Venezuela: il chavismo riconquista l’Assemblea nazionale

Nelle elezioni del 6 dicembre, definite regolari dagli osservatori internazionali, non paga la strategia dell’opposizione che ha invitato all’astensione e gridato ai brogli prima della chiusura delle urne.
di David Lifodi (*)

Venezuela: il chavismo riconquista l’Assemblea nazionale

Il chavismo ha vinto le elezioni del 6 dicembre scorso per l’Assemblea nazionale strappandola all’opposizione con il 67% dei voti. A recarsi alle urne il 31% dei venezuelani.L’opposizione più dura aveva invitato apertamente gli elettori a non votare sottolineando, tramite lo screditato, ma sempre ritenuto un interlocutore affidabile in Europa, Juan Guaidó, che si trattava di votazioni farsa.

In realtà, è stata proprio la partecipazione a far fallire l’ennesimo tentativo di destabilizzare il Venezuela bolivariano, secondo la strategia già utilizzata in Bolivia per togliere di mezzo Evo Morales e caratterizzata da una supposta denuncia di frode ancor prima che fossero chiuse le urne.

Le destre e la variegata opposizione a Maduro temevano di perdere le elezioni e per questo hanno ritenuto che fosse più semplice fare appello alla diserzione dei seggi gridando a poco credibili brogli, smentiti peraltro dai numerosi osservatori internazionali giunti in Venezuela, tra i quali l’ex presidente spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero, che ha sottolineato le troppe volte in cui il sistema elettorale venezuelano è stato messo sotto accusa senza conoscerne il processo.

La vittoria dell’opposizione nelle legislative del 2015, culminata con la perdita della maggioranza all’Assemblea nazionale da parte del chavismo, aveva già dimostrato che il sistema elettorale non era sottoposto a frodi, altrimenti avrebbe vinto la coalizione bolivariana.

Ancora una volta, almeno a livello elettorale, il fallimento dell’opposizione a Maduro è stato evidente, sia da parte dell’estrema destra di Voluntad Popular e di Primero Justicia sia da parte dei “socialdemocratici” Acción Democrática e Un Nuevo Tiempo, accomunati esclusivamente dal desiderio di cambiare regime a qualunque costo.

Dal 2015, quando l’Assemblea nazionale ha visto prevalere i partiti anti-bolivariani, si è trasformata in una sorta di un ulteriore strumento nelle mani degli Stati uniti, ma questo non ha impedito a gran parte dei media di continuare a descrivere Maduro come un usurpatore, forse per nascondere una evidente crisi di rappresentatività di un’opposizione ancora maggiormente divisa al suo interno, composta, come ha scritto su Rebelión il giornalista Aram Aharonian, fondatore di Telesur Tv e direttore del Centro Latinoamericano de Análisis Estratégico, da socialdemocratici, evangelici, ex rivoluzionari, ma soprattutto tutti orfani di una leadership credibile.

Degli avversari di alto livello, peraltro, sarebbero potuti tornare utili anche allo stesso chavismo per migliorare.

Se i venezuelani si sono sempre recati in massa a votare in occasione delle presidenziali, spesso non è stato così per le elezioni municipali. L’unico appiglio dell’opposizione può essere rappresentato da un’affluenza non altissima (in Venezuela per votare occorre iscriversi nel registro elettorale e, tuttavia, l’iscrizione non obbliga comunque gli elettori a presentarsi alle urne), ma di certo il golpismo ha subito una sonora sconfitta, tanto da spingere il cancelliere venezuelano Jorge Arreaza a rispondere su twitter alle provocazioni del segretario di stato Usa Mike Pompeo: “Asimile con calma y resignación la verdad: en Venezuela su fracaso es absoluto”.

Inoltre, come ha fatto notare Geraldina Colotti su L’Antidiplomatico, “più che un paragone con la partecipazione alle legislative del 2015, è più pertinente riferirsi alle parlamentari del 2005, quando la destra (allora riunita nella Coordinadora Democratica) decise di disertare il voto e l’afflusso fu del 25%. La partecipazione alle elezioni di domenica risulta così superiore del 6%”.

Non si può neanche far a meno di sottolineare che le consuete denunce di brogli, oltre ad essere smentite dagli stessi osservatori internazionali provengono da un paese, gli Stati uniti, dove le ultime presidenziali sono state oggetto di una disputa infinita, senza contare la scarsa credibilità dei paesi appartenenti al Gruppo di Lima e della stessa Organizzazione degli Stati americani.

Maduro se queda, hanno evidenziato i suoi sostenitori, dopo che il presidente aveva promesso di abbandonare Miraflores nel caso in cui la destra avesse vinto le elezioni. Il prossimo 5 gennaio Juan Guaidó non sarà nemmeno più parlamentare: di certo proseguirà nei suoi tentativi di destabilizzazione fuori dalle istituzioni ed è incredibile che continui a godere di grande legittimità sui media, compresi quelli di casa nostra. Un servizio del Tg1 delle 13.30 di domenica scorsa sosteneva in maniera grossolana che le elezioni in Venezuela erano una farsa e che Maduro era sostenuto dai soliti noti. Sullo sfondo passava l’immagine di Evo Morales che appoggiava il presidente venezuelano ed è tutto meno che un dittatore poiché un golpe lo ha subito e, al pari dello stesso Maduro, ha dovuto far fronte a molteplici tentativi di rovesciamento violento. Chissà se al Tg1 tutto questo lo sanno.

(*) Fonte – Peacelink

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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