Tristitia post sufragium

di Rom Vunner

miaooLa tensione, le speranze, i propositi, si sono scatenati tra domenica e lunedì, con una crocetta marcata indelebilmente su due (tre dove c’erano le regionali) schede elettorali. Un attimo, il tempo di tracciare qualche X e un mese di passione ha trovato il suo climax. Subito dopo un’attesa per i risultati. Da martedì quella passione è tornata ad essere noia, rassegnazione e anche un po’ indifferenza. Nessun festeggiamento.

Nelle settimane precedenti avevo tracciato alcuni brevi appunti e DB, in un commento, mi chiedeva di spiegarmi meglio dopo il voto. Eccomi qui.

Siamo un Paese che non ha mai avuto una vera Rivoluzione, vi sono state insurrezioni più  o meno riuscite ma per il resto ha sempre vinto la delega. Anche in questo caso non è andata diversamente. C’è chi ha visto, e continua a vedere, uno spiraglio di cambiamento nel movimento dei grillini. trovo che ci sia una profonda contraddizione. Provo a spiegarmi.

Il sistema parlamentare vive di proprie regole il cui fine è quello di preservare lo status quo. Non si può fare la rivoluzione seguendo queste regole. Non si può dal parlamento agire sui rapporti di forza all’interno di questo sistema. Si tratta di un grosso fraintendimento. Un fraintendimento che si basa sulla distinzione tra capitalismo buono e cattivo. Il buono è un capitalismo in cui vince il migliore, in cui si rispettano le leggi. Il capitalismo cattivo è, come nel caso italico, quello che si basa su sistemi mafiosi, su tangenti e truffe. Il fraintendimento sta nel fatto che sono la stessa cosa, la faccia buona non può esistere senza quella cattiva. Un esempio pratico: la ricerca e l’innovazione. Ci raccontano quanto gli USA investano in questi campi, quanto si premino le menti migliori, tanto che i nostri cervelli in fuga trovano là il modo di esprimersi. Da dove arrivano quei soldi che finanziano questo splendido sistema? Non provengono forse dal fatto che si tratta del Paese più armato e più aggressivo del pianeta? Non si basa sul massacro e sulla distruzione sistematica? Il capitalismo (sia esso produttivo o finaziario) può solo basarsi sulla rapina, non c’è altro sistema e il parlamento è nato proprio per garantire questo sistema di rapporti di forza. Meglio usare una citazione del 1907 di Arturo Giovannitti degli Industrial Workers of the World (IWW) negli USA:

iww__Il parlamento è un’istituzione borghese, pietra angolare del capitalismo, dato che è lo stesso organo con cui la repubblica ha sconfitto la monarchia e attraverso cui il capitalismo è emerso dal feudalesimo. Prima e durante le fasi insurrezionali della Rivoluzione Francese, la nascente borghesia sapeva di non poter combattee il feudalesimo con le armi legali allora possibili, e capì che per poter trasformare la società era necessaria prima la totale distruzione dello Stato esistente, e per questo sviluppò una nuova forma di Stato che non aveva niente in comune con quello vecchio. Deve essere per il proletariato come è stato per la borghesia. (*)

Certo, su quelle sedie possono esserci persone più o meno gradite al sistema vigente ma il sistema sa che non ha molto da preoccuparsi. Non ho una sfera di cristallo e non posso prevedere cosa succederà ma esistono dei passaggi che sono necessari e che il parlamento seguirà: eleggere i capi di Camera e Senato, eleggere il Presidene della Repubblica, formare un governo, formare le varie commissioni. Solo questo porterà via mesi di lavoro, discussioni e scontri. Chi è seduto in Parlamento dovrà adeguarsi e procedere in questo. Inoltre il M5S non è un partito, sono singoli che hanno interpretato un disagio grazie a un prestanome e agiranno secondo la loro coscienza che non è detto sarà comune. Nel frattempo, per esempio, l’IVA aumenterà, la disoccupazione e la povertà pure, il cantiere per l’Alta Velocità continuerà a vedere un territorio presidiato militarmente a difesa di un pozzo senza fondo di denaro pubblico. Gli operai continueranno a crepare. I compagni a rimanere in carcere.

Certo si potrebbe obiettare che per arrivare a un vero cambiamento si può scegliere quale sia la formazione parlamentare che può agevolare l’azione. Una cara persona mi dice sempre che in URSS prima del 1917 ci fu il 1905 e che questa fu una tappa necessaria. Non mi pare però che questo sia l’atteggiamento corrente.

A mio parere è il momento di intensificare l’autorganizzazione dal basso, un’autorganizzazione che non può basarsi sulla delega, sulla ricerca di una santa mamma che pensi al nostro bene. C’è la necessità di riprendere in mano la vita, di sognare e fondare un sistema altro che cancelli quello attuale e penso sia difficile contare sul suo suicidio. Chi si crede di rappresentare qualcosa e qualcuno faccia la sua parte, sicuramente sorvegliamolo ma è ora di smetterla con la resistenza è ora di divenire forza fondante, istituente.

(*) Filippo Manganaro, 2004, Senza patto né legge. Antagonismo operaio negli Stati Uniti, Odradek. p. 89

Su questo blog anche Post-voto o post-vuoto?

Rom Vunner

2 commenti

  • va bene, ripartiamo da qui: l’impianto è giusto, la fatica tanta, altre strade non portano che al baratro o allo stagno (pre-baratro)

  • Il problema che pone l’attuale congiuntura politica, molto negativa per le classi subalterne, non sono le forme di lotta per la trasformazione sociale; e neppure, purtroppo, le forme di lotta per la conquista dell’egemonia, condizione necessaria per innescare un processo di transizione.
    L’attuale congiuntura politica è ancora ferma alle pre-lotte politiche, ideologiche ed economiche che possono aprire la strada alla lotta per la conquista dell’egemonia. Dieci anni fa neppure questo. Se si parlava, si parlava a orecchie sorde, il suono medesimo di certe parole suonava ridicolo.
    Qualcosa comincia a cambiare. Non abbastanza però da indurre a disprezzare la lotta parlamentare (il parlamento è un buon pulpito per la propaganda comunista); anche se prudenze in merito non sono mai abbastanza. E anche se la prospettiva della trasformazione del sistema, con i tempi e i modi che la storia inventerà, non può mai legittimamente essere messa da parte o comunque non influenzare le decisioni relative alla tattica.
    Io sono convinto che quasi fino all’ultimo momento i comunisti dovranno essere presenti, come potranno, secondo gli strumenti loro offerti, in tutte le istanze in cui sia possibile portare avanti le loro posizioni.
    La trappola sta nel credere che avendo la maggioranza o un gruppo consistente, si possa incidere più di tanto nel governo della società. Cioè credere in quello che coloro che più di noi hanno fatto per il comunismo definivano “cretinismo parlamentare”.
    Naturalmente bisogna vedere caso per caso. Ma qualsiasi movimento di lotta non può che giovarsi della presenza di rivoluzionari nelle istituzioni. Se non altro per denunciare la funzione delle istituzioni stesse, far esplodere le contraddizioni interne, la cui principale è che il parlamento dovrebbe esprimere in una certa misura gli interessi degli elettori e esprime invece – di necessità, non per la mediocrità dei personaggi che vi si muovono – gli interessi della classe dominante.
    Un comunista non si astiene mai (anche l’astensione è vista nel quadro di un’azione positiva di contrasto all’esistente). Si rimbocca le maniche, si getta nella mischia, e dove c’è qualcuno che parla, se possibile, interviene anche lui. In ogni contesto, in ogni luogo o situazione.
    Unico limite: il tempo. Certo che le forze migliori non possono venire assegnate a consumare energie nelle istituzioni, quando il lavoro di organizzazione dei lavoratori e dei cittadini nei quartieri è allo stato embrionale. Ma appena possibile, bisogna interessarsene. Intevenire anche nelle istituzioni.
    Una sfida, tra cui la più grave non è quella di integrarsi o lasciarsi corrompere, ma di cadere in quel cretinismo, in quel prendere troppo sul serio le concezioni avversarie sul parlamentarismo che loro (i comunisti) sono invece chiamati a dimostrare la ordinaria vacuità

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