Roma: il naufragio della giunta Gualtieri sull’accoglienza

Federico Bonadonna per Diogene*

Foto da ilfaroonline.it

La mattina piovosa e fredda dell’ultimo giorno di febbraio 2023 l’amministrazione Gualtieri, in accordo con la Prefettura, ha sgomberato una tendopoli composta da una cinquantina di tende a ridosso delle mura Aureliane nel tratto iniziale di viale Pretoriano, dove erano accampate un’ottantina di persone senza tetto.

Lo sgombero di viale Pretoriano è avvenuto il giorno dopo il naufragio a Crotone: la sinistra che giustamente attacca il governo Meloni per il mancato soccorso dei migranti, sgombera, senza soluzioni reali, in pieno inverno, una tendopoli composta in prevalenza da stranieri.

Nel comunicato stampa del Campidoglio si legge: “Già in una lettera inviata alla Prefettura del 7 febbraio, le assessore Funari e Lucarelli avevano dato la loro disponibilità a programmare gli interventi necessari alla pulizia dell’area e al conseguente eventuale allontanamento di coloro che erano lì dimoranti, dopo aver avviato nelle settimane precedenti colloqui per attivare il supporto necessario alle persone accampate nell’area”.

Purtroppo solo per una decina di senza tetto è stata data accoglienza, gli altri, senza documenti, si sono dispersi per la città e qualcuno di loro, in serata, ha fatto ritorno nel luogo dello sgombero che periodicamente viene occupato ormai da anni.

L’assessore alle politiche sociali Barbara Funari, legata alla comunità di Sant’Egidio, ha dichiarato: “Da tempo la Sala Operativa Sociale, con l’unità di strada, ha monitorato i senza dimora presenti e da questa mattina alle 9 gli operatori sono sul posto per fare i colloqui e proporre accoglienza. Le persone senza documenti, prima di essere ospitate nelle strutture, devono necessariamente recarsi nella Questura di via Patini per l’identificazione”.

Ricordo che quando dirigevo la Sala Operativa Sociale, i volontari della Comunità di Sant’Egidio spingevano l’amministrazione ad accogliere le persone senza tetto a prescindere al permesso di soggiorno, cosa che effettivamente facevamo assumendoci un notevole rischio personale.

La mancanza di politica per la casa
Il sindaco Gualtieri ha dichiarato: “È fondamentale che il governo sostenga con risorse aggiuntive gli interventi necessari a garantire concretamente il diritto all’abitare e all’accoglienza”.

Dichiarazione questa del sindaco che merita un approfondimento, visto che l’amministrazione capitolina annunciò a giugno 2022 l’arrivo di 220 milioni di euro per le politiche abitative che però non sono ancora arrivati. Nel frattempo però aliena il suo prezioso patrimonio immobiliare pubblico, assegna un numero esiguo di case popolari ed esegue (e programma) sfratti forzosi di famiglie e stabili occupati, come denunciato dai sindacati per la casa.
In altri termini, la politica per la casa e per l’accoglienza della Capitale è inesistente e chiedere al governo un intervento straordinario è solo un modo per spostare l’attenzione.

Cancellate romane: tolleranza zero contro i barboni
A seguito dello sgombero, la presidente Dem del Primo Municipio Bonaccorsi ha dichiarato di essere in contatto con la Soprintendenza “con l’obiettivo di avviare tutte le azioni necessarie per la messa in sicurezza: per evitare che l’area torni ad essere insediata nel giro di pochi mesi va pensato un intervento strutturale che ponga in sicurezza sia il verde che la zona archeologica circostante.”

Di fatto sostiene la necessità di estendere la cancellata in quel tratto di mura aureliane senza rendersi conto che, recintare un monumento, significa cancellarlo nel senso etimologico e materiale del termine, poiché, oltre a impedire l’accesso ai senza tetto, si impedisce la fruizione anche al resto della cittadinanza.

Espellere i senza dimora, è il modo che hanno gli amministratori locali per evitare di prendere in carico il problema e soddisfare quella parte di cittadinanza esasperata dalla sporcizia in città. Ma senza una gestione attiva dell’area, anche la politica del decoro e della tolleranza zero con le cancellate anti-barboni è fallimentare come dimostra il caso di largo Brancaccio, sulla via Merulana dove c’è il cosiddetto auditorium di Mecenate del 30 a.C. Il cancello che separa questo monumento dalla città lo divide dai visitatori, ma non lo preserva dai rifiuti che si accumulano all’interno del minuscolo giardino recintato che lo circonda. In estate, turisti stravolti dal caldo arrivano davanti al monumento e lo trovano chiuso perché si può visitare solo su appuntamento (anche se è difficilissimo averne uno).

L’area è presidiata dai tavolini chic di un prestigioso negozio gourmet, ma quando i tavolini arretrano compaiono i bivacchi di barboni stravaccati sulle panchine che orinano sull’erba incolta adiacente il ninfeo. Quando l’amministrazione innalzerà la cancellata su quel tratto di viale Pretoriano, i senza tetto pianteranno le tende direttamente sui marciapiedi come avviene già in tantissime zone di Roma, anche centrali, da via Ottaviano a ponte Sisto, ai giardinetti del lungotevere Vaticano, eccetera, perché la pressione antropica della gente di strada è superiore alla forza di quest’amministrazione che pretende di gestire con inerzia il fenomeno dei senza tetto.

Numeri di strada
A parlare sono i numeri, spaventosi, della gente di strada a Roma. Nel 1996 i vigili urbani stimavano circa 6000 persone senza dimora (a fronte di circa 500 posti-letto nei dormitori), nel 2008 la Sala Operativa Sociale ne contava 8.000 (a fronte di circa 3.000 posti-letto). Oggi secondo l’Istat sono quasi triplicati rispetto a quindici anni fa: 21.000 a fronte di circa 3.000 posti-letto!

È di tutta evidenza che servirebbe un piano integrato di intervento e non un paio di tendoni per l’accoglienza invernale e sgomberi a tappeto. Purtroppo, la politica senza strategia degli sgomberi di homeless caratterizza da decenni i sindaci di Roma, specie quelli di sinistra.

Un manifesto del centrosinistra per Veltroni durante le elezioni comunali 2006 rivendicava: “A Roma sono state spostate in 5 anni 8.000 persone dagli insediamenti abusivi e chiusi decine di campi rom”. Una media di 1.600 persone all’anno, oltre 113 al mese, quasi 5 persone al giorno. Secondo l’Associazione 21 Luglio uno sgombero costa 1.250 euro a persona, quindi, nel primo quinquennio di Veltroni furono spesi oltre dieci milioni di euro per “spostare” le persone.

Dove sono andate queste persone? Si sono smaterializzate? Ovviamente no, spesso sono tornate nei luoghi sgomberati, esattamente come è successo nella sera del 28 febbraio a viale Pretoriano.

*Federico Bonadonna, scrittore e antropologo, ha diretto la Sala Operativa Sociale del Comune di Roma

diogeneonline.info 

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