27 novembre 2018: ancora un femminicidio in El Salvador

Una occasione per riflettere sul fenomeno dei femminicidi in El Salvador, ma anche per scoprire percorsi di denuncia e di recupero dei diritti di genere.

di Maria Teresa Messidoro (*)

Ci sono sempre ricorrenze da festeggiare.

O anniversari da celebrare. E date da non dimenticare. Da mettere in fila.

Con le tessere dei volti delle donne uccise.

Anche in El Salvador.

Il 28 settembre 2016 Priscila Magaly García fu assassinata a San Salvador. Il movente del suo compagno era ritirare il premio dell’assicurazione sulla vita che Priscila aveva appena stipulato.

Il 29 dicembre 2017 a San Salvador fu assassinata Carla Ayala. In realtà, fu dichiarata scomparsa, ritrovata cadavere nel settembre 2018. Nella cronaca giornalistica risaltava il personaggio del suo assassino, l’agente soprannominato “Samurai”.

Il 31 gennaio 2019, nella provincia di Ahuachapan (sempre in San Salvador) viene assassinata Fernanda Nájera Quezada; il figlio di un anno e mezzo sopravvisse miracolosamente 72 ore dopo essere stato abbandonato dal padre assassino.

Il 15 giugno 2009 la ventitreenne Elda Ramos fu assassinata. Era militante femminista, sindacalista.

Durante la la pandemia, il 31 marzo di quest’anno, nel comune di Nueva Trinidad, in Chalatenango, viene assassinata Yesenia Menjivar.

La lista potrebbe  continuare, mettendo una croce su ogni giorno in cui è avvenuto un femminicidio in El Salvador. Per parlarne ho scelto la data del 27 novembre.

Perché il 27 novembre  2018 Sara Ventura Barahona, di 26 anni, è assassinata nel Centro Escolar di Tijereta, frazione del municipio di Torola, nella provincia di Morazán. Era maestra, stava giocando con i suoi allievi di 7 anni, nel cortile della scuola, quando è assalita  da Roberto Antonio Vásquez. L’uomo ha un coltello in mano: prima ferisce la madre di Rosa, poi colpisce a morte la ragazza. Quindi si toglie la vita. L’uomo, uscito da poco da una clinica psichiatrica, aveva già minacciato di morte altre donne.

Di Sara Ventura Barahona non ci sono fotografie, ricordi, altri dettagli. Le cronache giornalistiche riportano la stessa storia, quasi le stesse parole. (1)

La parola femminicidio non si nomina.

Ma lo è.

Anche se preferiremmo di no.

Poter dormire tranquilli, pensando allo psicopatico, al compagno eccezionalmente violento, allo strano caso di chi ambisce ai soldi.

Magari persino accusando la vittima di aver provocato.

Yanileth Mejía, psicologa femminista, afferma che non esiste un profilo del femminicida, perché può essere qualsiasi persona che pensa il corpo delle donne gli appartenga

«Il responsabile finale è un sistema che convalida i comportamenti violenti, rafforzando privilegi della mascolinità. Un sistema in cui i mezzi di comunicazione svolgono un ruolo determinante, normalizzando la violenza contro le donne», afferma la psicologa in una intervista. (2)

Molto spesso trasformando le vittime in colpevoli e assumendo atteggiamenti non rispettosi nei loro confronti.

https://pictoline.tumblr.com/image/190792410440 (3)

Secondo dati della Dirección de Información y Análisis (DIA) del Ministerio de Justicia y Seguridad Pública di El Salvador, da gennaio ad agosto 2020 si sono commessi 84 femminicidi.

Sebbene ci sia una diminuzione rispetto al 2019, sono comunque aumentati durante la quarantena: se ne contabilizzano 56 da aprile ad agosto. (4)

Ma le morti delle donne non sono solamente parte di una fredda statistica, perché ciascuna di loro ha una storia.

Troppe volte non raccontata.

Noi invece vogliamo farlo.

A partire dal caso di Sara.

Senza dimenticare Priscila, Carla, Fernanda, Elda, Yesenia, …

Per ottenere giustizia.

Fortunatamente non esiste soltanto la realtà brutale dei femminicidi, anche in El Salvador ci sono iniziative propositive, come dimostra l’opuscolo “El poder en la voz de las niñas” , della associazione salvadoregna Leer para Soñar, realizzato con il sostegno del Fondo Centroamericano para las Mujeres (Fcam): è la costruzione collettiva di sette bambine salvadoregne tra gli 11 e i 14 anni, che “che alzano la voce per esigere il rispetto dei propri diritti e dire ad altre bambine che sì, sono forti e coraggiose e possono affrontare le situazioni di violenza”. (5)

NOTE

  1. https://www.laprensagrafica.com/elsalvador/Hombre-con-supuestos-problemas-mentales-asesina-a-maestra-y-se-quita-la-vida-en-Torola-20181129-0054.html
  2. https://revistalabrujula.com/2020/09/24/no-existe-perfil-del-feminicida-sino-un-sistema-machista-que-valida-las-conductas-violentas/
  3. Rita Segato, scrittrice, antropologa ed attivista argentina, ha più volte affrontato il tema del femminicidio, che preferisce definire femminogenocidio. Vedere ad esempio in https://unamglobal.unam.mx/los-medios-divulgan-los-casos-de-feminicidio-como-un-espectaculo/
  4. https://observatoriodeviolencia.ormusa.org/index.php
  5. https://drive.google.com/file/d/1GUlb5vBks5CyzocHRF5gH4dJQo8RoyUG/view e https://revistalabrujula.com/2020/10/19/lanzan-fanzine-el-poder-en-la-voz-de-las-ninas/

Lanzan fanzine “El poder en la voz de las niñas” 

 

(*) vicepresidente Associazione Lisangà culture in movimento, www.lisanga.org

 

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

Teresa Messidoro

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