Uruguay tecnologico con il software libero

di David Lifodi

È stato un processo lungo e impegnativo, ma alla fine l’Uruguay si è incamminato sulla strada della sovranità tecnologica e della protezione dei suoi dati. Un risultato non da poco in tempi di cyber-spionaggio: tra meno di sei mesi entrerà infatti in vigore la Ley de Software Libre y Formatos Abiertos.

“Questa legge è un piccolo passo verso l’obiettivo dell’uso sociale della conoscenza e dell’appropriazione da parte dei lavoratori informatici dello Stato, e di conseguenza di tutta la comunità, nel segno della costruzione di un paese sovrano e indipendente a cui aspirano tutti gli uruguayani”, ha scritto con orgoglio il Centro de Estudios de Software Libre del Uruguay (Cesol). Del resto, già in molti organismi della pubblica amministrazione del piccolo paese sudamericano il software libero aveva cominciato ad essere utilizzato.  Già il Brasile, sull’onda dell’emergenza per lo spionaggio denunciato da Edward Snowden, aveva deciso per decreto di utilizzare il software libero in tutte le comunicazioni di posta dello stato, ma l’approvazione della Ley de Software Libre y Formatos Abiertos assume tutto un altro significato perché giunta al termine di un processo lungo, ma condiviso e per molti aspetti già sperimentato.  La guerra a Microsoft, quello che Hugo Chávez definiva come “braccio informatico dell’impero americano”, era già partita da tempo. Tra i pionieri, l’Ecuador del presidente Rafael Correa, dove è stato sviluppato come strumento di software libero per la gestione documentaria il programma Quipux. Tra gli aspetti principali della legge votata lo scorso dicembre dai deputati uruguayani il più significativo riguarda il fatto che il software libero possa essere utilizzato per qualunque scopo, copiato, distribuito e sia migliorabile per l’utilizzo da parte dei cittadini. Inoltre, proprio per prevenire eventuali casi di spionaggio, ormai quasi all’ordine del giorno secondo quanto è emerso negli ultimi mesi, è necessario che l’accesso al software libero sia garantito,  in modo tale da essere cambiato o adattato alle necessità, a partire dalle modalità di immagazzinamento dei dati. La legge promuove anche  l’utilizzo del software libero nell’ambito del sistema educativo e la sua attivazione in tutte le istituzioni dello stato, e quindi a partire dai poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, dai governi dipartimentali, dai tribunali e dalla Corte elettorale: tutti devono “distribuire le informazioni in almeno un formato aperto, standard e libero e ogni richiesta di informazione deve essere accettata in almeno un formato aperto e standard”.  Il Proyecto de Ley de Software Libre y Formatos Abiertos era stato presentato per la prima volta nel 2006 al parlamento uruguayano. Allora, il software libero era già utilizzato, anche se non in maniera diffusa come adesso, in numerose amministrazioni, ad esempio nel sistema giudiziario, dove il sistema Gnu-Linux aveva cominciato ad essere sperimentato fin dal 2002. Adesso la totalità dei giudici utilizza Linux (installato su oltre duemila computer), così come larga parte del personale amministrativo. Allo stesso modo, l’Intendencia di Montevideo  si è convertita a Linux fin dal 2007, con lo sviluppo di programmi esclusivamente in Java, l’utilizzo di Ubuntu (una variante di Linux anch’essa distribuita gratuitamente) e la creazione di un sito web tramite Drupal (un software gratuito e open source che permette agli utenti di pubblicare, gestire e organizzare facilmente i contenuti di un sito web), per la cui realizzazione hanno ottenuto l’aiuto del Centro de Estudios de Software Libre del Uruguay. Inoltre, i funzionari dell’Intendencia hanno cominciato ad apprezzare l’utilità dei documenti di testo in Open Office fino allo sviluppo di un apposito software denominato Agenda Elettronica. Lo stesso Centro de Estudios de Software Libre del Uruguay ha svolto un ruolo di primo piano nella realizzazione di spot pubblicitari, mentre il Ministero degli Esteri ha già garantito il suo impegno per lo sviluppo, la promozione e la diffusione del software libero a livello internazionale. Gli unici ad essersi scagliati contro la legge sono stati i proprietari delle grandi imprese e delle multinazionali, senza rendersi conto che anche banche di una certa importanza, ad esempio il Banco do Brasil, da tempo hanno deciso di convertirsi al software libero. Le transnazionali si vedono superate o comunque affiancate da realtà finora meno competitive, ad esempio le piccole e medie imprese, che però sono in grado di gareggiare alle pari con loro negli acquisti statali e creano le condizioni affinché la ricerca e la conoscenza restino in Uruguay, con buona pace delle multinazionali e dei loro brevetti.

Infine, la scelta del software libero ha permesso all’Uruguay di diventare il paese pilota, all’interno del Mercosur e di Unasur, per quanto riguarda lo sviluppo tecnologico legato alla difesa della sovranità territoriale: forse si può trattare di uno scacco matto agli spioni dell’America di sopra.

Redazione
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