Von Braun romanziere? MacLeod politico?

«Progetto Marte» e «La fortezza dei cosmonauti»: due recessioni (cioè recensioni-riflessioni) del solito db

In “bottega” avevo scritto (6 anni fa) dell’uomo che fu nazista convinto e, dopo molto anni, regalò all’intera umanità lo sbarco sulla Luna. Fin dal titolo – Von Braun, il genio e il boia – evidenziavo la sua doppia faccia: «una corda tesa fra l’animale e  l’oltre-uomo, una corda sopra l’abisso» rubando la definizione a Nietzsche. Lì mettevo a paragone WVB (ovvero Wernher Von Braun) con il suo “rivale” sovietico, quel Sergej Pavlovič Korolev, così diverso – e ignoto ai più – che aveva iniziato la cosiddetta gara spaziale facendo tremare (di vergogna ma anche di paura) gli Usa.

Pensavo di sapere quasi tutto su WVB. Invece ho scoperto che, negli anni ’50, fu anche romanziere o aspirante tale. L’editore Dedalo ha “scovato” e tradotto il suo «Progetto Marte» – 264 pagine per 17,50 euri – pubblicandolo (nell’indifferenza generale o sbaglio?) con il sottotitolo «Storia di uomini e astronavi» e la bellissima prefazione di Giovanni Bignami.

Come leggere questo romanzo – mai edito prima – dopo 70 anni? Le persone scientificamente informate useranno forse la penna rossa e blu per evidenziare gli errori (ma allora si sapeva davvero poco) mentre chi si diletta con la fantascienza e/o l’archeologia del futuro magari si divertirà su come un grande scienziato azzecchi-sbagli le previsioni. Per lettori-lettrici senz’altra qualifica invece il libro entrerà nel mucchio dei libri piacevoli da leggere ma senza urla di giubilo.

Ambientato nel 1980 «Progetto Marte» venne scritto intorno al 1950: ancora si credeva che il “pianeta rosso” fosse abitato e (incredibile vero? vedi pagina 83) si fumava il sigaro nei luoghi chiusi. Semplice la struttura narrativa. Dopo la terza guerra mondiale il mondo è unito e in pace. Un militare eroico guiderà la spedizione iniziando il dialogo con i pacifici marziani, così saggi da metterci in guardia contro l’eccesso di macchinari, la «omologazione crescente» (testuale) e l’atrofia dell’immaginazione. Mi fermo qui: come sa chi passa spesso dalla “bottega” considero un dispetto, se non un delitto, svelare la trama.

Contrariamente ad altri famosi scienziati che impugnarono la penna (i più famosi Arthur Clarke, Fred Hoyle, Carl Sagan e soprattutto Isaac Asimov) Von Braun non è un tessitore di trame o un indagatore di psicologie. Troppi stereotipi nella scrittura: il funerale commovente, il buon Dio che aiuta gli audaci, il cinese “catti-cattivissimo”, la mogliettina paziente e fedele dell’eroe… Ovviamente le parti più riuscite del libro sono le lezioni di scienze, più o meno mascherate. Di notevole c’è – neanche a dirlo? – il suo entusiasmo per il “piccolo passo” che prepara il cammino verso il grande destino che aspetta l’umanità oltre i cieli. Ci guidano Colombo, Magellano, Marco Polo, Henry Hudson e perfino l’incauta coppia Dedalo-Icaro.

Come ricorda Giovanni Bignami nella sua bella prefazione, WVB tre anni dopo lo sbarco sulla Luna si dimise dalla Nasa. Perchè? Nell’agosto 1969 – dunque a pochi giorni dal trionfo – disse al Congresso Usa che, dopo la Luna, bisognava «pensare in grande» e chiese i soldi per mandare una spedizione umana su Marte «entro il 1981-82». Interessante che, nel fare i conti, Von Braun precisasse che il costo sarebbe stato quello di «una normale operazione in un teatro di guerra secondaria» (insomma un sacco di soldi che però gli Usa spendono tragicamente ogni anno senza porsi problemi). Non gli diedero retta e WVB lasciò. Fino alla morte, nel 1977, si impegnò – senza clamori – per una astronautica di pace.

Come i più attenti avranno notato la “gara” verso le stelle sembra ripartire, dopo anni di ozio. Putin promette che nel 2019 la Russia si attrezzerà per raggiungere Marte (ma parliamo di robot non di esseri umani) e gli Usa rispondono accelerando i loro programmi. I privati però scalpitano: Elon Musk (sempre nelle cronache per i più diversi motivi) ha annunciato grandi investimenti – in “bottega” vedi 2019, nuova odissea nello spazio e 2024, Elon Musk con SpaceX porterà gli umani su Marte? – ma vedremo se è una fanfaronata fra le altre. Nel frattempo non farà male leggere questo «Progetto Marte», metà romanzo e metà riflessione scientifica.

Se mi sono sorpreso nello scoprire Von Braun romanziere, non mi ha stupito affatto  ritrovare lo scozzese Ken Mac Leon “politico” e ironico (*). Urania ha appena mandato in edicola la ristampa del suo romanzo – mi era sfuggito nel 2008, ben strano – «La fortezza dei cosmonauti» che aprì la trilogia degli “Enginees of Light”: sono 264 pagine per 6,90 euri nella traduzione di Marcello Jatosti

Una trama complicata (su vari piani temporali e spaziali) ma piacevole, bella scrittura e molti riferimenti – qualcuno sfuggirà a chi non frequenta l’altra faccia della storia, cioè quella che i vincitori tentano di cancellare – politici. Citare il film di Gillo Pontecorvo «La battaglia di Algeri» non è, ai giorni nostri, da tutti, Del resto usare nel titolo «cosmonauti» (l’espressione sovietica) invece che «astronauti» (made in Usa) è già una piccola dichiarazione polemica.

Il romanzo si apre su una «bellezza disumana», subito ci stupisce con «quintilioni di divinità»; una delle navi spaziali si chiama Geometrie Blasfeme; occhio ai «comunisti più minuscoli della storia»; i trotzkisti (veri o presunti?) non mancano anche… secoli dopo. Ah, «l’espansione infinita è il grande sogno erotico del capitalismo». Ve lo consiglio: non è un capolavoro ma si fa leggere con gusto.

Non comprerò invece un altro Urania in edicola cioè «Progetto Jennifer: seconda parte» di Charles Stross: la prima parte mi ha così deluso e appallato che preferisco non sapere come finirà

(*) vedi Trotzki, i marziani e Ken Macleod

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

Un commento

  • raffaele mantegazza

    “appallato”

    Segnalo all’Accademia della Crusca come splendido neologismo, meglio di “petaloso”

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