Una bestemmia al Festival

Il dito, il cielo, le religioni e l’ipocrisia

di Chief Joseph

Seconda serata al Festival di Sanremo 2007 (27 febbraio – 3 marzo). L’ultima cantante delle “nuove proposte” Elsa Lila, si accinge a iniziare il suo brano “Il senso della vita”. Totale silenzio ma a un certo punto si sente una bestemmia giungere “fuori campo”. Nei giorni successivi si scatena una furiosa polemica, con il Codacons che chiede i danni perché era stata offesa la sensibilità di milioni di spettatori.

A distanza di oltre un decennio, osservo ancora moltitudini che, di fronte al classico dito teso a indicare la Luna o la maestosità del cielo, sembrano interessate solamente al ditino senza essere lontanamente sfiorate dal desiderio di compiere un impercettibile movimento del capo, dal basso verso l’alto. Un significativo esempio è rappresentato dalla bestemmia che, per i cattolici, è costituita dall’abbinare il nome di Dio o della Madonna a epiteti non rispettosi. Questo è considerato un «peccato mortale» che deve essere confessato.

Pur non essendo da tempo praticante, sono ancora convinto che il nome di ogni divinità accompagnata da un insulto può essere, nel peggiore dei casi, una cosa sconveniente, non certamente un peccato gravissimo. Infatti se allargassimo l’inquadratura potremmo essere sfiorati dal dubbio che, probabilmente, bestemmiare Dio è soprattutto costituito dalla nostra abitudine di benedire le nefandezze quotidiane con la messa domenicale, dall’utilizzazione del nome di Dio per imporre le nostre idee, dalla scelta di scatenare guerre in nome o per conto delle religioni. Purtroppo, nessuno si scandalizza per queste cose e invece c’è una levata di scudi generale contro due parole che, messe vicino, generano «quell’orribile e mostruosa cosa» che è la bestemmia. Senza scomodare don Gerard Lutte – il quale sosteneva che a Dio sono più gradite le bestemmie dei poveri che le preghiere dei ricchi – si può ricordare padre Ernesto Balducci che nel commentare gli epiteti rivolti al Creatore (dal fabbro del suo paese natio) sosteneva avessero una sorta di musicalità.

La moltitudine che guarda il dito ne fa una questione di lana caprina e sostiene che anche un ateo non può bestemmiare qualcosa che per lui non esiste. Questa è una maniera stupida e infantile per elaborare una teoria del linguaggio nella quale si prevede solamente l’utilizzazione di parole con un referente reale e possibilmente stimato. Nello stesso tempo, con una logica ossimorica, si rifiuta il reale. Infatti, non può essere spiegato altrimenti il fatto che non si estenda il peccato mortale di bestemmia a chi, timorato di Dio, conserva la formale integrità della famiglia avvalendosi però della facoltà di scopare a destra e a sinistra; oppure a chi, pieno di soldi e magari frequentatore assiduo della Casa di Dio, non si cura assolutamente di dare da bere agli assestati e da mangiare agli affamati; e neppure a chi riceve il corpo e il sangue di Cristo come intercalare fra una seduta in Borsa e un’operazione finanziaria, senza curarsi delle conseguenze di quei gesti che squassano vite. Troppo facile vivere la continua schizofrenia fra il dire e il fare, perché le parole non possono prescindere dai comportamenti. Non a caso Helder Camara, il vescovo brasiliano da sempre evangelicamente schierato con gli ultimi, raccontava: «Quando davo da mangiare ai poveri, mi dicevano che ero un santo. Quando chiedevo perché i poveri non avevano da mangiare, mi dicevano che ero un comunista».

Credo che la bestemmia, epiteto rivolto a una divinità, sia una banale questione di linguaggio e come tale debba essere affrontata, evitando logiche giacobine. Al contrario il besttemmiare esplicitato da un comportamento quotidiano esprime schizofrenia fra quello che si è e quello che si mostra dunque rappresenta sicuramente un modo per negare non solo Dio ma anche l’uomo. Probabilmente la maggioranza degli esseri umani e in particolare dei poveri (si veda Andreas Pum ne «La Ribellione» di Joseph Roth) bestemmia Dio non perché esiste ma affinché esista.

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

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Un commento

  • Massimo Ruggeri

    Sono molto d’accordo, mi è capitato di recente di affrontare con amici e parenti questo argomento, sostenendo che se fosse vera la sudditanza che si deve ad una divinità che, in quanto tale sarebbe ‘perfetta’, la stessa si macchierebbe dei peccati molto umani di vanità e superbia(lesa maestà), ritenendo inaccostabile il proprio nome con quello di un suino, che è comunque una creatura del ‘creato’.

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