50 anni e non sentirli, buon compleanno Star Trek

di Fabrizio – l’Astrofilosofo – Melodia

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Era l’8 settembre 1966 quando sugli schermi apparve il primo episodio della serie originale di “Star Trek”, con l’episodio intitolato “The man trap”, che inaugurò le prime tre stagioni di una serie che a buon diritto sarebbe entrata nel mito della fantascienza e non solo.

Non fu un successo immediato; al contrario, la serie tv fu soppressa alla terza stagione, sembra più per una questione di budget e di scarsa lungimiranza futura che di ascolti. L’ audience non era così basso e la serie si situava in una fascia pubblicitaria molto promettente ma i produttori non ebbero probabilmente alcuna voglia di investire per il futuro, decretando cosi l’apparente fine di ciò che il creatore della serie, Gene Roddenberry, amava chiamare “l’uccello di fuoco”.

Fu il tempo a decretare il successo di una serie – forse “di nicchia” – dapprima grazie alla passione degli studenti universitari, che in essa vi ritrovavano i temi di pace, amore, antirazzismo e libertà che in quel tempo sembrava fossero i propulsori per cambiare il mondo, e poi grazie ai network via cavo, che riproposero le replice della serie, garantendone la sopravvivenza. E il viaggio della nave stellare Enterprise, alla scoperta di strani nuovi mondi e alla ricerca di nuove forme di vita e di civiltà, per arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima, è continuato fra tv locali e via cavo, fino ad arrivare persino alla web series, “Star Trek continues”, nata in parallelo con la nuova serie ufficiale “Star Trek Discovery”, di cui ho parlato in una precedente nota qui in “bottega”.

A parte qualche eccezione – come il mitico “Doctor Who”, – nessuna serie televisiva come “Star Trek” affianca al successo di pubblico la promozione di idee, innovazione, scienza, elogio della tolleranza e dei diritti. Un fan di “Star Trek” è fiero di esserlo proprio per i valori che la serie veicola da sempre e che solo una volta sono stati in parte “traditi”, proprio dalla serie “Enterprise” – il prequel di quella originale – nata in pieno periodo post 11 settembre, con tutte le caratteristiche interventiste e patriottiche dei tempi, lontanissime dalla filosofia trekkiana. I Trekker si riconoscono nei valori e nei linguaggi peculiari di “Star Trek”, un vero universo simbolico condiviso e nato spontaneamente, indizio quanto mai chiaro di quanto gli autori abbiano ben lavorato per produrre fantascienza di qualità, fino a creare una visione del mondo, una weltanschaung filosofica di tutto rispetto, dimostrando quanto si possa fare filosofia con la fantascienza e/o quanto la buona scien fection sia per sua natura una pratica filosofica.

Del resto anche filosofare e viaggiare sono amici intimi, non solo per i viaggi fisici che i filosofi hanno da sempre fatto: come Giordano Bruno sempre in fuga alla ricerca di un posto da insegnante e al riparo dalle mani lunghe del clero oppure Montaigne alla ricerca di cure per i suoi calcoli al fegato o Platone fuggito in Egitto dopo la morte di Socrate. I rapporti stretti nascono dall’uso sovente come metafora e immagine da parte dei filosofi, andando a rimpinguare quella letteratura di viaggio che affonda le radici nella “Odissea” omerica.

Il filosofo greco presocratico Parmenide di Elea, agli albori della filosofia occidentale, descrisse la propria ricerca filosofica come un viaggio in cielo su un carro per ascoltare la Verità direttamente dalla bocca della dea della giustizia.

Il filosofo stoico Lucio Anneo Seneca affermava che il viaggio è inutile e niente muta nel viaggiatore: “Perché ti stupisci se i lunghi viaggi non ti servono, dal momento che porti in giro te stesso? Ti incalza il medesimo motivo che ti ha spinto fuori di casa, lontano” rimprovera il filosofo all’amico Lucilio, facendo capire che solo affrontando i problemi si può giungere a una soluzione non fuggendo di città in città.

In seguito, il filosofo viene sostituito dal “viator”, dall’uomo viaggiatore descritto da Agostino d’Ippona nel testo “La dottrina cristiana”, in cui l’essere umano vaga per il mondo prima di giungere alla sua vera casa, la dimora futura al cospetto di Dio, poichè il cristiano vero, viaggiatore vagabondo, non deve perdersi nella contemplazione delle bellezze illusorie del mondo, pena la perdita della luce divina e del suo posto nella vera patria celeste.

E sempre di impronta “religiosa”, se non addirittura mistica, le metafore con il filosofo Soren A. Kierkegaard, che intitolò le sue meditazioni nientemeno che “Stadi sul cammino della vita”, per descrivere il viaggio dell’uomo e dell’ultimo salto nell’infinito e nell’incertezza nell’abisso dell’esistenza.

Il filosofo Friedrich W. Nietzsche <fornisce una risposta diversa nella “Gaia scienza”, dove sviluppa la metafora dell’uomo vascello sul quale i lunghi viaggi hanno provocato un profondo mutamento, ed egli è diventato ormai un estraneo per gli altri uomini-vascello, un tempo suoi amici. La metafora di Nietzsche  suscita un interrogativo che vale tanto per gli interpreti del pensiero del filosofo tedesco, quanto per chi ama viaggiare: l’identità soggettiva non è dunque immutabile? Un viaggio può cambiarci in profondità?> scrive in un acuto commento il saggista Claudio Fiocchi.

Ecco il filosofo contemporaneo Michel Onfray affermaRE che il viaggiatore mette in gioco tutta la propria soggettività e, di ritorno dal viaggio, come un novello Ulisse, si deve chiedere necessariamente “Cosa ho appreso di me?”. Il viaggio porta a scoprire i lati nascosti del proprio Essere, per ritrovarsi cambiati. Per inciso è il turista la figura più depauperata del viaggiatore, colui al quale, in realtà, non interessa scoprire alcunchè. Onfray paragona bene lo stabile Abele ucciso dal nomade Caino come la metafora archetipica del movimento di conoscenza, rispetto a una vita stabile, ritmata e inquadrata, schematizzata.

Tutti i personaggi di “Star Trek” alla fine si ritrovano cambiati alla fine del loro viaggio e spesso non attraversano solo lo spazio ma anche il tempo, dove l’alieno è motivo di confronto e dialogo, non di conquista e uccisione.

Dalla serie originale alla serie “The Next Generation”, dove il filosofo viaggiatore arriva alla consapevolezza e ascolta direttamente la verità dalla bocca della dea della giustizia, il signor Q, fino alla stanzialità e alla guerra terribile con il Domionion in “Deep Space 9”, passando poi per la perdita dell’identità e all’odissea del ritorno in “Voyager”, ecco che “Star Trek” vola alta nuovamente forte del proprio appartenere a un “non genere” … in realtà pratica filosofica che affonda le sue radici nella notte dei tempi.

Buon compleanno “Star Trek” e che l’augurio di Nietzsche – nell’aforisma 289 della “Gaia scienza” – ti sia da mantello verso cieli inesplorati: “C’è ancora un altro mondo da scoprire – e più d’uno! Alle navi, filosofi!”.

 

L'astrofilosofo
Fabrizio Melodia,
Laureato in filosofia a Cà Foscari con una tesi di laurea su Star Trek, si dice che abbia perso qualche rotella nel teletrasporto ma non si ricorda in quale. Scrive poesie, racconti, articoli e chi più ne ha più ne metta. Ha il cervello bacato del Dottor Who e la saggezza filosofica di Spock. E' il solo, unico, brevettato, Astrofilosofo di quartiere periferico extragalattico, per gli amici... Fabry.

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