Tutto il potere ai medici

Intorno a Ward Moore con brevi divagazioni di contorno: Urania propone in edicola il romanzo «Prigionieri del caduceo», una bella idea sprecata.

caduceo

«Trattato, curato, dimesso. Vasectomia alla data prevista. Vaccinazioni richiamate, autorizzazione valida. In caso morte clinica, organi consegnati a…». Eccetera. Così legge l’infermiera. Sarebbe insolito un controllo medico così minuzioso sui viaggiatori appena scesi in una stazioncina se il governo mondiale (post-guerra atomica) non fosse una Medarchia e chi si sottrae alle regole “scientifiche” del potere non entrasse nella categoria di «Anormali» giustificando l’intervento dei cattivissimi Tecnocustodi, cioè «Tecnici di custodia batteriologica e chirurgica, il corpo d’élite della polizia assegnato ai casi di emergenza». Si sa che i nomi dati da chi comanda non corrispondono ai contenuti.

Sto parlando dell’Urania in edicola (290 pagine per 4,90 euri) cioè «I prigionieri del caduceo» – qui nella traduzione di Salvatore Proietti, il titolo originale suona leggermente diverso: «Caduceus Wild» – scritto da Ward Moore nel 1953 con un certo Robert Bradford che…. poi si perse per strada quando, nel 1978, il romanzo fu pubblicato.

Vale ricordare che caduceo è il bastone alato con due serpenti attorcigliati: il latino caduceus riprendeva il greco antico καρυκαῖον, traducibile come araldo. Era simbolo di pace e prosperità, associato al dio greco Hermes (Mercurio per i Romani) e poi alla medicina, specialmente negli Usa mentre in Italia è il simbolo dell’Ordine dei farmacisti.

Il romanzo di Moore è una classica distopia: senza infamia o lode per trama, scrittura, passaggi, finale, invenzioni o personaggi. Brutto no, scialbo sì. Non mi dilungo.

Opportuna e memorabile una delle tre frasi (quella di Hermann Goering) che aprono il libro: «Nel Terzo Reich decido io chi è ebreo». Notevole anche, per sintesi, la definizione (a pagina 176): «Il sospetto reciproco è la claustrofobia di ogni sovversivo».

L’interessante idea che la malattia sia un crimine e la salute affar di Stato è stata utilizzata, anche in fantascienza, assai meglio che qui. Ne accennammo con Riccardo Mancini su «il manifesto» (era il lontanissimo 28 luglio 1987) recensendo «La legge delle stelle» – ma il titolo originale era «Physician to the Universe» – un romanzo breve (troppo breve) scritto nel 1963 da Clifford Simak. Ricordo che allora con Riccardo ragionammo di fare un librino (o almeno un saggetto) su fantascienza e medicina ma poi… ci perdemmo in altre faccende. Il nostro “percorso di lettura” sarebbe stato certamente migliore (la presunzione a volte è solo una constatazione?) del “dossier” che chiude questo Urania scritto da un’altra coppia – ma destrorsa – cioè Gianfranco De Turris e Sebastiano Fusco. Io condivido ben poco di quanto i due qui scrivono e/o tacciono; tanto meno approvo il giudizio su «I prigionieri del caduceo»: secondo loro dà le «risposte giuste» (ma hanno letto il libro?) ed è «fantascienza al suo meglio», per me invece siamo di fronte a una buona idea-base gettata al vento.

Fantascienza al suo meglio” è invece. a mio avviso, il successivo Urania – in edicola da un paio di giorni – ovvero la ristampa di «La ballata di Beta-2» di Samuel Delany; però ne riparliamo fra 7 giorni.

A chiudere questo numero di Urania due racconti di Moore o se preferite un romanzo breve in due puntate: fra gli appassionati, «Lot» e «La figlia di Lot» sono meritatamente famosi per l’efficacia e la crudezza con cui raccontano – con rimandi biblici come il titolo lascia intendere – il “privato” esodo di un famigliola dopo lo scoppio delle prime bombe nucleari.

Solo 5 romanzi e «una manciata di racconti» come ricordano Marzio Tosello (ben tornato sulle pagine di Urania) e Giuseppe Lippi nella scheda biografica su Ward Moore (1903-1978). Di lui ci resta poco dunque. Oltre a «Lot» sono notevoli due romanzi: «Anniversario fatale», una classica ucronia, e «Più verde del previsto» anche lì un eccellente spunto di partenza poi non del tutto sviluppato.

 

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *