Dal mantra della videoconferenza al mantra della LIM

di Francesco Masala (*)

Una quindicina d’anni fa stavo in una scuola dove si attrezzò un aula chiamata di videoconferenza, era importante che le scuole potessero comunicare con le altre scuole, e non solo, stando ciascuno nella propria sede, si diceva.

Sarebbero crollate tutte le spese di trasferimento, vitto, alloggio e trasferta per l’Amministrazione, si diceva.

La tecnologia avrebbe trasformato le scuole, si diceva.

Quell’anno addirittura due volte due classi si misero in contatto con altre classi per vedersi e parlarsi, non ricordo di cosa, non doveva essere importante.

In seguito quelle apparecchiatura rimasero a prendere polvere, e sicuramente sono ormai obsolete.

I dirigenti hanno fatto frequenti viaggi a Roma,a fare riunioni, a partecipare ad adunate, a prendere le direttive ministeriali, senza videoconferenze.***

 

Oggi lo stesso sembra valere per le LIM (Lavagne Interattive Multimediali) , siamo nella fase dell’entusiasmo, poi il ciclo sarà in (rapida) discesa.

Già oggi nel documento de “La buona scuola”, a p. 73, si parla delle LIM come di tecnologie troppo ‘pesanti’ (qui), magari le rottameranno, a vantaggio di tecnologie nettamente migliori e meno costose (qui), anche il prof. Norberto Bottani, sicuramente senza simpatie luddiste, ospita nel suo sito interventi drasticamente critici, addirittura nel 2010, relativa all’esperienza degli Usa, (“Le LIM, un flop?” e “Perché odio le LIM”).

Cosa succederà appena i venditori e i montatori delle LIM non garantiranno più assistenza e manutenzione?

 

*** Mi è venuta in mente la storia delle videoconferenze quando ho letto che numeroso gruppo di dirigenti degli istituti alberghieri di tutta Italia si sono trovati fra Cagliari (candidata per essere capitale europea della cultura) e Pula (un posticino dove ha sede il Forte Village, famosa struttura di vacanza per non poveri, per chi non la conosce).

Anche il sottosegretario del MIUR Toccafondi era lì (qui), per sponsorizzare la buona scuola.

Non ho mai capito perché questi bellissimi convegni non li facciano a Scampia, a Corviale o allo Zen di Palermo.

 

(*) «Nella prefazione a “Le folgori d’agosto” (edizione Vallecchi 1973) alla domanda sul perché scrive Jorge Ibargüengoitia ha confessato che scrive un libro ogni qual volta desidera leggere un libro di Ibargüengoitia, che è il suo scrittore preferito. Quella lettura fu una folgorazione, da allora ogni volta che voglio leggere qualcosa di veramente bello e interessante che non riesco a leggere da nessuna parte, me la scrivo da me, anche perché non è mica facile per gli scrittori sapere quello che voglio leggere io». Francesco Masala si presenta così. Aggiungo solo che una delle sue frasi preferite è «La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta» di Theodor W. Adorno. (db)

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *