Un indispensabile «Dove sono i nostri»

recensione di Gian Marco Martignoni al libro del collettivo Clash City Workers

Era da tempo immemorabile che non si vedeva in circolazione uno studio analitico e comparato sul proletariato italiano e la struttura produttiva del nostro capitalismo quale quello assemblato con estrema cura dal collettivo Clash City Workers nel volume «Dove sono i nostri» (pagg. 202, € 10) pubblicato recentemente per la Casa Usher.

Uno studio che sgomberando il campo dai discorsi fuorvianti a proposito del lavoro autonomo di seconda generazione e di quello cognitivo, ha il pregio di mettere a fuoco, con un meticoloso lavoro di inchiesta, la composizione di classe del nostro Paese, scomponendo i 23 milioni di occupati censiti dall’Istat (tramite il codice Ateco) per settori produttivi e improduttivi, al fine di «capire come vivono materialmente i lavoratori, qual è il livello della coscienza di classe e quindi della conflittualità, il tasso di sindacalizzazione, ecc».

Infatti, se il nostro “nano-capitalismo” è caratterizzato da una dimensione aziendale ove a ogni impresa corrispondono di media 3,9 addetti, si comprende come per la ricattabilità della forza lavoro in molti settori – non vigendo in essi la legge 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori) bensì la legge 108 del 1990 (che prevede il risarcimento monetario nel caso di licenziamento ingiustificato) – sia quasi impossibile aggregare e organizzare sindacalmente un’area vasta del proletariato.

Mentre al di là del dibattito sulla de-industrializzazione e la graduale esternalizzazione dei servizi connessi all’industria, la manifattura rimane il settore centrale delle attività produttive e conseguentemente «il proletariato della media-grande fabbrica rimane il più combattivo», seppur, come insegnano le vicende Fiat, l’autoritarismo padronale esercitato da Marchionne mira alla totale negazione del ruolo autonomo delle organizzazioni sindacali non subalternamente collaborative.

Inoltre, stante che storicamente i comparti della pubblica amministrazione e della scuola soffrono di una mancata vocazione al conflitto sindacale, lo stato complessivo dei rapporti di forza è tutt’altro che favorevole per il movimento operaio, anche perché il Pd, dopo aver teorizzato l’equidistanza fra capitale e lavoro, ha oggi deciso con il nuovo corso di renziano di sostenere, senza alcuna remora, le ragioni del capitale e dell’impresa.

Non a caso Renzi riceve il plauso dell’ineffabile Marchionne, per cui dopo la Fiom tocca ora alla Cgil il compito di rispondere con la mobilitazione all’ennesima offensiva contro alcuni caposaldi dello Statuto dei Lavoratori (il divieto dei controlli a distanza e della possibilità di demansionamento dei lavoratori e delle lavoratrici) oltre a quanto resta sul piano della reintegra prevista dall’articolo 18, dopo il depotenziamento effettuato dalla controriforma Fornero nel 2012 con la legge 92 del 28 giugno. Mentre nel quadro della deflazione europea provocata dalle politiche recessive dell’austerità decise dalla “Troika” e di una disoccupazione crescente a due cifre, la concertazione viene brutalmente cancellata da destra.

Mai come oggi l’assenza in parlamento di una sinistra degna di tale appellativo ci indica a quali livelli di involuzione politica siamo pervenuti, e quindi «Dove sono i nostri» si rivela un ancor più potente strumento di conoscenza e di lavoro che ogni militante di base dovrebbe leggere e approfondire, se si intende recuperare sia a livello politico che a livello sindacale la mai tramontata centralità della contraddizione capitale-lavoro. Soprattutto in un’epoca ove, per dirla con le parole di Luciano Gallino, la lotta di classe è condotta dalla classe dominante con l’obiettivo dichiarato di uniformare al ribasso le condizioni di lavoro, salariali e normative di quanti per riprodursi e sopravvivere devono vendere, marxianamente, la loro forza lavoro.

 

Redazione
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3 commenti

  • concordo con le lodi di Gian Marco.
    Aggiungo:
    – c’è un bel sito (clashcityworkers.org/)
    – ho assistito a una presentazione del libro e mi pare un ottimo modo per aprire la discussione su come restituire la centralità (negata) al lavoro; se posso dare un consiglio… organizzagte un incontro con loro.
    db

  • bozidar stanisic

    ho passato una diecina di anni nelle fabbriche friulane, come operaio. credo che io abbia capito qualcosa, almeno quel poco che, pare, manchi ai guffi renziani che intendono a seppellire l’art.18 non riformando l’intero sistema del lavoro in italia. questi abitanti della ventre del cavallo di troia regalato a questo paese dai più potenti centri del potere economico e finnanziario non si fermeranno da soli. ora tocca a tutti il come reagire contro chi vuole il ritorno all’ottocento. (lunedì sera, ascoltando landini, ho ricordato le opere di dickens e zolà, forse saranno da ristampare a prezzo di 50 centesimi in 30 milioni di copie)…in realtà, è un ritorno alla paura, all’obbedienza, all’assurdo delle relazioni di possiede i mezzi di orioduzione e di chi è solo proletario. dredo ora davvero tocchi agli italiani, ma non solo dipendenti privati a di…re

  • bozidar stanisic

    ho passato una diecina di anni nelle fabbriche friulane, come operaio. credo che io abbia capito qualcosa, almeno quel poco che, pare, manchi ai guffi renziani che intendono a seppellire l’art.18 non riformando l’intero sistema del lavoro in italia. questi abitanti della ventre del cavallo di troia regalato a questo paese dai più potenti centri del potere economico e finnanziario non si fermeranno da soli. ora tocca a tutti il come reagire contro chi vuole il ritorno all’ottocento. (lunedì sera, ascoltando landini, ho ricordato le opere di dickens e zolà, forse saranno da ristampare a prezzo di 50 centesimi in 30 milioni di copie)…in realtà, è un ritorno alla paura, all’obbedienza, all’assurdo delle relazioni di possiede i mezzi di orioduzione e di chi è solo proletario. dredo ora davvero tocchi agli italiani, ma non solo dipendenti privati a di…re

    se davvero serve questo imbarbarimento ed a chi serve…

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