizzare come scrivi tu) ma la battuta era irresistibile…
    Parlando sul serio:
    1- anni fa erano state addestrate negli Usa (e dove se no?) e poi impiegate alcune scimmiette per assistere persone disabili… Non so come sia finito questo esperimento ma io ho subito pensato a quanto “risparmiava” il datore di lavoro e a quanti pochi diritti “sindacali” avrebbero avuto le scimmiette-badanti
    2 – la letteratura (ispirata suppongo dal mondo reale) è piena di persone che fingono di non parlare, di non capire, di non sapere.. per non farsi fregare da quelli che comandano. Ricordo male o lo scopre anche Jack Nicolson nel film “Qualcuno volò sul nido del cuculo”.?
    3 – a me piacciono mooooolto le tre scimmiette che stanno sotto la testata del nostro blog:al contrario delle più note tre mafiosette/spaventate … loro hanno voglia di sentire, vedere, parlare

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