4 ottobre 2012: un massacro in Guatemala…

… il primo dopo gli accordi di pace del 1996, che posero fine a 36 anni di guerra (in)civile

di Maria Teresa Messidoro (*)

La Panamericana è un sistema integrato di strade che per circa 25 mila chilometri si sviluppa lungo la costa pacifica del continente americano. Si snoda dal Canada fino all’Argentina e Cile, attraversando molti Stati, fra cui quelli centroamericani.

Esattamente al chilometro 169 della Panamericana, in Guatemala, tra le città di Totonicapán e Sololá, si trova la Cumbre de Alaska, a 3015 metri di altezza, uno dei luoghi turisticamente più conosciuti del Paese centroamericano. La zona è conosciuta come quella dei 48 cantones di Totonicapán.

In questo luogo, il 4 ottobre 2012, l’esercito del Guatemala realizzò il primo massacro dopo gli accordi di pace del 1996, che posero fine ai 36 anni di guerra civile, in cui si perpetrò un genocidio delle comunità maya, avvenuto soprattutto sotto le dittature di Romeo Lucas García e Rios Montt. (1)

Quel giovedì 4 ottobre la popolazione aveva inscenato una protesta pacifica contro l’ennesimo aumento del costo dell’energia elettrica: contadini, maestri, studenti delle scuole superiori, autorità indigene e padri di famiglia, bloccarono pacificamente la panamericana in tre punti, come già avevano fatto in precedenza, in altre occasioni, per difendere il proprio territorio ed i propri diritti. Erano presenti circa tremila persone, mentre altre  cinquecento stavano bloccando il luogo conosciuto come Cuatro Caminos.

Nel 1987, ad esempio, erano scesi in strada per opporsi al governo di turno, per impedire l’imposizione di una tassa sulle loro terre; nel 1998 si pronunciarono contro l’imposta sugli immobili, nel 2005 si mobilitarono contro la Ley General de Aguas, una legge che si proponeva di privatizzare questo bene primario. Già nel 2011 avevano manifestato contro gli aumenti delle tariffe elettriche, ed ora, di fronte ad un ulteriore aumento, unito alla mancanza di informazioni su riforme costituzionali e alla tentata imposizione di una riforma magistrale, hanno scelto di scendere pacificamente in strada.

La reazione fu una violenta repressione da parte dell’esercito: sei persone, tutte di etnia K’iché, furono assassinate a freddo, più di 50 vennero ferite dai colpi di fucile; due persone morirono in ospedale e i sopravvissuti portano ancora oggi sulla propria pelle le cicatrici di quelle ferite. La zona, per ore, fu avvolta da pesanti nubi di gas lacrimogeni, di fronte agli increduli spettatori, paralizzati dal dolore e dall’impotenza.

Fece scalpore la successiva dichiarazione del primo ministro Harold Caballeros, che osò affermare “riconosco con dolore che a certe latitudini otto morti suonino come un fatto grave ma, anche se mi duole dirlo, in Guatemala tutti i giorni ci troviamo di fronte al doppio di morti. Per questo, considero che non si tratti di un episodio che meriti molta attenzione”.

Non solo: il giorno seguente, sul giornale guatemalteco El Periodico apparve una fotografia, che mostrava un soldato impugnare un fucile, pronto a sparare contro la popolazione; la prima dichiarazione del Governo era stata invece che la truppa presente sul luogo non era armata. Di fronte all’evidenza della foto – fu costretto a pubblicarla anche il giornale conservatore La Prensa Libre, per non essere da meno dell’altro quotidiano – il Governo inizialmente affermò che erano guardie private, poi che avevano sparato soltanto in aria. Per completare l’opera di disinformazione, subito dopo l’arresto della pattuglia risultata responsabile dell’assassinio, il comunicato ufficiale affermava che i due terzi degli arrestati… erano chiaramente anche loro indigeni. Compreso il comandante. E la memoria torna al conflitto interno armato, quando si addestravano truppe indigene per uccidere altri indigeni, per poter utilizzare questa prova a dimostrazione che non ci fu genocidio. Ancora oggi dunque, in Guatemala, i condannati sono sempre e soltanto i componenti del popolo indigeno. Mai i mandanti.

A fine 2019 sulla rivista digitale Nomada è apparso un articolo di Andrea Ixchíu Hernández, in cui si denuncia il fatto che i responsabili del massacro hanno ottenuto i domiciliari, dopo quasi sette anni di carcere preventivo, senza che si sia mai iniziato un giudizio contro gli autori materiali e intellettuali di quanto successo alla Cumbre de Alaska . La motivazione è stata che era necessario rispettare i loro diritti umani. Secondo l’avvocato che assiste le vittime, questa decisione è molto pericolosa, dato che i militari coinvolti sono ancora attivi nell’esercito e potrebbero darsi alla fuga o manomettere prove.

Inoltre è un’ulteriore prova del razzismo giudiziario, dato che proprio i domiciliari sono stati rifiutati in altre occasioni a dirigenti comunitari indigeni, accusati di fatti molto minori, in occasioni di manifestazioni di protesta o dichiarazioni pubbliche contro soprusi e ingiustizie.

Josefa Puac, vedova di Jesús Cajax, una delle persone assassinate il 4 ottobre 2012, ha dichiarato più volte pubblicamente che la decisione della giudice Claudette Domínguez di consentire i domiciliari ai colpevoli è una offesa alla memoria dei martiri di Totonicapán e rappresenta un cattivo esempio per la giustizia guatemalteca. “Non potrò mai più rivedere il mio sposo, però vogliamo che i responsabili siano giudicati per questo delitto, affinché questo non si ripeta. Non è giusto cosa ci stanno facendo. Ci rammarica che ci trattino così, i miei figli sono cresciuti senza un padre ed ora rischiano di continuare a vivere senza conoscere giustizia”, afferma la vedova.

Per non dimenticare ciò che è successo alla cumbre de Alaska quel 4 ottobre 2012 e in omaggio alle vittime, una agenzia comunitaria guatemalteca di notizie ha deciso di chiamarsi Prensa Comunitaria Kilometro 169. Legalizzata il 20 dicembre 2012, ma attiva sul territorio già dal 2005, contro il modello estrattivo e i conseguenti sgomberi delle popolazioni coinvolte, la agenzia giornalistica è composta da donne e uomini appartenenti a diverse etnie maya del paese, con esperienze diverse, ma con l’obiettivo comune di una mobilizzazione comunitaria nell’ambito sociale, politico e culturale, con una particolare attenzione alla memoria storica e alla violenza contro le donne. Il loro principale progetto di ricerca e documentazione si chiama “Dinamiche della spogliazione del Guatemala neoliberale, lotte e resistenze”. (3)

Dal 2017 il consiglio editoriale di Prensa Comunitaria ha dato vita alla rivista femminista RUDA, in seguito al caso del Hogar Virgen de la Asunción, a Città del Guatemala, in cui 56 bambine furono vittime di un terribile crimine. (4)

(1) https://www.labottegadelbarbieri.org/il-guatemala-terra-di-desaparecidos/

https://www.labottegadelbarbieri.org/guatemala-giornata-della-dignita-delle-vittime-del-conflitto-armato/

(2) https://nomada.gt/identidades/de-donde-venimos/hace-7-anos-ocurrio-una-masacre-contra-los-48-cantones-deberia-salir-libre-el-coronel-al-mando-de-los-soldados/

https://www.ciperchile.cl/2012/10/11/totonicapan-la-historia-de-la-ultima-masacre-en-guatemala/

(3) https://www.prensacomunitaria.org

(4) http://ruda.gt/

(*) vicepresidente Associazione Lisangà culture in movimento, www.lisanga.org

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.

La redazione – abbastanza ballerina – della bottega

 

Teresa Messidoro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *