Lo sciopero dei trasporti

di Mauro Antonio Miglieruolo

Nei casi in cui sia in ballo la possibilità di sabotare uno sciopero o di gettare discredito sui lavoratori, allora gli anticomunisti di ogni genere (tra anticomunisti e odio operaio c’è un legame molto stretto), specie anche quelli “che si vergognano” nascosti dietro il paravento del “progressismo”, sono pronti a diventare sostenitori dello strapotere operaio, fan dell’autogestione, fiduciari dei lavoratori. È successo anche nel caso del recente sciopero dei trasporti.
Ci siamo. Ancora una volta. Instancabilmente. Uno sciopero riuscito e si palesa la pesante pochezza dei mezzi di comunicazione di massa. Scattano ipocrisia e pervicace volontà di depistaggio ideologico. Non è tanto lo spavento a muovere chi in quegli ambiti vive immobile, ma un vero e proprio riflesso condizionato. Tipo cane di Pavlov. Un riflesso fondato sulla scontata obiezione “è giusto sì, ma…”: ma chi pensa ai cittadini ignari, ai pendolari, al turbamento arrecato alla civile convivenza? (così tanto poco civile?)
Implicito è che ci debbano pensare i lavoratori. I quali per cinque anni inutilmente attendono il rinnovo del contratto, con tutti i danni che questa attesa comporta; per decenni hanno assistito impotenti al peggioramento generale del tenore di vita; assistito all’erosione dei diritti, alla esclusione progressiva dalle istanze decisionali, all’esclusione persino dalla notizia; che sui posti di lavoro hanno sempre meno voce in capitolo e sono sempre più maltrattati e mal pagati; che quando l’economia cresce non hanno altra possibilità che di assistere allo smisurato gonfiarsi dei profitti; che possono essere cacciati via, quasi sempre in malo modo, in qualsiasi momento e che dopo tutto questo (e altro) per un giorno solo, in un solo minuto, dovrebbero trasformarsi in demiurghi, caricandosi delle responsabilità dalle quali tutti gli altri giorni sono esclusi; assurgere alla dimensioni di Manager e risolvere problemi che questi ultimi sono incapaci di risolvere (che anzi creano); prendere decisioni su questioni sulle quali già il giorno dopo non avranno voce in capitolo: e fare tutto questo a detrimento dei loro interessi e danno di tutti i lavoratori (ogni sciopero riuscito è a vantaggio di tutto il modo del lavoro; ogni sciopero fallito è a detrimento anche di coloro che nello sciopero non sono coinvolti). Cioè dovrebbero secondo questi sicofanti dell’informazioni, inesorabili cantori di assurdità che producono in chi li ascolta con animo onesto solo furore impotente, fare karakiri, rinunciare a battersi per consegnarsi inermi alla pessima volontà dei loro sfruttatori, volontà che mai, mai nei secoli, ha saputo voluto potuto venire incontro alle loro richieste, lenire le loro sofferenza.
Tutte le volte la stessa storia, la richiesta di arrendersi senza condizione, affidandosi alla mercé del nemico. L’annientamento di ogni embrione di volontà operaia, vero obiettivo di politici politicanti e giornalisti del tipo “ignoro quel che faccio e le conseguenze di quel che faccio; basta che alla fine del mese arrivi la busta paga, dopodiché può essere anche il diluvio”.
Ma dove stavano costoro (coi politici non intavolo discorso: non vale la pena, sono quel che sono e tali rimarranno) quando il problema, come tutti i problemi lasciati incancrenire, sorgeva e gonfiava? Dov’erano pochi mesi dopo la scadenza del contratto e già il padronato (se è pubblico non è meno padrone carogna di quanto lo sia il privato) manifestava pessima volontà di rinnovarlo? Dov’erano quando si trattava (e si tratta) di chiudere conto ai capi delle aziende di trasporto urbano dei loro folli emolumenti, in relazione agli effetti mediocri o pessimi della loro attività? Non c’erano, hanno taciuto. Forse perché quegli non erano dati nella speranza di conseguire buoni risultati amministrativi, ma di fare proprio quel che hanno fatto. E fanno: essere generosi e intrallazzanti con gli intrallazzatori e feroci con i lavoratori dipendenti.
E ora invece di chiedere conto a questi incapaci il perché mostrano tanta solenne accanimento contro il lavoro e tanta acquiescenza verso i padroni del vapore, lo chiedono agli scioperanti?
Insisto: dove eravate mentre l’esasperazione montava e ai lavoratori non veniva lasciata altra scelta che o subire o imboccare la strada che finalmente, con grave ritardo, hanno imboccato? Altro che contemperare diverse esigenze. Qui sembra esserci un solo obiettivo: abituare la società a una pratica di durezza estrema nei confronti del lavoro, e di indisponibilità a prevenire, al fine di mettersi sotto i piedi la dignità e far passare come remunerazione le sempre più scarne elemosine che sua Maestà Il profitto intende elargire.
Potrà essere che voi non la intendiate in questo senso, ma è in questa direzione che spingete, non sempre con successo, per fortuna, i lavoratori.
Signori non miei, domestici di lor Signori Funzionari del Capitale (alias Capitalisti), rendetevene conto: siete furori con l’accuso. Avete esagerato. Esagerato in piaggeria, cecità, scarsa aderenza ai propri doveri di informatori e ottusità ideologica.
Vi lamentate del continuo delle lamentele che da ogni parte vengono elevate contro il vostro singolare modo di svolgere i compiti. Bene. Prendo atto. Voglio essere con voi, al vostro fianco. Sempre che voi stesi vogliate.
Facciamo un patto. Ammetto non li svolgiate come si dovrebbe; ammetto le cantonate, le forzature, i silenzi, i depistaggi. Costringervi a astenervi, sarebbe troppo. Non ci riuscireste. A me basta che almeno lo stanco ritornello che intonate a ogni sciopero nei servizi, non trovi più spazio nel vostro repertorio. È stancante, nauseante sentirlo ripetere le mille volte. Se deciderete di risparmiarmelo (e risparmiarvelo), ebbene mi impegno a unire la mia voce, alla quale, ne sono certo, si uniranno molte altre voci, nel difendere la pur indifendibile gestione di un mestiere che non mantiene quasi mai le proprie premesse e assume spesso caratteristiche ignobili.
A voi la scelta. Certo che non creerete alcun imbarazzo.
Mauro Antonio Miglieruolo
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Questo è il terzo e ultimo pezzo inserito a discapito dei post già programmati. L’intelligenza di Daniele aveva capito la necessità di effettuare una pausa e beneficio della stanchezza di tanti; i quali tanti (mi piace presumere), ritemprati da questa boccata di realtà, accoglieranno con rinnovata benevolenza la ripresa delle fasi conclusive del dossier sulla fantascienza.
Alla prossima settimana, dunque.

Mauro Antonio Miglieruolo

Miglieruolo
Mauro Antonio Miglieruolo (o anche Migliaruolo), nato a Grotteria (Reggio Calabria) il 10 aprile 1942 (in verità il 6), in un paese morente del tutto simile a un reperto abitativo extraterrestre abbandonato dai suoi abitanti. Scrivo fantascienza anche per ritornarvi. Nostalgia di un mondo che non è più? Forse. Forse tutta la fantascienza nasce dalla sofferenza per tale nostalgia. A meno che non si tratti di timore. Timore di perdere aderenza con un mondo che sembra svanire e che a breve potrebbe non essere più.

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