Treni: avventura da Imola a Milano (quasi un anagramma)

di ANGELO MADDALENA

Sempre in treno: diario del 2 marzo 2018, dopo la presentazione del libro «Un anno di frontiera» allo spazio Brigata 36». Come i controllori registrano e fanno foto a chi discute (questa la sapevate?)

PER ACQUISTARE IL LIBRO (AUTOPRODOTTO)

Il Centro Sociale Brigata 36 di Imola ritrovato (dopo quattro anni e mezzo, quando ci ero venuto per la prima volta nella mia seconda tournée in bicicletta, con lo spettacolo «Alla Maddalena, la favola del 3 luglio in Val di Susa») ha mantenuto la promessa e sostenuto la commessa! (*) Sotto la neve “poetica” – e forte – dopo incertezze se rinviare o confermare, le giovani donne e i giovani uomini della Brigata hanno acceso la stufa, Arturo è venuto a prenderci con la sua macchina spalaneve.

Presentazione del libro più racconti del viaggio innevato, poi letture e scambio di battute con Daniele Barbieri cioè db (spero di organizzare a Perugia, verso settembre/ottobre, una serata con il suo “ultimo” spettacolo «I miei primi 70 anni e i prossimi 7000»).

La criminalizzazione della solidarietà ai migranti – e ai solidali – a Ventimiglia è il principale tema in «Un anno di frontiera». Anche a Parigi è successo, come ho scritto in una delle pagine del libro (db mi indicava il numero delle pagine, perché ha scritto a mano l’indice nella sua copia personale; è un folle, forse lo sapevate già).

Dopo le chiacchiere al Brigata 36 a nanna. L’indomani si riparte per Milano. Le previsioni dicono che da Imola a Milano (quasi un anagramma) la situazione è “sotto controllo”.

Faccio il biglietto Imola-Bologna: meno di 4 euro, onesto. Sul treno incontro una donna che fa l’infermiera a Bologna e viaggia ogni giorno. Mi dice che è contenta della neve poetica: guardiamo io e lei estasiati il paesaggio imbiancato. Dice che i suoi colleghi la contrastano quando lei elogia la neve, perchè blocca o comunque rallenta i trasporti. Mi racconta di una sua collega che arriva da Ferrara: «oggi piangeva, non riusciva a partire; abita a Argenta, non ci sono treni lì vicino, può utilizzare solo l’automobile ma ha paura di partire con le strade così conciate».

Abbiamo saputo che l’autostrada tra Genova e La Spezia e forse anche verso Parma sono bloccate. Io le canto – in “anteprima nazionale” – la mia nuova canzone «Poesia di neve» Lei l’apprezza e mi dice che siamo sulla stessa linea (poetica e ferroviaria!). A Bologna sembra tutto sotto controllo ma a Reggio Emilia inizia il teatro degli errori (e degli erranti). Dovrei arrivare dopo le tre del pomeriggio a Milano e mi rilasso perché a Bologna e prendo il primo treno utile per Milano, un Frecciarossa. Però alle 13 e 30 il controllore mi chiede il biglietto, gli spiego che il giorno prima ho perso due treni cancellati ecc. Lui non sente ragioni e mi fa scendere a Reggio Emilia, dove vado a mangiare una piadina al bar della stazione AV Mediopadana (distante almeno 3 Km dal Centro di Reggio, lo scoprirò dopo). Ci sarebbe un treno ad Alta Velocità con 30 minuti di ritardo previsto. Ho il tempo di mangiare la piadina, comprare «il manifesto» con un articolo di Karim Metref sugli scioperi a oltranza degli insegnanti in Algeria, e «Il venerdì di Repubblica» con in prima pagina Leonardo Sciascia… in giallo!

Alle 14 il treno Alta Velocità (scoprirò che è un ITALO) non arriva. Il freddo incombe. Io ciondolo fra il binario sopraelevato e il piano terra dove ci sono il bar e le sale d’attesa. Un tipo che aspetta “la sua signora” al binario, con la sciarpa del Bologna, mi spinge a chiacchierare con lui partendo dal Bologna calcio e della Reggiana, per la quale tifa meno anche perché è in serie C (l’ultima volta che è andata in A era 30 anni fa; a me sembrava 10 ma lui dice che era la Reggina). A un certo punto il tipo mi fa notare che c’è un Italo fermo al binario 3 da almeno mezz’ora: “probabilmente a causa di quell’ITALO” gli altri treni (tutti altamente veloci, in teoria) arrivano e partono con ritardo.

C’è un altro ragazzo (napoletano che abita a Parma) che aspetta un treno per Napoli. Dopo le 14 e 10 il tipo mi dice che la sua signora – via sms o wahtsapp – gli ha detto che quell’Italo non arriverà lì ma alla “vecchia stazione” di Reggio Emilia. Credo non sia possibile, invece dopo un po’ uno degli addetti allo sportello dice che è tutto vero: «andate fuori dalla stazione, seguite le indicazioni “ITALO BUS” e a poche decine mi metri c’è la fermata: aspettate lì l’ITALOBUS». Io e il ragazzo napoletano arriviamo sotto una pensilina coperta di neve che ogni tanto precipita (la neve). Un bambino si mette a giocare con la neve. Siamo più di una decina ad aspettare ITALOBUS. Una donna parlando dice «Meno male che dopodomani andiamo a votare» e un’altra le risponde: «Come se cambiasse qualcosa». La situazione è surreale: aspettiamo un bus sostitutivo del treno che ci porterà da una stazione a un’altra dove quasi sicuramente non faremo in tempo a prendere quei treni che aspettiamo perché sulla carta dovrebbero arrivare fra poco. Dopo una ventina di minuti in attesa – senza molte possibilità di appoggiare i bagagli perché le panche di marmo sono coperte di neve e a terra è bagnato – arriva un autobus urbano … ma non è l’Italobus. Io e altri saliamo sul bus urbano che ci porterà alla stazione (dopo almeno 12 fermate, e così realizzo che siamo ad almeno 3 Km dal centro). Io mi sento intontito dal freddo, dall’attesa e dalla stanchezza per i bagagli (zaino, chitarra e borsa di stoffa). Salgono due uomini e una donna dicendo «buon giorno, mostrate i titoli di viaggio per favore». La donna è un po’ più giovane di me, come uno dei suoi colleghi. Spiego che siamo in una situazione di treni in ritardo, deportati da una stazione a un’altra e tutto il resto. «Se volete pago un biglietto ma senza sovrapprezzo, vista la situazione». La “controllora” vuole i documenti, rispondo che non ce l’ho e non mi sembra una situazione in cui accanirsi. Si avvicinano gli altri due. Anche una ragazza – con il biglietto – spiega che effettivamente veniamo da ore e ore di attese di treni in ritardo e tutto il resto. Ma i controllori le dicono «se lei ha il biglietto non si deve immischiare». Io mi inalbero «anziché prendersela con chi sta nei piani alti e provoca queste situazioni ve la prendete con i poveri viaggiatori oppressi e irritati». Un po’ ho ragione e un po’ faccio la scena, ma ci sta no? Uno dei due controllori mi fa vedere un apparecchietto che la ragazza tiene appeso al collo: dice che stanno registrando le mie parole. Poi la ragazza tenta di farmi una foto, ma io metto davanti la faccia lo zaino e dico che non lo possono fare.«Sì che ci possiamo permettere» fa uno di loro indicando un cartello attaccato alla parete dell’autobus. Nel frattempo il bus si è quasi riempito, siamo in 15 circa. Intanto la ragazza che sta per scendere e mi aveva espresso solidarietà mi allunga il suo biglietto prima di scendere (meravigliosa! Peccato che non so come contattarla per ringraziarla). E i controllori subito: «Non si può, non si può, è illegittimo». Il più giovane addirittura mi fa: «Tu non stai rispettando quelli che hanno fatto il biglietto». E io rispondo: «Il biglietto non conta un cazzo, è un ricatto sociale, la GTT di Torino sta fallendo, ha un buco di 138 milioni di euro, e sicuramente non per chi non paga i biglietti ma per chi si è fottuto i milioni di euro dirigendo l’Azienda». Uno di loro blatera: «Non parliamo di politica». E qui vien da ridere: dire le cose come stanno è politica. La “controllora” sostiene che non sto rispettando il loro lavoro.

La ragazza che mi ha dato il biglietto deve scendere dalla porta posteriore che non si apre. Io grido al conduttore “APRI” e la ragazza sbotta: «ci state sequestrando». La porta si apre. Io resto su ma mi preparo per la fermata successiva. I controllori minacciano: «ti portiamo in questura e stiamo lì 4 ore… abbiamo registrato tutto». Io comincio ad avviarmi verso la porta. Uno di loro mi ostruisce il passaggio. Vado verso la porta posteriore che si è aperta. La controllora mi fa: «scendo con te» e prova a trattenermi. Ma io vado verso la libertà del centro città e della stazione: farò ancora un Km a piedi, ma sono libero e pieno di adrenalina. La “controllora” prima che mi allontanassi mi aveva urlato: «ci vediamo in questura!».

Dopodomani si vota. Mentre cammino nel paesaggio innevato rifletto: su 15 persone presenti nell’autobus solo una si è schierata con me. Mi chiedo: quanto è importante partecipare quotidianamente a quello che succede intorno a noi? Quanto è importante mettersi in mezzo a una discussione pubblica di tre controllori che minacciano psicologicamente una persona che non ha il biglietto persino in una situazione (treni saltati, neve, ritardi, ecc) del genere?

Arrivo alla stazione centrale e ci trovo l’ITALOBUS (mi è passato davanti mentre camminavo). Alla faccia dell’Alta Velocità: treni annullati e il bus sostitutivo che arriva dopo un’ora o quasi di attesa. Alla stazione ci sono i passeggeri di ITALO che devono andare a Torino e a Napoli, tutti bloccati: gente che non sa se o quando arriverà. Vado al bar Marconi davanti la stazione, gestito da un cinese, frequentato da arabi e cinesi! Bevo un thé e mi conforto. Torno alla stazione e faccio il biglietto per Milano su un regionale: i treni AV annunciati hanno almeno 50 minuti di ritardo.

Il regionale delle 16 e 42 ferma a Parma, Fidenza, Fiorenzuola (ma prima di Parma in un’altra piccola stazione), Piacenza, Lodi, Milano Rogoredo, Milano Lambrate prima di arrivare a Milano Centrale. Più o meno le stesse fermate che faceva il caro vecchio “Espresso” Agrigento Milano di 10 anni fa: non esiste più dal 2007, da quando hanno introdotto le Frecce: hanno tolto la “Freccia del sud”, molto economico, e messo ste Frecce veloci costose e spacca tutto. Oggi, ancora una volta, il regionale si prende la rivincita. Lo pago con piacere, ma mi faccio un auto-sconto in forma di indennizzo: 6 euro anziché 13, cioè faccio un biglietto per Fiorenzuola, così almeno simbolicamente scenderò lì. Però su quel treno lento “e poetico”, ma puntuale, il controllore non chiede i biglietti. Forse stanco o forse perché (vai con Foscolo) «della fatal quiete sei l’immago, a me sì cara … vieni o sera».

(*) cfr La neve, i treni, i libri e il canta(conta)storie

LE PROSSIME PRESENTAZIONI DI ANGELO

8 marzo: Canzoni di strada e di contrada, nuove e nuovissime alla libreria Calusca di Milano.

15 marzo: Canzoni di strada e contrada alla CCCP – Casa dei circoli e culture dei popoli – di Ceriale (Savona)

16 marzo: «Un anno di frontiera» alla Amico libro di Bordighera 

COME ACQUISTARE «UN ANNO DI FRONTIERA»

Quest’ultimo libro – come quasi tutti quelli di Angelo – è autoprodotto. Se ne acquistate 5-10 copie (come db, come Pia di Vallebona con l’associazione Acria, o come Jacopo del collettivo 20k di Bergamo e Milano) grandi sconti. Per averlo – o per presentarlo – scrivete all’autore: <angelo.maddalena@gmail.com>.

PROSSIMAMENTE in “bottega” ci sarà una recensione. Ma devo risolvere un “graaaaaaaave” conflitto d’interessi: essendo io il “prefatore” del libro posso parlarne bene o devo as/tenermi? Per caso c’è qualcuna/o “in linea” che si offre di farlo al posto mio? [db]

NELL’IMMAGINE la copertina di un vecchio cd del grande John Coltrane? Gioco di parole a parte, c’entra poco con i treni … però è bella musica.

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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