UN BIANCO
(Roba del Pabuda…)
entro in questa
scendendo lento
i suoi tre gradini malsani:
per ciascuno maturo
un sospetto.
ci potrei scommettere:
questa un tempo
non era una mescita:
con qualche altra
tecnica
la luce della Riviera
tenevan fuori dalla porta.
dietro il bancone,
insieme a quattro bottiglie,
è avanzato
un giovanotto lungo e secco
e scuro e fumigato
e un po’ storto:
proprio come le pareti
che ci tengono assieme.
non sembra aver voglia
di far due chiacchiere,
come nessuno da queste parti.
oltretutto, poggiandosi
col gomito al niente
mostra d’essere di tutto quanto
definitivamente stufo e stanco.
per non rischiare
d’interrompere il filo
dei suoi cupi e segreti pensieri
mi limito al minimo:
“buongiorno, un bianco”.
bevo, ringrazio, pago, saluto:
ma tutto risulta
assolutamente inutile.