Uranio (e silenzio stampa)

Samira Hill Gold Mine is located in Niger

Image via Wikipedia

Che c’entra l’Africa? Avete mai sentito parlare del Niger? E’ un paese esteso, in Africa subsahariana, arido. Poco abitato, natura dura, nessun sbocco sul mare, ex colonia francese, il Niger ha conquistato l’indipendenza nel 1960 e da allora, pur essendo una Repubblica semipresidenziale, ha spesso vissuto colpi di Stato. Ora si sta preparando alle elezioni, presidenziali e legislative, dopo l’ultimo colpo di Stato dello scorso anno e l’ennesima gestione militare; le elezioni saranno la prossima settimana, il 31 gennaio (lo sapevate?). E’ già previsto il secondo turno, il 12 marzo, e tra i candidati alla presidenza c’è una donna.

Il Niger è ricco di uranio, assai utile alle centrali nucleari (e alle bombe atomiche); nel nord del paese, abitato anche dai Touareg, vi sono diverse miniere estrattive. Tra i problemi che i nuovi governanti dovranno affrontare, c’è un conflitto di lunga data con i Tuareg, a causa dell’uranio. Il Mnj (Mouvement Nigérien pour la Justice), che rappresenta i mitici “uomini blu”, rivendica una fetta dei guadagni e una maggior attenzione alla salute della popolazione e dell’ambiente mentre il governo di Niamey, che appoggia il gruppo nucleare francese Areva, leader nell’estrazione dell’uranio, ribatte che il Niger è una democrazia e che i Touareg potrebbero partecipare alle elezioni, per far valere le loro rivendicazioni, invece di scegliere la strada della rivolta armata. L’MNJ rivendica anche un certo indipendentismo, che è difficile da ottenere “politicamente”, a fronte di tanta ricchezza del territorio. Ma i Touareg non sono gli unici detentori di interesse nei confronti del “loro” uranio: Wikileaks ci ha rivelato che gli USA si preoccupano del commercio dell’uranio africano, che si trova in paesi in cui la corruzione permette traffici (legali o meno) incontrollati, per esempio con i paesi asiatici. L’Europa è il primo utilizzatore del ricercato metallo radioattivo proveniente dall’Africa; lo scorso anno Areva e alcune aziende appartenenti a Finmeccanica hanno firmato un protocollo d’intesa e l’Italia probabilmente utilizzerà l’uranio nigerino.

Le miniere di AREVA si trovano nel nord del paese. Già nel 2007 Greenpeace aveva denunciato livelli molto alti di radioattività nella zona mineraria di Akokan. Nel 2008 Areva aveva affermato di aver bonificato l’area, sotto il controllo delle autorità locali. Lo scorso novembre 2009 una spedizione di Greenpeace – con la collaborazione del laboratorio francese CRIIRAD e della rete di associazioni locali ROTAB – ha visitato le miniere (sotto sorveglianza delle autorità locali) ed i villaggi vicini: il livello di radioattività superava ancora di molto i livelli consentiti dagli standard internazionali di sicurezza. Sembra che parte di questa grave contaminazione sia dovuta all’uso degli scarti delle miniere di uranio per la costruzione di strade. Ai livelli di radioattività rilevati da Greenpeace basta stare fermi un’ora al giorno in queste strade per assorbire il massimo della dose annua ammessa dalla Commissione Internazionale per la Radioprotezione (International Commission on Radiological Protection, ICRP). Sembra anche che materiale metallico (radioattivo), uscito dalla miniera, sia rivenduto nei mercatini locali ed usato per le coperture dei tetti delle povere case della zona. Per finire, durante i 40 anni di attività estrattiva, sono stati utilizzati in miniera 270 miliardi di litri di acqua che, divenuti radioattivi, hanno inquinato la falda acquifera. È stata rilevata anche la presenza del radon nelle acque e nell’aria; la sua concentrazione è risultata tra 3 e 7 volte più alta rispetto ai livelli considerati normali della zona. Nelle polveri fini, rischiose a causa della facilità con cui sono inalate e ingerite,  sono state rilevate concentrazioni di radioattività 2 o 3 volte superiori a quelle rilevate nelle polveri grossolane. E’ già il doppio, rispetto al resto del paese, il tasso di mortalità dato da leucemie, altri tumori, malattie delle vie respiratorie. Nel 2009 Areva aveva prodotto 1.808 tonnellate di uranio e prevede di arrivare a 3mila tonnellate nel 2012. La stessa AREVA ha ammesso che l’11 dicembre scorso è avvenuta una fuga di materiale radioattivo dalla miniera Somair, nei pressi del villaggio di Akokan. Oltre 200.000 litri (ma qualcuno parla invece di 30 milioni) di fanghi radioattivi sono fuoriusciti da tre piscine lesionate riversandosi nell’ambiente. Una catastrofe sanitaria e ambientale subita nel silenzio stampa italiano, denunciata sul blog di Greenpeace grazie ad una notizia arrivata dalla Ong Aghir In Man. Areva nega ogni responsabilità e conferma il suo impegno nel rispettare gli standard di sicurezza internazionali per la salvaguardia della salute della popolazione e dell’ambiente ma, evidentemente, il nucleare dimostra di soffrire di una filiera “sporca”. Visto che il governo italiano ha firmato accordi con Areva per la costruzione delle centrali nucleari in Italia, tanto dibattute, che questo sia tra i motivi del silenzio stampa?

Note

Il rapporto di Greenpeace di maggio 2010: http://www.greenpeace.org/raw/content/italy/ufficiostampa/rapporti/niger-areva.pdf

Donata Frigerio

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