25 settembre: urne aperte e cadaveri bollenti

Gli interventi di (in ordine alfabetico) Franco Astengo – con le istruzioni per presentare un reclamo sulla incostituzionalità del Rosatellum – di Daniele Barbieri, di Elisa Benzoni, di Salvatore Palidda e di Danilo Tosarelli.

 

POLITICHE 2022: CRITICITA’ DELLA FORMULA ELETTOTALE

di Franco Astengo

L’avvocato ed ex senatore Felice Besostri ha preparato due forme di protesta (vedi dopo) sulle distorsioni che presenta la formula elettorale con la quale saranno suddivisi i seggi nelle elezioni politiche.

Sarà bene allora chiarire nalcuni punti che sorreggono l’idea di una seria contestazione all’impianto legislativo in uso.

La legge 165 del 3 novembre 2017 approvata dal Parlamento con voto di fiducia (posto dal governo Gentiloni) prevede un sistema misto proporzionale e maggioritario, in cui un terzo di deputati e senatori è eletto in collegi uninominali – un solo candidato per coalizione, il più votato viene eletto – e i restanti due terzi sono eletti con un sistema proporzionale su lista.

Dopo la riduzione del numero dei parlamentari approvata con referendum confermativo il 20 settembre 2020 a essere eletti saranno 400 deputati e 200 senatori, dei quali 8 e 4 nelle circoscrizioni estere. I collegi italiani porteranno quindi all’elezione di 392 deputati e 196 senatori, un terzo con il maggioritario (o uninominale) e due terzi con il proporzionale (o plurinominale). Per la prima volta anche chi ha meno di 25 anni (e più di 18) voterà per eleggere il Senato.

Su questo punto si rileva una forte criticità sul numero dei seggi assegnati a ciascuna regione per il Senato laddove si registra che Regioni di minor popolazione come il Trentino Alto Adige (composto da due provincie autonome) eleggeranno un maggior numero di senatori rispetto a Regioni di maggior popolazione come Calabria, Liguria, Sardegna.

SONO PREVISTE SOGLIE DI SBARRAMENTO.

La soglia di sbarramento nella quota proporzionale è fissata al 3% su base nazionale, sia al Senato sia alla Camera, con l’eccezione delle liste relative alle minoranze linguistiche per le quali la soglia è al 20% per la regione di riferimento. In aggiunta alla soglia del 3% è prevista anche una soglia minima del 10% per le coalizioni (all’interno delle quali però almeno una lista deve aver superato il 3%). Il candidato di un partito escluso dal riparto dei seggi perché non ha raggiunto il 3% ma eletto nel maggioritario ovviamente manterrà il suo seggio.

Applicazione del proporzionale alla Camera e al Senato. Un’importante differenza, stabilita dalla Costituzione, fra Camera e Senato è che il Senato deve essere eletto su base regionale. La nuova legge elettorale prevede che la ripartizione dei seggi fra le liste alla Camera sia effettuata su base nazionale mentre il riparto al Senato sarà regionale: fermo restando che le soglie del 3% e del 10% saranno comunque calcolate su base nazionale.

Listini corti e bloccati. La legge prevede che i collegi plurinominali (parte proporzionale) siano formati dall’accorpamento di più collegi uninominali (parte maggioritaria). Ogni collegio plurinominale non eleggerà comunque più di 8 deputati.

Nei singoli collegi plurinominali le liste sono bloccate. Secondo le indicazioni della Consulta i collegi dovrebbero essere abbastanza piccoli per garantire la riconoscibilità dei candidati: tutti i nomi saranno scritti sulla scheda elettorale.

Coalizioni e alleanze. Liste coalizzate possono sostenere un solo candidato nella parte maggioritaria – uninominale e correre singolarmente nella parte plurinominale – proporzionale.

Ovviamente, considerato che l’articolo 67 della Costituzione non prevede il vincolo di mandato, la coalizione potrà essere sciolta in qualsiasi momento dopo le elezioni.

UNICA SCHEDA: NON C’E’ IL VOTO DISGIUNTO

Il voto sarà espresso su una sola scheda e non sarà possibile il voto disgiunto, ovvero votare un candidato nel collegio uninominale e una lista a lui non collegata nella parte proporzionale.

L’elettore quindi dovrà scegliere un abbinamento candidato – partito nell’ambito della stessa coalizione.

PLURICANDIDATURE E’ previsto che un candidato possa presentarsi in un collegio uninominale e in più collegi plurinominali, fino a un massimo di cinque. In caso di elezione plurima non ci sarà però libertà di scelta dell’eletto.  Se l’elezione si verificherà nella quota uninominale quello sarà il seggio assegnato; se eletto in diversi collegi plurinominali l’elezione sarà valida nel collegio nel quale la sua lista ha ottenuto la migliore percentuale. E’ previsto che ciascuno dei due sessi non possa rappresentare più del 60% dei candidati di un listino e che ciascuno dei due sessi non possa rappresentare  il 60% dei capilista nei listini di un singolo partito.

E’ previsto un meccanismo di recupero per i voti attribuiti ai partiti che, in coalizione nella parte uninominale – maggioritaria, non superino il 3% nella parte plurinominale – proporzionale. In quel caso le liste comprese tra l’1% e il 3% trasferiranno i loro voti ai partiti della stessa coalizione che avranno superato la soglia, in misura proporzionale rispetto ai voti da queste raccolti.

Anche a costo di apparire noiosi e ripetitivi è necessario denunciare, passo per passo, tutte le storture che emergono dai vari passaggi di modifica della legge elettorale attualmente in discussione in Commissione alla Camera.

Due elementi appaiono, oggi come oggi, oggetto d’attenzione:

1) La lista è completamente bloccata e gli eletti nella parte proporzionale saranno TUTTI scelti attraverso la loro posizione in lista senza preferenze e quindi senza intervento dei votanti. Non è vero che non esistono più le pluricandidature perché sarà possibile candidarsi in un collegio uninominale e in una lista blindata nella Circoscrizione. Le liste sono sì corte, ma possiamo dire irragionevolmente corte: basti pensare che il massimo di candidati per i partiti sono 4 anche quando ci sono da eleggere ben 8 Parlamentari. Le liste corte vanno messe in relazione con la circostanza che ogni candidato con il sistema plurinominale può avere fino a cinque pluricandidature, sistema che sentiamo chiamare dai nostri Rappresentanti come “paracadute”.

Intanto è necessario ancora una volta far notare che restano i nodi di fondo che riguardano questo sistema:

1) L’impossibilità del voto disgiunto.

2) Il numero fisso dei componenti le Assemblee impedisce la partecipazione di di candidati “indipendenti” nei collegi uninominali.

COSA SUCCEDE A I VOTI “PERSI”.

– i voti dati nell’uninominale ai candidati non eletti sono persi e basta, non li si recupera.Se si vota solo per il candidato uninominale e non si fanno segni su nessuna delle liste che lo sostengono, il suo voto, sommato agli altri analoghi, sarà spalmato sulle liste col criterio dell’8 per mille, cioè chi ha avuto più voti in quel collegio si vedrà attribuire più voti non espressi dall’elettore. Così viene di fatto imposto all’elettore di scegliere altro soggetto e il voto espresso solo all’uninominale (per esempio) viene trasferito al plurinominale, pur avendo l’elettore chiaramente scelto di non votare nessun altro.

Ad aggravare tale aspetto concorre la circostanza che la “scelta” è fatta alla cieca, posto che l’elettore non potrà sapere il risultato di ciascuna lista del collegio plurinominale in cui ha scelto di non esercitare il voto.

La mancanza della possibilità di esercitare il voto disgiunto è ancor più grave alla luce del quadro politico attuale, posto che viene imposto all’elettore che non trova gradito nessun candidato nella parte proporzionale di votare, di fatto, il partito più grande.

Del tutto privo di logica è anche il meccanismo per il quale i partiti che a livello nazionale superano l’1% dei voti concorreranno a formare la cifra complessiva della coalizione, ma se non superano il 3% di voti non eleggeranno alcun deputato e i loro voti verranno ripartiti proporzionalmente alle altre liste.

In sostanza si dice: hai scelto uno che non è forte abbastanza, allora “noi” premiamo il più forte; non ci sono argomenti logici per spiegare una scelta del genere.

Sicuramente questa sono norme contrarie alla Costituzione in quanto violano:

1) personalità del voto;

2) libertà del voto;

3) il principio di delega.

 RECLAMO E PROTESTA

ISTRUZIONI PER LA PRESENTAZIONE DEL RECLAMO

  • Stampa DUE COPIE (una per la Camera ed una per il Senato) della protesta/reclamo che trovi all’indirizzo webhttp://www.terra32.it/rappresentanza/reclamoElezioni2022.pdf

  • se lo desideri, nella casella “ulteriori ed eventuali ragioni di reclamo” aggiungi quello che ritieni opportuno, altrimenti barra la casella;

  • completale con i tuoi dati e firmale entrambe;

  • portale al seggio elettorale con la tua tessera elettorale, un documento valido e il tuo Codice Fiscale.

Se hai necessita’ di chiarimento e approfondimenti potrai trovare tutta la documentazione sulla legge elettorale ed i ricorsi presentati sul bloghttps://coordinamentoperlarappresentanza.blogspot.com/ o scrivere direttamente una email aper.la.rappresentanza@gmail.com

SE VOTERAI:

Dopo aver votato quando consegni le schede rivolgiti al Presidente e/o al Segretario di seggio e dichiara: “Intendo presentare un reclamo perche’ ritengo incostituzionale la vigente legge elettorale Rosatellum e chiedo che siano allegati ai rispettivi verbali del voto per Camera e Senato i documenti da me sottoscritti”.

SE NON INTENDI VOTARE:

Presenta la tessera elettorale e il tuo documento di identita’ ed al momento della consegna delle schede non le prendere e dichiara: “non Intendo votare e presento un reclamo perche’ ritengo incostituzionale la vigente legge elettorale Rosatellum e chiedo che siano allegati ai rispettivi verbali del voto per Camera e Senato i documenti da me sottoscritti”.

In entrambe i casi la corretta gestione dei verbali è infatti competenza specifica del Segretario del Seggio e a lui dovete rivolgervi per la verbalizzazionee non al Presidente. È il Segretario che risponde direttamente, di fronte alla Legge, dell’eventuale non verbalizzazione della protesta/reclamo agli Ufficiali Giudiziari, non il Presidente.

DOPO AVER PRESENTATO IL RECLAMO:

Per dare più forza a questa iniziativa sarebbe molto utile che ci comunicassi la tua adesione a questa email (indicando in che Comune hai votato)

per.la.rappresentanza@gmail.com

ULTERIORI ISTRUZIONI IN CASO DI PROBLEMI:

Se da parte del Presidente, del Segretario o di chi per esso, vengono frapposte difficoltà nel recepimento e verbalizzazione del reclamo, chiedi di poter parlare direttamente con il Segretario:

  • non reagire in alcun modo, non alzare la voce o metterti a discutere, per evitare di essere accusato di turbativa elettorale e mostra il testo degli articoli di legge che ti danno il diritto di presentare questo reclamo (vedi sotto questi articoli che ti riportiamo in allegato);

  • in caso di ulteriore rifiuto a verbalizzare dichiara a voce udibile e chiara rivolgendoti al Segretario del seggio, non al Presidente, che consegnerai il reclamo alle Forze dell’Ordine presenti al seggio. Nel caso che neanche queste volessero verbalizzare comunica che presenterai un esposto/denuncia alle autorita’ competenti (Carabinieri o Polizia di Stato);

  • Quindi puoi ritirare i documenti e uscire con calma dal seggio.

Se hai dei dubbi o problemi scrivi a

per.la.rappresentanza@gmail.com

ESEMPIO DI EVENTUALE DENUNCIA DA PRESENTARE AGLI UFFICIALI GIUDIZIARI:

Io sottoscritto (Nome e Cognome)Codice Fiscalenato in (Luogo di Nascita), il (Data di Nascita), residente in (Luogo di Residenza), titolare della Tessera Elettorale n. xyz (Numero Tessera),

dichiaro di essermi presentato al Seggio N. (Numero del Seggio), del Comune (Nome del Comune) presso il quale sono regolarmente iscritto, al fine di esercitare il mio diritto-dovere di cittadino elettore.

Era mia intenzione di avvalermi del diritto di verbalizzare una protesta/reclamo, sancito dalla Legge Elettorale (Artt. 74, 87 e 104 Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo 1957, n 361 e successive modifiche), ma: (Aggiungere breve descrizione di quanto avvenuto al Seggio, per esempio: Il Segretario si e’ rifiutato di mettere a verbale la Protesta/Reclamo e di accogliere il documento che ho chiesto di allegare”.

In Fede – FIRMA

reclamo e protesta

ai sensi degli artt. 74 e 87 T.U. Elezione Camera deputati, tutelato dall’art. 104 c. 5 del DPR 361/1957,

applicabile anche al Senato della Repubblica ex art. 27 d.lgs n. 533/1993

Il presente reclamo è indirizzato alla legge elettorale n. 165/2017, come modificata e integrata dalla legge n. 51/2019, adottata per queste elezioni unitamente alla legge cost. n. 1/2020, che ritengo incostituzionale e lesiva dei diritti politici del cittadino come garantiti dagli artt.3, 6, 48, 51, 56 e 58 Cost. alla luce delle sentenze nn. 1/2014, 35/2017 e 48/2021 Corte Cost., nonché per la modifica dell’art. 57 c. 3 Cost. la sentenza n. 1146/1988.

Chiedo pertanto che il presente reclamo sia allegato al processo verbale:

Sottoscrivendo questo documento mi associo alla protesta per come si svolgono le elezioni e idealmente ai ricorsi giudiziari contro la legge elettorale vigente perché:

– la legge elettorale vigente viola il mio diritto costituzionale di esprimere un voto diretto, libero e personale per scegliere, almeno in parte, tra i candidati nelle liste elettorali bloccate imposte dai partiti;

– il voto congiunto obbligatorio, a pena di nullità, tra candidato uninominale e liste plurinominali coalizzate viola la libertà e personalità del voto. Unitamente alla candidatura multipla, consente ai partiti di far eleggere i candidati a loro più graditi indipendentemente dalla intenzione di voto e produce persino effetti contrari alla volontà degli elettori;

– indipendentemente dalla volontà del votante, il voto dato a una lista plurinominale coalizzata può rafforzare altre liste della stessa coalizione, prive di programma comune e affollate di litigiosi capi politici, e può contribuire all’elezione di un candidato uninominale collegato sgradito al votante.

Tutte queste caratteristiche rendono il voto indiretto, non libero e eguale producendo un Parlamento di nominati a cui manca il sostegno personale e diretto del corpo elettorale. Ciò ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione (Corte Costituzionale sentenza n. 1/2014).

Affinché in un sistema elettorale misto, come quello vigente, il voto dell’elettore sia libero e personale, i voti espressi per l’uninominale e per il proporzionale non possono essere obbligatoriamente e congiuntamente espressi dall’elettore e pertanto essi vanno conteggiati separatamente.

Inoltre, protesto perché la legge elettorale viola l’art. 3 Cost., discrimina i diritti di molte minoranze linguistiche non residenti in regioni a statuto speciale e inoltre discrimina tra minoranze linguistiche e minoranze politiche. Il legislatore ha scelto un sistema elettorale misto con 3/8 d seggi maggioritari e 5/8 proporzionali, peraltro non rispettata nella Regione Trentino-Alto Adige, parzialmente alla Camera e integralmente al Senato, con violazione dell’uguaglianza nel diritto di voto, con la conseguenza che ha 6 senatori, più dei 4 di Abruzzo e Friuli-Venezia Giulia, dei 5 di Liguria, Marche più popolate e uguale ai 6 della Calabria, con quasi il doppio di abitanti.

Per queste ragioni sono stati presentati diversi ricorsi in vari tribunali per la verifica della legittimità costituzionale della legge elettorale, in particolare per il mancato rispetto degli articoli 3, 6, 48, 51, 56 e 58 della Costituzione e protesto perché il Governo, che dovrebbe essere neutrale in materia elettorale di esclusiva competenza parlamentare, si oppone al rinvio alla Corte Costituzionale.

Reclamo, inoltre, perché l’obbligo di raccolta delle firme solo per partiti o soggetti politici non presenti in parlamento ha creato una discriminazione per l’accesso alla competizione elettorale in violazione dell’art.51 della Costituzione

 

Il mio voto, la mia protesta

di Daniele Barbieri

Stavolta sarò breve … e pensare che invece volevo farla lunghetta. Nella mia testa c’era un discorso articolato:

  1. sull’incoerenza di astenersi per principio;
  2. sui numerosi imbrogli del voto anche in democrazia magari raccontando come il Psiup nel 1972 passò da Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria in “Partito Scomparso In Un Pomeriggio”;
  3. sul voto controllato dalla criminalità in molte parti d’Italia: Sicilia e Calabria in testa ma anche quella Lombardia che tante/i fingono di dimenticare;
  4. più link per documentarsi e magari qualcosa del genere “vita vissuta” con il contorno di quisquilie e pinzillacchere.

Invece vi risparmio: un po’ perchè evito di scrivere sotto Tachipirina e un po’ perchè spero che – almeno qui in “bottega” – molte cose siano abbastanza chiare. Dei miei tanti dubbi ho già scritto (*) mostrando, per inciso, come anch’io sono caduto vittima della voluta confusione dello Schif-Rosatellum. Perciò vi dico solo cosa farò domenica. Dopo lunghe incertezze ho deciso di dare i miei due voti a Unione Popolare. Subito dopo aver deposto le schede nell’urna (mai così funeraria come stavolta) con calma e “fermezza” chiederò al segretario del seggio di verbalizzare il mio ricorso per la palese incostituzionalità di questa legge elettorale: lo farò per le ragioni e nei modi che trovate in coda all’articolo di Franco Astengo, qui sopra.

Per tutto il resto ci risentiamo da lunedì. Anche se domenica tutto andasse nel peggior modo io credo che “il mondo non finirà” (nella merda comunque già eravamo con Draghi eccetera) e sono sicuro che, come sempre, il futuro dipenderà almeno in parte da noi. Chi non lotta ha perduto in partenza. Chi non si arrende troverà sempre compagne e compagni al suo fianco.

(*) cfr Il dubbio di Franco, il voto di Daniele

25 settembre: un suffragio non esattamente universale

di Elisa Benzoni (*)

Il suffragio è universale e dunque il diritto di voto deve essere garantito a tutti. Lo dice la Costituzione. Ma sono diverse le categorie a cui quel diritto è negato; tra queste le persone che, non avendo residenza, saranno escluse dal voto domenica prossima. Prenderemo in considerazione in questo articolo solo loro. Lasciando altre questioni fuori: chi vive nelle Rsa, gli studenti fuori sede, i rom e i sinti… solo per citare categorie numericamente rilevanti.

La norma di riferimento è quella del 1954, che stabilisce che la residenza, ovvero l’iscrizione all’anagrafe nel comune in cui si vive, è un diritto per tutti i cittadini italiani e per gli stranieri regolarmente soggiornanti.

Per motivi di ordine pubblico l’anagrafe è sotto la competenza del ministero dell’Interno, mentre viene delegato ai comuni la gestione dell’anagrafe territoriale. La ratio principale di quella legge è che lo stato deve sapere dove risiede un cittadino e dove può trovarlo. Due requisiti perché sussista il diritto alla residenza, uno oggettivo, dove la persona vive nei fatti, e uno soggettivo, dove la persona vuole vivere; ma ovviamente non è tutto così scontato perché i Comuni osteggiano il riconoscimento della residenza e perché la legge non facilita l’ottenimento della certificazione. E se ci sono persone che rimangono fuori è proprio perché non è identificato dove vivono o è difficile giuridicamente da identificare.

Stiamo parlando dei senzatetto, degli ospiti di assegnatari di case popolari, degli ospiti in case di terzi e degli abitanti di case occupate.
Si tratta di persone che non hanno una dimora certificata o perché il domicilio cambia continuamente, o perché l’insieme di norme non favorisce il riconoscimento, o perché la legge glielo impedisce.
Partiamo dai senza dimora. Delle persone che vivono per anni nelle nostre strade e nelle nostre stazioni.

Sarebbero 50 mila secondo un’indagine del 2014 dell’Istat, del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, della Federazione italiana degli organismi per le persone senza fissa dimora (Fio.PSD) e della Caritas italiana. Ma è un numero che deve essere considerato per difetto. Perché è una ricerca datata e la situazione del paese è drammaticamente peggiorata in termini di povertà; e perché il numero faceva espressamente riferimento ai senza fissa dimora che usufruivano di servizi di accoglienza.

Ma dobbiamo ovviamente considerare solo quelli in possesso di cittadinanza, il 42 per cento (il 58 per cento sono stranieri). Per loro però una possibile soluzione si è trovata. Una circolare Istat impone infatti ai comuni di dotarsi di un indirizzo fittizio convenzionale. In questo modo è possibile accedere ai servizi sociali e sanitari e avere la tessera elettorale e l’iscrizione nei registri. Mi sembra comunque difficile che queste persone dimenticate e condannate all’invisibilità, conoscano l’esistenza di questa possibilità e decidano, quindi, di esercitare il loro diritto di voto.

Delle persone senza dimora che vivono in strada quasi nessuno va a votare – ci spiega Alessandro Radicchi fondatore di Binario95, associazione che aiuta i senza fissa dimora nella capitale –; a votare saranno solo alcuni di quelli accompagnati e supportati dell’associazionismo. In questi anni al generale disinteresse si è aggiunta la fatica (almeno a Roma): per mantenere un diritto e per rimanere residente all’indirizzo fittizio bisogna dimostrare di aver usufruito di servizi di assistenza o del comune. È facile comprendere quanto esiguo sia il numero delle persone senza dimora che voteranno”.

Rimangono invece completamente fuori dai registri gli ospiti di terzi, parenti e non. In questo caso la residenza aprirebbe a diritti sui beni presenti nello stabile o comunque sugli oggetti in esso contenuti. Ed è per questo che è difficile che, anche in questo caso, chi ospita conceda anche la certificazione di questa presenza.

E questo succede anche se si è ospiti di persone assegnatarie di edilizia popolare: qualora una persona si trovi ospite di una casa di edilizia popolare non può dichiararsi lì residente. Gli unici residenti consentiti sarebbero gli assegnatari. Ma anche in questo caso basterebbe stabilire che la certificazione non dà diritti proprietari o assegnatari ma si limita a fare una fotografia dello status. Sia in un caso che nell’altro basterebbe una norma che da un lato assicuri i diritti proprietari e anche quelli esclusivi degli assegnatari.

Ma non è esiguo neanche il numero delle persone senza certificazione perché risiedono in stabili occupati. Sarebbero 48 mila gli immobili occupati nel 2018, secondo Federcasa. Ma anche in questo caso dare i numeri è cosa complessa e arrivare ai reali numeri degli abitanti è cosa praticamente impossibile, anche se si può supporre che ogni immobile sia abitato da più di una persona. Gli occupanti non sono nella condizione di ottenere la residenza presso queste strutture. L’articolo 5 del decreto Lupi impedisce, infatti, che chi occupa abusivamente possa richiedere e ottenere la residenza presso quello stabile.

La residenza però di per sé non legittima alcuna occupazione (questo il timore del legislatore) perché non dà alcun diritto sull’immobile, tanto è vero che coloro che sono sfrattati sono residenti presso l’immobile che sono costretti a lasciare. Nonostante ciò i Comuni la negano, pur sapendo che se si va in causa per certificare la dimora in uno stabile occupato, si vince. Ma è chiaro che si deve andare in causa e, come è ovvio, in pochi lo fanno”. A spiegarlo è Antonio Mumolo, presidente di “Avvocato di strada Odv”, associazione presente in tutte le regioni italiane con oltre mille avvocati a supporto.

Ma proviamo a dare questi numeri almeno a spanne, almeno per renderci conto di cosa stiamo parlando. Se consideriamo che gran parte dei senza tetto non è conteggiata dall’Istat perché non hanno chiesto aiuto ai servizi sociali, e consideriamo che nelle case e negli stabili occupati è difficile fare la fotografia dei reali occupanti, arriviamo a ipotizzare numeri altissimi. Per difetto, 200 mila persone.

Non si tratta di questioni insuperabili e proprio per questo l’indifferenza sul tema diventa preoccupante trasformando l’invisibilità di fatto in cancellazione amministrativa e pubblica.
Stiamo parlando di persone, per vari motivi, indigenti. E che sia l’indigenza a pregiudicare un diritto è cosa degna di un Paese incivile.

(*) ripreso da diogeneonline.info

A proposito del voto degli italiani all’estero

di Salvatore Palidda

Ho vissuto a Parigi come residente per oltre 13 anni e ho fatto anche l’esperienza di presidente di seggio in occasione di una elezione al Coemit in Francia. 

Più che giusto che gli emigrati abbiano il diritto di votare e sarebbe giusto che questo fosse esercitato anche per le elezioni locali mentre di fatto loro sono esclusi nonostante l’apporto spesso decisivo che danno all’economia locale (ne ho scritto in alcuni libri e anche articoli su riviste scientifiche). 

Ho anche potuto constatare che la pratica del diritto di voto per gli italiani all’estero è un’evidente aporia e ingiustizia perché :

1) lo si concede a persone che non hanno alcun legame con l’Italia (coniugi stranieri di italiani, nativi che da decenni non rientrano più nel Paese e non hanno alcun interesse per le loro origini, discendenti di italiani che non sanno neanche la lingua) prova ne è che i votanti sono percentuale risibile. Inoltre il voto per corrispondenza favorisce i brogli, legati soprattutto all’incetta di schede da parte dei candidati. Con casi di plichi contraffatti, schede fotocopiate, voti provenienti da persone morte da anni o elettori che hanno votato più volte.

(Nel 2018 Adriano Cario fu eletto con l’Usei nella circoscrizione Senato Sudamerica e il 2 dicembre 2021 l’aula del Senato votò, a scrutinio segreto, un ordine del giorno che chiedeva la mancata convalida dell’elezione di Cario a causa di voti contraffatti: una perizia calligrafica su un campione di schede dimostrò che erano state compilate dalla stessa persona; vedi anche https://www.ilsole24ore.com/art/elezioni-voto-gia-corso-6-milioni-italiani-all-estero-ecco-tempi-e-modalita-rischio-brogli-AEjvUoyB#U4016645625810OF).

2) E’ una paradossale ingiustizia che gli stranieri residenti regolari in Italia da oltre 10 anni non abbiano il diritto di voto né alle politiche né alle locali!

In sintesi: l’unica soluzione corretta potrebbe essere quella di accordare il diritto di voto SOLO alle persone di nazionalità italiana residenti all’estero che scrivano una lettera certificata presso il loro Comune di residenza e indirizzata all’ambasciata italiana del Paese di residenza in cui chiedono di essere iscritte alle liste elettorali e quindi di voler esercitare il diritto di voto.

Il momento del voto

di Danilo Tosarelli

Spesso capita di scoprire incongruenze clamorose.

Parli con persone che dichiarano di aver sempre votato a sinistra. 

Adesso affermano che voteranno la Meloni(?!)

Sono stufi delle chiacchiere… Beati loro.

Non pretendo che tutti gli Italiani abbiano la mia consapevolezza. 

È una consapevolezza maturata negli anni, dedicandoci tempo.

Ma un elettore di sinistra che adesso vota a destra…

Consentitemi di corrucciare la fronte.

Ormai è quasi una moda rivendicare il voto volatile. 

Accantonate le ideologie, ormai vale tutto e tutto diventa opinabile. 

Ma io che sono all’antica, sento che molto stride e mi preoccupo.

Che individuo ho di fronte? 

Scegliere con leggerezza è inopportuno e controproducente. 

È sinonimo di ignoranza e superficialità. 

Esistono proposte diverse tra un partito e l’altro. Le conosci?

Cogliere le differenze è sostanziale. Ci parlano del nostro futuro. 

Credo che nessuno di noi abbia il diritto di lamentarsi.

Tranne chi fa qualcosa per migliorare le proprie condizioni. 

Credo che anche un voto consapevole vada in quella direzione. 

Purtroppo, in troppi sottovalutano tutto ciò. 

Avere la tua voce in Parlamento non è forse importante?

Sta a te decidere cosa deve riportare quella voce.

Si preferisce invece votare il partito che ha i migliori sondaggi. 

Anche se non se ne conoscono storia e programmi. 

Ma se quel partito vince, sento di aver vinto anche io.

Anche in politica si fa il tifo. Ed è appagante vincere. 

Dopodiché le delusioni sono dietro l’angolo. Nessuna scusa. 

Se le cose andranno male, tu ne sarai corresponsabile. 

Ed io che ho votato con consapevolezza, te lo rinfaccero’ sempre.

Purtroppo vanno in questo senso anche certe logiche che deploro. 

Scrive Paolo Flores d’Arcais su Micromega del 12 settembre 2022.

“Caro Letta e caro Conte, le destre dilagheranno in Parlamento.

Voi ne siete responsabili. Ciononostante vi voteremo.”

D’Arcais li accusa in modo circostanziato. Li accusa, ma… D’Arcais cita anche UNIONE POPOLARE, perché non può non farlo.

“L’ultimo sondaggio la da’ all’1%. Votarla è davvero un azzardo…

Con il neo-ex fascismo in agguato, possiamo permettercelo?”,

Ancora una volta, l’invito al voto utile, che annulla ogni speranza. 

Avete sbagliato, non vi condivido, ma siete più grandi e allora vi voto. 

UNIONE POPOLARE può essere meglio di voi, ma….

D’Arcais lancia un messaggio diseducativo. 

Ma Letta e Conte vanno all’incasso e UNIONE POPOLARE paga.

Se tutti la pensassero così, UNIONE POPOLARE non avrebbe senso. 

Non raccoglieremmo neppure un voto. Nonostante il buono.

“Io la voterei, ma i sondaggi dicono… Io non voglio sprecare il voto”.

Purtroppo sono tanti/troppi a sinistra, coloro che la pensano così. 

Fidandosi di sondaggi manipolati e sponsorizzati. 

Sondaggi che spesso sono stati smentiti. 

L’esperienza di De Magistris sindaco di Napoli ne è una conferma. 

Torna la domanda. Che individuo ho di fronte?

Perché non votare la lista che più ti piace e ti rappresenta?

Stai scegliendo di affossare le tue aspirazioni? Perché?

Preferisci così e votare turandoti il naso?

Con persone come te, non cresceremo mai. Figurati il 3%…

Non hanno più senso le nostre idee, i nostri valori diversi.

Può solo vincere il conformismo e la rassegnazione. 

Tu uccidi ogni speranza di cambiamento. E la neghi anche a me.

Altro che corrucciare la fronte…

LA FOTO (augurale o un poco disperata?) è stata “rubata” a NINO ROMEO.

Le vignette sono di Giuliano Spagnul, Mauro Biani e Vauro.

Quanto all’immagine del martello si riferisce al modo in cui questo attrezzo viene chiamato in molte parti d’Italia, cioè male e peggio  – o malepeggio – il che in bottega ci ha fatto pensare al voto “meno peggio”. Dite che siamo ubriachi? No, sono merde quelli che ci stanno governando e scrivono leggi elettorali infami.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

4 commenti

  • Domenico Stimolo

    https://video.corriere.it/esteri/canto-mahsa-ragazza-iraniana-intona-bella-ciao-lingua-persiana/425d6ba2-3bfa-11ed-913c-575b558aca2f
    ” Bella Ciao” cantata per Masha in lingua persiana.
    La canzone di Liberta’….non ” politica” , come affermano diversi millantatori do Storia Patria.
    Buon 25 settembre…e buone scelte di Liberta’, in difesa della nostra Costituzione antifascista.

  • RECLAMI per la incostituzionalità del “Rosatellum”

    Cara amica, caro amico,
    nel nostro appello a inviare ricorsi alle Giunte per le elezioni delle Camere, vi abbiamo pregato di farlo entro il 20 ottobre VOGLIAMO CHIARIRE CHE IL 20 OTTOBRE NON ERA UNA SCADENZA: inviare ricorsi si può ancora fare ed è utile farlo. Il 20 ottobre era soltanto la data entro la quale avevamo la CERTEZZA MATEMATICA che i ricorsi sarebbero stati “tempestivi” a norma dei Regolamenti, cioè “entro venti giorni dal giorno di proclamazione dell’eletto cui si riferiscono”. In settembre non era stato proclamato alcun eletto: le proclamazioni sono iniziate il primo ottobre, procedute lentamente, fra ritardi ed errori di conteggio poi corretti (ricordate il caso Bossi?), per concludersi solo a metà ottobre.
    Quindi i ricorsi inviati nei prossimi giorni hanno ancora ottime probabilità di risultare tempestivi, e quelli “schede bianche”, dirette contro TUTTI gli eletti, lo saranno parzialmente fino ai primi di novembre.
    Ma oltre a questo, dobbiamo tener presenti due fatti:
    1) sono già stati inviati un numero di ricorsi con tutti i crismi (firma autenticata e raccomandata inviata prima del 21 ottobre) sufficiente a costituire una massa critica che non può essere ignorata dalle Giunte: ulteriori ricorsi che venissero respinti per vizio di forma costituiranno comunque una pressione sulle Giunte e potremo utilizzarne il numero a fini mediatici;
    2) abbiamo intenzione di intraprendere qualche azione contro i Comuni che hanno rifiutato di autenticare le firme, perché in questo caso lo Stato ha prescritto una procedura per esercitare un diritto ma non ha fornito gli strumenti per poterla seguire. L’intempestività in questi casi non è addebitabile alle e ai ricorrenti, ma allo Stato stesso.
    Vi chiediamo quindi di INVIARE I RICORSI, se non l’avete già fatto, con il mezzo che ritenete più pratico (raccomandata o PEC con fotocopia di un documento d’identità, ma anche posta normale per evitare esborsi) per tutto il mese di ottobre e fino al 2 novembre.
    ISTRUZIONI E MODULI QUI: https://coordinamentoperlarappresentanza.blogspot.com/2016/10/presentazione-di-ricorsi-alle-giunte.html
    Grazie – Con preghiera di diffondere anche ai vostri contatti:
    COORDINAMENTO PER LA RAPPRESENTANZA (e contro il Rosatellum)
    https://coordinamentoperlarappresentanza.blogspot.com/2020/12/contattaci.html

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *