«1945 amore impossibile»

Gian Marco Martignoni sul romanzo di Emilio Vanoni

E’ una storia apparentemente inverosimile quella che caratterizza il romanzo-testimonianza di Emilio Vanoni «1945 Amore Impossibile» (Macchione editore: 220 pagine per 18 euro) ma chi conosce la generosità e l’umanità dell’autore – che negli anni ’80 è stato il responsabile provinciale del Coordinamento varesino dei Comitati per la pace e dalla metà degli anni ’90 il presidente del Comitato Cernobyl di Induno Olona – sa che il coraggio non gli manca: nella veste di narratore in questo caso si è superato anche sul piano dell’immaginazione pur se il tessuto narrativo rimane legato ai dati storici con molti frasi ad hoc (di Anna Frank, La Valle, Giannantoni, Liliana Segre…) riprese da un’ampia bibliografia in un collage davvero mirabile.

Ambientato a Luino, tra le frazioni di Creva e Voldomino – sulla scorta delle testimonianze dei suoi genitori e i racconti della Resistenza – il romanzo si apre con la tragedia della morte di Giovanni, che doveva diventare il futuro sposo di Elda, annegato nei pressi della spiaggia tra Colmegna e Luino. Per questa ragione Elda, affranta dal dolore, fuggì a Parma al servizio di don Teodoro, un pastore evangelico che in occasione del suo ritorno a Luino le aveva donato una Bibbia.

Accolta dalla sua parentela alla stazione di Luino, Elda si sposerà poi con Gaetano, un onesto tintore di tendenze socialiste in forza presso l’azienda Hussy, che, come si usava a quei tempi, le era stato presentato quale uomo giusto per formare una famiglia.

Poi, dalla guerra di Etiopia del 1936 alle leggi razziali del 1938, Agnese – la figlia di Elda – diventa la figura chiave del libro: lei incarna e interpreta lo spirito del Vangelo sia nelle dispute teologiche con Don Matteo nella parrocchia di Creva sia in tutte le vicende che si snoderanno dall’entrata in guerra del fascismo sino all’affermazione della Resistenza. Anche se giovanissima Agnese ha ben compreso quanto odio e lacerazioni il fascismo abbia purtroppo generato nelle comunità delle valli. Eppure incaricata di rifocillare un giovane fascista, rinchiuso in una cascina dopo un’azione mal riuscita da parte dei partigiani della Banda Lazzarini, decide di fare di testa sua. All’odio non si può rispondere con altrettanto odio: pertanto organizza la liberazione di Giuseppe, che è il figlio del podestà di Luino, precedentemente conosciuto in occasione di una serata di ballo. Per questo gesto inaspettato Agnese venne inviata in Valsesia, a farsi le ossa tra i partigiani della Brigata Garibaldi, guidati dal valoroso comandante Cino Moscatelli. Nonostante ciò al suo ritorno a Luino il cuore la riporterà nelle braccia di Giuseppe, con tutti gli strascichi e i commenti anche offensivi che subirà fra la sua gente. Come poteva una partigiana – “icona della Resistenza – mettersi insieme ad un fascista?

Se si voleva passare dalla stagione dell’odio a quella dell’amore, ove i valori del Vangelo e della Costituzione sarebbero stati la guida per il riscatto di un popolo, non poteva essere giudicato impossibile l’amore tra due persone provenienti da fronti opposti: così ragiona Agnese. Allo stesso modo, quando la Chiesa decretò nel 1949 la scomunica contro il Partito Comunista, Agnese fu la prima a ribellarsi, sostenendo la liceità del coniugare la fede con la ragione. Pertanto, anche il suo matrimonio con Giuseppe e il battesimo del figlio Giacomo – nome scelto in ricordo del deputato socialista Matteotti barbaramente ucciso dai fascisti nel 1924 – incontreranno più di una traversia per realizzarsi.

Infine Agnese, giunta alla veneranda età di 96 anni, nel rammentare che la vita non era stata certamente avara di soddisfazioni nei suoi confronti, in una lettera-testamento indirizzata a tutta la sua famiglia si sente in dovere di metterli in guardia rispetto ai «nuovi seminatori d’odio di cui pullula oggi la politica» sollecitando perciò a non essere indifferenti di fronte alle gravi contraddizioni e ingiustizie che affliggono anche oggi l’intera umanità.

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