20 anni di «Uomini in cammino»

 Il gruppo «Uomini in cammino» (chi frequenta il blog lo ha già incontrato) di Pinerolo festeggia «i primi 20 anni di cammino sui sentieri del cambiamento maschile». Nell’ultimo numero della rivista «alcuni di noi hanno accolto l’invito a scrivere su che cosa è cambiato in loro da quando frequentano il gruppo» e qui sotto io riporto due di questi scritti. In coda troverete un appuntamento – per incontrarli, magari se siete già dalle parti dell’Alpe di Usseaux – il 24 e 25 agosto.

Il gruppo di Pinerolo (che nasce all’interno della comunità cristiana di base) non è l’unico del genere in Italia: ve ne sono molti altri, perlopiù laici e per saperne di più digitate – anche qui in blog – Maschile Plurale. A ogni modo se ne riparlerà. (db)

SONO SOLO UN UOMO

Lanciare l’idea è stato facile; lo svolgimento del tema lo è molto meno. Qui si tratta di fare outing, raccontando cose sostanzialmente piacevoli, fonti di benessere e gioia – quelle meno belle ce le raccontiamo nel gruppo e lì stanno.

Il mio cammino di cambiamento è cominciato molti anni prima del gruppo-uomini, ma qui abbiamo scelto di raccontare cos’è cambiato nella nostra vita da quando frequentiamo il gruppo… Allora comincio dalla parzialità, individuale e di genere. Educato da sempre a parlare di “uomini” in senso neutro universale, ho avuto un bel po’ da riflettere quando un amico, che frequentava un gruppo di donne e uomini omosessuali, mi ha messo di fronte a questo dato di fatto: sono solo un uomo… posso parlare solo per me, non per l’umanità intera, perchè sono solo uno… e solo uomo.

Con il tempo ho capito – e adesso ne sono pienamente convinto – cosa significa l’irriducibilità della differenza tra uomo e donna: sono due universi, due sistemi simbolici e di pensiero, due modi radicalmente diversi di vivere e di stare nelle relazioni. Solo la costrizione e la sottomissione possono assimilare una donna all’universo maschile, costringerla a farlo proprio. In realtà uomo e donna sono distinti in modo irriducibile: non può che essere una scelta libera per entrambi entrare in relazione per vivere attrazione e desiderio. Al di sotto della piena libertà non c’è che costrizione e abuso.

Sono consapevole di usare le parole in modo rozzo, ma voglio andar via veloce nel collegare i pensieri. Il successivo è questo: quella irriducibilità non basta proclamarla – senza contare che altri e altre lo sanno fare molto meglio di me e a loro vi rimando: ad esempio all’ultimo libro di Luce Irigaray «All’inizio, lei era» (Bollati Boringhieri). Viverla significa imparare a rispettare e condividere la piena libertà di ogni donna, a cominciare da “mia” moglie, da “mia” figlia, da “mia” nipote. Credo di averlo faticosamente imparato, con un guadagno indicibile: l’innamoramento, che dura e cresce nel tempo, verso tutt’e tre, con forme diverse ma uguale intensità.

A proposito: recentemente mi è capitato di leggere un articolo che motivava “scientificamente” il calo del desiderio sessuale conseguente al raffreddarsi dell’innamoramento, con il passare degli anni. Non voglio insegnare niente a nessuno, ma perché quello che succede a noi due non potrebbe succedere a tutti e tutte? Forse sociologia e psicologia si limitano – com’è universale nel mondo patriarcale – a descrivere e giustificare il modello unico e consolidato, che bisogna guardarsi bene dallo stravolgere. Un modello di relazione uomo/donna in cui i ruoli sono socialmente e culturalmente definiti e tali devono perpetuarsi per garantire lo status quo delle relazioni economiche e gerarchiche tra gli esseri umani: non è necessario essere innamorati… l’uomo è autorizzato a prendere ciò che gli piace – chiedete a quei satrapi mediorientali che “sposano” bambine di 11 anni… o ai “millionaires” di casa nostra…

Ma se solo ci dedichiamo a coltivare l’innamoramento invece della superiorità, della pigrizia e dei privilegi del maschio, ecco che quelle ricorrenti indagini sul calo del desiderio cominciano a far sorridere – sotto i baffi… Perché succede che con il passare degli anni l’innamoramento cresca e si radichi. Un gran bel guadagno!

Ciò è reso possibile da una relazione consapevolmente di differenza: mia moglie non è a mio servizio, né come domestica né come concubina; ma ogni giorno scegliamo, in piena libertà reciproca, di continuare a stare insieme. E ogni tanto – spesso – ce lo diciamo. Non c’è niente che ci faccia innamorare di più che continuare a parlare d’amore, mentre condividiamo ricerche e relazioni. Come due innamorati, appunto.

Capisco che possano sembrare questioni teoriche; in realtà a chi le prende sul serio con quotidiana consapevolezza capita di vedersi cambiare tutta la vita, in un processo quotidiano ed eterno, senza fine. Almeno, questo è quel che succede a me. La prova ce l’ho ogni volta che mi trovo a scambiare pensieri e parole – sulle donne, sul matrimonio, sulla politica, su quasi ogni cosa – con uomini fermi alla cultura del catechismo e dei partiti.

Quella irriducibilità ha un’altra ricaduta non da poco: mette in luce i due ordini simbolici di cui stiamo prendendo coscienza. Da una parte il patriarcato, di cui il monoteismo maschile è colonna portante, che ho/abbiamo capito di dover superare, rifiutare, abbandonare… per trovare benessere e gioia di vivere nell’ordine simbolico della madre, luogo della reciprocità e della convivialità delle differenze, a cominciare da quella originaria e fondante tra donna e uomo.

E’ il luogo della politica delle relazioni, che è la politica “prima”. Quanto la nominiamo nel gruppo! E’ la politica delle donne: non la politica con cui le donne del femminismo cercano di soppiantare gli uomini nella gestione del potere – terrore degli uomini Beta, dei maschi selvatici, di tante associazioni di padri separati… -, ma il sistema politico dell’ordine della Madre, in cui figli e figlie, maschi e femmine, sono ugualmente amati/e ed educati/e a viversi da pari, alla pari, tra pari. E’ ciò che diciamo con la formula: un mondo a misura delle donne è a misura di tutti/e. Non è così per il mondo patriarcale che conosciamo.

A questo punto mi resta da dire una cosa importante sulla Comunità di Base. La presenza, da anni, di un gruppo di donne attente al pensiero e alle pratiche della differenza ha stimolato quelli di noi che partecipano al gruppo-uomini a praticare con loro alcuni sentieri di ricerca e, soprattutto, a cercare di vivere con coerenza, anche nella vita e nei gruppi della CdB, le modalità di stare nelle relazioni apprese nel gruppo, le nostre “regole d’oro”.

Proprio perché vi è centrale lo studio assiduo della Bibbia, la CdB è un luogo privilegiato per imparare a riconoscere e a prendere le distanze dalla cultura patriarcale che la informa. Senza rinunciare alla spiritualità e alle sue forme. Semplicemente, anch’essa viene trasformandosi. In ognuno a modo suo, sempre a partire da sé… ma questa trasformazione è in atto ed è innegabile.

E’ come nella vita di coppia: le difficoltà nella relazione avrebbero potuto essere, molte volte, motivo di abbandono, di separazione; invece le motivazioni a continuare erano così forti che ho/abbiamo imparato a convivere tra diversi/e. Se questo è possibile tra chi è “irriducibilmente” diverso, come sono uomo e donna, a maggior ragione dovrebbe esserlo tra pari, tra con-generi come gli uomini. In realtà siamo stati educati alla competizione, alla diffidenza, all’indifferenza… e solo una forte consapevole motivazione – costruire una nuova civiltà delle relazioni – mi ha guidato per mano, finora, a cercare di vivere relazioni più profonde e vere con i miei simili maschi. E a seguire, per questo scopo, le ricerche delle donne del femminismo; e a cercare di stare in relazione di ascolto e di scambio con loro, perché soprattutto loro hanno “parole di vita eterna”. Dove “eterna” non significa più, per me, ultraterrena ma “per il futuro del mondo e di chi lo abita, finché ci sarà vita”. A questa eternità, a questo “per sempre” possiamo dare il nostro contributo, ciascuno a partire da sé, mettendoci in cammino di cambiamento.

Ancora una piccola cosa, per finire: con il gruppo è cambiato anche il mio approccio all’intellettualità. Ho sempre riconosciuto fondamentale, preziosissima, la capacità di riflessione degli e delle intellettuali e ne leggo con riconoscenza e guadagno i libri che riesco; ma per una nuova civiltà delle relazioni sono decisive la mediazione e il gruppo. Quei pensieri, quegli approfondimenti… devono essere metabolizzati da tutti, anche da chi ha poca o nulla dimestichezza con i libri. Perché è anche di loro – di ogni uomo – che è decisivo il cambiamento. Questo è il grande dono di cui sono riconoscente al nostro gruppo: essere composto da uomini diversi per cultura, scolarità e professionalità, animati dalla consapevolezza di essere solo uomini bisognosi e capaci di mutuo aiuto. Grazie, ragazzi!

Beppe Pavan

NOI CI SIAMO

Fu quasi tutto dimenticato quella tacca nell’emancipazione di questo paese che mettemmo quasi per caso”. Cosi raccontava al giornalista una protagonista di una vicenda che è stata uno snodo importantissimo nell’emancipazione delle donne non solo in Inghilterra. Fu una falla importante nella diga del maschilismo che non voleva cedere. Era il maggio del 1968: mentre sul continente scoppiava il maggio francese, 187 donne, operaie della fabbrica Ford a Dagenham (Inghilterra), che cucivano i sedili in pelle per le auto, persero la pazienza, per le precarie condizioni di lavoro e la dequalificazione della loro mansione, scesero in sciopero senza chiedere permesso e misero in difficoltà gli altri 55.000 operai uomini.

Ho rivisto il film «We want sex». Ho rivissuto le mie stesse indimenticabili esperienze: scioperi, cortei, manifestazioni. Il film del regista Nigel Cole, del 2010, si basa su fatti accaduti realmente. Le 187 lavoratrici, guidate dalla delegata Rita O’Grady, all’inizio scioperarono per il riconoscimento della specializzazione e poi “il diritto all’equità divenne all’improvviso la nostra bandiera” dice una protagonista. Il giornale nazionale «Mirror» lo delfini lo ‘’sciopero delle sottane’’.

Ecco: “il diritto all’equità divenne all’improvviso la nostra bandiera”. Dopo secoli, forse millenni, ci si desta e ci si rende consapevoli delle gabbie ideologiche in cui il pensiero dominante ci ha rinchiusi. Per secoli si è accettato che la donna fosse inferiore all’uomo e i suoi diritti calpestati, era tutto naturale e si subiva e si accettava senza discussione, come era naturale che le donne fossero pagate molto meno degli uomini. Due settimane di sciopero selvaggio nella quasi totale indifferenza e fastidio dei lavoratori uomini, fino a che i sindacati dell’Union, anche loro afflitti da radicato maschilismo, dettero ufficialità allo sciopero. Mentre la controparte, i datori di lavoro, non era per niente disposta a cedere, le lavoratrici manifestarono davanti a Westminster: lo striscione non era tutto aperto e si leggeva solo ‘’We want sex’’, la parola ‘’equality’’ era nascosta. Furono poi convocate dal ministro del lavoro Barbara Castle e insieme queste donne cambiarono le relazioni industriali e rivoluzionarono quelle del vivere civile. Due anni dopo, nel 1970, fu varata la legge “Equality pay act”, che si diffuse rapidamente nel resto del mondo.

Molte donne, giustamente, fanno osservare che non si tratta di lottare per essere uguali agli uomini, di avere quote rosa o cose del genere, ma bisogna pensare a una società in cui si accetta di essere diversi e si convive con il diverso, una società fondamentalmente equa, che inneggi alla vita e non corteggi la morte, che tagli le spese per gli F 35, strumenti di morte, e non quelle per la sanità, l’istruzione o la cultura.

1968: snodo nevralgico di cambiamenti epocali, che integralismi vari e settori forti cercano continuamente di annullare riportando indietro la storia. Un movimento oceanico di giovani di ogni continente aveva messo in discussione e contestato il potere dei padri; dentro questo movimento confluì l’onda lunga straripante delle donne, una marea che tuttora prosegue, scardinando certezze e mettendo tutto in discussione. Non c’è da neutralizzare solo il maschilismo e il patriarcato, ma anche da costruire un mondo di relazioni diverse da quelle tuttora prevalenti, basate sulla cultura della dominanza, abbastanza diffusa tra noi anche nei piccoli atti quotidiani, e tentare di arginare la prevaricazione di quei pochi individui che decidono, indifferenti, del destino del mondo.

 

Incomincio da me

Estate 1976: insieme a una coppia di amici decidemmo di partecipare a un campo estivo presso il centro giovanile evangelico Adelfia a Scoglitti, in Sicilia. Per qualche giorno gli incontri e le discussioni procedettero normalmente… Un mattino sentimmo, tra lo scrosciare dell’acqua delle docce e seni nudi al vento, le risate delle donne. Dopo poco arrivarono come furie e cacciarono tutti noi uomini dalla sala riunioni, iniziando le loro sedute di autocoscienza. Mogi mogi, non sapendo che fare, ci raccogliemmo, salendo su una scala a pioli appoggiata al muro, sopra il terrazzo; non eravamo per niente allegri e incominciammo pure noi maschietti a contarcela sui rapporti con le donne… fu quasi uno strazio.

Finite le vacanze, non ci fu un seguito a quella esperienza, che dimenticai presto. Mia moglie ed io eravamo impegnati, come delegati dall’inizio degli anni 70, nei consigli di fabbrica e spesso avevamo delle riunioni, non solo di fabbrica e di categoria, ma anche quelle indimenticabili intercategoriali che riunivano delegate, una piccola minoranza quasi silenziosa, e delegati delle diverse categorie lavorative. Non ricordo che la questione di genere e le problematiche femminili fossero mai affrontate dal sindacato e dai consigli di fabbrica; ed eravamo il fior fiore delle cosiddette avanguardie. Allora eravamo in molti a credere di poter cambiare la società e il mondo con la politica; spesso, però, ignoravamo le persone, anche quelle più vicine, e mettevamo a tacere i nostri bisogni esistenziali: la sfera privata non doveva influenzare quella pubblica, politica. Quello che ricordo è che i cambiamenti che avvennero nella nostra società furono dovuti soprattutto al movimento sindacale, allora unitario, e a gruppi della cosiddetta società civile, mentre i partiti o remavano contro o si accodavano.

Con le donne, in genere, non penso di aver avuto nessun atteggiamento maschilista, anche con mia moglie e mia figlia. Però a mia figlia continuavo a raccontare, quando era piccola, le solite favole di cappuccetto rosso, principesse e principi azzurri; eppure avevo letto, già anni prima, il libro di Elena Gianini Belotti «Dalla parte delle bambine» sull’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruolo femminile nei primi anni di vita.

In verità la lettura non aveva lasciato traccia. Anni dopo stavo ripetendo la stessa cosa con la mia nipotina e, passando per le avventure di Ulisse, forse perché avevo maturato una visione e sensibilità diversa, capii che non potevo continuare a raccontare cose come “Il principe la baciò e la bella si svegliò”. Incominciai a parlarle di Rosa Parker, di altre donne e uomini che hanno rotto gli schemi conformisti e ingiusti imposti dalle loro società. Già da un po’ di anni partecipavo al gruppo uomini: anche se non ero motivato da difficoltà particolari, sentivo che i ruoli ed il tipo di relazioni che la nostra società impone non mi andavano per niente. Nei diversi gruppi che avevo frequentato non era nemmeno lontanamente pensabile parlare dei propri sentimenti e della difficoltà di vivere, e le relazioni che si formavano in quei gruppi erano quasi formali: neanche la voglia di prendersi un caffé insieme. Nel gruppo uomini c’è qualcosa di diverso: un disvelarsi e una propensione al cambiarsi mettendo in discussione le nostre faticose certezze.

I cambiamenti, penso, possono avvenire o all’improvviso, perché irrompono eventi che scompaginano gli schemi tradizionali, o maturando lentamente. Ho impiegato un po’ di tempo per avere una diversa visione della realtà che ci circonda e notare cose che erano state sempre lì, sotto i miei occhi, nonostante le svariate esperienze vissute; non è stato né automatico né un percorso semplice e lineare. La strada è lunga e accidentata, però mi guardo intorno e noto che non sono solo ad essere in cammino. Buon cammino a tutti.

Mauro Sorrentino

Sabato 24 e domenica 25 agosto 2013

il gruppo UOMINI IN CAMMINO di Pinerolo festeggia i primi 20 anni di cammino

sui sentieri del cambiamento maschile

e abbiamo pensato di farlo in questo modo:

  • Sull’ultimo numero di UinC alcuni di noi hanno accolto l’invito a scrivere su che cosa è cambiato in loro da quando frequentano il gruppo
  • Poi abbiamo invitato – e rinnoviamo qui l’invito – gli uomini degli altri gruppi italiani e di Maschile Plurale a continuare il racconto in una

SERATA TRA UOMINI sabato 24 agosto

alla baita Pascalin vicino all’alpe di Usseaux sopra Fenestrelle (v. info successive)

  • Infine: domenica 25 agosto, nell’area-campeggio di Pian dell’Alpe, tutto il mondo, maschile e femminile, è invitato a un pic-nic – all’ora di pranzo – come scusa per conoscerci e chiacchierare

* * *

informazioni organizzative

 

  1. Abbiamo anzitutto bisogno di ricevere le prenotazioni – o la conferma: di chi arriva sabato e di chi verrà su domenica – entro mercoledì 21 agosto.

Per sabato 24

  1. La “serata tra uomini” avrà luogo in una baita attrezzata con 24 posti-letto (aumentabili a seconda delle necessità) messa a disposizione da Arci e dai suoi amici. Chi viene deve portarsi il sacco a pelo e abbigliamento adeguato: saremo a circa 1500 m di altitudine. Anche asciugamano e beauty personale.

  2. Se è possibile, cercate di arrivare nel primo pomeriggio di sabato (comunicateci l’orario di arrivo, appena lo conoscerete – a Pinerolo si arriva in treno o con l’autostrada). Quando ci saremo tutti (tranne insuperabili eccezioni) riempiremo le auto e ci trasferiremo ai monti. Dovremo camminare per una ventina di minuti su una stradina sterrata…

  3. Al cibo provvederemo noi. Saranno certamente ben graditi eventuali vini e cibi esotici (= dei vostri luoghi). Chiederemo solo un piccolo contributo per l’uso della baita.

Per domenica 25

  1. Pian dell’Alpe è un grande pianoro che si trova un centinaio di metri più in alto rispetto alla baita. Le famiglie degli uomini che verranno sabato saranno ospiti nelle nostre case e ci raggiungeranno in auto con le nostre mogli e compagne per il pic-nic.

  2. Gli amici e le amiche che vorranno coinvolgersi sappiano che ci faranno enorme piacere. Alla materia prima per la grigliata penseremo noi; loro potrebbero portare altro da condividere: un antipasto o un dolce o della frutta o verdure… al vostro buon cuore!

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NB 1 – Se qualcosa non è chiaro o per qualunque info ulteriore, fate riferimento a:

Beppe: 0121393053 – cell 3391455800 – email: carlaebeppe@libero.it

Domenico: 0121321952 – cell 3393334521

Arci: 012183781 – cell 3355438843 – email: arcangelovita@virgilio.it

NB 2 – Come avevamo già preannunciato, se qualcuno volesse fermarsi 2 o 3 giorni in più – o anche 1 solo – la cosa è possibile. Possiamo organizzare una camminata in montagna oppure una visita a qualche luogo desiderato (santuari compresi). Dovete solo dircelo con la prenotazione.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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