Una bandiera chiamata libertà

Vita, abbordaggi e corazzate spaziali nella fantascienza di Reiji Matsumoto

di Fabrizio “Astrofilosofo” Melodia

«Il mio sogno è sempre stato vivere come un uomo che, in ogni momento della propria esistenza, è pronto a partire a bordo del proprio vascello, per i mari sconosciuti […]. Egli incarna ciò che ho sempre voluto essere e può compiere imprese che un uomo comune, ritrovandosi nella propria realtà, può emulare soltanto in un modo: avventurandosi nell’immenso mare della propria anima […]. Harlock è disposto a sacrificarsi, a faticare, a bere sangue e sudore in nome di un ideale, e ha una fervida fede […] quasi religiosa per la vita. E’ dunque il simbolo stesso del possibilismo […]. Io spero che i giovani, sebbene vivano in un epoca che non garantisce un futuro promettente, imparino da Harlock a coltivare i propri sogni gelosamente senza mai rinnegarli, come un pirata non abbandonerebbe la propria nave neppure se stesse per colare a picco» («Reiji Matsumoto: Harlock sono io» in «Super Japan Magazine» n° 12).

Un pirata moderno con un berretto da capitano da lungo corso, che troneggia su quella testa imbiancata dal tempo, a rappresentarlo come uno dei personaggi nati dalla sua fervida fantasia da marinaio dei mari cosmici.

Akira Matsumoto, classe 1938, cambiò il proprio nome in Reiji, unendo i kanji di “REI” (zero, mezzanotte) e SHI (cavaliere), ottenendo in questo modo un composto nome di battaglia che più o meno significa «Guerriero di mezzanotte».

Un nome intriso di presagio.

Grande appassionato di modellismo e della seconda guerra mondiale, intriso di avventure riguardanti la frontiera americana e la pirateria, Matsumoto avrebbe legato il proprio nome a figure di cavalieri erranti, di frontiere sconfinate, di onore e impegno, di speranza e dolore infinito.

Matsumoto ha spesso dichiarato di essersi ispirato alla terribile sconfitta giapponese durante il secondo conflitto mondiale per le atmosfere da vera odissea spaziale presenti nel manga «Uchu senkan Yamato» («La corazzata spaziale Yamato» del 1974) una saga che narra le vicende di una corazzata spaziale, costruita dai resti della storica nave da guerra Yamato, affondata nel Mar del Giappone, riconvertita in un incrociatore stellare in grado di compiere balzi a velocità iperspaziale. Il valoroso equipaggio – composto dal barbuto e taciturno capitano Avatar (ammiraglio Juzo Okita), il valoroso Mark Venture (Daisuke Shima), dal dottor Sane (dr. Sado), Nova (Yuki Mori) e Derek Wildstar (Susumu Kodai) – ha esattamente un anno di tempo per raggiungere e tornare indietro dal pianeta Iskandar, distante 148.000 anni luce, governato dalla saggia regina Starsha.

La regina donerà loro il COSMO DNA, un dispositivo in grado di risanare completamente la terra dall’inevitabile estinzione perpetrata dall’attacco atomico dell’esercito del pianeta Gamilas, guidato dal supremo Desslar, il quale intende salvare il suo popolo condannato dalla propria sconsiderata politica all’estinzione.

«Io erro ai confini delle stelle. Gli uomini mi chiamano Capitan Harlock. Finchè il fuoco brucerà in me, vivrò libero nel mare oscuro dello spazio. Sotto la mia bandiera, io vivo in libertà». Un vero manifesto filosofico in forma poetica, le parole con cui «Uchu kaizoku Captain Harlock» («Il pirata dello spazio Capitan Harlock» del 1976) affascina il giovane Tadashi, figlio di uno degli scienziati terrestri uccisi dalle terribili Mazoniane, le donne misteriose provenienti dall’asteroide apparso nei cieli terrestri e che bruciano come carta.

Il ragazzo, dapprima diffidente poiché come molti ritiene che Harlock sia il responsabile dell’omicidio del padre e degli altri scienziati, si ricrederà entrando in contatto con il taciturno e leale capitano, dall’occhio bendato e dal lungo mantello nero.

A bordo dell’astronave Arcadia, simbolo di libertà e poesia, Tadashi apprenderà a vivere libero e appassionato, contrariamente all’umanità e alla politica indolente e pigra, arrivando a scoprire il mistero dell’Universo, celato dalle Mazoniane.

Unico del genere robotico, inaugurato da Go Nagai con il celeberrimo «Mazinga Z», Matsumoto forma il robot più gigantesco della storia del fumetto giapponese (200 metri, rispetto ai 18 di Mazinga Z e ai 25 del Grande Mazinga) oltre a delineare da un punto di vista molto realistico il duro e severo allenamento cui vengono sottoposti i piloti per guidare il titano d’acciaio «Danguard ACE» («Wakusei Robot Danguard ACE» del 1977).

I terrestri hanno depredato tutte le risorse naturali della Terra, l’unica speranza rimane raggiungere un fantomatico decimo pianeta del Sistema Solare, da poco scoperto. Parte così la corsa per raggiungere la nuova terra promessa, due sono i contendenti. Da una parte l’astronave Yasdam, simbolo di libertà e uguaglianza, scortata appunto dal robot Danguard e dall’altra la nave spaziale Planester, guidata dal blasonato cancelliere Doppler, il quale intende creare un governo elitario per una sola razza superiore. Arin, figlio di un presunto traditore, è il protagonista della vicenda, il quale cercherà il riscatto della propria condizione, diventando il miglior pilota di Yasdam e meritandosi sul campo il diritto a pilotare il Danguard.

Reiji Matsumoto riempe di infinite suggestioni, citazioni e motivi archetipici queste sue prime creazioni, le quali appartengono volutamente a un medesimo e unitario universo.

Il tema del viaggio, della redenzione, del sacrificio e dell’impegno politico sono costanti e variamente trattati con toni da fiaba e da romanzo di formazione in versione fantascientifica.

I suoi personaggi sono viaggiatori, il più delle volte sperduti e solitari, ma non per questo disincantati e tristi, totalmente privi di ogni valore.

Sono la proposizione invece di una idea di ribellione contro la società attuale, colpevole di aver perso la propria fantasia e azione, indolente e impigrita, volenterosa solo di crogiolarsi nelle velleità politiche e affaristiche, invece che ritornare a solcare i cieli e a combattere contro i mostri che l’assillano e che invece vengono messi a tacere, incolpando proprio Harlock, simbolo di quella poesia e impegno attivo che la Società vuole invece estromettere.

Contro il qualunquismo imperante e l’imbarbarimento culturale post sessantottino, dove la Destra Fascista ha trovato terreno fertile per attecchire e moltiplicarsi, si leva alto il canto corale dell’equipaggio della Yamato, il quale deve niente di meno recuperare il DNA del Cosmo, il senso stesso della vita, già presente in ognuno di loro, con i loro problemi, dubbi e afflizioni, ma sempre animati da buona volontà e speranza per un futuro diverso.

L’equipaggio si costituisce come una grande famiglia impostata sulla totale collaborazione, apportatrice di valori nuovi e positivi, maggiormente sviluppati del passato guerresco, ma non per questo da denigrare, dei padri, rappresentati dalla taciturna e severa esperienza del comandante Avatar, il quale recluta i suoi uomini in questa missione palesemente suicida, vista la preponderante potenza dell’impero Gamilas.

Contro ogni pronostico e con l’orologio sempre più vicino al termine, il viaggio nell’inferno spaziale è costellato di movimenti lenti e cadenzati, di riti ripetuti e spazi ampi e sconfinati.

Anche la presenza dell’arma finale, il cannone a onde moventi, richiama la forza del viaggio, della poesia, della scoperta rispetto alla statica etica guerriera che ha portato tanta morte e distruzione con una insulsa guerra atomica, senza alcun tentativo precedente di accordo.

Una sorte che sembra prendere anche l’umanità, con la lotta intestina per il predominio del decimo pianeta, uno scontro fra democrazia comunista e oligarchia fascista, superata dai valori di sacrificio reciproco rappresentati dal giovane ideale di Arin, il quale solo nel viaggio, riuscirà a ritrovare se stesso e affermare i valori di cui si sente portatore, ritrovandosi migliorato e sviluppato nel Danguard Ace, vero e proprio secondo corpo perfettamente rivestito.

«Per intendere che cosa sia lo svolgimento occorre distinguere, per così dire, due stati: l’uno che designa come attitudine, facoltà, l’essere in sé (come lo chiamo io), potentia, dinamis, l’altro, l’essere per sé, l’attualità o effettualità (actus, energeia). Quando per esempio diciamo che l’uomo è ragionevole per natura, intendiamo dire che possiede la ragione solo in potenza, in germe; e in questo senso l’uomo è dotato di ragione, d’intelletto, di fantasia, di volontà sin dal momento della nascita, anzi già dal grembo materno. Ma se il bambino possiede soltanto in questa forma l’attitudine o l’effettiva capacità della ragione, è come se non la possedesse; la ragione non esiste ancora in lui, perché egli non può compiere alcun atto razionale e non ha coscienza razionale. Soltanto quando ciò che l’uomo è in sé, diventa anche per lui – e quindi la ragione diventa per sé – l’uomo è veramente uomo in un qualche senso, è veramente ragionevole, è per la ragione» (Georg Wilhelm Friedrich Hegel in «Lezioni sulla storia della filosofia», vol I, pagg. 30-31).

I protagonisti di Matsumoto non sono altro che il dispiegarsi di questo essere in sé, lo svolgimento dalla loro condizione potenziale di esseri ragionevoli e il conseguimento della propria autocoscienza e del raggiungimento dell’età adulta, attraverso la dura forgia della natura.

Sono il nuovo che avanza, in ogni ramificazione, lo svolgimento concreto che lentamente si sviluppa compiutamente e che spiega e comprende il vecchio nel rivolgersi indietro, comprendendo anche se stesso nel riflesso dell’altro.

Harlock è un eroe romantico e filosofico in quanto in ogni momento è pronto a partire, a volgere la prua verso l’ignoto, verso il segreto dell’Universo costituito dalle Mazoniane, a esperire di persona il senso del proprio essere in sé, verso il completamento e la manifestazione del suo essere per l’altro, riflettendosi negli occhi di Tadashi, il quale a sua volta compirà il proprio viaggio di formazione per maturare come uomo nel cosmo della vita.

«La filosofia si muove nel campo del pensiero, e quindi ha a che fare con universali; il suo contenuto, è vero, è astratto, ma solo secondo la forma, secondo l’elemento. In se stessa invece l’Idea è essenzialmente concreta, essendo essa l’unità di determinazioni differenti […]: la filosofia è nemica mortale dell’astratto e riconduce al concreto. Se uniamo il concetto del concreto con quello dello svolgimento, abbiamo il movimento del concreto. […] Pertanto l’Idea, come concreta in sé e svolgentesi, è un sistema organico, una totalità, che contiene in sé una coppia di stadii e di momenti. Orbene la filosofia è appunto per se stessa la conoscenza di siffatto svolgimento, e come pensiero concettuale rappresenta essa stessa questo svolgimento pensante; quanto più rigoroso è quest’ultimo, tanto più perfetta è la filosofia» (Georg Wilhelm Friedrich Hegel in «Lezioni sulla storia della filosofia», vol I, pag. 38).

E’ quindi piena consapevolezza della propria coscienza filosofia e del mondo in tutta la sua totalità ciò che si manifesta nell’equipaggio della corazzata spaziale Yamato. Ogni suo componente si sviluppa nel rapporto con l’altro, migliora se stesso, soffre e cresce nel campo della battaglia, si perde nell’unione cosmica universale, muovendosi maestosamente e lentamente, stagliandosi nello spazio della comprensione totale.

Il vecchio comandante Avatar è una immagine che nemmeno dopo la sua morte verrà mai dimenticata, da buona idea in sé costituirà sempre il punto di partenza per la maturazione di Wildstar, affinché alla fine sia lui a poter prendere il comando della Yamato.

La contraddizione concreta, il movimento del concreto, si manifesta nella doppia valenza dell’astronave, culla galleggiante dell’equipaggio e tremenda arma a onde moventi, simbolo delle forze della natura e dell’animo umano che non possono e non vogliono avere briglie e confini.

Lo spirito si dispiega nei personaggi e nella poetica fortemente positiva di Matsumoto, il quale rappresenta in forma filosofica, utilizzando sia il medium fumetto che quello del cinema d’animazione, una umanità giovane e votata alla libertà, sgravata ormai da un passato colpevole e opprimente, senza per questo dimenticarlo, ma usandolo come trampolino di lancio per la propria concreta maturazione totale.

Un canto di libertà che non conosce confini, come la bandiera pirata del romantico capitano Harlock, amante della vita e del viaggio per il viaggio.

Un cammino sotto un vessillo chiamato libertà.

Inizio e non fine ultimo.

BREVE NOTA SU QUESTA SERIE

Asimov, Moebius, Ursula Le Guin, Wells, Lovecraft, ora l’animazione di Matsumoto e non finisce qui. Fabrizio Melodia, che non per caso è soprannominato Astrofilosofo, disegna i profili di autori e autrici che hanno allargato il nostro sguardo sugli spazi e sugli altroquando interni, esterni, possibili e impossibili, insomma su fantascienze e altri territori del fantastico, la zona del crepuscolo… Lo ritroverete qui fra 7 giorni, non mancate. (db)


Redazione
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