Zingari, banche, ronde e un semplice ciao

di Giuseppe Callegari

Mi ricordo, quando ero piccolo, che gli zingari venivano spesso nel mio piccolo paese e tutti li temevano; anch’io avevo paura. Non mi azzardavo ad avvicinarmi, perché mi dicevano che rapivano i bambini. Poi, crescendo, ho capito che molti zingari sono ladri: rubano nelle nostre case, se ci riescono, truffano… ma tutti i loro misfatti sono quantitativamente impercettibili rispetto a quelli perpetrati da una banca nei confronti di chi ha un conto corrente. La banca è “un’associazione per delinquere” che ha legalizzato il furto ma nessuno si scaglia contro, nessuno si ribella. In fondo chi ci deruba davvero è vestito bene, non puzza, non entra nelle nostre case materialmente; lo fa surrettiziamente: molti lavoratori per ricevere lo stipendio sono stati costretti ad aprire un conto corrente. La banca parla con noi, é come noi e, nel momento in cui commette l’azione criminosa, sorride. E noi siamo tranquilli: da lei accettiamo tutto, come gli struzzi affondiamo la testa sotto chilometri sabbia e… riversiamo sugli zingari la causa dei nostri guai. Avere un nemico dichiarato e visibile ci fa stare meglio e ci consente di vivere nelle illusioni.

Una volta, da bambino, mentre riempivo la bottiglia alla fontana del paese, vidi alle mie spalle due ragazzini inequivocabilmente zingari. Tentai di allontanarmi velocemente, quando uno dei due mi disse “ciao”. Con titubanza, mentre indietreggiavo, risposi “ciao”. Dalla paura passai alla curiosità e il giorno successivo andai vicino alla carovana: vidi il ragazzo del saluto, gli elargii un tranquillo “ciao”, naturalmente corrisposto. Non abbiamo parlato, ma cominciai a comprendere che facevano paura perché erano tanto diversi da noi; e anche perché – è inutile nasconderlo – avevano un rapporto conflittuale con la proprietà privata. Ma era possibile stabilire una relazione e, attraverso questa, anche con un semplice “ciao”, si riducevano le possibilità di furti e di prepotenze. Da quel giorno passai molto spesso vicino alla carovana. Il mio probabilmente era una sorta, forse inconsapevole, di controllo che comunque era accettato perché, dopo qualche transito, anche altri bambini e gli adulti mi salutavano. Non ho risolto i tentativi di furto ma sicuramente ho mostrato che non li temevo e li rispettavo. A casa mia non hanno mai rubato, forse era troppo povera. E’ successo che venissero a chiedere qualcosa, ringraziando quando ricevevano una risposta positiva, ma anche accettando, magari sbuffando, un rifiuto.

Credo che un “ciao”, molto spesso, sia molto più efficace di mille ronde e altrettanta gendarmeria.

«I gitani sono un popolo affascinante. Mi piace il loro stare ai margini della storia. Gli zingari non hanno mai aggredito nessuno, non hanno distrutto città e ucciso persone a migliaia. Non hanno mai avuto cannoni e bombe. Eppure sono sopravvissuti. Grazie alla musica. Perché in questo consiste il segreto della loro vitalità». Emir Kusturica

Redazione
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Un commento

  • Michele Licheri

    Articolo da far circolare nelle scuole, quello che scorre appena sopra; p.es. e, dal mio punto di vista, da condividere. Perché? Per spirito cristiano ottemperando al principio di misericordia, pietà, tolleranza etc. NO. Il fatto di non possedere armi di distruzioni di massa, di non aver scatenato guerre sganciando ordigni nucleri, di non possedede banche o altre diavolerie, e, infine di essere stati “gasati” dai nazisti ( prima li utilizzarono in guerra e in prima linea, dopo averli arruolati) li assolve di fronte alla storia anche se…a volte rubano. Ma l’integrazione sociale esiste davvero?… P.S. I nazisti tolsero anche il titolo di campione mondiale di boxe dei pesi medio-massimi a Rukely, che uccisero in un lagher. Era uno zingaro integrato come lo era la maggior parte della comunità tedesca, sposato con un’ariana!

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