Tutti contro Thomas Stearns Eliot

di Fabio Troncarelli (*)

Gli anniversari sono bifronti come Giano. Stimolano il conformismo delle rievocazioni ufficiali. O accendono la magia delle riscoperte inattese, delle rivisitazioni, del tempo ritrovato. L’ anniversario della nascita di Thomas Stearns Eliot (St. Louis, 26 settembre 1888) non sfugge a questa regola. Da un lato ripropone al pubblico l’immagine di un poeta anche troppo noto, che ha dominato e tiranneggiato la scena letteraria internazionale per più di quarant’ anni. Dall’altro offre allo stesso pubblico la novità di un ricchissimo epistolario, per lo più inedito, che getta una nuova luce sugli anni della sua giovinezza fino alla pubblicazione nel 1922 del suo capolavoro, Terra desolata.

Ii volume è apparso a Londra, curato dalla seconda moglie del poeta, Valerie, per la Casa editrice Faber & Faber, di cui Eliot fu per anni direttore, suscitando immediatamente reazioni vivaci. La grande massa di notizie e di informazioni contenuta nelle lettere ha destato immediatamente la curiosità di critici e giornalisti, che si sono gettati avidamente alla ricerca di aneddoti, dettagli, novità nella vita privata di un autore la cui regola ferrea è sempre stata l’estrema riservatezza.

Il frutto di quest’impetuoso e impietoso accanimento è un energico senso di ribellione nei confronti del mito di Eliot: sorpreso nell’intimità, il grande poeta è apparso quasi meschino, indegno se non della fama, dell’ alone di rispetto che ha sempre circondato la sua figura: uno «sconfitto», uno «snob», un «arido egoista», per giunta razzista. L’ ondata di «rivelazioni» ha fiito così col travolgere le rievocazioni più riflessive, tese a valutare il significato letterario o culturale dell’ esperienza eliotiana, relegandole quasi al rango di celebrazioni ufficiali. Perfino un giornale di indubbia serietà ed equilibrio come La Stampa ha sentito l’esigenza di ricordare il centenario della nascita del poeta pubblicando lunghi brani in anteprima dell’epistolario, piuttosto che domandare a degli specialisti una valutazione complessiva dell’ autore, come invece hanno fatto l’Unità e il Secolo XIX, con articoli di Agostino Lombardo ed Alessandro Serpieri. Ancora più oltre è andata La Repubblica che ha dedicato l’intera pagina culturale del 18 settembre al poeta americano. dissacrandone poesia e biografia grazie alle penne al vetriolo di Alfredo Giuliani e Guido Almansi, coadiuvati da un intervento di Romano Giachetti.

Il processo per direttissima al reo di peccati disparati, ma tutti mortali, non lascia scampo. Cerchiamo di ricostruirlo per l’ edificazione dei lettori.

La parola è all’accusa. «Eliot doveva essere un uomo insopportabile, intollerante, spiacevole, crudele, scostante, asociale (a parte il suo razzismo e il suo antisemitismo)…» afferma Guido Almansi. «C’ è poco da fare: la vita di Eliot è un dramma irritante…» rincalza Giachetti, secondo cui l’ epistolario oscilla tra i due poli dei «piagnistei dello snob offeso» e di un vero e proprio inferno quotidiano di fallimenti e sconfitte, utile solo per capire in che condizioni penose è nata la poesia eliotiana. Ma fu vera gloria? Fu poesia o «non poesia»? I Quartetti -proclama Giuliani «sono… poesia teologica, predicatoria, grigia, che tranne qualche pezzetto trovo avvilente e noiosa, come noioso dal principio alla fine è il teatro…», E la Terra desolata?«Diavolo» tuona ancora Giuliani «nell’intruglio (sic!) della Terra desolata c’è un compendio di religioni e credenze rinfuse: Riti di Vegetazione, Bibbia, Eterno Ritorno, Budda e Cristo, Misteri frigi e Upanishad… Ce n’era abbastanza da restare intontiti… I fuochi della modernità accesi e dissipati… nella Terra desolata… lasciavano in ombra la natura alessandrina, affatturata dell’intera operazione…». Infatti – sogghigna Giuliani – «… Eliot era riuscito con qualche fortuna (vedi i consigli dell’amico Ezra Pound sulla potatura del testo) a dare un’immagine brillantemente funeraria… della Crisi…, ma noi non dobbiamo dimenticare che c’ è qualcosa di mirabilmente truccato in tutta l’opera di Eliot…». Ma insomma -protesterà il lettore – non si salva proprio nulla? «Dai saggi critici c’ è sempre da imparare» concede Giuliani. Certo – sottolinea Almansi – «il suo giudizio su singoli autori è ormai contestatissimo…». Però: «ci sono alcune formule nel pensiero critico di Eliot che sono ormai acquisite nella cultura… europea…». E soprattutto c’ è lo stile della sua critica: il fair play così anglosassone, tutto sorrisi e calci negli stinchi, che gli permette di dire soavi perfidie. Ecco, in questo Eliot era un maestro. Come poeta magari lasciava a desiderare. Ma in quanto a malignità…

Si stenta a credere che si stia parlando di un premio Nobel della Letteratura. Dunque era solo un bluff? Un mirabile inganno in cui sono caduti miseramente tutti? Un furbo di tre cotte, un borghesuccio Yankee, nato nel Missouri di Jesse il bandito, che fa l’Americano a Parigi nel 1914; se la fila all’ inglese a Londra nel ’15, scampando alla Grande Guerra; sposa una donna «destinata ad uscire di mente» secondo Bertrand Russell (che comunque non ci pensa su a fornicarci prima del ricovero); lavora in banca e si tinge la faccia di cipria verde per sembrare meglio un cadavere vivente; sfrutta l’amico Pound strappandogli preziosi consigli grazie ai quali rende presentabile un “intruglio” di versi, un poema che è un «centone di reminescenze» (cioè: roba rubata!): e ci guadagna fama. gloria e tutti a bocca aperta. E non contento, dopo impazza. Si converte alla religione anglocattolica. Si dichiara monarchico. Prende (orrore per uno yankee!) la cittadinanza inglese. Se ne infischia della povera moglie ormai ricoverata e impossibilitata ad ulteriori fornicazioni. Empie le scene con non empie recite degne di una parrocchia dell’East Side. E tutto per farsi la fama del bravo ragazzo, del classico usa-e-getta, papparsi il Nobel e fuggire con la segretaria Valerie Fletcher!

A dire il vero l’accusa di falsità, ipocrisia, alessandrinismo, funambolismo verbale, mistificazione, non si concilia del tutto con l’accusa di vittimismo, debolezza, incapacità di affermarsi attestate dall’epistolario. Né l’immagine di un Giano bifronte, furbissimo e fallito al tempo stesso, sembra del tutto compatibile con lo sguardo arrogante e crudele del protagonista di una critica salottiera tutta graffi e bon ton.

Dunque il verdetto è: colpevole? Suvvia. Ogni imputato è innocente fino a che la sua colpevolezza non e stata provata in modo inconfutabile. Vogliamo sentire qualche testimone a discarico?

II primo è Agostino Lombardo, docente di Letteratura inglese all’Università di Roma, che studia da molti anni l’opera di Eliot. «Dire che la poesia eliotiana è “alessandrina”, cioè sapientemente letteraria è in un certo senso un complimento. Eliot è un poeta colto, che lavora rielaborando materiale di altri poeti, come Dante. Ma l’uso della citazione non è mai meccanico. Le sue poesie non somigliano a dei musei con reperti archeologici senza vita. C’è un uso “attivo” della citazione, incastonata in un contesto nuovo con un signifiato nuovo. Ciò deriva da una geniale idea eliotiana: l’idea di tradizione vivente. Come ha detto Eliot, la letteratura europea da Omero a noi non è che un sistema unitario. Ogni volta che il poeta rinnova il linguaggio i sentimenti, ci permette di scoprire il passato con occhi nuovi. E di leggere poeti letti già migliaia di volte come se fosse la rima volta. Pensi al caso della poesia del 600 inglese. Prima di Eliot era considerata un episodio minore, confusa col marinismo. Oggi invece noi tutti riconosciamo la grandezza di John Donne che “sentiva” il pensiero come il profumo di una rosa, per parafrasare Eliot. La Terra desolata è stata una grande rivoluzione culturale e stilistica: tutta la poesia inglese del ‘900 è passata da lì. E questo rinnovamento affonda le sue radici nell’uso di citazioni e nel rimando a una tradizione che viene di continuo riscoperta. Anche la poesia italiana deve molto a Eliot: basta pensare a Montale. In Inghilterra generazioni di poeti si sono formati sull’ esempio eliotiano: e alcuni di loro sono stati addirittura pubblicati da Eliot stesso, che lavorava alla Casa editrice Faber & Faber e non era ostile ai giovani di talento. Può darsi che Eliot sia stato un dittatore nel gusto: ma questo nasce proprio dalla sua grandezza. Anche la sua critica letteraria non sarebbe così importante se fosse stata solo uno sfogo di umori e di bizzarrie personali». Dunque l’accusa di furto o di appropriazione indebita di fama e gloria cade. Ma quella di truffa ai danni dei suoi colleghi, come Pound? O ai danni dei suoi lettori, che credono che Eliot sia un mago mentre è solo un prestigiatore? Nessuno può risponderci meglio di Alessandro Serpieri, Docente di Letteratura inglese all’Università di Firenze, autore di studi illuminati sui rapporti tra Pound ed Eliot e sulle correzioni a quattro mani della Terra desolata: «La vera mistificazione non è quella presunta di Eliot, ma quella sconcertante compiuta da parte di chi lo accusa di plagio. Chi dice una cosa simile finge di non sapere (o forse ignora davvero) il contesto culturale entro cui Eliot operava, contraddistinto dalla tecnica dell’intersezione testuale. Gran parte della poesia europea del primo Novecento usa il procedimento di spiazzare il lettore con la citazione di un’ opera all’interno di un’altra, con il rimando culturale o l’imitazione di uno stile intrecciato ad un altro: basti pensare a Pound e a ]oyce. In questo modo tutte le epoche, tutti gli stili divengono contemporanei: e ilemozione di chi legge nasce dagli accostamenti imprevisti di testi lontani tra loro nel tempo e nel significato. La Terra desolata è ispirata a questa contemporaneità di emozioni che ci permettono con effetto surreale di vedere nel volto di un anonimo passante, nostro contemporaneo, quello di un soldato romano o di un cacciatore di teste; e di comprendere che la disperazione del primo somiglia a quella del secondo, del terzo, di tutti, anche se ognuno ha una storia diversa dagli altri. Si spiega in questo modo la compresenza nel poeta di accenni a religioni diverse, miti diversi, idee diverse che si trasformano l’una nell’altra. Eliot ha chiamato questo metodo il «metodo mitico» sostenendo che il poeta riscopre a modo suo la logica dell’umanità primitiva che crea dei miti che nel corso del tempo si trasformano rimanendo eguali, come ad esempio il mito del Graal del medioevo in cui rinasce il mito antichissimo del Re Pescatore. Nell’uomo moderno riaffiorano le ansie remote del passato. Per questo egli è un uomo qualunque ed Ulisse: il primo eroe e l’ultimo. Co lo stesso metodo è costruito l’Ulisse di Joyce. Come si può dire che si tratti di un «trucco» o di un «centone» fatto a tavolino? È proprio per questa comunanza di metodo che Pound ed Eliot hanno potuto lavorare assieme in un modo così anomalo. Ognuno aveva la sua personalità: ma vi era un intento comune. In ogni caso, con o senza i consigli di Pound, la Terra desolata resta uno dei monumenti della poesia moderna». Si mette male per l’accusa. Eliot è stato scagionato da ogni colpa nel campo della poesia. Almeno per quanto concerne le buone intenzioni. Quanto al rendimento, costante o incostante, chi è senza peccato scagli la prima pietra… Già. Ma come la mettiamo col suo caratteraccio? Come possiamo amare un poeta grande quanto si vuole quando scrive, ma detestabile quando parla, qualsiasi cosa dica? Il piccolo snob di S. Louis, sempre pronto a piangere i suoi guai e a disprezzare quelli degli altri, conservatore, bigotto, moralista, cattivo: insomma l’ometto, il borghese piccolo piccolo che cova nell’anima del grande poeta non è uno spettro ancora più inquietante di quello del Grande Mistificatore? Non ci fa «drizzare i capelli» per dirla con Almansi? E soprattutto non è una figura meschina e odiosa rispetto all’ America di Jack London, alla Francia di Proust, al Messico in fiamme di John Re ed, alla Russia di Tolstoi e dell’utopia rivoluzionaria?

Il testimone a discarico stavolta non può che essere uno scrittore. Qualcuno che conosca bene, per averli vissuti direttamente o indirettamente, gli equivoci dell’ identificazione tra Arte e Vita: Enzo Siciliano. «Pretendere di capire l’arte attraverso la biografia è ingenuo. Balzac e Verga erano reazionari eppure hanno descritto il mondo degli oppressi meglio di tutti gli scrittori rivoluzionari, al punto che sono stati presi a modello polemicamente da grandi esponenti della sinistra, come Engels o Marx appassionati lettori della Comedie humaine. L’arte non nasce direttamente dalle convinzioni spesso convenzionali dei singoli artisti, ma dalla loro forza interiore, superiore ad ogni difesa razionale ed ogni impalcatura concettuale. Per questo Eliot non può essere giudicato come poeta in base alle sue idee o alla sua figura storica. Semmai la sua figura biografica può essere interessante per capire il senso storico e culturale della sua poesia. Certo: per noi è un antipatico. Ma forse è affascinante proprio per la sua antipatia. Cioè per il suo rifiuto illogico, in fondo romantico, di ogni seduzione e di ogni modernità. In fondo è un personaggio molto legato all’ America del suo tempo. E un po’ un eroe di Fitzgerald, diviso tra desolazione e ricerca di una fede. Eliot somiglia a personaggi fitzgeraldiani, arroganti, belli e dannati».

Qual è dunque il verdetto? Colpevole o innocente? Il giudizio è alla giuria, in questo caso rappresentata dai lettori. Noi ci ritiriamo in disparte lasciando a loro l’ultima parola.

(*) Questo testo è ripreso da «IL PANE DEGLI ANGELI» (ovvero «storia, cinema, psicoanalisi in cerca di una saggezza possibile») di Fabio Troncarelli: un bel libro (Aracne editrice, 2005) che vale recuperare.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

DI SOLITO LE NOSTRE “SCOR-DATE” escono proprio a ridosso dell’anniversario; questa – come la precedente – arriva invece con un lieve ritardo (problemi in “bottega” di connessione, di fatica e di organizzazione). Però un giorno o due non mutano il senso di questi piccoli “esercizi di memoria”. Giusto? (db)

 

Redazione
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