Turchia e Iran cercano di annientare la resistenza curda

di Gianni Sartori

Difficile – se non impossibile – seguire e documentare in maniera adeguata le decine, centinaia di efferati crimini di Stato che Ankara (su scala industriale) e Teheran (a livello più artigianale) vanno commettendo nei confronti del popolo curdo.

Riporto solo un paio di recenti episodi di cui è giunta notizia (fra il 9 e il 10 dicembre) ma la lista purtroppo sarebbe molto più lunga.

REPRESSIONE DELLE PROTESTE PACIFICHE IN TURCHIA

A Diyarbakir (Bakur – Nord Kurdistan sotto amministrazione turca) 25 donne in sciopero della fame per la fine dell’isolamento carcerario di Ocalan, sono state arrestate. Con violenza, brutalmente (trascinate sul pavimento senza nemmeno il tempo di mettersi le scarpe ai piedi) nel corso di un’irruzione di unità speciali della polizia turca nella sede dell’HDP (Partito Democratico dei Popoli). Preventivamente circondata da idranti e veicoli blindati, la sede è stata poi perquisita a fondo.

Le militanti curde avevano aderito all’appello del movimento delle donne TJA che chiedevano di solidarizzare con Leyla Guven (co-presidente del Congresso Democratico della Società – DTK – e deputata HDP di Hakkari) rinchiusa nel carcere di Amed (Diyarbakir) e giunta ormai al 33° giorno di sciopero della fame. (*)

Venticinque arresti, sempre di donne in sciopero della fame, si registrano anche nella sede dell’HDP di Batman (Êlih), città del Bakur spesso nella cronaca per la repressione governativa nei confronti della popolazione. Altre tre militanti sono state poi fermate nel corso di una retata. Stando alle ultime notizie, le donne arrestate a Diyarbakir (fra loro anche Makbule, delle “Madri per la Pace”) continuerebbero lo sciopero all’interno del commissariato.

Pochi giorni prima veniva assaltata dalla polizia turca la sede dell’HDP di Urfa (una quarantina le persone arrestate, fra cui la deputata Ayse Surucu, Servet Kilic, Rojda Binici e Faruk Badilli) dove si era appena concluso un analogo sciopero della fame di tre giorni.

Anche in questa circostanza diverse persone sono state portate all’esterno dell’edificio trascinandole sul pavimento.

ALTRE ESECUZIONI EXTRAGIUDIZIALI IN IRAN

L’organizzazione per i diritti umani Hengaw ha denunciato che il 7 dicembre nella città di Bane (Rojhilat – Kurdistan orientale, sotto amministrazione iraniana) due cadaveri carbonizzati sono stati rinvenuti, mani e piedi legati, nel sedile posteriore di un’auto a cui era stato appiccato il fuoco. Si trattava del regista curdo Rahim Zabihi e del fratello Kaywan

Le modalità della loro uccisione ricordano quelle analoghe della studentessa e dissidente curda Meryem Fereci il cui cadavere carbonizzato veniva ritrovato in luglio.

Come nel caso di Meryem è forte il sospetto che si sia trattato di esecuzioni extragiudiziali, in stile “squadroni della morte”. I maggiori sospetti calano sulle formazioni paramilitari iraniane come i Pasdaran (Guardiani della Rivoluzione). E alcuni testimoni avrebbero notato esponenti di tale organizzazione aggirarsi in prossimità dell’abitazione dei due curdi assassinati.

Attualmente Rahim Zabihi stava raccogliendo materiale per un documentario sui Kolber (facchini frontalieri delle zone di confine con l’Iraq) per denunciare le numerose esecuzioni extragiudiziali operate nei confronti di tali lavoratori curdi. Per questo suo impegno era stato convocato e minacciato dai Guardiani della Rivoluzione.

In precedenza Rahim aveva realizzato alcuni film (“Hawar” e “Welate Efsane”, questo prodotto dalla Mitosfilm berlinese) assai critici nei confronti del regime.

Oltre a quello di Meryem Fereci, c’è un altro caso recente di eliminazione (tecnicamente: una uccisione mirata) contro un attivista “scomodo” per il potere: qualche giorno prima di Meryem, veniva ucciso da elementi legati al regime l’esponente della “Organizzazione per i Diritti Umani – Kurdistan” Iqbal Moradi. Dieci anni fa l’attivista – conosciuto sia come ex esponente di Komala, sia per il suo sostegno ai familiari dei prigionieri politici – era scampato a un attentato, presumibilmente sempre opera dei Pasdaran.

(*) vedi qui Donne in sciopero della fame nelle prigioni di Ankara

L’IMMAGINE – scelta dalla “bottega” – è di Michel Folon.

 

Redazione
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Un commento

  • AGGIORNAMENTI

    Nella notte tra l’11 e il 12 dicembre altre 14 donne in sciopero della fame – per solidarietà con Leyla Guven e per la fine dell’isolamento del prigioniero politico Ocalan – sono state arrestate a Van (Bakur, Kurdistan del Nord). Oggi il fermo di polizia per queste militanti di TJA (Movimento delle Donne Curde) sarebbe stato prolungato per altre 24 ore.
    Rilasciate invece le 28 militanti arrestate il 10 dicembre a Elih (Batman).
    Sempre a Van, in tre carceri della città prosegue lo sciopero della fame. Gruppi di dieci detenuti si alternano nel rifiutare il cibo e richiedono la fine dell’isolamento del “Mandela curdo” nell’isola-carcere di Imrali.
    GS

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