La NATO è una pillola suicida per il mondo

…ogni persona amante della pace, indipendentemente dalla nazionalità, dovrebbe pregare affinché la Russia vinca questo conflitto in Ucraina e sconfigga l’agenda della NATO…(Scott Ritter)

articoli, immagini, musica di Matteo Saudino, Umberto Franchi, Donatella Di Cesare, Alessandro Orsini, Tommaso Cerno, Fulvio Scaglione, Stefano Orsi, Nicolai Lilin, Jeffrey Sachs, Agata Iacono, Antonio Mazzeo, Andrés Manuel López Obrador, Douglas McGregor, Andrei Raevsky, Caitlin Johnstone, Giacomo Gabellini, Enrico Tomaselli, Lucio Caracciolo, Davide Malacaria, Andrea Zhok, Antonio Gramsci, Angelo D’Orsi, Fabrizio Marchi, Scott Ritter, Lucio Dalla, Luca Fazzi, Leonardo Tricarico, Francesco Masala, Thierry Meyssan, George Soros, Big Serge Thought, Paolo Ferrero, Atlantic Council, Richard Kemp, Vincenzo Brandi, Fabrizio Verde

Dockers calling: per una grande manifestazione nazionale a Genova il 25 febbraio contro la guerra e l’invio di armi – Gregorio Piccin

L’assemblea di ieri convocata dal Collettivo autonomo lavoratori portuali (Calp) per organizzare a Genova una mobilitazione nazionale il prossimo 25 febbraio contro la guerra e il traffico di armi ha visto una partecipazione straripante e forse inaspettata. La sala messa a disposizione dal Calp presso il Circolo dell’autorità portuale di Genova non ha potuto contenere le oltre cento persone che hanno partecipato all’assemblea.

Presenti in video conferenza anche gruppi e collettivi da Torino, Padova, e Cagliari. Centri sociali della città come il Zapata (che sta battagliando contro lo sgombero) e l’Askatasuna di Torino si sono alternati negli interventi con esponenti di Rifondazione Comunista, Potere al Popolo, Rete dei comunisti, Unione popolare e di sigle del sindacalismo di base come Usb, molto attive nel contrasto diretto alla “logistica di guerra”.

Tutti hanno confermato l’adesione all’iniziativa del Calp per costruire insieme una grande manifestazione nazionale il prossimo 25 febbraio.

Tra le proposte avanzate l’apertura alle realtà cattoliche di base e il dialogo con chiunque sia contrario all’economia di guerra in cui il governo Meloni, in continuità con Draghi, ha precipitato il Paese aggravando la crisi sociale in atto.

“Siamo maggioranza” è stato detto riferendosi ai recenti sondaggi che vedono il 70% degli italiani contro l’invio di armi all’Ucraina, Leopard compresi.

“Sempre al fianco del Calp” hanno dichiarato gli studenti medi dell’Opposizione studentesca d’alternativa in un applauditissimo intervento in cui hanno ricordato come la militarizzazione nelle scuole passi anche attraverso l’alternanza scuola lavoro presso la sede genovese di Leonardo.

Il coordinamento nazionale porti di Usb (presente oltre che a Genova anche a Livorno e Civitavecchia) ha annunciato uno sciopero generale a copertura della manifestazione.

Condivisa da molti interventi la critica a un pacifismo troppo generico, che non ha il coraggio di affrontare le trasversali responsabilità di guerra del nostro Paese, prima fra tutti l’invio di armi con l’unico effetto di prolungare l’inutile strage.

“Guardarsi allo specchio” e combattere la co-belligeranza dell’Italia è stato infatti il senso comune emerso dalla gran parte degli interventi, anche perché questa belligeranza sta affossando l’economia e viene fatta pagare principalmente a lavoratori e lavoratrici. Intanto il governo non fa nulla per mettere la museruola alle speculazioni sulle bollette che stanno producendo extra-profitti stellari per le multinazionali di bandiera.

Stoccate nel merito anche alla Fiom-Cgil che sulla questione centrale del comparto militare industriale marca uno schiacciamento tendenzialmente corporativo (come del resto le altre sigle confederali) sulle politiche industriali del management, che da Moretti a Profumo hanno trasformato Finmeccanica in una holding dell’hi-tech militare. Nessuna prospettiva alternativa alla trasformazione dell’industria militare in un finanziatissimo pilastro della politica estera italiana. Una contraddizione gigantesca che pesa come un macigno perché il ricatto guerra-lavoro e ambiente-lavoro deve essere spezzato. L’ultimo “brindisi” dei confederali per una grossa commessa militare è peraltro arrivato proprio qualche giorno fa a Palermo, dove è stata consegnata una nave da guerra nuova di zecca realizzata da Fincantieri e consegnata alla marina del Qatar.

Senza il coinvolgimento delle lavoratrici e dei lavoratori dei settori dell’industria e della logistica, cruciali per la belligeranza voluta da un trasversale ceto politico guerrafondaio, il movimento pacifista non sarà mai in grado di imporre un’inversione di rotta.

In questo senso, hanno detto i camalli genovesi, il 25 febbraio sarà allo stesso tempo “proseguimento e tappa di un percorso che viene da lontano”.

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Russia, Italia e gli (inutili) insegnamenti della storia – Angelo D’Orsi

Nel pieno dello scontro fra rivoluzione e controrivoluzione nella Russia dopo la vittoria di Lenin, le potenze imperialistiche occidentali, e il Giappone, intervennero militarmente per dare manforte ai “Bianchi”, ossia i controrivoluzionari, guidati dall’ammiraglio Kolciak, il quale costituì un suo governo antibolscevico, in Siberia, che venne prontamente riconosciuto dalle potenze occidentali, compresa l’Italia. Commentava il giornalista socialista Antonio Gramsci (il 21 giugno 1919, su “L’Ordine Nuovo”): “questo riconoscimento equivale a una dichiarazione di guerra al popolo russo. Che la guerra non sia condotta direttamente da soldati italiani, ma sia combattuta dai giapponesi, è quistione che non esonera lo Stato italiano dalle terribili responsabilità che si è assunto. Politicamente e moralmente lo Stato italiano sostiene la reazione antiproletaria in Russia; il sangue che sarà versato nella guerra infame ricadrà anche sul popolo italiano, se esso non scinde ogni sua responsabilità dall’atto del presidente del Consiglio”.

Non è peregrino leggere queste parole alla luce dell’attualità davanti ai nuovi, incessanti “pacchetti” di aiuti militari economici e “umanitari” che l’Italia, paese guidato da una classe politica pronta a chinare la testa davanti ai potenti della finanza nazionale o internazionale, un paese che forse meriterebbe di meglio, un paese che vorrebbe, nella larga maggioranza dei suoi abitanti, vivere in pace ed essere lasciato in pace, come d’altronde prescrive la sua Grundnorm, la sua legge fondamentale, quella Costituzione che da troppi anni, governi di ogni orientamento negligono, ignorano, violano, tranquillamente. Lo stesso paese reale, che sta affrontando una crisi economica gravissima, una crisi che colpisce i poveri, le classi medie, e arricchisce i ricchi, e soprattutto le multinazionali, del farmaco, dell’energia, delle armi… Lo stesso paese da quasi un anno, subisce sempre più sgomento l’effetto non solo del rialzo di prezzi ingiustificato, ma anche delle sanzioni imposte alla Russia, che sono sanzioni contro l’Europa e contro l’Italia, e a vantaggio soltanto degli Stati Uniti. La Russia che non è più quella bolscevica di Lenin, ma che rimane un secolo dopo la bestia nera degli occidentali. E che gli occidentali hanno spinto a questa guerra, che rischia di essere infinita. E dalle conseguenze imprevedibili, quanto angosciose. Lascio ancora la parola a Gramsci:

“Intanto anche in Italia è ricominciata l’ascesa dei prezzi dei consumi: i salari sono precipitati. Mancano le materie prime, mancano i viveri. L’Italia, più di ogni altro paese, avrebbe bisogno della pace effettiva nel mondo, di una immediata ripresa dei traffici coi mercati di materie prime e di viveri”. Sì, sarebbe interesse vitale dell’Italia, più di altri paesi, la pace, la ripresa degli scambi commerciali, e aggiungiamo pure, delle relazioni culturali e umane. E invece, che accade? Si succedono i governi, trascorrono i mesi, militari e civili muoiono nei campi fangosi della “terra di confine” (questo significa Ucraina), gli edifici crollano, quelle che erano città qualche mese fa, ora appaiono ammassi di ruderi, la fame si aggiunge alla distruzione, l’odio degli uni non placa il risentimento degli altri. E i governanti italiani, come quelli di quasi tutti gli Stati dell’Unione, sottomessi alla volontà di Washington, ripetono: “armi all’Ucraina, denaro all’Ucraina, aiuti all’Ucraina”, ma soprattutto, armi sempre più pesanti, essendo venuta meno la ridicola distinzione tra armi offensive e difensive, che per i primi mesi del conflitto ci veniva ammannita.

“Sarebbe interesse vitale dell’Italia che il governo russo dei Soviet si consolidi”, scriveva Gramsci: togliamo il riferimento ai Soviet e possiamo leggere questo articolo, del giugno 1919, come una cronaca dei nostri giorni. Un monito, anche, a pensare a costruire le condizioni della pace, e non a portare avanti un massacro, che colpisce anche noi sul piano economico, mentre, grazie a schiere di di giornalisti al soldo delle verità prefabbricate, di commentatori asserviti al mainstream, la grande menzogna si è impadronita di noi tutti. Lottare contro di essa è ogni giorno più difficile, ma non possiamo non farlo, se non altro per salvare le nostre coscienze.

E invece il nostro paese, oggi come cento anni or sono, scrive Gramsci, “si associa all’Inghilterra, all’America, alla Francia e al Giappone per far sorgere in Russia una nuova formidabile guerra, che taglierà, per un tempo indeterminato, la Russia dai traffici mondiali. Consente a che gli Stati Uniti continuino a esercitare il monopolio del grano e impongano ai viveri prezzi di monopolio; consente a che la Francia e l’Inghilterra esercitino il monopolio del carbone e del ferro; consente a che il Giappone sottoponga al suo controllo le riserve minerarie e agricole della Siberia”. E l’azione del nostro governo, oggi come allora, “è rivolta a rovinare l’economia italiana, ad affamare il popolo italiano, a dare il popolo italiano in preda alle oligarchie finanziarie internazionali”.

La storia insegna, ma, sempre come scriveva Gramsci, “non ha scolari”.

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Perchè l’Occidente odia e ha paura della Russia – Fabrizio Marchi

Stavo riflettendo, giorni fa, sul fatto che la Russia è forse l’unico paese che non sia mai stato colonizzato e occupato militarmente – se non per brevi periodi ai quali hanno fatto seguito ritirate disastrose – dall’Occidente. Quest’ultimo ci ha provato a più riprese con aggressioni dirette (guerre napoleoniche, guerra di Crimea, guerra civile post rivoluzione del ’17, attacco nazista nella seconda guerra mondiale) e indirette (il tentativo degli USA di colonizzazione economica e politica subito dopo il crollo dell’URSS), ma tutti questi tentativi sono sempre clamorosamente e fragorosamente falliti (e negli ultimi vent’anni, naturalmente, l’espansione ad est della NATO e il colpo di stato in Ucraina nel 2014).

E’ questa forse una delle principali ragioni della atavica ostilità occidentale nei confronti di quel paese. Insieme probabilmente all’ incapacità di comprendere lo spirito di quel popolo che non c’è stato verso di addomesticare. Probabilmente è un’ostilità che ha radici ancora più antiche, essendo la Russia l’erede del grande scisma che ha dato vita alla chiesa ortodossa.

E poi naturalmente la prima grande rivoluzione socialista della storia con tutto quello che ne è conseguito. E ancora la sua estensione e la sua cultura, intrinsecamente irriducibile a quella anglosassone, dominante in Occidente.

Ed è forse proprio quella incapacità di comprensione che ha generato e continua a generare nel mondo occidentale quella sorta di mistero frammista a inquietudine che a sua volta genera inevitabilmente la paura. La Russia non ha mai attaccato l’Occidente – dal quale è stata invece ripetutamente aggredita, anche ferocemente, come nel caso dell’invasione nazifascista – eppure viene percepita da una gran parte della cosiddetta opinione pubblica occidentale come un pericolo costante, come una minaccia perennemente incombente, come una forza bruta pronta in qualsiasi momento a scatenarsi.

Al di là delle considerazioni di ordine politico e geopolitico che si sono verificate di volta in volta e che naturalmente hanno le loro cause e ragioni concrete, credo che sia questo sentimento – in larga parte alimentato ad arte ma comunque profondamente radicato – a generare quell’ostilità.

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Quando un impero declina la qualità dei governanti diventa sempre più bassa – Francesco Masala

Fra 100 anni, se esisterà il mondo, nessuno si ricorderà di Biden, Stoltenberg, Ursula Van der Leyen, Zelensky, e compagnia cantante, se non nelle pagine di cronaca nera della storia o nelle note.

Fra qualche anno nessuno vorrà più il dollaro negli scambi commerciali, se non sotto la minaccia delle armi, sarà per questo che tutti vorranno disfarsi del biglietto verde (tranne i servi, naturalmente).

Quando la Nato, se continuerà ad esistere, vorrà combattere per liberare i territori occupati verrà in Sardegna per eliminare basi e servitù militari (è uno scherzo!, le loro occupazioni sono sante)

Quando hanno assassinato Allende e il Cile, Biden era senatore, come quando sosteneva l’invasione dell’Afghanistan e poi dell’Iraq, e quando sosteneva e sostiene Zelensky (che assassinava l’Ucraina) era ancora senatore e poi 46° presidente Usa, che coerenza, sempre dalla parte dei cattivi.

La prossima volta toccherà al cavallo di Caligola, chiunque potrà far di meglio della classe politica della nostra epoca.

 

 

Ex ufficiale Marines, Scott Ritter: La NATO è una pillola suicida per il mondo. Pregate che la Russia vinca

di Strategic-Culture

L’ex ufficiale del Corpo dei Marines Scott Ritter ritiene che l’alleanza militare NATO guidata dagli Stati Uniti stia guidando la guerra in Ucraina con l’obiettivo finale di sconfiggere la Russia.

Il conflitto non riguarda la difesa dell’Ucraina, come ci direbbero i media occidentali, ma riguarda ed è sempre stata la sconfitta della Russia.

La NATO è già ora in una guerra diretta con la Russia e ha tutto il diritto di colpire obiettivi in ??paesi della NATO come la Germania e la Polonia che fungono da centri logistici nella fornitura di munizioni all’Ucraina.

Washington e i suoi alleati della NATO stanno incautamente alzando la posta in gioco della vittoria o della sconfitta militare, piuttosto che cercare di trovare una soluzione diplomatica e politica a un conflitto di lunga data. L’Ucraina viene insensibilmente sfruttata come proxy per la guerra della NATO alla Russia guidata dagli Stati Uniti.

Come sottolinea Ritter, la NATO è una pillola suicida per il mondo. Se il suo obiettivo procede, il risultato sarà una guerra generale a tutto campo con la Russia che diventerà nucleare, il che significa la distruzione del pianeta.

Ecco perché, sostiene Ritter, ogni persona amante della pace, indipendentemente dalla nazionalità, dovrebbe pregare affinché la Russia vinca questo conflitto in Ucraina e sconfigga l’agenda della NATO. I piani di guerra della NATO sono stati seminati anni fa con il colpo di stato a Kiev nel 2014 e l’armamento delle forze neonaziste ucraine. Il massimo comandante ucraino Valery Zaluzhny è un devoto del collaboratore nazista della Seconda guerra mondiale e assassino di massa Stepan Bandera. Questo è quello con cui gli americani e gli europei stanno ora collaborando nel portare avanti i loro piani di guerra contro la Russia.

Fortunatamente, prevede Ritter, la Russia vincerà la guerra. Questo è uno scenario da incubo per le potenze occidentali guidate dagli Stati Uniti che hanno investito così tanto nella guerra; eppure, rischiano di subire una sconfitta storica.

Ma dovrebbe essere ampiamente compreso che sono gli Stati Uniti ei loro alleati che stanno spingendo il mondo sull’orlo del disastro.

(Traduzione de l’AD)

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L’inizio dell’Operazione Barbarossa: Ramstein ha aperto la porta di Giano – Davide Malacaria

“Chi avrebbe mai pensato che la Germania avrebbe subito critiche per non aver inviato carri armati a combattere la Russia?” Infatti”. Inizia così un articolo di Rod Dreher su American Conservative che riporta il grido di allarme lanciato da Peter Hitchens sul Daily Mail per quanto avvenuto nell’assise di Ramstein, nella quale la Nato ha delineato le nuove direttive per la guerra ucraina.

Ramstein ha aperto la porta di Giano

Questo è il momento in cui abbiamo iniziato l’inarrestabile discesa verso un terribile pericolo che molti di noi rimpiangeranno amaramente nei tempi a venire“, scrive Hitchens. Quindi, dopo aver accennato alle derive dell’informazione, continua così: “Tocca a me dirvi che è una grave stupidità da parte dell’Occidente fornire all’Ucraina carri armati moderni. A differenza di altri personaggi dei media e della politica, non sono un esperto militare. Ma so a cosa servono i carri armati, e non è certo a difendersi”.

“Ciò che abbiamo appena deciso di fare è prolungare e aggravare la guerra. Forse i nuovi carri armati spazzeranno via tutto quel si troveranno davanti. Forse si impantaneranno. Forse tenteranno di prendere la Crimea. Forse parteciperanno a a una Victory Parade nella Piazza Rossa. Non lo so. Ma se entrano in quello che la Russia considera il proprio territorio, allora non stupitevi di ciò che accadrà”.

Infatti, dopo la svolta di Ramstein “c’è la reale possibilità che una grossa fetta d’Europa possa essere trasformata in un cimitero radioattivo e che la rappresaglia convenzionale americana (che sarà furiosa e potente) ci farà fare un ulteriore passo avanti nel mondo dell’orrore, dei lutti, dell’esodo, della pestilenza e della povertà che da sempre sono causati dalla guerra. Se ciò accade, forse un numero maggiore di persone potrebbe voler capire perché tutto ciò è iniziato”.

Allarme giustificato, data la spinta di Ramstein ad avviare la terza guerra mondiale. Se il povero Cancelliere tedesco Olaf Sholz è riuscito finora a negare sia i Leopard 2 che ha in magazzino che quelli venduti a Paesi terzi, sta subendo una pressione fortissima per farlo. Anche in patria, dove il ministro degli Esteri Annalena Baerbock, la Liz Truss teutonica, ha dichiarato che Berlino potrebbe dare il suo placet all’invio di quelli all’estero…

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Ucraina, perché non si chiede un parere ai cittadini sull’invio delle armi? – Luca Fazzi

L’orologio dell’apocalisse segna 90 secondi alla mezzanotte. Mentre il bollettino degli scienziati atomici, pubblicato per la prima volta in inglese, russo e ucraino, avverte che l’olocausto nucleare non è mai stato così vicino allo zenit. I politici europei fanno a gara a chi manda più armi letali possibili al governo ucraino. La promessa rivolta ai cittadini attoniti è sempre la stessa. Più armi arrivano a Volodymyr Zelensky e più veloce sarà la fine del conflitto. Più passano i mesi più, in verità, la capacità di previsione delle élite appare per quello che è: nulla. Oppure una grande ed epocale presa in giro.

Il 5 marzo scorso Enrico Letta, il leader della coalizione nazionale dei guerrafondai italioti, sentenziava: le sanzioni sono le più dure mai comminate e in qualche giorno porteranno al collasso l’economia russa, che finirà in ginocchio. Quasi un anno dopo, il Pil russo è calato solo del 3,5% e la tenuta del regime dittatoriale di Vladimir Putin appare più salda che mai. In compenso i profughi di guerra sono più di otto milioni, i morti decine di migliaia e le infrastrutture ed economia di Kiev sono a pezzi. A chi giova tutto questo lo si desume dai bilanci delle grandi multinazionali: utili miliardari si registrano nel settore degli armamenti, del petrolio, dell’energia e a pagare il conto non sono le imprese che continuano a commerciare con la Russia, ma i cittadini europei con inflazione a due cifre e perdita di posti di lavoro; in prospettiva prossima, anche di vite umane. Perché se il conflitto si allargherà ancora saranno i pacifici sostenitori della guerra da tastiera a essere inviati al fronte orientale prima della deflagrazione nucleare.

Colpisce che a decidere sull’invio di armi siano burocrati e governanti che disattendono completamente l’orientamento maggioritario delle opinioni pubbliche e che sono gli stessi che si riempiono ogni giorno la bocca della parola democrazia. Cosa c’è di democratico nell’andare contro l’opinione maggioritaria dei cittadini non è chiaro nemmeno al più raffinato degli studiosi di scienza politica…

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Ucraina, Tricarico: “L’Occidente gioca con il fuoco”

(Davide Ruffolo – lanotiziagiornale.it) – Sono passati undici mesi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Generale Leonardo Tricarico, ex Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica militare, a suo dire esistono margini per arrivare a un cessate il fuoco?
“Bella domanda. Al momento la situazione è indecifrabile perché nessuno ha ancora palesato qual è lo stato finale che intende acquisire. Si tratta di un errore che abbiamo già commesso in passato durante le Primavere arabe quando l’Occidente ha realizzato degli interventi senza concordare quale dovesse essere il loro esito finale. Ma se in quel caso si sono venuti a creare dei danni tutto sommato metabolizzabili, come l’instabilità che vediamo ancora oggi in Libia, nel caso della Russia il problema che si verrebbe a creare sarebbe enorme e difficilmente gestibile”.

Possibile che nessuno abbia fissato un obiettivo?
“Che io ricordi l’unica volta in cui è stato chiaramente detto quale dovesse essere l’obiettivo finale dell’Occidente in questo conflitto è stato quando il ministro della Difesa americano, a Ramstein, ha detto che ‘dobbiamo fare in modo che Putin non rappresenti più una minaccia’. Bene se questo dovesse essere l’obiettivo reale, allora dobbiamo preoccuparci seriamente perché una Russia ridotta all’impotenza militare potrebbe causare conseguenze inimmaginabili anche per quanto riguarda i fragili equilibri geopolitici. Si tratta di un proposito inaccettabile di cui bisognerebbe chiederne conferma agli Stati Uniti. E se questa dovesse arrivare, allora dovremmo chiedere di mettere a fuoco un obiettivo diverso, più realistico e soprattutto meno problematico”.

In Italia si discute molto sulle parole del ministro Crosetto secondo cui, a causa dell’invio di armi a Kiev, i nostri arsenali sono rimasti a secco. Come stanno le cose?
“Smusserei la perentorietà di queste dichiarazioni perché ‘a secco’ non mi sembra il termine corretto. Dobbiamo tenere presente che le scorte italiane erano scarse anche prima di iniziare a inviare armamenti all’Ucraina. La realtà è che la nostra Difesa, ormai da molto tempo, non è parametrata a una guerra su vasta scala. Per questo Crosetto ha detto che per avere una Difesa credibile bisogna portare la spesa militare al 2% del Pil. Il problema è che in un recente sondaggio gli italiani hanno detto che non vogliono investimenti miliardari in questo settore”…

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LA PACE VERRA’ DAI NEUTRALI – Jeffrey Sachs

È probabile che né la Russia né l’Ucraina ottengano una vittoria militare decisiva nella guerra in corso: entrambe le parti hanno un ampio spazio per un’escalation mortale. L’Ucraina e i suoi alleati occidentali hanno poche possibilità di cacciare la Russia dalla Crimea e dalla regione del Donbass, mentre la Russia ha poche possibilità di costringere l’Ucraina alla resa. Come ha osservato Joe Biden in ottobre, la spirale dell’escalation segna la prima minaccia diretta di “Armageddon nucleare” dalla crisi dei missili cubani 60 anni fa. Anche il resto del mondo soffre, anche se non sul campo di battaglia. L’Europa è probabilmente in recessione. Le economie in via di sviluppo lottano con l’aumento della fame e della povertà. I produttori di armi americani e le grandi compagnie petrolifere raccolgono guadagni inaspettati, anche se l’economia americana nel suo complesso peggiora. Il mondo deve sopportare una maggiore incertezza, catene di approvvigionamento interrotte e terribili rischi di escalation nucleare. Ciascuna parte potrebbe optare per una guerra continua nella convinzione di ottenere un vantaggio militare decisivo sul nemico. Almeno una delle parti si sbaglierebbe in una tale visione, e probabilmente entrambe. Una guerra di logoramento devasterà entrambe le parti.

Eppure il conflitto potrebbe continuare per un altro motivo: che nessuna delle due parti vede la possibilità di un accordo di pace applicabile. I leader ucraini ritengono che la Russia userebbe qualsiasi pausa nella lotta per riarmarsi. I leader russi ritengono che la NATO userebbe qualsiasi pausa nei combattimenti per espandere l’arsenale dell’Ucraina. Scelgono di combattere ora, piuttosto che affrontare un nemico più forte in seguito. La sfida è trovare un modo per rendere un accordo di pace accettabile, credibile e applicabile. Credo che la causa di una pace negoziata debba essere ascoltata più ampiamente, in primo luogo per evitare che l’Ucraina diventi un campo di battaglia perpetuo e, più in generale, perché vantaggiosa per entrambe le parti e per il resto del mondo. Sono molti gli argomenti forti a favore del coinvolgimento di Paesi neutrali per aiutare a far rispettare un accordo di pace che gioverebbe a molti.

Un accordo credibile dovrebbe innanzitutto soddisfare gli interessi di sicurezza fondamentali di entrambe le parti. Come disse saggiamente John F. Kennedy sulla via del successo del Trattato per la messa al bando parziale degli esperimenti nucleari con l’Unione Sovietica nel 1963, “si può fare affidamento anche sulle nazioni più ostili per accettare e mantenere quegli obblighi del Trattato, e solo quegli obblighi del Trattato, che sono nel loro stesso interesse”.

In un accordo di pace, l’Ucraina dovrebbe essere rassicurata sulla sua sovranità e sicurezza, mentre la NATO dovrebbe promettere di non allargarsi verso Est (sebbene la NATO si descriva come un’alleanza difensiva, la Russia certamente la pensa diversamente e si oppone fermamente all’allargamento della NATO). Bisognerebbe trovare alcuni compromessi per quanto riguarda la Crimea e la regione del Donbass, forse congelando e smilitarizzando quei conflitti per un periodo di tempo. Un accordo sarà anche più sostenibile se includerà la graduale eliminazione delle sanzioni contro la Russia e un accordo tra la Russia e l’Occidente per contribuire alla ricostruzione delle aree dilaniate dalla guerra.

Il successo potrebbe dipendere da chi è coinvolto nel tentativo di trovare e imporre la pace. Dal momento che gli stessi belligeranti non possono forgiare una tale pace da soli, una soluzione strutturale chiave consiste nel portare altre parti all’accordo. Nazioni neutrali tra cui Argentina, Brasile, Cina, India, Indonesia e Sud Africa hanno ripetutamente chiesto una fine negoziata del conflitto. Potrebbero aiutare a far rispettare qualsiasi accordo raggiunto.

Questi Paesi non odiano né la Russia né l’Ucraina. Non vogliono né che la Russia conquisti l’Ucraina, né che l’Occidente espanda la NATO verso Est, cosa che molti vedono come una pericolosa provocazione non solo per la Russia ma forse anche per altri Paesi. La loro opposizione all’allargamento della NATO si è acuita quando i sostenitori della linea dura americana hanno esortato l’alleanza ad affrontare la Cina. I Paesi neutrali sono stati colti di sorpresa dalla partecipazione dei leader dell’Asia-Pacifico di Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda a un vertice lo scorso anno di presunti Paesi del “Nord Atlantico”.

Il ruolo pacificatore dei principali Paesi neutrali potrebbe essere decisivo. L’economia e la capacità bellica della Russia dipendono dal mantenimento di solide relazioni diplomatiche e dal commercio internazionale con questi Paesi neutrali. Quando l’Occidente ha imposto sanzioni economiche alla Russia, le principali economie emergenti, come l’India, non hanno seguito l’esempio. Non hanno voluto schierarsi e hanno mantenuto forti relazioni con la Russia.

Questi Paesi neutrali sono i principali attori dell’economia globale. Secondo le stime del FMI sul PIL a parità di potere d’acquisto, la produzione combinata di Argentina, Brasile, Cina, India, Indonesia e Sudafrica (51,7 trilioni di dollari, ovvero quasi il 32% della produzione mondiale) nel 2022 è stata superiore a quella delle nazioni del G7, America, Gran Bretagna, Canada, Francia, Germania, Italia e Giappone. Le economie emergenti sono anche cruciali per la governance economica globale e manterranno la presidenza del G20 per quattro anni consecutivi, oltre a posizioni di leadership nei principali organi regionali. Né la Russia né l’Ucraina vogliono sperperare le relazioni con questi Paesi, cosa che li rende importanti garanti potenziali della pace.

Inoltre, molti di questi Paesi cercherebbero di rafforzare le proprie credenziali diplomatiche aiutando a negoziare la pace. Molti, tra cui ovviamente Brasile e India, aspirano da tempo a seggi permanenti nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La possibile architettura di un accordo di pace potrebbe essere un accordo co-garantito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con alcune delle principali economie emergenti. Oltre ai Paesi sopra citati, altri co-garanti credibili sono la Turchia (che ha abilmente mediato i colloqui Russia-Ucraina); l’Austria, orgogliosa della sua duratura neutralità; e l’Ungheria, che quest’anno detiene la presidenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e ha ripetutamente chiesto negoziati per porre fine alla guerra.

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e i co-garanti imporrebbero misure commerciali e finanziarie concordate dalle Nazioni Unite contro qualsiasi parte che violi l’accordo di pace. L’attuazione di tali misure non sarebbe soggetta al veto della parte inadempiente. La Russia e l’Ucraina dovrebbero confidare nel fair play dei Paesi neutrali per garantire la pace e i rispettivi obiettivi di sicurezza.

Non ha senso che i combattimenti continuino in Ucraina. È improbabile che nessuna delle due parti vinca una guerra che sta attualmente devastando l’Ucraina, imponendo enormi costi in vite umane e finanze alla Russia e causando danni globali. I principali Paesi neutrali, in collaborazione con le Nazioni Unite, possono essere i co-garanti per iniziare una nuova era di pace e ricostruzione. Il mondo non dovrebbe permettere alle due parti di continuare una sconsiderata spirale di escalation.

 

(L’articolo è stato pubblicato su The Economist del 18 gennaio 2023 e rilanciato dall’Autore su Other News. La traduzione è nostra.)

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Giornata della Memoria. Il vergognoso tentativo di Google di riscrivere la storia – Agata Iacono

…in cima alle fonti proposte da Google (proprio come prima notizia da “fonte considerata attendibile” ) troviamo un articolo de L’inchiesta che attribuisce agli ucraini la liberazione (l’apertura dei cancelli) del campo di concentramento di Auschwitz.

A cosa si deve questa operazione di manipolazione?

Ad un algoritmo inconsapevole?

All’intelligenza artificiale o ad un preciso intervento su uno dei motori di ricerca più utilizzati nel mondo occidentale?

Una volta si dovevano bruciare i libri, oggi agli Stati Uniti basta controllare l’algoritmo del principale motore di ricerca..

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P.S. Ed anche sul sito del Museo di Auschwitz che ha negato l’invito alla delegazione russa, la “storia” viene riportata così.

 

Day of liberation / Liberation / History / Auschwitz-Birkenau 

 

“Giorno della liberazione. I soldati della 60a Armata del primo fronte ucraino aprirono le porte del campo di concentramento di Auschwitz il 27 gennaio 1945. I prigionieri li hanno salutati come autentici liberatori. Era un paradosso della storia che i soldati che rappresentavano formalmente il totalitarismo stalinista portassero la libertà ai prigionieri del totalitarismo nazista. L’Armata Rossa ottenne informazioni dettagliate su Auschwitz solo dopo la liberazione di Cracovia, e non fu quindi in grado di raggiungere le porte di Auschwitz prima del 27 gennaio 1945.”

Pare che gli ucraini abbiano pure sconfitto Napoleone….

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La sottile linea rossa – Enrico Tomaselli

Siamo abituati a pensare alle leadership delle grandi potenze come a un’élite di persone consapevoli e lungimiranti, magari ‘buone’ o ‘cattive’ ma comunque capaci – appunto – di una visione di ampio respiro. Persino l’atteggiamento ‘complottista’ finisce col rafforzare questa convinzione. Ma è davvero così? La storia ci dice piuttosto che, quando una potenza è in declino, anche la sua leadership è sempre meno all’altezza del compito; e ciò è, al tempo stesso, concausa ed effetto del declino stesso. Ne abbiamo drammaticamente conferma sui campi di battaglia dell’Ucraina.

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Il suicidio dell’impero americano

È in effetti paradigmatico che il leader degli USA sia un vecchio con evidenti problemi cognitivi. E per quanto, com’è ovvio, sia circondato da consiglieri (più o meno ufficiali, più o meno occulti), ciò non toglie che sia altamente simbolico – e non meno concreto… – dello stato di decadenza in cui versa l’ex impero statunitense. Ed in questo caso la preposizione ex non è né casuale né involontaria; al contrario, indica convintamente uno stato di cose, che sarebbe bene cominciare ad accettare e considerare. Perché quell’impero ha fondato la sua tumultuosa ascesa (e la breve stagione del suo dominio incontrastato) sulle armi e sul dollaro, ma oggi le sue forze armate non sono più l’invincibile strumento di guerra che hanno creduto di essere, ed il dollaro non è molto lontano dal divenire l’ombra di se stesso.

In verità, il dominio americano è andato avanti, negli ultimi decenni, più per forza d’inerzia che non per una guida realmente imperiale. L’ascesa al potere dei neocon – passati disinvoltamente dai repubblicani ai democratici – non è stata soltanto la ragione di una svolta aggressiva e delirante, ma un fattore accelerante nel processo di decadimento della leadership statunitense.

Assai interessante, in merito, la disamina che ne ha fatto Andrei Raevsky (1), un’analista russo che vive e lavora da decenni negli USA.

Come si è detto, è proprio nella vicenda bellica in corso che si rivela tutta la miopia politica dei leader di Washington. Il problema principale, come nota sempre Raevsky in un altro ottimo articolo (2), è che – come diceva Sun Tzu – “la tattica senza strategia è il rumore prima della sconfitta”. E benché gli states abbiano lungamente preparato la guerra, per almeno una decina d’anni, la verità è che sono arrivati al momento del conflitto solo con una vaga idea degli obiettivi politici che avrebbero voluto conseguire, ma senza alcuna contezza reale del come conseguirli e – cosa ancora peggiore – senza nessuna vera strategia militare. È pur vero che questa non è affatto una novità, anzi; la storia bellica degli Stati Uniti, almeno quella successiva al secondo conflitto mondiale, è esattamente una sequela di guerre iniziate avendo in mente un qualche obiettivo politico più o meno vago, ma senza nessuna vera strategia di guerra. Non a caso, le sue vittorie sono sempre state conseguite contro avversari infinitamente più deboli (e quasi sempre avendo come lascito il caos, e non mai un nuovo ordine), mentre le sue clamorose sconfitte (Vietnam, Afghanistan) sembrano non aver insegnato nulla.

In effetti, a ben vedere la strategia militare americana, per quanto riguarda il conflitto ucraino, è sostanzialmente inesistente. Anche al netto di un immenso cinismo, per cui è perfettamente nel conto la sacrificabilità del popolo ucraino (e dell’Ucraina stessa, come si vedrà alla fine), è chiaro che tale strategia si risolve nel cercare di tirarla per le lunghe il più possibile. E, come si diceva precedentemente (3), nel tirare la corda sino al limite.

In un certo senso, quindi, si può affermare che l’avventura bellica in Ucraina proceda più che per obiettivi (e relative mosse per conseguirli), per condizioni. Talune condizioni si devono produrre o mantenere, altre devono essere evitate. Un approccio, quindi, assolutamente estemporaneo, che per certi versi può apparire estremamente pragmatico e flessibile, ma che in effetti è semplicemente un procedere letteralmente alla giornata. Peraltro, l’assenza di precisi obiettivi militari (o la loro ambigua definizione) consente in ogni caso di poter un domani negare che siano stati mancati.

La condizione primaria da mantenere è, ovviamente, quella del prolungamento del conflitto; teoricamente ad libitum, di fatto sino al massimo possibile. A questo punto, il mantenimento di tale condizione non è neanche più finalizzato ad un ipotetico logoramento dell’apparato militare russo, stante che questo è manifestamente insignificante, ed ampiamente soverchiato dallo speculare logoramento dell’apparato militare della NATO – USA compresi. La funzione, quindi, è quella di incatenare Russia ed Europa ad un conflitto che assorbe risorse, brucia relazioni ed agevola (per i paesi europei) il passaggio dallo status di provincia semiautonoma a quello di colonia militarizzata.

Altra condizione, connessa alla prima, è portare gradualmente lo scontro ad un livello sempre più alto, senza che raggiunga mai un punto di rottura. Tale condizione risponde all’esigenza di rendere lo scontro sempre più impegnativo, e quindi più lacerante, ed al tempo stesso di saggiare la reattività del nemico.

La terza condizione fondamentale è il contenimento. La guerra non deve sfociare in un conflitto nucleare, dal quale gli Stati Uniti non potrebbero chiamarsi fuori, e non deve uscire dai confini dell’Ucraina, perché se dilagasse in altri paesi europei sarebbe disastroso per l’equilibrio delle summenzionate colonie e costringerebbe in breve tempo ad un intervento massiccio delle forze armate americane…

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La guerra in Ucraina per mantenere l’Unione Europea sotto tutela – Thierry Meyssan

È difficile ammetterlo, sebbene gli anglosassoni non ne facciano mistero. Parafrasando una celebre citazione del primo segretario generale dell’Alleanza, la Nato è stata creata per «tenere la Russia all’esterno, gli Americani all’interno e l’Unione Europea sotto tutela».
Non c’è altra spiegazione per il prolungamento delle inutili sanzioni contro Mosca e degli altrettanto inutili nonché letali combattimenti in Ucraina.

 

Perché Josep Borrell, Charles Michel e Ursula von der Leyen, provatamente corrotti e incompetenti, sono diventati leader dell’Unione Europea? Per avallare le imposizioni di Jens Stoltenberg.

È passato quasi un anno dall’ingresso in Ucraina dell’esercito russo per applicare la risoluzione 2202 del Consiglio di Sicurezza. La Nato rifiuta questa motivazione e ritiene che la Russia abbia invaso l’Ucraina per annetterla. In quattro oblast i referendum per l’adesione alla Federazione di Russia sembrano confermare l’interpretazione della Nato, ma la storia della Novorossia conferma la motivazione della Russia. Le due narrazioni vanno avanti in parallelo, senza mai intersecarsi.

Durante la guerra del Kosovo pubblicavo un notiziario quotidiano [1]. Ricordo che all’epoca la narrazione della Nato era contestata da tutte le agenzie di stampa dei Balcani, ma non avevo possibilità di sapere da che parte stesse la ragione. Due giorni dopo la fine del conflitto i giornalisti dei Paesi membri dell’Alleanza Atlantica poterono recarsi sul posto e constatare di essere stati ingannati: le agenzie di stampa regionali avevano ragione; la Nato non aveva fatto che mentire.
Successivamente feci parte del governo libico. Potei costatare in prima persona come la Nato, incaricata dal Consiglio di Sicurezza di proteggere la popolazione, distorse il mandato al fine di rovesciare la Jamahiriya Araba Libica: uccise 120 mila delle persone che avrebbe dovuto proteggere.
Sono esperienze che mostrano come l’Occidente menta spudoratamente per coprire le proprie malefatte.

Oggi la Nato ci garantisce di non essere in guerra perché non ha dispiegato truppe in Ucraina. Tuttavia gigantesche quantità di armi vengono mandate in Ucraina affinché i nazionalisti integralisti ucraini [2], formati dalla Nato, resistano a Mosca; inoltre è in corso una guerra economica senza precedenti per distruggere l’economia russa. Tenuto conto dell’entità di questa guerra, per interposizione dell’Ucraina, lo scontro diretto fra Nato e Russia sembra suscettibile di scoppiare in ogni momento.

Una nuova guerra mondiale è tuttavia altamente improbabile, almeno a breve termine: i fatti già contraddicono la narrazione della Nato…

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Russia e Giappone. L’articolo del 1993 in cui Soros delineava già l’attuale strategia USA

Un uomo ha previsto gran parte di ciò che si è verificato nella battaglia che infuria all’Est dell’Europa: l’onnipresente George Soros.

L’oligarca finanziere miliardario – come evidenzia John Cody su Remix News – spesso dipinto come un umanista, è promotore di una strategia geopolitica intransigente in un suo articolo datato 1993 e intitolato “Verso un nuovo ordine mondiale: Il futuro della NATO”.

In questo articolo ricordato da Cody, Soros prospetta come gli europei dell’Est potrebbero essere utilizzati come “forza lavoro” nei conflitti, nel tentativo di ridurre il numero di morti nei Paesi occidentali, perché Soros sostiene che l’Occidente non lo tollererebbe politicamente, a differenza dell’Europa orientale.

“Gli Stati Uniti non sarebbero chiamati ad agire come poliziotto del mondo. Quando agiscono, lo fanno in collaborazione con altri. Tra l’altro, la combinazione della manodopera dell’Europa dell’Est con le capacità tecniche della NATO rafforzerebbe notevolmente il potenziale militare del partenariato, perché ridurrebbe il rischio di body bag per i Paesi della NATO, che è il principale vincolo alla loro volontà di agire. Si tratta di una valida alternativa all’incombente disordine mondiale”, scrive Soros nell’articolo.

Inoltre Soros riconosce che i Paesi della NATO non hanno voglia di “sacchi per cadaveri”, ma la sua dichiarazione indica implicitamente che gli europei dell’Est possono ricoprire questo ruolo.

Quanto descritto da Soros sembra svolgersi esattamente come da lui previsto per quanto riguarda la guerra in Ucraina. Armati con armi NATO di alto livello, i soldati ucraini stanno contrastando attivamente la Russia, utilizzati come pedine e carne da macello, i soldati ucraini stanno combattendo contro la Russia, che Soros già temeva sarebbe diventata una nazione nazionalista contraria all’ordine globale che promuoveva nel 1993. I potenti Paesi occidentali hanno le armi necessarie e l’Ucraina mette le truppe sul campo. Il fatto che Soros avesse già intravisto con decenni di anticipo il potenziale che questa simbiosi avrebbe potuto produrre sul campo di battaglia rafforzerà probabilmente la sua reputazione di pensatore strategico calcolatore e forse spietato.

Come previsto da Soros, la società ucraina sembra tollerare l’alto numero di vittime dell’attuale conflitto con la Russia. Durante la guerra del Vietnam, gli Stati Uniti persero 58.220 persone nel corso di circa 10 anni, eppure la guerra vide una forte opposizione da parte dell’opinione pubblica statunitense. Nonostante un numero di morti molto più alto in un periodo di tempo molto più breve, la società ucraina ha visto poco in termini di proteste.

L’assenza di proteste in Ucraina può essere favorita anche dal fatto che l’Ucraina ha sospeso la maggior parte della società civile, ha bandito i partiti e i media dell’opposizione e ha persino messo fuori legge la Chiesa ortodossa russa.

L’articolo di Cody evidenzia poi che sempre nello stesso articolo Soros invoca un “nuovo ordine mondiale”. Il termine è spesso deriso dai media mainstream come una teoria cospirazionista, ma Soros lo usa apertamente. Cody evidenzia inoltre che Soros invoca un ordine mondiale “notevolmente globalista e centralizzato”…

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Uniti nella lotta contro l’invio delle armi all’Ucraina

Riceviamo questo appello sulle armi in Ucraina da parte di “Cumpanis” e volentieri rilanciamo
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Uniti nella lotta contro l’invio delle armi all’Ucraina

Segreteria Nazionale “Cumpanis”

 

Continua la guerra in Ucraina.

Continua l’azione militare russa strategicamente diretta ad impedire che l’Ucraina, com’è nelle mire palesi degli Usa e della Nato, si trasformi in un’immensa base Nato ai confini russi e geo politicamente non lontanissima dalla Cina, una nuova base che si aggiungerebbe alle grandi postazioni Nato già minacciosamente presenti in Corea del Sud, in Giappone e, con la Settima Flotta militare USA, nell’Oceano Pacifico.

Continua l’invio del già infinito fiume di dollari, sterline ed euro a favore del governo Zelensky, da sempre sorretto dal movimento neofascista ucraino.

Continua lo spregiudicato, prepotente, aggressivo e folle invio di armi verso Kiev da parte dell’intero fronte imperialista, con gli Usa alla testa.

Se anche i carri armati tedeschi “Leopard” fossero inviati in Ucraina, come sembra, il pericolo di un’estensione della guerra sul piano mondiale si accrescerebbe a dismisura.

L’orologio della guerra nucleare è già vicinissimo alla mezzanotte dei funghi nucleari multipli, della morte su scala planetaria e del buio dell’umanità.

Di fronte a tutto ciò, drammatica, agghiacciante è l’assenza di un movimento mondiale contro la guerra, come se una pulsione suicidaria stesse segnando di sé l’intera umanità, come se i popoli occidentali fossero in ginocchio, rassegnati al silenzio e all’inazione, come se l’intero potere capitalistico/imperialista mondiale avesse svuotato le loro coscienze, li avesse ridotti a sacchi vuoti afflosciati sui pavimenti della storia, li avesse corrotti e resi schiavi attraverso la narrazione dell’individualismo liberale, attraverso il circo tonitruante della  mercificazione di massa.

L’Italia non fa eccezione. La classe operaia, gli intellettuali, le forze sindacali (particolarmente grave è la subordinazione al sistema di guerra e al dominio della Nato della CGIL), il movimento giovanile e studentesco, le accademie, le università, le “forze della sinistra”, sono in un vergognoso, inquietante e subordinato silenzio, con le teste chine.

Avanguardie ce ne sono, e sono anche, coraggiosamente e generosamente, in campo. Partiti comunisti, movimenti, sindacati di classe, siti e giornali on line di natura comunista e antimperialista. Ma la loro voce non ha la forza di alzarsi, di estendersi sul piano nazionale, di incidere, di costruire coscienza e militanza al di là dei loro stessi, ristretti, ristrettissimi confini.

Le avanguardie contro la guerra, seppur anche spasmodicamente impegnate, sono poche, polverizzate, deboli, a volte esistono e agiscono in una sola città, in un solo territorio, espressioni di una solitaria parzialità di quello stesso territorio e nessuno ha la forza per agire sul piano nazionale. Di porsi come forza catalizzatrice di tutte le altre forze. Di fronte alla catastrofe bellica potenzialmente di fine mondo, nel nostro Paese – ma non solo – si alza solamente un pulviscolo infinitesimale e irrilevante anti-guerra, che il vento del potere, dei media, dell’egemonia della cultura dominante spazza via ancor prima che una particella di questo pulviscolo possa essere intravisto, sentito, annusato non dico dalle masse, ma almeno dalle parti più avanzate di esse…

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Guerra russo-ucraina: la pompa del sangue del mondo – Big Serge Thought

Dal sito Big Serge Thoughts un’ottima e completa analisi della situazione militare, con alcune considerazioni  sull’ultimo pacchetto di aiuti messo insieme dalla Nato. 

Grazie per la segnalazione e revisione a @BuffagniRoberto

 

Prima gradualmente, e poi all’ improvviso

Dalla decisione a sorpresa della Russia di ritirarsi volontariamente dalla sponda occidentale di Kherson nella prima settimana di novembre, ci sono stati pochi cambiamenti nelle linee del fronte ucraino. In parte, ciò va ricondotto al prevedibile clima del tardo autunno nell’Europa orientale, che lascia i campi di battaglia impregnati d’acqua e intasati di fango e inibisce notevolmente la mobilità. Per centinaia di anni, novembre è stato un mese poco propizio per tentare di spostare gli eserciti su qualsiasi distanza significativa, e puntualmente abbiamo iniziato a vedere video di veicoli impantanati nel fango in Ucraina.

Il ritorno della guerra di posizione statica, tuttavia, riflette anche l’effetto sinergico del crescente esaurimento ucraino, unito all’impegno russo a logorare pazientemente l’Ucraina e privarla della sua residua capacità di combattimento. Nel Donbas hanno trovato il luogo ideale per raggiungere questo obiettivo.

È diventato pian piano evidente che la Russia è impegnata in una guerra di logoramento e di posizione, che riesce a massimizzare il suo vantaggio asimmetrico nel fuoco a distanza. C’è un continuo degrado della capacità bellica dell’Ucraina, che sta permettendo alla Russia di mantenere con pazienza il ritmo attuale, mentre organizza le forze appena mobilitate per l’azione offensiva dell’anno entrante, ponendo le basi per perdite ucraine continue e insostenibili.

Nel romanzo di Ernest Hemingway Fiesta (The Sun Also Rises, 1926) a un personaggio un tempo ricco, ora caduto in disgrazia, viene chiesto come gli sia accaduto di andare in bancarotta. “In due modi”, risponde, “prima gradualmente e poi all’improvviso”. Un giorno potremmo chiedere come l’Ucraina abbia perso la guerra e ricevere più o meno la stessa risposta.

Verdun Redux

È lecito affermare che i media del regime occidentale hanno mantenuto uno standard molto basso nei reportage sulla guerra in Ucraina, data la misura in cui la narrativa mainstream è disconnessa dalla realtà. Nonostante questi standard piuttosto bassi, il modo in cui la battaglia in corso a Bakhmut viene presentata alla popolazione è veramente ridicolo. L’asse di Bakhmut viene presentato al pubblico occidentale come una perfetta sintesi di tutta la retorica del fallimento russo: in poche parole, la Russia sta subendo perdite terribili per catturare una piccola città con un’importanza operativa trascurabile. I funzionari britannici, in particolare, sono stati molto espliciti nelle ultime settimane, insistendo sul fatto che Bakhmut ha poco onessun valore operativo.

La verità è letteralmente l’opposto: dal punto di vista operativo Bakhmut è in una posizione cruciale per la difesa ucraina, e la Russia l’ha trasformata in una fossa mortale che costringe gli ucraini a sacrificare un numero esorbitante di uomini per mantenere la posizione finché possibile. In effetti, l’insistenza sul fatto che Bakhmut non sia operativamente significativa è piuttosto offensiva per l’intelligenza del pubblico, sia perché una rapida occhiata a una mappa mostra chiaramente che si trova nel cuore della rete stradale regionale, sia perché l’Ucraina ha dispiegato un numero enorme di unità su quel fronte…

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I leopardi magici? La Nato ha solo preso coscienza che l’Ucraina sta perdendo la guerra –  Davide Malacaria

…Ad oggi, e in attesa dei rinforzi, l’Ucraina si dibatte in preda a una palese difficoltà. Lo ha detto a chiare lettere l’ex Consigliere di Zelensky Alexei Arestovitch, costretto alle dimissioni a seguito di un passo falso.

In un recente intervento, riportato da Al Manar, Arestovitch ha detto che l’Ucraina non è destinata a vincere la guerra, anzi rischia di non sopravvivere come entità statale, concordando, secondo l’estensore dell’articolo, con quanto immagina il presidente polacco Andrzej Duda.

Un concetto che il più autorevole Duda ha ribadito implicitamente nel recente vertice di Davos, nel quale ha dichiarato: “Temo che prima o poi, forse tra qualche mese, forse settimane, ci sarà un momento decisivo in questa guerra. E tale momento risponderà alla domanda se l’Ucraina sopravviverà o no” al conflitto (InterfaxUkraine).

Se si sta a quanto affermava lo scorso maggio, quando disse che in futuro non ci sarà alcun confine tra Ucraina e Polonia, la prospettiva che potrebbe delinearsi è quella di una spartizione dell’Ucraina tra Est, ai russi, e Ovest, alla Polonia… ma tale prospettiva potrebbe essere più lontana di quanto immagina Duda, dal momento che sembra potersi realizzare solo al termine del conflitto (altrimenti si avrebbe uno scontro diretto tra la Russia e un Paese Nato, cosa che Duda ha escluso).

Nel frattempo, come denuncia implicitamente lo stesso Arestovitch, a causa dell’attuale fragilità e dell’imponente flusso di soldi in arrivo, l’Ucraina è scossa da una lotta intestina dove ognuno “azzanna la gola dell’altro”.

Di tale lotta avevamo scritto alla morte del ministro degli Interni, ucciso col suo staff nello schianto dell’elicottero che lo trasportava (le cause dell’incidente sono ancora ignote). Ma ormai se ne sono accorti un po’ tutti, dopo che alcuni esponenti del governo si sono dimessi a causa di scandali vari (Open).

Interessante la notazione dell’articolo di Al Manar: nel denunciare pubblicamente tale lotta, Arestovitch rischia la vita: o è sciocco o è protetto da un ramo dei servizi segreti, ipotesi per la quale propende la nota del giornale libanese. E se una parte dei servizi segreti teme l’evoluzione del conflitto, prospettiva più realistica dell’attuale, potrebbero aprirsi scenari nuovi.

Così, tra i crescenti rischi di escalation, che l’attuale fragilità di Kiev amplificano, e le prospettive, seppur aleatorie e lontane, di una risoluzione della fase più acuta del conflitto, la guerra continua inesorabile a mietere vittime.

Ps. La Polonia chiederà un risarcimento alla Ue per la fornitura di carri armati a Kiev. Lo ha detto il Primo ministro Mateusz Morawiecki… perché dovrebbero essere risarciti loro e non anche gli altri che hanno mandato i loro armamenti? Richiesta invero bizzarra, ma che rischia di essere assecondata.  La guerra e il supporto Usa hanno conferito a Varsavia un peso notevole.

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Ucraina, l’invio di carri armati non ha rilevanza militare ma un grande significato politico – Paolo Ferrero

La scelta occidentale di inviare carri armati di ultima generazione in Ucraina non ha alcuna rilevanza militare, ma un grande significato politico: rappresenta un altro passo nel coinvolgimento diretto della Nato nella guerra e quindi nell’aprire la strada alla terza guerra mondiale senza che le opinioni pubbliche europee se ne accorgano. Vediamo perché.

Innanzitutto i numeri. Per cosa sono riuscito a capire si parla, ad oggi, di un paio di centinaia di carri armati che non arriverebbero tutti insieme, ma a tranche nel corso del 2023. Per avere un termine di paragone, dalle statistiche che si riescono a trovare, si capisce che indicativamente, in questa fase del conflitto, ogni giorno vengono distrutti, in media, in combattimento una decina di carri armati sulla parte ucraina. 200 carri armati durano quindi una ventina di giorni. Non è certo un elemento decisivo.

In secondo luogo la qualità. Non stiamo parlando di armi segrete, ma di carri armati Abrams e Leopard in produzione da anni, di cui sono note le caratteristiche e le potenzialità, tecnologicamente simili, ai modelli russi degli ultimi 20 anni.

Il punto non è quindi militare in senso stretto. Il punto è politico: questi carri armati sono tecnologicamente diversi dai vecchi carri armati concepiti nella seconda guerra mondiale e variamente riammodernati che sono stati sin qui impegnati in Ucraina. Per usare questi carri armati serve preparazione. Non bastano alcune settimane di corso di formazione. Il punto è quindi che l’invio di materiale, sempre più sofisticato da parte dei paesi Nato in Ucraina, per le quantità in cui viene inviato non è in grado di sovvertire le sorti del conflitto, ma è in grado di determinare un maggiore coinvolgimento di personale direttamente nelle operazioni di guerra.

Già oggi il lancio dei missili del sistema Himars sarebbe impensabile senza l’intervento delle tecnologie e del personale Nato (coordinate, scelta obiettivi, etc.). La stessa cosa avverrà in forma allargata con i carri armati. In secondo luogo si inizia con qualche centinaio di carri armati e con missili di corto raggio e poi, se la guerra prosegue, con la stessa logica si forniranno missili a più lunga gittata, più carri armati e così via. Si chiama escalation e la si è già vista in Vietnam.

I carri armati tedeschi, francesi e statunitensi non avranno quindi effetti devastanti sul campo di battaglia, ma sul terreno geopolitico. Rappresentano uno strumento con cui – poco per volta – i paesi europei vengono trascinati dal governo statunitense e da Volodymyr Zelensky in una guerra diretta con la Russia. Una guerra diretta che non può sfociare in altro che in un conflitto generalizzato di cui l’Europa sarebbe il primo campo di battaglia. Si tratta di una prospettiva delirante che oltre all’attitudine guerrafondaia di Joe Biden e Zelensky sottolinea l’ignavia totale delle classi dirigenti europee, dal cancellare tedesco – che riesce al massimo a resistere qualche ora alle pressioni degli Stati Uniti – per arrivare a Giorgia Meloni, dai socialdemocratici ai postfascisti.

Per questo una volta in più si tratta di dire che l’unica prospettiva realistica è l’apertura di una trattativa che cerchi la pace e la sicurezza per tutti i popoli coinvolti nel conflitto. Per questo è evidente una volta in più che la guerra in Ucraina non può essere vinta da nessuno, ma solo fermata. Prima che sia troppo tardi.

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Escalation Nato contro la Russia. Il piano scritto (ad ottobre) dai guerrafondai dell’Atlantic Council

Lo scorso ottobre i guerrafondai dell’Atlantic Council consigliavano un piano di azione volto a favorire l’escalation del conflitto in Ucraina. Dopo il trasferimento di carri armati, i Paesi della NATO saranno chiamati a fornire aerei da combattimento e missili a lunga gittata in grado di colpire il territorio russo.

– Mantenere l’attenzione sul sostegno e sul trasferimento di armi a Kiev per permettere all’Ucraina di vincere.
– Aumentare la letalità dell’assistenza militare includendo aerei da combattimento che permettano all’Ucraina di controllare il proprio spazio aereo e di attaccare le forze russe al suo interno; e tecnologia missilistica con una portata sufficiente a raggiungere il territorio russo allo scopo di prevenire ulteriori incursioni interrompendo le linee di rifornimento e distruggendo le forze militari russe, sia in termini di personale che di equipaggiamento.

– Avviare ed espandere la stabilizzazione e la ricostruzione nelle aree controllate dall’Ucraina, concentrandosi sulle aree prioritarie delineate nelle sezioni precedenti, tra cui la creazione di ordine, la fornitura di servizi pubblici e il rafforzamento delle istituzioni di governo locali.

– Creare condizioni favorevoli e percorsi logistici che consentano all’Ucraina di esportare cereali e rivitalizzare la propria economia.

– Rafforzare le difese ucraine in prima linea, vicino alla regione del Donbas. Ciò potrebbe comportare la fornitura di addestramento al combattimento incentrato sul sabotaggio, sull’artiglieria e sulla capacità offensiva per interrompere la logistica della Russia.

– Lavorare a stretto contatto con le organizzazioni regionali e multilaterali per negoziare la neutralità politica dei territori dell’Ucraina controllati dalla Russia (come il Donbas).

– Aumentare i costi economici per la Russia imponendo sanzioni secondarie a tutte le entità che fanno affari con il Cremlino.

– Confiscare i 300 miliardi di dollari che lo Stato russo detiene in conti all’estero negli Stati Uniti e nell’UE e utilizzare le somme sequestrate per finanziare la ricostruzione.

– Addestrare le forze armate ucraine a utilizzare le armi occidentali, addestrarle alla guerra elettronica e cibernetica, sia offensiva che difensiva e integrare le nuove reclute.

– Coordinarsi con la NATO e altri alleati per stabilire canali di comunicazione con l’Ucraina per valutazioni congiunte delle minacce, delle risorse militari e dei piani di emergenza.

(Fonte: Atlantic Council)

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Il colonnello britannico Richard Kemp: “I russi vinceranno in Ucraina”

E’ piuttosto raro in occidente ascoltare qualche voce dissonante rispetto al conflitto in Ucraina dove, secondo il mainstream, il regime di Kiev starebbe impartendo sconfitte su sconfitte ai russi grazie al sostegno della NATO, e che quindi la vittoria finale sarebbe inevitabile.

Secondo il Richard Kemp, esperto militare già comandante di un battaglione di fanteria durante la campagna afghana, la situazione sul campo non sarebbe esattamente quella descritta dai media in occidente.

I media occidentali stanno dando informazioni sbagliate su ciò che sta accadendo sul campo di battaglia in Ucraina, ha dichiarato a Sky News il colonnello Richard Kemp…

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VERSO LA GUERRA TOTALE – Vincenzo Brandi

Gli ultimi sviluppi della guerra in Ucraina prefigurano drammatiche conseguenze che sembrano portarci verso una guerra totale dagli esiti nefasti.

Gli Stati Uniti ed il governo di estrema destra di Kiev rappresentato dal guitto Zelenzky – sempre più impegnato nella sua parte di eroe senza paura – avevano premuto a lungo sulla Germania perché inviasse sui fronti di guerra i suoi carriarmati di ultima generazione, i Leopard, segnando così un deciso innalzamento del livello dello scontro bellico con probabili esiti gravissimi. Il governo tedesco aveva saggiamente e disperatamente resistito rendendosi conto che alzare il livello dello scontro avrebbe danneggiato innanzitutto la Germania e tutta l’Europa e creato le premesse per una guerra globale. Ma alla fine anche il governo tedesco ha ceduto autorizzando l’invio dei modernissimi veicoli bellici sia direttamente, sia attraverso altri paesi, come la Polonia, che ne possiedono già una scorta. Questa decisione ha aperto le porte alla decisione di molti altri paesi di inviare sui fronti di guerra carriarmati e altre armi. Il Canada invierà le sua dotazione di Leopard; gli Stati Uniti invieranno i modernissimi carriarmati Abrams, anche la Spagna e persino la Finlandia (che non fa parte della NATO) faranno la loro parte.

 

A questo affannarsi verso l’intervento diretto in guerra l’Italia è in prima linea. In parlamento una larga maggioranza ha rinnovato l’autorizzazione all’invio di armi fino alla fine del 2023 attraverso decreti, senza passare nemmeno per un dibattito parlamentare. Il PD si è prontamente e vergognosamente allineato alle posizioni della Meloni. Hanno votato contro o si sono sottratti alla votazione solo i 5 Stelle e Sinistra Italiana, oltre a qualche deputato dissenziente del PD come Paolo Cioni. Il risultato è che l’Italia invierà a breve i modernissimi sistemi antiaerei Samp/T, mentre i Russi, per bocca del portavoce Peskov, fanno sapere che considerano tutto questo come un coinvolgimento diretto nella guerra dei paesi dell’Europa Occidentale aderenti alla NATO.

 

Queste azioni di interventismo bellico sono basate su una serie di bugie continuamente fornite al pubblico italiano attraverso tutti i mass media (si distingue tra tutti il mellifluo Mentana dagli schermi del TG7). La prima è che la crisi sarebbe iniziata il 24 febbraio del 2022 quando i Russi dettero il via alla cosiddetta “operazione speciale”. In realtà la crisi è iniziata nel 2014 quando l’Ucraina, che era un paese neutrale e rispettato da tutti, fu coinvolta dal colpo di stato di Piazza Maidan organizzato dagli Stati Uniti e dall’estrema destra ultranazionalista e nazista ucraina, che intendeva portare il paese in ambito NATO e anti-russo. Le regioni del sud e dell’est abitate da Russi si ribellarono e furono attaccate dalle milizie di destra ucraine dando inizio ad una sanguinosa guerra civile. La guerra in Ucraina dura quindi dal 2014 e non certo dal 2022. All’inizio i Russi furono molto prudenti e cercarono un accordo che sembrava essere stato raggiunto con la mediazione della cancelliera Merkel a Minsk. Questi accordi, che prevedevano un’autonomia delle regioni dell’Est pur nell’ambito dello stato ucraino, non sono mai stati rispettati dal governo di Kiev.

 

L’altra bugia è che a Kiev ci sia un governo democratico insidiato dai Russi. In realtà il governo di Kiev, che ha posto fuori legge e perseguitato tutti i partiti di sinistra e di opposizione, è dominato da formazioni ultra-nazionaliste e naziste eredi delle bande del criminale Stefan Bandera (oggi considerato un eroe dal governo ucraino) che durante la Seconda Guerra Mondiale si schierarono dalla parte di Hitler e massacrarono centinaia di migliaia di Ebrei. Ora il fantoccio Zelensky è addirittura invitato al Festival di Sanremo per fare i suoi show. Non si sa se ridere o piangere. Ma nonostante tutta questa oscena propaganda di guerra alimentata di comune accordo da Meloni e PD, risulta dai sondaggi che il 55% degli Italiani è contraria all’invio di armi ed al coinvolgimento dell’Italia. Il nostro governo, con la complicità della finta opposizione, agisce quindi contro la volontà della maggioranza dei cittadini.

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Zuckerberg e il battaglione Azov: il fascismo ai tempi di Meta – Fabrizio Verde

Incredibile ma vero. I neonazisti ucraini del Reggimento Azov possono rientrare su Meta e quindi sulle reti sociali Facebook e Instragram e i servizi di messaggistica istantanea WhatsApp e Messenger.

La società madre di Facebook ha infatti deciso di rimuovere il Reggimento Azov dalla lista che comprende individui e organizzazioni pericolose. La decisione, riportata per la prima volta dal quotidiano The Kyiv Independent, consente adesso ai membri dell’unità di creare account Facebook e Instagram e postare senza che Meta segnali e rimuova automaticamente i loro contenuti. Inoltre, gli utenti non affiliati possono elogiare il Reggimento Azov, a patto che rispettino gli standard comunitari dell’azienda.

“La guerra in Ucraina ha comportato un cambiamento delle circostanze in molte aree ed è diventato chiaro che il Reggimento Azov non soddisfa i nostri rigorosi criteri per la designazione di un’organizzazione pericolosa”, ha dichiarato un portavoce dell’azienda a The Kyiv Independent.

La pezza d’appoggio trovata da Meta per giustificare la riammissione dei neonazisti è la seguente: Meta ha dichiarato al Washington Post che recentemente ha iniziato a considerare il Reggimento Azov come un’entità separata da altri gruppi associati al Movimento Azov, nazionalista di estrema destra. Neonazista, aggiungiamo noi, in onor del vero. In particolare, l’azienda ha indicato il partito politico ucraino National Corp e il suo fondatore Andriy Biletsky, notando che sono ancora presenti nella lista di persone e organizzazioni pericolose. “Discorsi d’odio, simboli d’odio, appelli alla violenza e qualsiasi altro contenuto che violi i nostri Standard della comunità sono ancora vietati e li rimuoveremo se li troveremo”, ha affermato l’azienda statunitense.

Esultano per la decisione i gerarchi del regime di Kiev. La decisione di Meta consentirà al mondo intero “di conoscere l’impresa dei difensori di Mariupol, e la propaganda russa perderà la sua argomentazione per incolpare gli eroi ucraini”, ha affermato il ministro ucraino per la Trasformazione Digitale Mykhailo Fedorov.

L’Azov è nato come unità di fanteria militare composta da volontari civili provenienti da gruppi neonazisti di estrema destra attivi in Ucraina, come la Patriot of Ukraine gang e la Social National Assembly (SNA). Con la sua banda di combattenti altamente motivati, l’unità Azov riconquistò la strategica città portuale di Mariupol dai separatisti. A seguito di questo cruciale trionfo militare – che era sfuggito alle forze ufficiali di Kiev – l’unità Azov è stata integrata nella Guardia Nazionale dell’Ucraina nel novembre 2014.

Nel 2016, l’Azov ha istituito la sua ala politica, il National Corps Party, sotto la guida di Andriy Biletsky, un ultra-nazionalista che è stato membro del Parlamento dal 2014 al 2019 e ha dichiarato a verbale che la missione dell’Ucraina è quella di “guidare il razze bianche del mondo in una crociata finale… contro Untermenschen (umani inferiori) guidati dai semiti”…

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I carri armati tedeschi affronteranno ancora una volta quelli russi – Davide Malacaria

…anche in America non mancano cenni di ragionevolezza. Ieri il New York Times e il Washington Post hanno infatti pubblicato due articoli paralleli che, in forme e modi diversi, parlavano di pace, parola bandita da tempo dal dibattito sulla guerra ucraina.

Sul Washington Post, al termine di un articolo un po’ troppo trionfalistico riguardo la sicura vittoria totale dell’Ucraina (propaganda d’obbligo), David Ignatius spiegava che, mentre la guerra avanza verso un “Endgame”, si osserva che, “come negli ultimi anni della seconda guerra mondiale, è già iniziata la pianificazione per l’ordine del dopoguerra” per costruire un’architettura di pace durevole.

Più interessante ancora quel che scriveva Ross Douthat sul Nyt, il quale spiegava come l’escalation Nato – l’invio dei carri armati – corra in parallelo con l’escalation russa, che ha lanciato l’offensiva invernale. E aggiunge che sia la dottrina Usa che quella russa prevedono l’escalation come fase necessaria a un de-escalation.

Ma mentre per i tanti falchi che volano sul conflitto, in Europa e in America, l’escalation dovrebbe avere come esito una vittoria totale dell’Ucraina, tale linea non è “condivisa dall’amministrazione Biden, o almeno non dai suoi più autorevoli esponenti”.

Infatti, “l’approccio cauto” alla guerra da parte del presidente, i suoi inviti all’Ucraina ad aprirsi al negoziato e la necessità di non esaurire le risorse Usa in questo conflitto, dovendo supportare anche il confronto con la Cina, “indica che l’obiettivo prossimo della Casa Bianca è un armistizio favorevole, non una sconfitta completa della Russia“.

Il palesarsi in parallelo di questi due articoli sui più autorevoli media dell’Impero, peraltro punti di riferimento dei due partiti presenti al Congresso, dimostra che nell’establishment americano lo scontro tra falchi e rapaci meno aggressivi è ancora in atto.

Resta, purtroppo, che l’invio dei carri armati segna un altro punto di svolta nell’ingaggio Nato nel conflitto. Certo, non sono i seicento carri armati chiesti dal Capo di Stato Maggiore ucraino, e avranno un impatto limitato sul campo di battaglia, forse non consentendo l’agognata controffensiva di primavera, ma non sono uguali a zero.

Se i Bradley e gli Abrams 1 che si appresta a inviare l’America sono poca cosa, non così i Leopard 2 teutonici provenienti dai vari Paesi europei. Questi, anche se inviati in piccoli numeri, potrebbero avere un impatto rilevante, soprattutto se combinati con altri sistemi d’arma.

In attesa di sviluppi, concludiamo ribadendo il titolo che abbiamo messo a questa nota, ripreso dal titolo di un articolo pubblicato su Israel Ayom: “I carri armati tedeschi affronteranno ancora una volta quelli russi”. Si rinnova una nefasta memoria.

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I 3 scenari delineati da Lucio Caracciolo – Andrea Zhok

Oggi ho curiosato sulla stampa mainstream (ogni tanto è utile fare una passeggiata dietro le linee nemiche) e mi sono imbattuto in un titolo interessante su “La Stampa” di Torino:

TITOLO

“La Russia ha più uomini, mezzi, risorse; o la Nato entra in campo o Kiev perderà.”

SOTTOTITOLO

“Usa ed Europa sono davanti a scelte difficili: l’ipotesi di inviare truppe occidentali non può essere scartata.”

Questo titolo campeggia su un articolo nientepopodimeno del prestigioso analista Lucio Caracciolo. Ora, leggendo l’articolo, come c’era da aspettarsi, gli argomenti di Caracciolo sono di carattere analitico e descrittivo, pesati attentamente, e presentano tre scenari possibili: “(1) Ridurre il sostegno militare a Kiev fino a convincere Zelensky dell’impossibilità di vincere, dunque della necessità di compromettersi con Mosca; (2) entrare in guerra per salvare l’Ucraina e distruggere la Russia a rischio di distruggere anche sé stessi; (3) negoziare con i russi un cessate-il-fuoco alle spalle degli ucraini per imporlo agli aggrediti.”

Queste opzioni vengono considerate da Caracciolo: “Scenari molto improbabili (primo e terzo) o semplicemente assurdi (il secondo).”

L’articolo prosegue e dice cose di buon senso, cose che, spiace per i prestigiosi analisti geopolitici, quelli che sono stati derisi come “complottisti putiniani” hanno sostenuto dal primo minuto del conflitto: la Russia non può perdere. Questo per due motivi: perché la sua superiorità in termini di risorse, mezzi e uomini è netta nonostante il fiume di armi e denaro fornito dalla Nato, e soprattutto perché si tratta per la Russia di un conflitto esistenziale, un conflitto letteralmente in casa propria, non un remoto conflitto imperialista come quelli che sono abituati a gestire gli USA in terre esotiche (dal Vietnam all’Afghanistan). Una sconfitta in un conflitto del genere vuol dire nel migliore dei casi, un ritorno agli anni orribili di Eltsin, in cui la Russia era impotente terreno di sfruttamento per oligarchi interni ed esterni, nel peggiore la disgregazione civile e il caos.

Non è bello infierire sui vinti e dunque non ricorderemo la infinita trafila di buaggini che le testate nazionali – quelle “serie”, mica la controinformazione “complottista” – ci hanno ammannito da nove mesi a questa parte.

Non ricorderemo perciò come la Russia abbia già esaurito i missili una ventina di volte, come Putin sia in fin di vita dalla nascita, come i soldati russi siano dopati con tutte le droghe pazze che tipicamente usano gli Imperi del Male nei film di Hollywood, come la politica ucraina incarni esemplarmente i valori europei (invero chi potrebbe negare che il NASDAP sia stato un prodotto europeo), come la Russia sia isolata sul piano internazionale e distrutta su quello economico, come da questo conflitto l’Europa uscirà più forte di prima, e via delirando in caduta libera.

No, lasciamo stare tutto questo, tralasciamo i primi segni di ingresso della realtà nella fantanarrativa ufficiale, e concentriamoci invece sul titolo.

Già, perché come tutti sanno il titolo degli articoli sui giornali è scelto dal titolista, non dall’autore. E il titolo dice – come al solito – una cosa che nell’articolo non c’è: dice che un ingresso diretto in guerra della Nato (dunque anche dell’Italia) è la strada che dovremmo prendere, se non vogliamo che l’Ucraina perda (e noi non vogliamo che perda, nevvero?)

Per chi avesse bisogno di un chiarimento, ci troviamo di fronte all’auspicio della Terza Guerra Mondiale, cui l’opinione pubblica deve trovarsi preparata.

Ora, dopo gli anni della pandemia, in cui abbiamo imparato che l’unica regola affidabile della stampa mainstream è quella di mentire strumentalmente sempre, niente ci dovrebbe più stupire.

E tuttavia un titolo di una testata nazionale che auspica serenamente un’opzione che nel migliore dei casi significherebbe una strage europea senza precedenti, nel peggiore la fine del mondo, rimane qualcosa su cui meditare.

Fino a che punto, fino a quale livello di irresponsabilità sono disposti ad arrivare i sedicenti “professionisti dell’informazione” mainstream? Esiste ancora un limite morale non in vendita?

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L’autogol delle sanzioni alla Russia: il caso Reliance – Giacomo Gabellini

Gli Stati Uniti, a causa delle loro stesse sanzioni, hanno interrotto l’importazione diretta dalla Russia di una tipologia di prodotto raffinato – di cui sono tradizionalmente grandi acquirenti – denominata virgin gas oil (Vgo), incrementando in via sostitutiva gli approvvigionamenti dalle società indiane Reliance Energy e Nayara Energy.

Attualmente, la sola Reliance sta acquistando dalla Russia circa 600.000 barili di petrolio al giorno da convertire in Vgo. Il che significa che sta rivolgendosi a Mosca per coprire circa la metà della propria capacità totale di raffinazione. Nayara, dal canto suo, stra trasformando la Russia nel suo unico canale di approvvigionamento, analogamente a colossi del settore pubblico quali Indian Oil Corporation, Bharat Petroleum e Hindustan Petroleum.

Nelle prime tre settimane di gennaio, gli acquisti di greggio russo – scontato di 10 dollari circa – da parte dell’India sono saliti a 1,7 milioni di barili al giorno, polverizzando il record registrato il mese precedente di 1,2 milioni di barili al giorno e trasformando il gigante indiano nel maggiore acquirente di petrolio russo al mondo ad eccezione della Cina, oltre che nel principale compratore di greggio russo importato via nave.

Ognuno tragga le proprie conclusioni.

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Ucraina. L’assassinio della pace e l’escalation prossima ventura – Davide Malacaria

Pochi ricordano ormai che nei primi mesi di guerra si erano svolti dei negoziati di pace tra russi e ucraini. E pochi ricordano che tali negoziati avevano portato risultati, nonostante i vari tentativi di affossarli da parte dei circoli atlantisti e delle fazioni più intransigenti di Kiev.

L’assassinio di Kireev e i negoziati di pace

Tra questi, l’assassinio del banchiere Denis Kireev, che faceva parte delle delegazione ucraina che si era incontrata più volte con la controparte russa. Kreev fu ucciso a Kiev dal controspionaggio ucraino perché accusato di essere una spia russa e il suo assassinio fu spiegato come accidentale.

A dare un’altra versione dell’accaduto è niente di meno che il Wall Street Journal, che pur evitando di contraddire apertamente la versione di Kiev, la mina nel profondo.

A riferire l’altra versione è Kyrylo Budanov, capo dell’intelligence militare ucraina (GUR) che, interpellato dal WSJ, ha spiegato come Kireev, mentre era impegnato nei negoziati, fu contattato di notte da Oleksandr Poklad, membro del controspionaggio, che gli chiese di incontrarlo.

Evidentemente Kireev sospettava qualcosa, perché, nel viaggio che doveva portarlo all’appuntamento con la morte, disse alla sua scorta – formata da agenti del GUR – di non intervenire in caso di problemi.

Il banchiere e la sua scorta arrivarono così “a Kiev, nei pressi della Cattedrale di Santa Sofia. – scrive il WSJ – All’appuntamento si presentarono alcuni minivan, dai quali scesero diversi uomini della SBU, i quali ordinarono agli agenti dell’intelligence militare e alle guardie del corpo di Kireev di consegnare loro le armi. Kireev fu poi fatto salire su un furgone e portato via, mentre, le sue guardie giacevano ancora distese lungo la strada”, come da ordini ricevuti.

Il resto è storia nota: il corpo di Kireev fu trovato senza vita in una strada centrale di Kiev e la sua morte fu spiegata come una reazione legittima alla resistenza all’arresto.

Ma, a quanto racconta Budanov, Keerev è stato assassinato a sangue freddo. Circostanza che cambia tutto: se fosse stato una spia non c’era bisogno di coprire le cause della morte, né, peraltro, Kireev avrebbe ricevuto funerali di Stato, come ricorda ancora Budanov.

Non solo, Budanov ha raccontato al giornale americano che Kireev, grazie alle sue fonti, aveva saputo che i russi avrebbero attaccato alcune ore prima che ciò avvenisse, informando tempestivamente Kiev. “Se non fosse stato per Kireev, molto probabilmente Kiev sarebbe caduta”, ha concluso Budanov.

Se abbiamo riferito tale intervista non è solo per riabilitare la figura di Kireev o dar conto di certe attitudini del governo di Kiev, quanto per evidenziare ancora una volta l’impegno profuso per far fallire il processo di pace.

Un negoziato che è andato avanti, però, anche dopo l’assassinio del banchiere, tanto che stava per essere firmato. Una possibilità sfumata dopo il viaggio di Boris Johnson a Kiev, nel corso del quale l’ex premier britannico spiegò a Zelensky che l’Occidente non avrebbe sostenuto un’intesa con i russi (vedi Responsible Statecraft e Foreign Affaires).

Esplicitando, Johnson ha minacciato il presidente ucraino che, se avesse proseguito su quella strada, sarebbe stato destituito. D’altronde, non mancano esempi in tal senso nella storia recente…

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‘Vittoria’ è una parola pericolosa – Enrico Tomaselli

Le armi della propaganda aprono il fuoco sempre prima di quelle sul campo. Preparano il terreno alle seconde. E – all’interno del fuoco propagandistico – ogni mutamento di linguaggio indica un preciso aggiustamento della strategia militare.

Per comprendere ogni singolo passaggio della guerra in atto, è necessario capire gli obiettivi che in essa hanno i due (attuali) contendenti reali, ovvero USA e Russia; per gli Stati Uniti, l’obiettivo militare (quello politico va ovviamente oltre) è una guerra prolungata, che duri quanto più possibile, senza arrivare però ad un fronteggiamento diretto di massimo livello.

La propaganda precede le armate

Affinché l’obiettivo della lunga durata sia perseguito, si è reso necessario sin dall’inizio che l’intensità del conflitto fosse opportunamente graduata, tenuta ad un livello di costante – e crescente – tensione bellica, impedendo che si realizzi qualsiasi accadimento decisivo, capace di accelerare la fine del conflitto.

Da questo punto di vista, quindi, la propaganda atlantista (ed all’interno di essa l’evoluzione linguistica e terminologica) svolgono il compito di preparare lo step successivo. Ed il linguaggio è sempre mistificatorio (1).

Per tutta una lunga fase, la parola d’ordine è stata “daremo solo armi difensive”, un evidente imbroglio lessicale. Una tale distinzione, infatti, era forse possibile sino al Medio Evo, quando si poteva distinguere tra una spada (offensiva) ed uno scudo (difensivo), ma assolutamente risibile nel contesto delle armi moderne. Non per caso, durante questa fase la NATO ha fornito all’Ucraina centinaia e centinaia di pezzi d’artiglieria, e milioni di munizioni. Quando il corso della guerra ha messo in crisi questo approccio – perché i russi hanno distrutto gran parte di quell’artiglieria, e perché stock e produzione del munizionamento non hanno retto al ritmo di fuoco sul campo – ecco che la propaganda ha cominciato a ventilare l’ipotesi di fornire anche carri armati di fabbricazione occidentale. Di quelli di fabbricazione ex-sovietica ne erano già stati forniti a loro volta a centinaia, oltre a centinaia di blindati e mezzi di vario tipo, prelevati dagli arsenali della NATO.

L’evoluzione del conflitto sul campo, però, ha imposto una accelerazione, e quindi il tempo di passaggio dalla preparazione propagandistica alla consegna dei carri si è dovuto accorciare significativamente. Talmente tanto che la fornitura stessa non riesce a raggiungere la linea del fronte nei tempi che sarebbero necessari.

Perché la guerra è, contemporaneamente, uno degli eventi più pianificati e più imprevedibili al mondo.

E se gli eventi bellici vanno più velocemente del previsto, anche tutto il carrozzone propagandistico deve aumentare la sua velocità.

Ed ecco che si opera un ulteriore passaggio lessicale. Il Cancelliere Olaf Scholz, uno che passa per essere un moderato nello schieramento atlantista, che sembra opporre qualche resistenza all’invio dei Leopard tedeschi, se ne esce con una dichiarazione esplosiva: “affinché il conflitto militare finisca, la Russia deve perdere”.

La Russia deve perdere. Cioè la NATO deve vincere.

Il salto di qualità è enorme. Non più la difesa dell’Ucraina, ma la sconfitta della Russia.

Ed è chiaro che, se l’obiettivo (maldestramente giustificato – “affinché il conflitto militare finisca”) diventa questo, anche tutto ciò che è necessario al raggiungimento di tale obiettivo diventa lecito e necessario.

Ora è chiaro che non è certo Scholz che dà la linea; al contrario, se persino lui può permettersi di nominare esplicitamente l’obiettivo, ciò significa che esso è ufficialmente tale. E quindi, la finestra di Overton si è allargata, si è spostata un po’ più in là, sino a comprendere questa eventualità – con tutto ciò che ne consegue – e non semplicemente il prolungamento della guerra.

A questo punto, si rende necessaria una precisazione. Quando parliamo degli Stati Uniti, non parliamo di un monolite. Al suo interno, vi è non solo dibattito sul come perseguire gli interessi imperiali, ma anche sul come condurre la guerra – sino a che punto. Dibattito che, a sua volta, è giustamente influenzato dall’andamento della guerra stessa.

Il fatto che ora si parli esplicitamente di sconfiggere la Russia non implica che questo sia diventato l’obiettivo, ma solo che entra a far parte di un ventaglio di opzioni. Il punto fondamentale, la red line invalicabile per Washington, è non portare il conflitto ad un livello che comporti, anche solo a livello di rischio, un confronto nucleare. Le ragioni sono ovvie, poiché chi si sta battendo per mantenere la propria supremazia globale, non metterà mai a rischio la propria sopravvivenza…

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Gli Stati Uniti possono aiutare l’Ucraina a lanciare un’offensiva in Crimea? – Caitlin Johnstone

In un nuovo articolo intitolato “Gli Stati Uniti si preoccupano di aiutare l’Ucraina a prendere di mira la Crimea “, il New York Times riferisce che l’amministrazione Biden ora ritiene che Kiev potrebbe aver bisogno di lanciare un’offensiva sul territorio che Mosca considera parte della Federazione Russa dal 2014, “anche se una tale mossa aumenta il rischio di escalation”.

Citando funzionari statunitensi a condizione di anonimato, il New York Times ritiene che “l’amministrazione Biden non pensa che l’Ucraina possa conquistare militarmente la Crimea”, ma che “la Russia deve credere che la Crimea sia a rischio, in parte per rafforzare la posizione dell’Ucraina in eventuali negoziati futuri”.

È difficile immaginare che un assalto su vasta scala a un territorio geo strategicamente cruciale a lungo considerato parte della patria russa non provochi una grande escalation. E come nota Dave DeCamp di Antiwar, piccoli attacchi alla Crimea hanno effettivamente visto un’escalation significativa da Mosca, contrariamente a quanto affermato nell’articolo del NYT.

L’articolo del New York Times ha citato Dara Massicot, una ricercatrice della RAND Corporation, che ha ricordato come “la Crimea è già stata colpita molte volte senza una massiccia escalation dal Cremlino”. Ma l’affermazione di Massicot è falsa poiché la Russia ha iniziato a lanciare attacchi missilistici su infrastrutture vitali ucraine in risposta al bombardamento di ottobre del ponte di Crimea.

Prima del bombardamento del ponte, la Russia non lanciava attacchi su larga scala alle infrastrutture in Ucraina, ma ora tali bombardamenti sono diventati una routine e milioni di ucraini stanno lottando per alimentare e riscaldare le proprie case…

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La tattica senza strategia è il fragore che precede la sconfitta – Andrei Raevsky

per The Saker (traduzione a cura di: Nora Hoppe)

Il titolo di questo articolo è una citazione del famoso generale, stratega, filosofo e scrittore cinese Sun Tzu, vissuto 2500 anni fa.  Se è vero che la guerra è cambiata radicalmente negli ultimi millenni (ad esempio, l’arte operativa è stata aggiunta come livello intermedio tra tattica e strategia), la logica fondamentale di Sun Tzu è ancora valida.  Per semplificare eccessivamente la questione, si potrebbe dire che la tattica è il mezzo per raggiungere un fine che deve essere definito e la definizione di tale fine è la strategia.  Anche in questo caso, si tratta di una semplificazione ridicola, ma per i nostri scopi è sufficiente.

Quanto detto è molto pertinente alla situazione nell’Ucraina.  Ma prima, un promemoria fondamentale: l’esercito ucraino è stato praticamente distrutto nel primo mese di guerra. Sia Andrei Martyanov che io ne abbiamo scritto molte volte, ma se volete sentirlo da un’altra fonte, vi consiglio questo articolo di Big Serge su Substack (un buon sito web che raccomando a tutti).  Oppure ascoltate i video di MacGregor.  E ce ne sono molti altri in giro (“Moon of Alabama” è un altro buon sito).

Durante il primo mese di guerra, l’Occidente era così impegnato a cercare di presentare l’incursione russa verso Gostomel come entrambi:

  • una grande sconfitta russa e
  • un grande massacro russo di civili

che i media occidentali si concentravano su queste assurdità, mentre ciò che si perdeva completamente in questa guerra di propaganda era la distruzione delle forze armate ucronazi.

Gli ucronazi, tuttavia, capirono cosa stava accadendo e accettarono di negoziare.  Come tutti sappiamo, gli anglosionisti inviarono BoJo a Kiev per fermare quella che sembrava un’imminente fine della guerra.

In ogni caso, analizziamo gli obiettivi di ciascuna parte nella fase iniziale della guerra:

  • Gli ucronazi erano pronti ad attaccare il Donbass con la speranza di ripetere ciò che la NATO aveva fatto alle “aree di protezione” serbe disarmate nelle Krajina (operazione Storm).
  • I russi hanno anticipato l’attacco, ma non attaccando direttamente le forze ucronazi nel Donbass, bensì distruggendo sostanzialmente le forze armate ucronazi in tutta l’Ucraina.

Secondo qualsiasi standard di buon senso, la guerra sarebbe dovuta finire a marzo.  Perché? Perché, ancora una volta, l’intero esercito ucronazista era sostanzialmente distrutto e disorganizzato.  Allora i “geni” dell’Occidente hanno trovato una soluzione molto semplice:

  • Inviare nell’Ucraina tutte le attrezzature dell’ex Organizzazione del Trattato di Varsavia [OMC] (no, non è mai stato chiamato “patto”) da tutti i Paesi dell’ex OMC.
  • Inviare più soldati ucraini al fronte

Inizialmente, questo approccio sembrava molto promettente, ma non è durato a lungo.

Anche la seconda iterazione degli ucronazi è stata distrutta dalla Russia, anche se a un ritmo molto più lento, perché i russi si sono trovati di fronte a problemi molto spinosi:

  • Gran parte dell’hardware dell’ex OMC era molto efficace, non solo perché il kit sovietico è generalmente tale, ma perché gran parte di esso era stato modernizzato.
  • Gli ucronazi erano più che disposti a subire gravi perdite se ciò poteva ritardare l’avanzata russa.
  • I russi semplicemente non avevano il tipo di manodopera necessaria né per la difesa statica né per controllare l’intera linea di contatto.
  • E poiché i russi scelsero un tipo di difesa mobile e di manovra ad economia di forze (che era comunque la loro unica opzione, dato che gli ucronazi superavano di gran lunga i russi) non poterono mantenere il terreno e questo, a sua volta, significava che gli ucraini locali non potevano contare sul fatto che i russi rimanessero a proteggerli.
  • L’intera capacità C4ISR della NATO è stata gradualmente messa a disposizione degli ucronazi, il che ha complicato seriamente le operazioni russe e ha aiutato notevolmente l’artiglieria e l’aviazione ucraine (sono stati consegnati anche centinaia di aerei dell’ex OMC).
  • Le forze ucronaziste nel Donbass erano assai cocciute (hanno avuto 8 anni e una quantità infinita di denaro occidentale per costruire difese!), e i russi non erano disposti a sacrificare i loro soldati in sanguinosi attacchi frontali. Anche l’uso di armi pesanti non era un’opzione, perché gli ucronazi si nascondevano all’interno di paesi e città e quindi appiattire le difese ucronaziste avrebbe significato uccidere migliaia di civili.
  • Eppure, nonostante tutto, la Russia è riuscita a distruggere la maggior parte dell’hardware dell’ex OMC e a costringere gli ucronazi a scambiare “corpi per proiettili d’artiglieria” – una tattica folle, immorale e futile che semplicemente non poteva essere sostenibile.  Di conseguenza, le cifre dei KIA/MIA ucraini salirono ulteriormente alle stelle, ma nessuno in Occidente se ne preoccupò minimamente.

Ciò che è importante qui è che non solo gli ucronazi hanno perso un sacco di hardware e di soldati, ma anche molti dei loro *migliori* soldati (intere brigate, e le migliori, sono state perse intorno a Bakhmut!).  Ciò significa che mentre la NATO poteva dire a Kiev di mobilitare sempre più uomini da inviare al fronte, la maggior parte di quelli che venivano mobilitati e frettolosamente addestrati non potevano realmente compensare le enormi perdite ucronaziste.  Addestrare i soldati ucraini nell’Ucraina era pericoloso (gli attacchi missilistici russi significavano che in nessun luogo dell’Ucraina c’era un luogo sicuro per l’addestramento), mentre addestrare gli ucraini all’estero era più sicuro, ma richiedeva anche uno sforzo molto maggiore per una forza molto più piccola.

E, inevitabilmente, anche l’hardware dell’ex OMC consegnato al regime di Kiev in numero ENORME è stato gradualmente distrutto dagli attacchi russi.

Inoltre, la geografia è una rogna e, nel nostro caso, l’intero Donbass è un enorme calderone, aperto solo sul lato occidentale, il che rende piuttosto difficile pianificare qualcosa di più di piccoli attacchi locali.  Per i russi, tuttavia, questo significa che possono attaccare da uno qualsiasi di questi assi: da nord, da est e da sud o anche da qualsiasi combinazione di questi.  A questo punto, dopo la mobilitazione parziale, la Russia dispone delle cifre necessarie per scegliere qualsiasi opzione.

Ben presto, l’Occidente ha esaurito le armi dell’ex OMC.

L’Occidente ha risposto inviando ondate su ondate di “volontari”, PMC, persino “disertori” (come questo US Navy SEAL).  Gli uffici di reclutamento sono stati organizzati in fretta e furia in tutto il mondo e la parte russa ha iniziato a sentire sempre più trasmissioni radio non in russo o ucraino, ma in polacco e inglese (e persino in arabo!).

Il problema ora è l’hardware.

In primo luogo, la NATO non può sostituire “uno a uno” gli MBT, gli IFV/APC, i SAM, ecc. dell’ex OMC.  Non solo l’hardware della NATO è costoso, ma semplicemente non ci sono abbastanza scorte per compensare completamente le enormi perdite inflitte dai russi.

In secondo luogo, l’hardware dell’OMC non solo era familiare agli ucraini, ma era molto più facile assicurarsi il tipo di flussi di rifornimento/manutenzione necessari per farlo funzionare, rispetto a quanto sarebbe accaduto con l’hardware della NATO (che è per lo più inferiore al kit ex-OMC, con poche eccezioni).

In terzo luogo, la maggior parte dell’hardware NATO ha funzionato malissimo.  Nessuna delle Wunderwaffen promesse ha fatto la differenza, almeno in termini militari.  In termini di civili uccisi, i russi hanno riferito che dalla consegna di munizioni a lunga gittata alle forze NATO nell’Ucraina (perché di questo si tratta), il numero di vittime civili uccise dalla NATO è aumentato di quattro volte !

Ma, ovviamente, questo non interessa a nessuno in Occidente.

Inizialmente, l’Occidente ha risposto inviando tutte le proprie attrezzature in eccedenza, le vecchie scorte, soprattutto a fronte della promessa degli Stati Uniti di compensare i sistemi inviati all’Ucraina con sistemi molto più nuovi.  Ben presto anche queste scorte sono finite nel tritacarne russo.

In altre parole, i russi hanno distrutto anche questa terza iterazione delle forze armate “ucraine” (in realtà della NATO).

Il che ci porta alla situazione odierna.

L’Impero si trova ora di fronte a un dilemma semplice ed estremamente pericoloso: le forze NATO nell’Ucraina stanno esaurendo sia l’hardware che il personale.

Se l’Occidente invia, ad esempio, una compagnia o addirittura un battaglione di MBT a Lvov e diverse batterie di Patriot per proteggere Kiev, ciò non farà alcuna differenza militare sul campo.  Certo, la quantità ha una dimensione qualitativa e tali consegne limitate di sistemi d’arma e di personale possono fare molto “fragore” (nel senso di Sun Tzu), ma non fare la differenza.

E se l’Occidente inviasse una forza sufficientemente grande da fare la differenza, ciò si tradurrebbe inevitabilmente in una grande guerra continentale che la NATO non può vincere.

Tutto questo solleva la questione: qual è il vero obiettivo dell’Occidente nell’Ucraina?

Permettetemi di suggerirne alcuni:

  • Impedire una sconfitta ucronazi/NATO
  • rendere la guerra il più costosa possibile per la Russia
  • Salvare la faccia

Ci sono problemi con tutti e tre questi obiettivi, il principale dei quali è che nessuno di essi si qualifica come “strategia” (sono troppo vaghi per cominciare).  Il secondo problema è che l’Occidente non ha i mezzi per raggiungere nessuno di questi obiettivi.  E il terzo è che l’attaccamento a questi obiettivi assolutamente irrealistici renderà ancora peggiore l’inevitabile sconfitta e la conseguente perdita della faccia dell’intero Occidente.

Quindi cosa hanno da offrire gli Stati Uniti e la NATO?

  • Un C4ISR di livello mondiale (molto utile, ma anche potenzialmente molto vulnerabile)
  • Una forza sottomarina di livello mondiale (utile solo per sparare missili da crociera)
  • Una grande quantità di missili da crociera subsonici e perlopiù obsoleti
  • Una forza di terra relativamente piccola (senza vere difese aeree)
  • Forze aeree che non hanno esperienza di operare in un ambiente *molto* pericoloso.
  • Una triade nucleare molto robusta

Poiché sappiamo da Sun Tzu che “la tattica senza strategia è il fragore che precede la sconfitta”, possiamo immediatamente vedere che nessuna di queste capacità ha alcuna possibilità di evitare una sconfitta della NATO.  In altre parole, i comandanti statunitensi dovranno presto affrontare una scelta ancora peggiore: sconfitta o guerra nucleare.

Io sostengo che l’Occidente attualmente non ha né tattiche (reali e significative) né una strategia.

Nessuna.

Tutto ciò che vedo è una pio desiderio, illusioni narcisistiche, una mentalità plasmata da secoli di relativa impunità e un odio generale e cieco per la Russia e tutto ciò che è russo.

Non sono certo gli ingredienti per una vittoria (secondo qualsiasi definizione) contro il più potente esercito da guerra continentale del pianeta.

da qui

 

 

 

 

Colonnello McGregor: “Stiamo perdendo una guerra per procura. L’Occidente non ha la capacità di combattere in un grande conflitto”

Gli Stati Uniti e i loro partner europei hanno esitato a lungo a fornire carri armati all’Ucraina, il che indica un cambiamento nella percezione del conflitto nei circoli politici occidentali, ha dichiarato il colonnello Douglas McGregor al podcast Judging Freedom. I Paesi occidentali non hanno la capacità di riserva, né le capacità militari-industriali per un’azione militare su larga scala, ha affermato il colonnello in congedo, già consigliere capo del Pentagono.

Queste le parole di McGregor: “È una questione importante di cui dobbiamo parlare perché l’umore a Washington è certamente cambiato, l’atteggiamento della comunità di Washington è cambiato. Mi riferisco a importanti senatori e membri della Camera, ad alti funzionari, al presidente e al vicepresidente. L’umore di queste persone è ovviamente cambiato. Credo che ritengano che questa sia una causa persa, che l’Ucraina perderà assolutamente. Cercano di capire come prolungare la sofferenza, come continuare a lottare. Dicono pubblicamente che questo è stato fatto per ‘danneggiare la Russia’. Si è rivelato un fiasco completo e un disastro. La Russia, francamente, non ha subito molti ‘danni’.

Direi che non ha sofferto affatto, né dal punto di vista economico né da quello finanziario. Ma questa è solo una parte del problema. La seconda parte è che stanno davvero infastidendo gli europei, in particolare i tedeschi, spingendoli a intraprendere azioni che potrebbero essere legalmente riconosciute come azioni militari contro la Russia. Credo che il governo tedesco stia riflettendo se vuole davvero fornire armi pesanti, carri armati, artiglieria e altro in grandi quantità alla zona di guerra per aiutare gli ucraini a combattere i russi. Stanno ipotizzando di diventare complici? Ne abbiamo già discusso in precedenza: non credo ci siano dubbi. Sono complici”.

Anche riguardo i carri armati statunitensi, i tanto celebrati M1 Abrams, il colonnello ha un parere discordante rispetto al mainstream: “L’M1 Abrams ha semplicemente un sacco di problemi. Non vogliono vederlo in azione per paura dell’imbarazzo.

E non si tratta della potenza dell’arma o della professionalità dell’equipaggio, ma della macchina stessa. (…) La non crede che l’Ucraina vincerà in questo conflitto. Abbiamo mentito per mesi sugli eventi in Ucraina, su ciò che sta accadendo tra le forze ucraine e russe. Abbiamo esagerato le perdite dei russi e i loro problemi, mentre abbiamo minimizzato i problemi e le perdite degli ucraini. La verità sta trapelando, non può più essere nascosta.

Quindi, prima di tutto, sanno di non poter vincere. In altre parole: stiamo perdendo una guerra indiretta, il nostro “proxy” non può vincere! In secondo luogo, gli europei stanno arrivando alla conclusione che è pericoloso. Fino a che punto possiamo spingerci? Detto questo, non hanno la potenza militare-industriale per produrre qualcosa in tempi brevi. E credo che questo sia incredibilmente importante. Ad esempio, le parti dei missili AMRAAM. Si tratta di un’arma importante che viene utilizzata sui caccia F-15, F-22, F-35 e anche nel sistema di difesa aerea NASAMS, che ritengo sia un eccellente sistema di difesa aerea che abbiamo sviluppato con la norvegese KONGSBERG. È eccellente contro missili da crociera, elicotteri e simili. Il problema è che ci vorranno 32 mesi dal momento della richiesta dei missili prima di ottenerli. È il tempo necessario per produrli.

Se si pensa a tutti i missili e ai sistemi di combattimento che abbiamo promesso agli ucraini, è chiaro che non li otterranno nel breve periodo. I tedeschi stanno ora parlando di trasferire i Patriot agli ucraini, e probabilmente è prevista la consegna di un certo numero di missili. Ma i missili si esauriranno rapidamente e non ci sarà nulla per sostituirli. Né noi né gli europei abbiamo la capacità di riserva per combattere in un grande conflitto armato. Semplicemente non ce l’abbiamo! I russi lo fanno: le loro fabbriche lavorano 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana. Contrariamente a quanto si crede, non si esaurisce nulla. Ora hanno più di tutto ciò di cui hanno bisogno rispetto al passato. Tutto questo è pericoloso – gli europei ce lo stanno facendo capire privatamente”.

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War Games cyber-spaziali e nucleari. Ci sono pure due università italiane – Antonio Mazzeo

Joint Stars è un’esercitazione a carattere interforze e inter-agenzia disposta dal Capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, pianificata e diretta dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI)”, aggiungono i vertici delle forze armate.

La prima fase dei war games si svolge presso il Centro di Simulazione e Validazione dell’Esercito (CESIVA) di Civitavecchia, ente responsabile della “predisposizione dei posti comando, degli staff e delle unità destinate all’impiego fuori del territorio nazionale” e della sperimentazione dei nuovi sistemi di guerra previsti dal programma Forza NEC (Network Enabled Capacity) di “digitalizzazione del campo di battaglia”.

“Questa prima fase della Joint Stars, che terminerà il prossimo 27 gennaio, consiste in un’attività di tipo Command Post Exercise preposta alla verifica delle capacità di pianificazione di uno staff nazionale interforze in operazione di difesa degli spazi aerei, terrestri e marittimi, di sicurezza cibernetica e spaziale, di difesa da contaminazione chimica, biologica, radiologica o nucleare e di contrasto alle minacce derivanti dalle tecnologie emergenti tra cui quelle che coinvolgono l’utilizzo di droni anche sottomarini”, spiega lo Stato maggiore.

Nel corso del meeting inaugurale di Joint Stars, il comandante del COVI gen. Francesco Paolo Figliuolo ha enfatizzato l’importanza di tenere conto nella pianificazione di un’operazione militare degli aspetti legali, culturali, politici, della prospettiva di genere e dei rapporti con gli organi di stampa. “Avere qui una platea che è composta non soltanto da personale delle Forze Armate, ma che coinvolge altre realtà vicine alla Difesa, come la Guardia di Finanza, la Croce Rossa, le Capitanerie di Porto, i Vigili del Fuoco, la Protezione Civile e il mondo delle Università, ci fornisce l’occasione di condividere, implementare e mettere in pratica tutti quegli insegnamenti che ci saranno utili in futuro per affrontare l’insorgere di una crisi”, ha concluso il gen. Figliuolo.

E proprio per accrescere l’interoperabilità forze armate – istituzioni accademiche, nello staff interforze a capo di Joint Stars sono stati “inquadrati” 11 studentesse e studenti provenienti dalla Libera Università Internazionale degli Studi Sociali “Guido Carli” (LUISS) di Roma e dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. “In questo ambito, gli studenti dei due atenei hanno operato insieme al personale militare affiancandosi ai cosiddetti advisors o consulenti del comandante nei settori politico, giuridico e di pubblica informazione”, spiega la Difesa. “Per gli studenti, lo scenario esercitativo e le dinamiche lavorative tipiche di uno staff militare hanno rappresentato una valida opportunità per accrescere le proprie esperienze e conoscenze delle missioni e dei compiti che lo strumento della Difesa nazionale garantisce nella sua quotidiana opera a difesa dei cittadini, del territorio dello Stato, degli obiettivi strategici nazionali e di quelli dell’Alleanza Atlantica”.

L’impiego di studenti universitari nello svolgimento di esercitazioni militari di rilevante valenza strategica è un fenomeno sempre più frequente nel nostro paese. Nel luglio 2022 tre team composti da iscritti delle università di Trieste, Budapest e Lubiana, insieme ad ufficiali austriaci, italiani, sloveni e ungheresi si sono fronteggiati in un serratissimo wargame organizzato dal Comando della Brigata Alpina “Julia” di Udine. “Le squadre hanno emulato fazioni, comunità, minoranze, autorità, forze di sicurezza locali e internazionali, agenzie civili e media presenti in una fittizia area di crisi”, annota lo Stato maggiore della Difesa. “L’esercitazione ha rappresentato la fase conclusiva di un progetto pilota che vede la  Multinational Land Force e le università partner collaborare nell’attività di analisi dell’ambiente operativo per scopi esercitativi e operativi (…) che consentirà di condurre nuove attività formative e addestrative a favore della forza multinazionale”.

Nello scorso mese di ottobre, in occasione della maxi-esercitazione Mare Aperto svoltasi nelle regioni centro-meridionali d’Italia e nello spazio aereo-marittimo compreso tra Adriatico, Ionio, Tirreno e Canale di Sicilia (protagonisti 4.000 militari e una cinquantina di unità navali e sottomarini NATO), erano presenti 50 studenti di 13 università statali e private: gli atenei di Bari, Bologna, Catania, Genova, Milano, Trieste, la Cattolica del Sacro Cuore di Milano, il Politecnico di Milano, la Federico II di Napoli, il Sant’Anna di Pisa, La Sapienza di Roma, la LUISS di Roma e l’Università per Stranieri di Siena.

“Sotto la guida e supervisione di personale esperto nelle varie aree – gli studenti universitari sono coinvolti negli staff operativi in qualità di consulenti politici e legali e addetti alla pubblica informazione”, spiega la Difesa. “Il loro coinvolgimento nell’esercitazione è fondamentale nel più ampio quadro del rafforzamento dei legami esistenti con gli atenei: un connubio, strategico e innovativo, tra operatività e cultura della difesa”.

Alla prima edizione di Mare Aperto (ottobre 2021) erano stati 9 gli atenei a partecipare ai war games. “I ricercatori dell’Università di Bari e di Catania, in particolare, sono stati ospitati a bordo della Nave San Giorgio al fine di operare nelle attività di sbarco condotte dalla Brigata San Marco”, ha riferito l’ufficio stampa dell’ateneo pugliese. “Il personale universitario ha effettuato una serie di rilievi morfotopografici e batimetrici, digitali e ad alta di risoluzione, di differenti spiagge in cui si sono svolte le esercitazioni, per migliorare la capacità di rilevare in tempo reale, le aree più idonee allo sbarco”. Università in mimetica per pianificare attacchi e operazioni speciali di guerra…

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Messico, il presidente López Obrador si rammarica che la Germania invii più armi all’Ucraina “a causa della pressione mediatica”

Con la decisione di inviare i carri armati Leopard 2 al regime di Kiev impegnato nella sua guerra per procura contro la Russia, la Germania ha mostrato di aver perduto ogni più piccolo residuo di sovranità e di essere completamente assoggettata ai diktat di Washington. Tanto da prendere una decisione che compromette i propri interessi nazionali ed è contraria alla volontà della maggiornza della popolazione tedesca.

La notizia ha ovviamente fatto il giro del mondo e suscitato reazioni. Il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador si è rammaricato del fatto che il governo tedesco abbia ceduto alle pressioni della stampa e abbia deciso di inviare altre armi all’Ucraina, contro la volontà della maggioranza della popolazione.

“Contro la volontà del popolo tedesco, o della maggioranza dei tedeschi, il governo ha deciso di inviare altre armi all’Ucraina”, ha detto Obrador durante la sua regolare conferenza stampa.

Secondo il presidente, il cambio di rotta del governo tedesco è dovuto alle “pressioni dei media tedeschi”.

AMLO ha evidenziato che la Germania non voleva “essere troppo coinvolta” nel conflitto tra Russia e Ucraina, ma ha affermato che “il potere mediatico” delle oligarchie è in grado di “soggiogare i governi”.

Oltre ad aver annunciato l’invio di carri armati all’Ucraina, la Germania ha dichiarato che addestrerà gli ufficiali ucraini all’uso dei carri armati e sosterrà il Paese nella loro manutenzione.

Rimanendo in America Latina, questa immagine di una Germania piegata ai voleri di Washington, desta ancora più impressione se paragonata al netto rifiuto opposto dal presidente colombiano Gustavo Petro a Washington. Gli Stati Uniti avevano infatti chiesto alla Colombia di cedere le proprie armi di fabbricazione russa, affinché loro avessero poi potuto fornirle al regime di Kiev.

Ma Petro ha risposto che la pace è un imperativo per la Colombia e ha quindi sbattuto la porta in faccia a Washington.

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Auschwitz, 78 anni dopo l’Unione Europea insulta la storia – Agata Iacono

“Non sarà qualche delirio russofobo e anticomunista di certe autorità europee a riscrivere la storia di uno dei più importanti eventi del XX secolo. È stata l’Armata Rossa a liberare i prigionieri di Auschwitz. Non invitare i rappresentanti russi per le celebrazioni è indegno”, scrive su Twitter Davide Busetto.

“78 anni fa l’Armata Rossa libero’ Auschwitz. Quest’anno la Polonia ha vietato ai discendenti di quei soldati di partecipare alla cerimonia di commemorazione. Uno sfregio alla memoria non solo di chi ha dato la vita per liberare l’Europa dal Nazismo, ma anche alla memoria dei milioni di persone sterminate nei lager nazisti”, il commento di Laura Ruggeri su Telegram.

La Russia non è invitata, per la prima volta, all’evento che celebra la liberazione del campo di concentramento nazista proprio da parte dell’Armata Rossa 78 anni fa. Il museo di Auschwitz ha dichiarato che, a causa della guerra in Ucraina, la Russia sarà esclusa dall’imminente cerimonia che segna i 78 anni da quando l’Armata Rossa ha liberato il campo di sterminio nazista.

Il direttore del sito museale polacco ha affermato che la Russia “avrà bisogno di un tempo estremamente lungo e di un autoesame molto profondo” prima che possa tornare a partecipare ai “raduni del mondo civilizzato”.

“Data l’aggressione contro un’Ucraina libera e indipendente, i rappresentanti della Federazione Russa non sono stati invitati a partecipare alla commemorazione di quest’anno”, ha detto all’AFP Piotr Sawicki, portavoce del museo presso il sito dell’ex campo di concentramento liberato proprio dai russi.

Finora, la Russia ha sempre partecipato alla cerimonia ufficiale di commemorazione che si tiene ogni anno il 27 gennaio.

Il direttore del museo Piotr Cywinski ha detto che era ovvio che non potesse firmare una lettera di invito all’ambasciatore russo nel contesto attuale.

E così la Polonia, e l’Europa tutta, che armano i battaglioni neonazisti ucraini ispirati al massacratore di ebrei, Bandera, eroe nazionale ucraino, (e tutto il mainstream mediatico servo),  si arrabatteranno nella ridicola e vergogna impresa di evitare accuratamente di nominare l’Armata Rossa, cercando di farci credere che i veri cattivi della storia sono coloro che hanno liberato gli ebrei dal campo di Auschwitz.

E quelli buoni che leggono Kant, portano la svastica e fanno il saluto nazista, quelli, invece, ci salveranno dal “pericolo russo”, pretendendo che si soffra e si muoia per loro.

Non si può che concludere, citando la nota frase di Monicelli, rivolta alla liberazione da parte degli Stati Uniti del campo di concentramento del film “la vita è bella” di Benigni: «Non come quella mascalzonata di Benigni in La vita è bella, quando alla fine fa entrare ad Auschwitz un carro armato con la bandiera americana. Quel campo, quel pezzo di Europa lo liberarono i russi, ma… l’Oscar si vince con la bandiera a stelle e strisce, cambiando la realtà.» 

Cambiando la realtà. Mai così attuale.

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È escalation, siamo in guerra – Tonino Perna

Mandiamo al governo ucraino armi sempre più potenti e sofisticate, ne addestriamo le truppe, martelliamo i nostri concittadini con una propaganda bellica martellante.
Guidiamo gli attacchi all’esercito russo dai nostri satelliti che spiano il fronte, e tutta l’area interessata al conflitto, 24 ore su 24.
E stanno per chiederci di mandare le nostre truppe, secondo i generali in pensione Marco Bartolini, già a capo del Comando operativo interforze (Coi) e Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica. Tra l’altro questi generali, che certamente non possono essere annoverati tra gli ingenui pacifisti, si sono pubblicamente espressi contro l’invio dei famosi carri armati Leopard perché rischiano di provocare una risposta dagli esiti imprevedibili che potrebbe portarci alla catastrofe.
Siamo in guerra contro la Russia senza che sia stata ufficialmente dichiarata. Malgrado il famoso articolo 11 della nostra Costituzione ci vieta di partecipare ad una guerra offensiva e ci invita a contribuire a risolvere con mezzi pacifici le controversie internazionali, non abbiamo fatto neanche un timido tentativo di mediazione.
Abbiamo lasciato questo ruolo di mediazione tra Zelensky e Putin ad un governo liberticida come quello turco del Sultano di Erdogan, che ha imprigionato migliaia di dissidenti e continua a bombardare impunemente il popolo curdo in Siria, lo stesso popolo che ha lottato, con noi, coraggiosamente contro la barbarie dell’Isis, liberando le città che questi criminali avevano occupato e distrutto.
Siamo in guerra malgrado tutti i sondaggi ci dicono che la maggioranza degli italiani sia contraria a continuare a mandare armi all’Ucraina, a proseguire nel sostenere questa escalation bellica che sta diventando irreversibile.
Siamo in guerra contro la Natura, la Madre Terra, perché questo conflitto tra la Nato e la Russia ha prodotto un’impennata nella corsa agli armamenti che è una delle cause principali dell’inquinamento del pianeta e dell’effetto serra.
Siamo in guerra, malgrado gli appelli addolorati di papa Francesco, voce di colui che grida nel deserto. Siamo in guerra senza se e senza ma.
Siamo in guerra e ci sentiamo impotenti. Possiamo ritornare a scendere in piazza, ma abbiamo visto che questa iniziativa non ha scosso di un millimetro l’appoggio alla guerra, all’invio di armi. Ma, se non facciamo niente siamo complici di questo massacro annunciato.
In questo momento nessuno ha la chiave magica che serve a bloccare questa corsa verso il baratro, ma tutti coloro che credono che non ci sia alternativa alla trattativa, al cessate il fuoco, al fermare la bestialità che è in noi e fare parlare la ragione, devono sforzarsi di trovare una risposta, a immaginare una iniziativa per uscire da questo silenzio complice.
Personalmente credo che bisogna riprendere la battaglia contro le armi degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, attraverso l’obiezione fiscale.
Semplicemente facendo sapere al governo in carica che si rimanda per quest’anno il pagamento di tasse e tributi finché saremo in guerra.
Non penso che così fermeremo questa guerra, ma almeno prenderemo le distanze e potremo dire “NON CON I MIEI SOLDI”. Ma, credo soprattutto in uno sforzo collettivo per trovare tutti i modi possibili per opporci a questa assurda deriva dell’umanità.
Perché di questo si tratta, non solo della nostra pelle. La guerra nucleare non è lo spauracchio usato dal governo russo come ci vogliono far credere, ma una possibilità concreta che nasce dalla convinzione che Putin sia proprio un dittatore spietato che pur di non essere cacciato dal potere è disposto a tutto.
Così come Zelensky pur di vincere questa guerra è disposto a vedere rase al suolo le città dell’Ucraina e ridotto alla fame e alla miseria l’intero popolo ucraino.

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Intervista a Jeffrey Sachs

Jeffrey Sachs è il direttore del centro per lo sviluppo sostenibile della Columbia University è anche un noto economista, autore di best-seller, educatore innovativo e leader mondiale nel campo dello sviluppo sostenibile. Sachs è anche noto per il suo lavoro di consulenza ai governi di tutto il mondo in materia di riforme economiche e in tutto il mondo sulle riforme economiche e sulla collaborazione con le agenzie internazionali per la riduzione della povertà e il controllo delle malattie.

1) Perché l’Occidente non è riuscito a integrare la Russia o viceversa nel sistema politico ed economico dell’Occidente?

Penso che gli Stati Uniti volessero che la Russia si integrasse in modo che fosse sottomessa al potere degli Stati Uniti e invece la Russia volesse essere una nazione indipendente che fosse essa stessa una potenza geopolitica. E questo è davvero lo scontro: gli Stati Uniti si credono di essere la superpotenza unipolare, l’unica superpotenza del mondo. Chi non è d’accordo, soprattutto Cina e Russia, viene percepito dagli Stati Uniti come antiamericani piuttosto che a favore del multipolarismo e quindi questa è davvero differenza fondamentale.

Naturalmente la mentalità statunitense ha superato gli eventi della fine degli anni ’80 o dei primi anni ’90. L’intera guerra fredda era vista come un confronto con la Russia e vorrei aggiungere che l’odio della Gran Bretagna per la Russia risale a secoli fa secoli fa per molte ragioni e quindi la Gran Bretagna era già rabbiosamente russofobica nel XIX secolo e molto di ciò che vediamo nella retorica e nei media britannici oggi è una sorta di replay della guerra di Crimea che si è verificata a metà del XIX secolo.

2) Il vostro compito di attuare riforme economiche nell’ex Unione Sovietica e in Russia durante gli anni Novanta: quando avete chiesto assistenza economica per assicurare che queste riforme del mercato, come fu la risposta di Washington a quel tempo?

Di attuare nulla perché, come sapete, sono stato un consulente e senza alcun ruolo di potere. Mi vedevano come un possibile canale verso la finanza occidentale e dissi loro che avrei cercato di essere un canale per la finanza occidentale, perché credo che quando un Paese è in difficoltà finanziarie il sistema finanziario internazionale dovrebbe aiutare quel paese ad uscire dai guai, sia per una questione di moralità ed etica di base, sia per una proposta vantaggiosa per la cooperazione globale. Il Guru in questo è John Maynard Keynes che nel 1919 scrisse il famoso “Le conseguenze economiche della pace” e la sua tesi era che il duro accordo di Versailles con la Germania avrebbe portato a un futuro disastro. Quello è uno dei libri profetici del 20° secolo. Quando ero uno studente e un professionista della finanza ho preso spunto da John Maynard Keynes: non siate cattivi con la potenza sconfitta o con il Paese che non ha fortuna. Le cose che girano e se un giorno va male per qualcuno, potrebbe andare male per te il giorno dopo. Meglio essere cooperativi. All’inizio degli anni Novanta ho cercato di mobilitare il sostegno finanziario dell’Occidente per le riforme di Gorbaciov, un fallimento totale. Il team del presidente Eltsin mi ha chiesto come mai avessi fallito completamente. Fondamentalmente non per motivi economici, la mia economia è buona, era buona in quel momento. In Polonia in termini finanziari è stato adottato perché la Polonia era dalla nostra parte e ho raccomandato una riduzione del debito, ho raccomandato un finanziamento di emergenza per la stabilizzazione e ha funzionato. Non era solo teoria, ma funzionava, così quando ho raccomandato la stessa cosa con la Russia ho pensato: “Ho già dimostrato che queste idee sono sensate”. Ma Washington le ha rifiutate non a causa del dibattito economico, come a volte è stato a volte rappresentato, ma a causa della geopolitica: “Sì, la Polonia è dalla nostra parte, naturalmente ci aiuterà ma loro sono dall’altra parte, quindi ovviamente non ci aiuteranno”.

è quasi così semplice.

3) Passiamo a un dibattito fondamentale che è fallito nei media tedeschi. Sull’Ucraina abbiamo intervistato un’ampia gamma di esperti e sarebbe interessante conoscere anche il su punto di vista.

Demilitarizzazione e denazificazione sono state le ragioni addotte dallo Stato russo per giustificare la sua Ucraina ma il nocciolo di tutto questo è lo scontro tra Stati Uniti e Russia, scontro che risale al 1992, quando i neoconservatori presero il controllo della politica estera americana, Rumsfeld, Cheney e Wolfowitz, nell’amministrazione di George W. Bush senior. Ma ci sono molti neoconservatori in giro: Madeleine Albright era una neoconservatrice, Hillary Clinton era una neoconservatrice, Victoria Neuland, che è stata assistente del Segretario di Stato durante il Maidan nel 2014, è ora sottosegretario di Stato per gli Affari politici, è una neoconservatrice. Quello che è successo è che la politica estera degli Stati Uniti a partire dal 1992 mirava alla dominazione degli Stati Uniti, a volte chiamata Full Spectrum dominance, che in ogni regione del mondo gli Stati Uniti dovrebbero essere in grado di spazzare via, spero in senso figurato, i loro avversari e i loro antagonisti e avere il predominio geopolitico attraverso il predominio militare, economico, tecnologico e di altro tipo. Nel 1992 questo era il punto di vista e si guardava a chi potesse rivaleggiare con noi.

Naturalmente non è mai stato un punto di vista realistico. Il mondo non è mai stato dominato da un solo Paese in tutta la storia, anche se ci sono stati degli imperi potenti, ma ci sarà sempre una rivalità e una multipolarità in un certo senso. Questo è particolarmente vero nel 21° secolo. La Russia non si è piegata alla visione degli Stati Uniti e ancor meno la Cina. Direi che entrambi hanno detto no, non vogliamo un mondo unipolare guidato dagli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti hanno iniziato ad attuarlo negli anni ’90 con l’allargamento della NATO. Chiunque conosca la documentazione d’archivio sa che non si trattava solo di una verbosità, ma era una politica decisa della Germania e degli Stati Uniti quella di promettere a Gorbaciov nessun allargamento della NATO a Est. Quindi molto di ciò che viene detto in questo momento è solo una tipica montatura del governo americano.

La documentazione d’archivio è in realtà molto ampia e a metà degli anni ’90 Clinton iniziò a dire lo stesso a Eltsin, so che svilupperemo un sistema di partnership, ma non avremo l’allargamento della NATO. Poi Madeleine Albright ha spinto l’agenda neocon ad espandere la NATO e questo ha creato una grande divisione all’interno degli Stati Uniti perché negli Stati Uniti perché ci sono alcuni normali non-neocon all’interno degli Stati Uniti e io sono uno di loro e ho detto no all’allargamento della NATO: l’allargamento della NATO è una cattiva idea e Bill Perry, che è stato Segretario alla Difesa di Clinton, ha rischiato di dimettersi per questo motivo. Clinton ha rischiato di dimettersi per questo problema. George Kennan , il più grande studioso di Russia del XX secolo, ha detto che questa è la nuova guerra fredda secolo nei confronti della Russia è iniziata nel 1997.

Poi molti eventi seguirono l’Alleanza guidata dagli Stati Uniti ha bombardato Belgrado nel 1999 ha distrutto la Serbia deliberatamente come parte della sua geopolitica e come da idee neocon è entrata in guerra con tutti gli alleati della Russia in Medio Oriente per la cacciata di Saddam Hussein rovesciando Gheddafi e cercando di rovesciare Assad. Gli Stati Uniti, che hanno speso trilioni di dollari in guerre espansionistiche. Gli Stati Uniti hanno preso parte al tentativo riuscito di rovesciare Yanukovych, questo è assolutamente chiaro, anche se non sappiamo tutto: io so molto dalla mia personale conoscenza di questi eventi, gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo nel rovesciare il presidente dell’Ucraina che era fondamentalmente filo-russo ma che cercava di mantenere una sorta di equilibrio stabile tra le due parti attraverso la neutralità dell’Ucraina. Sì, vogliamo che l’Occidente mantenga relazioni molto fragili con la Russia. Fragili perché gli Stati Uniti spingono per l’allargamento della NATO e la Russia dice “no”. Questo è ciò che stava accadendo e Yanukovych è stato rovesciato in un’Ucraina occidentale ed è stato portato al potere un governo altamente nazionalista.

In quel Putin ha fatto quello che aveva avvertito a George Bush Jr che avrebbe fatto al vertice di Bucarest nel 2008. Putin disse a George Bush: “Espandi la NATO ci riprendiamo la Crimea, ma gli Stati Uniti non gli hanno dato retta e così siamo passati allo scontro diretto nella guerra nel Donbas e poi, purtroppo, sono stati raggiunti gli accordi di Minsk. Germania e Francia dovevano essere i garanti. Non so se la signora Merkel stia parlando a posteriori come una scusa o se stia dicendo quello che pensava in quel momento, ma è terribile, quello che sappiamo è che gli ucraini hanno abbandonato gli accordi di Minsk dopo averli firmati. I miei amici mi dicono Jeff come puoi aspettarti che onoriamo questo accordo? È spazzatura. Un accordo e si suppone che noi lo prendiamo con filosofia e la Germania era un garante solenne. Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno versato miliardi di dollari di armamenti alla fine del 2021 Putin disse a Biden: “Guarda ecco le linee rosse e la linea rossa numero uno è di gran lunga l’allargamento della NATO”. Gli Stati Uniti hanno detto che non ne parleremo e che la nostra porta è aperta, il che è un’idea ridicola. Ridicolo, non stiamo parlando di commercio, ma di alleanze militari. Nella storia che non vi interessa con chi sono allineati i vostri vicini, dove sono le basi militari, quali sono le armi, è una retorica folle, mi dispiace dirlo, ma è provocatoria e pericolosa.

L’invasione è iniziata nel febbraio 2022, ma tutti dovrebbero capire che la guerra è iniziata nel febbraio del 2014. Questo non è l’Occidente che reagisce, gli Stati Uniti hanno cominciato nel 1992 a rompere gli accordi che avevano dato a Gorbaciov perché ritenevano di poterlo fare. Ecco, per me è abbastanza chiaro il ruolo che l’Occidente ha svolto, ma nei media e nei discorsi politici questo sarebbe subito etichettato come una giustificazione della guerra o una diffusione della propaganda russa.

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Sachs 2

Quello che dice aiuta la comprensione del ruolo che abbiamo giocato in questo conflitto ma i media occidentali non riportano opinioni del genere perché dicono che così si giustificano le azioni della Russia che si fa propaganda per la Russia ecc. Che ne pensa?

Abbiamo bisogno di diplomatici che non ci sono. I diplomatici in Germania e negli Stati Uniti, il ministro degli Esteri tedesco e il segretario di Stato americano non sono impegnati nella diplomazia, ma nella guerra. La diplomazia consiste nel sedersi e parlare con la tua controparte per capire questi problemi. Sono stato invitato a tenere un discorso ai ministri del G24 l’anno scorso l’anno scorso, quando si sono riuniti a Bali, ho detto loro: “Voi siete i diplomatici? I diplomatici che si incontrano tra loro”. Non credo che il ministro degli Esteri tedesco si sia incontrato con il ministro degli Esteri Lavrov, anche se erano nella stessa stanza. Abbiamo bisogno di diplomazia, non c’è modo di uscire da questo pasticcio e abbiamo bisogno di questo dialogo.

Ci sono punti di vista importanti che devono essere spiegati e non lo stiamo ottenendo affatto e i media hanno dimenticato il loro ruolo che non è quello di citare alti funzionari senza nome, questo non è il ruolo dei media. Il ruolo dei media è quello di scrutare, esprimere dubbi, porre domande difficili, sfidare l’autorità. Domande difficili, per sfidare l’autorità, perché non è sorprendente che i nostri governi raccontino storie, vogliono presentare narrazioni, vogliono nascondere i fatti vogliono nascondere le dure verità. Ma i media a cosa servono i media? E’ solo per gli introiti pubblicitari è solo per avere la possibilità di prendere una tazza di caffè con l’alto funzionario del governo o per scrutare ed esprimere dubbi?

Dov’è sui media tedeschi il Nordstream. Per esempio, qui è stato fatto esplodere un’importante infrastruttura credo molto probabilmente dagli Stati Uniti o dal Regno Unito. Ma sul versante occidentale c’è un silenzio silenzioso. Sono stato immediatamente tagliato fuori quando l’ho detto alla TV US, ma poi tutte le prove circostanziali puntano in quella direzione. La Svezia incredibilmente dice: “Ok, abbiamo indagato, ma non condivideremo i risultati della nostra indagine con la Germania”

I membri del Bundestag chiedono di conoscere i fatti e il governo tedesco risponde “non potete conoscere i fatti. è una questione di sicurezza”. Dovremmo prendere in considerazione questi argomenti noi che ci definiamo democrazie e questo è il livello del discorso, per cui i i media mainstream hanno perso la loro strada e non so dirvi quanto sono deluso

ogni giorno dal New York Times perché sono cresciuto con il New York Times e lo leggevo per i documenti del Pentagono che raccontavano le bugie sul Vietnam. Per aver raccontato le bugie dell’amministrazione Nixon, ora è solo un portavoce del governo. Ora è un portavoce del governo, non c’è nulla di diverso. Non posso nemmeno pubblicare un op-ed su siti di cui ero probabilmente il principale collaboratore in molti casi perché i media mainstream hanno perso completamente il senso del loro ruolo. E’ assolutamente preoccupante e strano.

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Sachs 3

“Siamo sull’orlo di un disastro il disastro è dovuto al fatto che la nostra politica globale sta fallendo miseramente, prima di tutto e soprattutto con gli Stati Uniti, che sono i principali provocatori di questa guerra e una grande minaccia per la pace.

Per essere schietti, abbiamo bisogno di una politica estera diversa negli Stati Uniti. Ovviamente, abbiamo bisogno di una politica estera diversa in Russia e in Ucraina e delle grandi potenze e questa deve essere una politica estera che ci faccia uscire da questa di questa guerra sconsiderata tra la Russia e la NATO che si sta che si aggrava di giorno in giorno perché il Doomsday Clock si è avvicinato di 10 secondi alla mezzanotte.

Nello stesso momento in cui gli Stati Uniti e la Germania hanno concordato di inviare nuovi carri armati altamente avanzati all’Ucraina, in un’escalation che ci porta più vicini alla guerra nucleare

La Russia e gli Stati Uniti non si stanno nemmeno parlando in questo momento è una vergogna assoluta, peggio di un bambino di cinque anni l’idea di non avere nemmeno una discussione tra il Presidente Biden e il Presidente Putin per più di un anno.

Affermazioni sconsiderate l’una sull’altra senza nemmeno una telefonata, è peggio di un bambino di cinque anni. E attribuisco un’enorme responsabilità per questa di questa orribile situazione al governo degli Stati Uniti per molti anni.”

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Ucraina, le domande che non ci poniamoFulvio Scaglione

La narrazione mediatica sull’Ucraina investe soltanto gli aspetti militari della guerra. Poco o per nulla

Non è difficile capire che una guerra, soprattutto una guerra sanguinosa e distruttiva tra popoli fino a ieri fratelli, supera e in qualche modo soffoca ogni altro argomento. È più difficile capire, invece, perché nel flusso informativo che riguarda la guerra innescata dall’invasione russa l’Ucraina sembri esistere solo come Paese che indossa l’uniforme e non anche come Paese che ha una vita sociale, una scena politica, un’idea di futuro. Che con la guerra non hanno un rapporto di sudditanza ma piuttosto di reciproca influenza.

Proviamo a fare qualche esempio. Il Pil dell’Ucraina nel 2022 è crollato (almeno) del 33%, secondo le stime della Banca Centrale del Paese, e il premier Denis Shmyhal, alla Conferenza di Parigi dei Paesi donatori, nello scorso dicembre, ha pronosticato un ulteriore calo del 9% nel 2023, chiedendo aiuti per almeno 55 miliardi di dollari, molto più di quanto lo Stato ucraino spendeva ogni anno prima della guerra. La crisi è stata acuita dalla strategia russa di colpire le infrastrutture fondamentali del Paese, in primo luogo quelle legate alla produzione e distribuzione di energia. Le dieci ondate di missili lanciate dai russi hanno fatto danni gravissimi e alla fine di novembre lo stesso Shmyhal dichiarava che “quasi la metà del sistema energetico non funziona, è danneggiata o distrutta”. Questo vuol dire, ovviamente, milioni di persone al freddo e al buio ma anche migliaia di aziende che non possono operare o che sono costrette a farlo a regime ridotto. E dunque: come e dove lavorano gli ucraini? Di che cosa vivono? Non sarebbe interessante saperlo? Qualche tempo fa la vicepremier ucraina Iryna Vereshchuk aveva incitato gli ucraini a non fidare solo sui sussidi pubblici e gli imprenditori a offrire più occasioni d’impiego. Chi sono questi imprenditori, in quali settori?

Altro esempio. È normale che in un Paese che, come l’Ucraina, affronta sacrifici collettivi enormi per resistere all’invasione russa, ci siano così tanti e clamorosi casi di corruzione? Solo nell’ultima settimana è arrivata notizia dell’incriminazione di Andrey Kobelev, ex direttore della compagnia energetica di Stato Naftogaz, sospettato di aver intascato 7 milioni di dollari, e di Vasily Lozinsky, vice ministro alle Infrastrutture, che si sarebbe appropriato di fondi pubblici. E prima ancora tutta una serie di politici e funzionari, a partire dell’ex governatore della Banca Centrale Kyrylo Shevcenko, scappato all’estero e ora impegnato a chiedere asilo politico all’Austria. D’accordo, l’emergenza è drammatica e può sollecitare le debolezze di chiunque. Ma stiamo parlando di personaggi importanti, decisivi per il sistema di governo del Paese. Non è un fenomeno da studiare, mentre arrivano miliardi su miliardi di sostegno internazionale in un Paese che sopporta da decenni un’ignobile piaga da corruzione e che aveva eletto Zelensky proprio nella speranza che il “servo del popolo” intervenisse sul fenomeno?

Terzo esempio: la crisi demografica. Nessuno sa con esattezza quanti siano, oggi, gli abitanti dell’Ucraina. Secondo i calcoli dell’Onu erano 43,3 milioni all’inizio del 2022. E già così, gli esperti delle Nazioni Unite stimavano una riduzione della popolazione totale a 20,6 milioni entro la fine del secolo. Ma ci sono altri dati di cui tener conto. Già prima della guerra c’erano circa 6 milioni di ucraini emigrati all’estero in cerca di lavoro e fortuna. Altri 3 milioni di ucraini, stando alle dichiarazioni di Dmytro Lubynets, commissario per i Diritti Umani del Parlamento di Kiev, sono stati “deportati” in Russia, e a loro vanno aggiunti gli ucraini di passaporto ma russi di origine che hanno lasciato la vasta area dei combattimenti per mettersi al sicuro presso amici o parenti dall’altro lato del confine. Infine, c’è il movimento dei rifugiati, che non è solo in uscita dal Paese in guerra. L’Alto commissariato dell’Onu per i Rifugiati ha diffuso alcuni dati molto interessanti. Più di 17 milioni di persone hanno lasciato l’Ucraina per altri Paesi europei, dopo il 24 febbraio, ma più di 9,1 milioni di esse sono già rientrate. L’esodo più massiccio (8,6 milioni di persone) si è avuto verso la Polonia, con 1,5 milioni di persone che si sono ufficialmente registrate nel Paese e 6,5 milioni che sono già rientrati in Ucraina. Inoltre: 739.000 verso la Moldova con 371.000 rientrati; un milione verso la Slovacchia con 807.200 rientrati; 1,7 milioni verso la Romania con 1,4 milioni rientrati; 2 milioni verso l’Ungheria con un numero di rientrati ancora non precisato. Quali sono le aspettative e le prospettive degli ucraini che sono rimasti all’estero? Perché così tante persone sono rientrate? Dove si sono reinsediate? Che cosa fanno, ora, in Ucraina?

Sono domande a cui non si risponde perché non si prova nemmeno ad affrontarle. Ma non riusciamo a toglierci dalla mente l’idea che l’esito della guerra dipenderà da certe risposte non meno che dal coraggio e dalle strategie delle forze armate.

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Carri armati, pace e bugie – Tommaso Cerno

Detto che in ogni guerra uno invade l’altro. Detto che hanno capito anche i muri che Putin non si fermerà. Parliamo un attimo di come ne veniamo fuori. Se avete raccontato per un anno che le armi servivano a fare la pace, oggi scopriamo che le armi servono a fare la guerra. E quindi sentiamo i presidenti di Francia e Germania, e fra poco anche il nostro, ripetere come pappagalli che l’Europa non è in guerra. Appunto. A qualcuno è venuto in mente che il fatto che l’Europa sia in guerra contro la Russia non dipende da un nostro pezzo di carta, né dalle nostre dichiarazioni ufficiali, ma dalla percezione che il resto del mondo ha di ciò che sta avvenendo in Ucraina?

Diciamo pure che non ci crede nessuno ormai al mantra che si ripete, che questa tecnica di difesa dell’Ucraina, fatta con le armi, sta portando a dei risultati. Lo scenario invece è quello di un conflitto che si allarga, che interessa e colpisce sempre più persone fuori dai territori dello scontro, che mette in ginocchio l’Occidente, che mette in crisi il sistema democratico nel suo insieme. Una volta, quando le democrazie erano un po’ meno ipocrite di adesso, di fronte a una cosa di questo tipo, se davvero si era convinti di essere dalla parte della ragione, si prendevano gli eserciti e si andava a combattere. Perché se magari ci andassimo in Ucraina forse la guerra la vinceremmo. Mentre se continuiamo a mandare carri armati, munizioni e miliardi finisce che spendiamo gli stessi soldi, la guerra diventa mondiale comunque, e la perdiamo pure. Cornuti e mazziati si diceva ai tempi della democrazia. Ma noi non lo faremo. Perché chi questa guerra la sta alimentando ripete come un mantra di essere un paciere. Ripete non solo che Putin è un criminale che ha invaso un paese indipendente, ma che l’unica strada perché questo paese indipendente non crolli sotto i colpi dei russi è fare quello che stiamo facendo da un anno sortendo esattamente l’effetto opposto. E non dico un anno casualmente perché questa guerra è vero che è iniziata il 24 febbraio con l’invasione – salvo che i 15 anni precedenti erano molto importanti per capire che questo sarebbe successo prima o poi – ma è partita proprio il 27 gennaio, quando il ministro degli Esteri Russo Lavrov ha respinto al mittente dal Cremlino l’ultimo tentativo di mediazione farlocca che gli Stati Uniti d’America avevano inviato a Mosca per cercare di sedare quella che ormai la diplomazia sapeva sarebbe diventata una guerra di dimensioni vaste. E a un anno esatto da quelle dichiarazioni lo stesso ministro Lavrov dallo stesso Cremlino usa parole che sono il portato bellico di quell’avviso di un anno fa: vi seppelliremo. Però noi siamo la democrazia. Il sistema più intelligente del mondo. Quello che ha capito tutto. E questo può essere anche vero. Ma che sta raccontando una favola destinata ad avere uno dei più brutti finali degli ultimi decenni. Nel frattempo i cittadini democratici stanno messi sempre peggio: i poveri sono tantissimi, i vincoli dei governi sono diventati tali da rendere incapace ogni forza politica che vince le elezioni di fare un terzo di quello che promette in campagna elettorale. Metà delle persone che aderiscono al sistema democratico non va a votare. Secondo voi queste sono persone a cui potete dire che una guerra è una pace? O sono persone a cui potete dire che l’invio delle armi in Ucraina è servito a qualcosa? No, queste sono le persone che dovrebbero avvertire i nostri governanti che il tempo delle balle sta per scadere. E di balle se ne continuano a sentire talmente tante su quello che ci sta avvenendo intorno che anche le persone più miti di Paesi miti come l’Italia cominciano a capire di essere stati presi in giro.

Sconsiglio vivamente all’Unione europea di lasciare arrivare quel momento. Perché le elezioni del prossimo anno, se avvenissero in questo clima, potrebbero essere deflagranti per un’istituzione che si sta rivelando inutile se non dannosa al proseguo di un percorso di sviluppo del continente che ha messo insieme. Se nemmeno una guerra nel terzo millennio ci fa capire che è il momento di cambiare e di riformare davvero il nostro modello di sviluppo, non ce lo farà più capire nessun altro. E questo potrebbe diventare molto pericoloso. Come sta diventando molto pericoloso quello che ogni giorno succede in Ucraina.

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Io sono il sistema – Alessandro Orsini

I guerrafondai Corriere della Sera, Repubblica, la Stampa, Libero, il Giornale, il Foglio, Radio 24, hanno creato un mondo dell’assurdo. Nella loro narrazione, i pacifisti sarebbero una pericolosa forza anti-sistema. Ma l’Italia è un sistema pacifista. Ne consegue che quei quotidiani guerrafondai sono le vere forze anti-sistema nemiche del nostro Paese e dell’Europa. In questo mondo dell’assurdo, basato sulla manipolazione dell’opinione pubblica e della coscienza collettiva, quei quotidiani vorrebbero che i pacifisti si vergognassero di ciò che sono a motivo della loro presunta immoralità. Ma è vero esattamente il contrario: gli immorali sono loro. In Italia, i pacifisti sono il sistema; i guerrafondai sono l’anti-sistema. I pacifisti non devono operare per farsi emarginare accettando un perverso gioco psicologico concepito per danneggiarli. Al contrario, devono occupare il centro del sistema e assumere la guida del Paese in questo tragico momento. Io sono con tutti e due i piedi dentro il sistema e invito tutti gli adolescenti che mi seguono a operare sempre per rimanere nel sistema. Rifiutate sempre l’etichetta “tu sei anti-sistema”. Sarebbe la vostra fine; non potreste realizzare i vostri sogni di un mondo migliore. Alcuni ragazzi sono inebriati da questa etichetta e l’accettano con piacere. Non cadete in questo inganno. Il sistema dovete conquistarlo strappandolo a chi promuove la cultura della guerra ovvero Corriere della Sera, Repubblica, la Stampa, Libero, il Giornale, il Foglio, i creatori del mondo dell’assurdo. Questo è inebriante: mettere ai margini i direttori di questi giornali e lasciarli andare alla deriva salvando l’Europa. Lo slogan del pacifismo italiano nell’Italia del 2023? Eccolo: IL SISTEMA SONO IO

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Armi a Kiev e pace: l’ipocrisia in tivù si è istituzionalizzata – DONATELLA DI CESARE

Si sa che questo è il Paese dei voltagabbana, una parola tanto italiana da essere difficilmente traducibile in altre lingue. Si cambiano schieramenti e partiti, si aggiustano idee, si rettificano opinioni, si muta atteggiamento come nulla fosse. Lo spazio pubblico pullula di funamboli ed equilibristi, camaleonti della politica e acrobati della comunicazione. Ne abbiamo già viste letteralmente di ogni colore. Se la flessibilità può essere un vanto della “nazione”, la furfanteria è l’altra faccia della medaglia. Doppiezza e simulazione, quasi ormai, non scandalizzano più.

Però, però – però con la guerra e con la pace l’ipocrisia è inaccettabile. Eppure, comincia a diffondersi, con il rischio di essere istituzionalizzata. Potrei menzionare – nome e cognome – esempi illustri: esimi direttori di esimie testate, politici di primo piano, cariche istituzionali, politologi e scrittori, esperti e giornalisti. “Dobbiamo tenerli in piedi!”, “io sono a fianco della resistenza ucraina”, “io sono per l’invio di armi”, “le armi sono indispensabili!”, ecc. Poi con disinvoltura si aggiunge: “Per carità… tutti siamo per la pace! Chi non lo è?”. Si mormora “pace”, spesso con un sorrisetto ammiccante e uno sguardo d’intesa. Così si tiene il piede in due staffe. Non si sa mai: il fronte atlantista furoreggia, ma l’opinione pubblica resiste. Un domani i promotori del conflitto potranno, in caso di necessità, riciclarsi come non-violenti della prima ora. C’è poi la terribile superficialità con cui si usano le parole e con cui – in questo drammatico periodo – si ragiona (o si sragiona) di questioni epocali. Mischio nel discorso un po’ di pace e un po’ di guerra – non faccio male a nessuno. Anzi, mi colloco tra i moderati e i benpensanti. “In vista della pace… a fianco di Kiev”. “Sì alle armi… ma solo per ottenere la pace”.

Ipocrisia bella e buona? Inconsapevole leggerezza? Opportunismo politico? Dietro frasi del genere si nasconde qualcosa di più. È l’idea che “pace” sia una parola vuota, che dietro quell’etichetta ci sia il risibile vacuo di un’armonia a cui nessuno crede, la melensa utopia di sciocchi sognatori (o il calcolo recondito di filoputiniani). Ecco finalmente la rivelazione della guerra, questa iniezione di realismo politico!

Ma è preferibile di gran lunga chi ha il coraggio di mantenere la posizione, di dire apertamente che è favorevole all’invio di armi. Perché non crede nella possibilità di seguire la strada del negoziato, perché pensa che la politica non sia fatta di parole e diplomazia, ma possa proseguire con le armi. Non importa se mieta vittime, centinaia di migliaia – vite stroncate, mondi finiti. Però non sporcate la pace! Non lasciate grondare il sangue delle vostre parole belliciste su questa parola che vale più di tutte e che dovrebbe essere pronunciata insieme con cautela e speranza. La parola “pace” non può essere la copertura degli appelli alla guerra, della giustificazione di questo conflitto, dell’invio di armi.

Almeno in questo periodo si dovrebbe smetterla con questa ipocrisia oltraggiosa, con questa doppiezza insopportabile. Non c’è un pacifismo integralista e un pacifista scaltro e realista che ogni tanto imbraccia le armi. Siamo nel XXI secolo, in un orizzonte nucleare. La guerra non è la continuazione della politica con altri mezzi, un duello su vasta scala (come suggeriva Von Clausewitz – ma chi crede a questa amenità?). La guerra è il modo di funzionare delle società primitive che oggi, per di più, mette a rischio la nostra esistenza. Sarebbe allora tempo che si parlasse con serietà e responsabilità. Questo è auspicabile soprattutto per chi prende spesso la parola nello spazio pubblico. Lo stesso vale per i partiti e per chi vi aderisce. Non mescolate pace e guerra. Chi adesso dice “pace e guerra” sta dicendo, in realtà, solo “guerra!”.

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ESCALATION DELLA GUERRA NATO-USA- RUSSIA- UCRAINA – Umberto Franchi

E’ ANCORA POSSIBILE IMPEDIRE UNA TERZA GUERRA MONDIALE CON L’USO DELLE BOMBE ATOMICHE ?

COSA FARE PER FERMARE LA GUERRA ?

Sta facendo molto discutere  la  recente, decisione della Germania e USA/Nato , di inviare carri armati di ultima generazione “Leopard 2 A6” ed  “Abrams Usa”,  nonché la  telefonata di Biden ai partener Europei per congratularsi per il fedele allineamento agli USA dell’Europa e soprattutto dell’Italia, con il governo di Meloni  che ha deciso di inviare le batterie missilistiche Samp I,  in Ucraina per un miliardo di euro, alla faccia dell’art.11 della nostra Costituzione.-.

 

Ecco che subito l falco Zelensky  ed il suo consigliere Podolyak, hanno commentato l’invio di nuovi armi,  come un passo importante , non solo sulla via della vittoria e la riconquista dei territori russofani tra cui la Crimea, ma hanno anche minacciato di bombardare le città Russe a partire dalla capitale Mosca, San Pietroburgo e Ekaterinburg…  complimentandosi con L’Italia per l’invio dei missili, e per la  sciagurata scelta  della Rai, che al festival di S. Remo ,( non verrà fermata con la petizione in atto)  faranno  subire agli italiani il “Tribuno Zelensky con la maglietta da guerra”  anche tra una canzonetta e l’altra. (sic)

 

Penso che la portata della gravità dell’invio di questo tipo di armi da “Offensiva” vada oltre il “rischio calcolato” rispetto alla risposta della Russia, (come potrebbe Mosca non sentirsi minacciata?) con la spirale bellica che si allarga con una concatenazione di atti delle parti coinvolte che potrebbero portare inevitabilmente ad uno scontro generalizzato con l’invio anche di truppe Italiane, Europee ed americane in Ucraina,  incamminandoci in una strada di guerra mondiale , coinvolgendo anche la Cina a sostegno della Russia,  senza ritorno ne vinti ne vincitori ma solo distruzione!

 

Ora ad una anno di distanza  non soltanto non esiste nessun dialogo ne iniziativa diplomatica, e per la prima volta gli USA/Nato , non fanno fare più la guerra per procura all’Ucraina, ma intervengono direttamente   con mezzi offensivi ed anche uomini  che vano oltre l’addestramento dei soldati ucraini.

 

Quindi dall’inizio della guerra intrapresa dai Russi, Penso che  a nessuno può sfuggire il fatto che l’escalation è nei fatti … e l’orologio dell’apocalisse sta per battere il colpo mortale definitivo.

 

Va inoltre considerato che se la Russia si sentiva accerchiata da una possibile adesione dell’Ucraina alla Nato e per impedirlo ha intrapreso una guerra contro l’Ucraina che ha causato oltre 60.000 morti da ambo le parti ed è ancora in atto… non c’è dubbio che dopo  l’adesione alla Nato della Finlandia e Svezia ed il nuovo invio di armi di ultima generazione, il tutto  diventa  un fatto destabilizzante per il Mondo intero .

 

Ai nostri governanti e politicanti di opposizione che sostengono che le armi all’Ucraina vanno date perché con “il dittatore Putin” è in gioco anche la democrazia , rispondo che continuano  a mistificare … Nessuno dice che:

 

– l’ucraina ha sciolto per legge e bandito tutti i partiti di sinistra, alla faccia della democrazia;

 

– in Ucraina la festa nazionale festeggia il compleanno di un noto collaborazionisti nazista;

 

– in Ucraina esistono svariate milizie naziste anche dopo la cattura del famoso “battaglione Azov” da parte dei Russi;

 

– l’Ucraina ha fatto un decreto legge che impedisce a tutto il governo di intraprendere il dialogo e la trattativa con la Russia, che verrebbe punita con la morte per alto tradimento;

 

– nessuno dice che la guerra non sarebbe mai iniziata se in data 21 febbraio 2021 l’Ucraina avesse  fatto un accordo con la disponibilità  manifestata dai  i Russi basata su un  impegno a non entrare nella Nato;

 

– un impegno a sciogliere le varie bande naziste;

 

– un impegno a rispettare gli accordi di Minsk per quanto riguarda l’autonomia dei popoli russofoni del Dombass … ma rifiutarono il suddetto accordo, dando così a Putin il motivo dell’intervento.

 

Oggi la guerra in Ucraina non riguarda solo la Russia e l Ucraina… ma riguarda soprattutto gli USA che sino ad oggi ha dato a Zelensky armi per 47,7 miliardi di euro, soldati mercenari ben pagati.

 

La Nato ed i paesi europei sono succubi degli Usa ed armano anche essi l’Ucraina… con i falchi dei Dirigenti Ucraini che si sentono forti e non voglio o nessuna tregua ne pace fino alla vittoria, cioè fino  a quando i Russi non se ne saranno a dati anche dalla Crimea

 

Così mentre emerge tutto il marcio della corruzione mazzette pagate a ben di 150 Oligarchi Ucraini, uomini falchi del governo Ucraino , tra cui 4 viceministri , aumenta anche  il rischio per tutto il Mondo, di arrivare al punto di non ritorno con la bomba atomica o guerra Russia Cina contro la Nato .

 

 

Sono gli USA, oltre che fomentare la guerra contro la Russia da parte dell’Ucraina, hanno interesse anche sviluppare una nuova guerra fredda con la Cina , come di fatto è stata anche ufficialmente dichiarata dal summit di Ankara.

 

Perché la crisi dell’“ordine”, ossia l’equilibrio tra le potenze Mondiali, è provocata soprattutto  dal colossale mutamento dei rapporti di forza, in virtù dell’irruzione della Cina in qualità di prima potenza economica… da qui si sviluppa quindi una nuova stagione dell’interventismo, con la guerra per procura dell’Ucraina, voluta dagli USA/Nato e dei Paesi occidentali ,tra cui l’Europa.

 

 

In questo contesto ogni giorno ascoltiamo la Meloni in continuità con Draghi, sostenere che la guerra continuerà fino a quando lo vorrà l’Ucraina… E’ la Meloni che assieme al suo ministro della guerra Crosetto, che sottolinea la subordinazione dell’Italia alle politiche imperialiste degli USA tramite la Nato …

 

L’Italia con le sue 98 Basi USA/NATO (di cui 8 con armi atomiche) è considerata una base strategica USA sul mediterraneo… per cui gli armamenti italiani, i cui costi in più di 14 miliardi l’anno, (2%del PIL) decisi da Meloni & C. sono necessari anche se ricadranno ulteriormente alla già tragedia sociale esistente, sui cittadini.

 

Ora a questo un modo disonesto di continuare ad armare l’Ucraina facendogli fare una guerra per procura, non tanto a difesa dei territori invasi dai russi, ma per cercare di indebolire economicamente e militarmente a Russia, emarginandola sul Piano mondiale… ma guardando soprattutto alla Cina… la Russia e la Cina stano già rispondendo con :

 

  • L’unità dei Paesi che a partire dalla Cina ,rifiutano la sudditanza alle regole imposte dagli USA  e l’attuale globalizzazione liberista, tanto da spingere la Russia, l’India, il Brasile, la Cina, il Sudafrica , a creare il “BRICS”, costruendo un nuovo modello commerciale e di sviluppo Mondiale, attraverso accordi bilaterali che non avranno alla basa degli scambi il dollaro USA , ma un “paniere” di monete alternative al dollaro… con un Ordine Mondiale Multipolare e non più guidato degli USA/NATO;
  • La Russia inoltre agisce in accordo con la Cina e L’India per lo sviluppo di nuovi armamenti micidiali… ed in risposta a come si stanno armando gli USA, stanno realizzando missili supersonici, con un aggio di 11.000 Km, che in caso di attacco Usa/Nato alla Russia i primi ad essere colpiti entro 5/10 minuti sarebbero i Paesi Europei tra cui l’Italia…facendo avvicinare la lancetta dell’ora X in cui scoppierà la guerra atomica mondiale senza vinti né vincitori!

 

Putin ha detto : “provi l’occidente a fare la guerra alla Russia e troverà la risposta che si merita” … ha anche aggiunto che la guerra andrà avanti… e quanto più l’occidente armerà l’Ucraina, sarà tanto più difficile trovare la strada per un accordo di pace. Insomma il nuovo riposizionamento della Nato , sta surriscaldando la pentola a pressione che potrebbe esplodere in ogni momento.

 

A questo quadro dello scontro geopolitico, non bastano più le timide voci di Macron e Scholz con gli inviti a trovare una soluzione diplomatica … serve ben altro …

 

E’ necessario :

  • dare un ruolo alle incisivo  Nazioni Unite, le quali  dovrebbero proporre la cessazione del fuoco, e favorire l’avvio di trattative per stabilire un sistema di reciproca sicurezza tra Ucraina e,  Russia, con Il riconoscimento da parte dell’Ucraina dell’autonomia del Donbass prevista dagli accordi di Minsk del 2014 ma mai attuata, nonché  lo scioglimento di tutte le milizie Ucraine di matrice nazista;
  • L’Onu dovrebbe anche proporre una conferenza Mondiale con al centro la delimitarizzazione e disarmo, quindi le parti coinvolte dovrebbero negoziare un nuovo trattato per smilitarizzare l’Europa con precisi ispezioni su  come procede con il disarmo;
  • Il trattato dovrebbe vedere l’accordo per non schierare missili a lungo e medio raggio sia in Europa che nella Russia occidentale;
  • Gli USA dovrebbero riattivare il trattato di non proliferazione delle armi nucleari annullato dall’ex presidente USA Trump e concordare con i Russi, anche il taglio delle armi nucleari strategiche e non strategiche attraverso verifiche continue;
  • Gli Stati Uniti dovrebbero ritirare tutte le loro armi nucleari collocati nei Paesi membri della Nato e la Russia le sue basi ed armi nucleari collocate al suo confine occidentale;
  • Tutti i Paesi della Nato e la Russia dovrebbero aderire ad un nuovo trattato sull’abolizione delle armi nucleari.

 

 

IL POETA E LA GUERRA – Umberto Franchi

 

In una notte che sembra non finire mai, il poeta cerca le strade del sole, il mistero

dell’azzurro

il poeta è solo in mezzo all’oceano, dove al tramonto il sole e le acque si congiungono in un tenero abbraccio

il poeta naviga, pensando alla morte, a quegli idioti che armano l’Ucraina, ai corrotti e speculatori delle armi

il poeta grida: uscite dal sonno, dal buio della notte. Via dalla guerra c’è molto da lottare per salvare il Mondo

Arrestatevi di fronte al Mondo che vi guarda, patite la vergogna del vostro successo ed il diritto di guerra sia negato!

Nessuno ascolta il Poeta, che nel suo triste incubo, urla la rabbia che lo invade …

Volete crepare? Crepate!

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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