Le mani sulle pensioni

di Gianluca Cicinelli

E’ curioso come quegli stessi vecchietti che poco tempo fa ci chiedevamo se salvare o meno in ospedale, qualora le loro condizioni fossero state troppo gravi, siano gli stessi grazie ai quali si regge buona parte dell’economia familiare italiana. Secondo l’Istat nel nostro Paese ci sono pensionati nel 46,4% delle famiglie, una su due, e in quel caso l’economia famiiare ruota principalmente intorno al reddito del pensionato, cioè dal loro sostegno economico. Anzi, l’Istat calcola che sia minore di un terzo rispetto alle altre famiglie il rischio di povertà per i nuclei con pensionati. Un dato che dovrebbe far riflettere chi dovrà riprendere in mano le redini di un’economia divenuta ormai quasi tribale, che pesca le sue risorse di sopravvivenza nel nucleo sociale al di fuori dell’età produttiva.

Il reddito medio di una famiglia con pensionati arriva a 2670 euro netti al mese, 60 euro in più rispetto alle famiglie senza anziani, ma la media per metà delle famiglie è di 24780 euro l’anno, 2065 euro al mese, che scende – nessuna sorpresa quindi – a 21445 euro per le famiglie del sud d’Italia contro i 27800 euro del centro e i 25830 euro del nord. In questi dati, relativi al 2019, si riscontrano comunque ampie diseguaglianze tra gli stessi pensionati: Il 42,3% della spesa va al quinto più ricco, otto volte di più a quanto va al quinto più povero, con una differenza marcata a svantaggio delle donne. Le spese per le sigarette, le paghette dei ragazzi, l’aiuto per le bollette di casa, i tre pasti caldi al giorno per nuclei di 4/5 persone sono garantiti dalla popolazione over 65.

Ci sono poi alcuni pensionati, per l’esattezza 5,2 milioni, che usufruiscono di due o più prestazioni, il 32,7% del totale. In questo caso però si aggiungono componenti non direttamente pensionistici quali gli assegni per l’accompagno e prestazioni economiche di natura socio-sanitaria. Rispetto al totale dei pensionati 420 mila di loro dichiarano di essere ancora occupati, con un aumento del 3,6% rispetto allo stesso periodo del 2018 ma in forte diminuzione (-18,5%) rispetto al 2011. Sempre rispetto al 2011 l’età media nel 2019 è passata dai 66 ai 69 anni: il 77% ha almeno 65 anni contro il 53,7% del 2011, il 41,7% ha almeno 70 anni contro il 25% del 2011.

Nel 2019 per tutte le prestazioni pensionistiche lo Stato ha speso 301 miliardi di euro, il 2,5% in più rispetto al 2018, con un importo medio mensile di 13194 euro e un numero di pensionati totale intorno ai 16 milioni. Come fa notare il giornale di Confindustria (Il sole-24 ore) lo scorso anno i pensionati sono aumentati di circa 100 mila, arrivando a 16 milioni e 135 mila, con un saldo netto fra prestazione contributi in disavanzo di 33 miliardi, contro i 20,8 del 2019. La pandemia ha aggravato questa forbice, che vedeva dopo il primo anno di quota cento un precario equilibrio con un numero di occupati per pensionato di 1,5 facendo prevedere che a fronte di un numero di pensionati stabile nei prossimi tre anni il disavanzo fra contributi e prestazioni non tornerà sui minimi del 2019, restando oltre i 31 miliardi quest’anno e fra i 25 e i 26 miliardi nel biennio 2022-2023.

Nel 2019 l’Italia fra pensioni, sanità e assistenza ha speso 488,336 miliardi, il 56,08% dell’intera spesa statale, con una crescita delle prestazioni assistenziali rispetto a quelle pensionistiche fra il 2008 e il 2019 3 volte superiore all’incremento della spesa per pensioni. A dicembre di quest’anno si chiuderà l’esperimento basato su “quota cento” e senza un intervento correttivo del governo chi andrà in pensione subito dopo si ritroverà alle condizioni del 2011 con la legge Fornero. Difficile pensare che il nuovo esecutivo guidato da Mario Draghi non metta mano alle regole con correttivi o con una riforma completa. Quando a Bruxelles chiedevamo l’erogazione di fondi l’argomento principale opposto dai Paesi “del rigore” (guidati dall’Olanda) era proprio l’eccesso di spesa pensionistica italiana e del buco di quasi 16 miliardi di euro del bilancio dell’Inps.

ciuoti

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