Caro Fausto, caro Iaio

di Alexik (*)

Caro Fausto, caro Iaio.
Ho appena visto un video che vi riguarda: ‘Il sogno di Fausto e Iaio’, di Daniele Biacchessi.
Non posso dire che mi abbia lasciato indifferente, che non mi abbia destato diversi sentimenti e stati d’animo.
Nell’ordine: curiosità, perplessità, stupore… sbigottimento.
La curiosità nasce fin da subito, guardando le bellissime animazioni di Giulio Peranzoni, pura arte che accompagna una narrazione teatrale, recitata da una voce accattivante.

La perplessità, invece, cresce pian piano, ascoltando i contenuti di quella narrazione, riempiti di infiniti dettagli.
Dettagli sull’agguato che vi ha ucciso, dettagli su quanti proiettili vi hanno colpito, e in quali parti del corpo, e sulla posizione in cui siete caduti.
iaioE poi ancora dettagli, sulla tua timidezza, Fausto, e sul tuo modo di vestire, chè ‘andavi in giro sempre pettinato e vestito con garbo, e i genitori degli amici ti consideravano un ragazzo per bene’, mentre tu, Iaio, vestivi come ti pareva, ed eri bravo a suonare la chitarra e avresti voluto andare in India.
Vengo a sapere che amavate i Rolling Stones, e che andavate ancora a giocare nel campetto dell’oratorio, a patto che, diceva il prete, ‘non parlaste di politica ai ragazzi della parrocchia’.
Mi intenerisce pensarvi, ma… scorrono i minuti del video, scorrono i dettagli, ed io non ho ancora capito qual è la chiave di lettura del vostro omicidio.

È colpa mia, è una mia deformazione: voglio sempre capire da subito dove va a parare un discorso.
Devo imparare a fermarmi ad ascoltare.
E allora ascolto una voce concitata che dà la notizia della vostra morte a Radio Popolare, e poi le voci della folla che arriva in via Mancinelli, il luogo dell’agguato.
Finalmente prende la parola uno dei vostri compagni del Leoncavallo a cui è permesso esclamare la frase fatidica: “Poteva capitare a chiunque di noi”. Non parleranno più, per tutto il video, i vostri compagni.

fausto-iaio-funerali-007Altri minuti scorrono con la cronaca delle radio di movimento e con la prima versione della polizia – ripresa subito dalla Rai – che parla di ‘regolamento di conti per questioni di droga’. La telefonata della mamma di Fausto smentisce subito questa infamia.
Seguono le immagini dei cortei e dei vostri funerali, fiumi di gente con i pugni chiusi, e le bandiere, e le canzoni degli Stormy Six. Ne sareste rimasti colpiti e commossi anche voi.
Solo che… dov’è l’interpretazione dei fatti?

Un commento da una sede dell’ANPI, dopo mezz’ora di video, sembra abbozzarne una: “Abbiamo scioperato contro la strage di Roma dove uomini della scorta di Moro sono stati uccisi. Scioperiamo anche per l’uccisione di questi due compagni. Sono vittime o no della stessa strategia”.
Pare una frase buttata là, uno dei tanti dettagli. Del resto, che nesso vuoi che ci sia fra il rapimento di Aldo Moro e il vostro assassinio ?

Il video continua con le cronache di Mauro Brutto, giornalista dell’Unità, che si soffermano sulla dinamica dell’agguato, sulle armi usate e sulla tecnica degli assassini, smentendo puntualmente le versioni della questura.
Le sue indagini ricostruiscono il vostro ultimo giorno, minuto per minuto, e finalmente parlano dell’inchiesta sull’eroina che stavate conducendo nel quartiere.

Il video non dice che non si trattava di una vostra iniziativa personale, ma dell’inchiesta dell’autonomia milanese e di alcuni centri sociali – fra cui il Leoncavallo – per contrastare il dilagare dello spaccio, una delle tante forme di guerra contro il movimento.
eroinaIl video non dice che l’inchiesta era finalizzata alla costruzione di un dossier, e che i neofascisti che gestivano i traffici di eroina a Milano ne erano allarmati.
Non dice che andavate in giro per il vostro quartiere, il Casoretto, a registrare testimonianze col magnetofono, e che forse vi eravate fatti notare, e che tu, Iaio, ti eri scontrato con gli spacciatori.
Il video, così prolisso sui tanti particolari futili, dedica all’argomento 22 secondi su un ora e 20 della sua durata. Ma pazienza.
In compenso riporta la rivendicazione del vostro omicidio da parte dell’ Esercito Nazionale Rivoluzionario – Brigata Combattente Franco Anselmi, in pratica i NAR. Finalmente accenna ai neofascisti come possibili esecutori dell’agguato.
Forse ci avviciniamo a una lettura dei fatti, dopo la loro puntigliosa elencazione?
Purtroppo no. Con lo strano ‘incidente’ che uccide Mauro Brutto il discorso si chiude bruscamente.

Caro Fausto, caro Iaio, dopo la vostra morte i compagni del movimento assieme a Radio Popolare hanno condotto una approfondita controinchiesta, che indica i mandanti della vostra esecuzione fra “coloro che nella zona Lambrate – Casoretto-Padova dirigevano lo spaccio della droga ed erano collegati a settori della destra terroristica”.
Peccato che il video non vi faccia neanche cenno.
Di eroina e neofascisti non ne parlerà più.

Una finestra sul nulla

Ma allora, qual è la chiave di lettura ? Dopo un po’ capisco, e resto basita.

“Il punto D del decreto di archiviazione dell’omicidio di Fausto e Iaio si intitola ‘La pista di via Monte Nevoso’. Si, perché al numero 8 di via Monte Nevoso c’è un appartamento affittato dalle Brigate Rosse…
Davanti a quell’appartamento, proprio al 1° piano, abita Fausto Tinelli. La finestra della sua camera è a solo sette metri da quella dei brigatisti. Sette metri. Quando tieni le finestre aperte oltre a vedere quello che fanno nell’appartamento di fronte, senti tutto. Le parole delle persone, la televisione accesa, il segnale orario della radio.”

È questa la tesi che viene avvalorata.
Mi riprendo dallo stupore e riascolto con più attenzione. La voce narrante non ‘afferma’ ma fa un’operazione più sottile: suggerisce, induce a pensare che tu Fausto, abbia visto o sentito i brigatisti dalla tua finestra, lontana solo sette metri dalla loro, e a questo sia legata la tua morte.
Mi suona strano. Dubito che i brigatisti usassero appendere la bandiera con la stella a 5 punte sulla balaustra del balcone e si affacciassero alla finestra sfoggiando passamontagna e P38.
Perché, Fausto, avresti dovuto metterti a spiare dalla finestra della gente che, con ogni probabilità, faceva di tutto per passare inosservata?
E poi all’inizio di  marzo e nei mesi precedenti le temperature dell’inverno milanese non avrebbero certo invitato a tener le finestre spalancate.
Comunque, la puntigliosità tipica dei nati in Vergine mi impone di andarmela a vedere, Fausto, questa via Monte Nevoso fra il civico 8 (sede dei brigatisti) e il civico 9 (casa tua).
Eccola qua, nella foto scattata sabato scorso da un amico milanese, che ne ha preso le misure.

monte-nevoso-nov-2016
La foto mostra come la sede stradale ospiti due file di automobili parcheggiate sui due lati. C’è poi una macchina in doppia fila in fondo e un’altra che la supera. Può contenere, in pratica, quattro macchine affiancate a cui vanno sommati i marciapiedi e la distanza fra una automobile e l’altra. In tutto quasi dodici metri, che è anche (centimetro più, centimetro meno) la distanza fra le finestre. Anzi, per la porta finestra del balcone dei brigatisti (nel palazzo giallo sulla sinistra) bisogna aggiungere almeno un metro in più della rientranza.
Perché Biacchessi insiste su ‘sta storia dei sette metri? Solo per suggestionarci sulla credibilità della sua ipotesi?
E’ tutta qui l’accuratezza della sua indagine? Non si è nemmeno disturbato a prendere due misure?

E comunque, invito i lettori a guardare quella foto e ad immaginare di essere in uno di quegli appartamenti, e dire se sembra plausibile (anche tralasciando il traffico di sottofondo) che si possano sentire e capire i discorsi dei dirimpettai. A meno che le risoluzioni delle BR non se le urlassero fra di loro a squarciagola.
Perché allora, insistere su questa versione dei fatti?

Come dicevo, questo video mi ha provocato varie emozioni fra cui una notevole incazzatura. Soprattutto contro me stessa, perché anch’io l’ho finanziato col crowdfunding e ne sono corresponsabile. C’è anche il mio nome nei titoli di coda. Eppure ne avevo visto il trailer e mi sembrava un’operazione lodevole.
Ma è solo un’attenuante generica: potevo informarmi sull’autore e non l’ho fatto. Se mi fossi informata avrei scoperto, per esempio, che Biacchessi è un vero appassionato di dietrologie sul caso Moro.
Che cos’è la dietrologia? Ah, è vero…
Caro Fausto e caro Iaio, voi non potete saperlo. Provo a spiegarvela, a rischio di annoiarvi. Del resto è un argomento che annoia profondamente anche me.

Dietrologie

altanNello specifico del caso Moro, la dietrologia è la tendenza, molto cara soprattutto al vecchio PCI ed ai suoi eredi, ad imputare alla Cia e ai servizi segreti deviati la regia del rapimento. Il complotto sarebbe stato ordito per impedire le aperture dello statista democristiano verso l’ipotesi di una partecipazione del PCI alla maggioranza di governo.
Secondo tale tesi le BR sarebbero state infiltrate e telecomandate dai servizi segreti al fine di rapire Moro e farlo accoppare. Una teoria usata dal PCI anche per delegittimare e disconoscere la natura politica di una guerriglia nata alla sua sinistra.

Cinque processi con sentenze passate in giudicato non hanno prodotto nessun riscontro a supporto di questa tesi.
Esimi storici sostengono che il complotto della Cia per far fuori Moro non stia in piedi1.

Ma non c’è niente da fare. Periodicamente dalle apposite Commissioni Parlamentari, dove ogni deputato o senatore può parlare liberamente senza l’obbligo di prova e senza tema di ridicolo, esce qualche nuovo scoop utile a riempire i giornali di titoli allarmistici e a far proliferare l’editoria complottista.
Periodicamente gli scoop si sgonfiano, smontati dai riscontri, dalle testimonianze e dalla logica. Ma vengono prontamente sostituiti da altri: la madre dei ‘misteri’ è sempre incinta.

Vi faccio alcuni esempi. Per anni i dietrologi hanno ricamato, disquisito, pontificato sull’appartenenza ai servizi segreti di un misterioso ‘quarto uomo’ fra i carcerieri di Aldo Moro. Nel 1993 il ‘quarto uomo’ viene identificato in Germano Maccari , un brigatista che con i servizi non c’entra niente. Arrestato e condannato, morirà in carcere.

I dietrologi hanno anche ipotizzato l’appartenenza ai servizi segreti di Mario Moretti, ai vertici delle BR durante il sequestro Moro.
Solo che Moretti si è fatto vari decenni di carcerazione speciale e dorme tuttora in galera. La sua famiglia vive modestamente. Credo che nessun 007 accetterebbe questo genere di ‘pagamento’ dallo Stato, in cambio dei propri servigi.

Un altro tormentone dietrologico riguarda i due presunti agenti dei servizi (uno dei quali mascherato) che sarebbero passati in moto da via Fani sparando su un testimone nel corso del rapimento di Aldo Moro.
E’ un tormentone che arriva fino ai giorni nostri, nonostante che sia ampiamente dimostrato (dal 1998) che da quella moto non ha mai sparato nessuno, e che il guidatore abitava e lavorava lì vicino, e che il passeggero era la sua compagna e non portava nessun passamontagna, e che non c’entravano niente col sequestro2.
Eppure la bufala continua a girare, anche grazie a Biacchessi, che l’ha riproposta come uno dei ‘misteri irrisolti del caso Moro’ in un suo articolo del 2008, dieci anni dopo la sua soluzione.
Biacchessi per l’occasione scriveva: “Nessun investigatore ha mai identificato queste persone. Nessuna conferma è mai giunta dai brigatisti, irriducibili, pentiti o dissociati.”
E non è vero ! I due centauri, Giuseppe Biancucci e Roberta Angelotti, erano stati indicati dal pentito Raimondo Etro ed identificati con verbale dalla digos.
Ma che importa ai dietrologi della realtà ?

Sulla vostra pelle no !

Caro Fausto, caro Iaio, non riesco a farvi una carrellata esaustiva delle panzane che nutrono la misteriologia, sono troppe. Mi limito quindi a quelle che riguardano il vostro assassinio.

via-monte-nevosoLa così detta ‘pista di via Monte Nevoso’, a cui il video di Biacchessi fa riferimento, è frutto dell’immaginazione di Luigi Cipriani, ex membro della Commissione Stragi (ora defunto).
Secondo Cipriani  l’assalto che vi ha ucciso avrebbe avuto la funzione di segnalare alle BR che il covo di via Monte Nevoso era stato scoperto. Sempre secondo lui il comunicato delle BR successivo al vostro omicidio, dove si dice che siete stati ‘assassinati dai sicari del regime’, sarebbe il segnale che  messaggio è stato recepito.

Provo a riepilogare il senso di tale elucubrazione:  un gruppo armato neofascista, su commissione dei servizi segreti deviati avrebbe deciso di accollarsi due omicidi di due tizi qualunque nelle vicinanze di via Monte Nevoso per segnalare alle BR che erano state scoperte (!!!). E i brigatisti , dopo ‘aver dato segno di aver capito’ questo messaggio criptico, non avrebbero sbaraccato la sede, ma sarebbero rimasti lì per farsi beccare come coglioni, come effettivamente è avvenuto alcuni mesi dopo. Insomma, un delirio. Un vero delirio.

massimo-carminati

Massimo Carminati

Caro Fausto, caro Iaio, con notevole imbarazzo, mi tocca ammettere di concordare parzialmente con il decreto di archiviazione riguardante il vostro assassinio.
Un decreto contestato giustamente dai compagni, perché ha messo la parola fine sulle indagini a carico dei neofascisti romani Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi, i principali sospettati della vostra esecuzione. Nel loro caso, l’archiviazione venne decisa per insufficienza di prove, nonostante la presenza di ‘significativi elementi indiziari’.

Il decreto però ha liquidato anche la così detta ‘pista di via Monte Nevoso’ con queste parole, e non posso che convenirne:

Come si è detto, il delitto in questione fu commesso il 18.3.1978, ossia due giorni dopo il sequestro dell’on. Moro. Inoltre una delle vittime, il Tinelli, abitava in via Montenevoso 9, nello stabile posto di fronte a quello, contrassegnato dal civico numero 8, in cui era ubicato il noto covo delle Brigate Rosse.
Sulla base di questa coincidenza spazio-temporale si è voluto costruire, ad opera di taluni elementi della Commissione Stragi, ed in particolare dell’On.Luigi Cipriani, un possibile nesso tra il delitto in questione e il sequestro Moro.
Ora, è evidente come non potrebbe reggere la versione in base alla quale Tinelli e Iannnucci sarebbero stati uccisi dalle stesse Brigate Rosse, magari per aver visto i due, o anche uno solo di essi, qualcosa di compromettente legato al suddetto covo.
La rivendicazione del delitto in questione da parte di più forze, tutte della destra eversiva, e le stesse dichiarazioni di esponenti di tali forze nel senso dell’appartenenza di tale delitto alla loro area, finisce per minare alla base la logicità di tale possibile spiegazione. Non si comprenderebbe, infatti, perché gruppi dell’estrema destra avrebbero dovuto accollarsi un delitto di appartenenza ad opposta area terroristico – eversiva.

Mario Corsi.

Mario Corsi.

Ed in effetti nella versione più accreditata di tale possibile nesso tra i due delitti, come del resto propugnata dallo stesso On. Cipriani, il delitto in questione sarebbe stato voluto ed eseguito in termini di “avvertimento” alle Brigate Rosse, e ciò ad opera di forze, i servizi segreti che, scoperta la base terroristica, avrebbero voluto mandare ai terroristi un “segnale”…
Tali possibili nessi, peraltro non sorretti da alcun elemento, sia pur solo indiziario, degno di essere preso in considerazione in questa sede, non spiegherebbero comunque le operate ed illustrate rivendicazioni formali e sostanziali del delitto in questione.”3

Perché Biacchessi dopo tanti anni ci ripropone queste strampalate congetture?
Il suo obiettivo è veramente quello di fare luce sul vostro omicidio, o piuttosto quello di aggiungere un altro tassello alle sue teorie dietrologiche sul caso Moro ?
Caro Fausto, caro Iaio, posso rassegnarmi malvolentieri al fatto che i deliri complottisti riempiano i noiosi pomeriggi degli onorevoli delle commissioni parlamentari o i titoli scandalistici della stampa mainstream.

Ma non sulla pelle di due compagni. Sulla vostra pelle no !

(*) Tratto da Carmilla on line.

Note:

  1. Interessante in proposito l’audizione del 17 giugno 2015 dello storico Marco Clementi presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro. Da notare l’arroganza con cui viene trattato, in particolare dall’onorevole Gero Grassi.
  2. Vedi: L’Honda di via Fani. Un faro nel buio, su Contropiano. La bufala dell’Honda di via Fani viene anche smontata da Gianremo Armeni in Questi fantasmi. Il primo mistero del caso Moro, Tra le righe Libri, 2015. Qui l’intervista all’autore.
  3. Decreto di archiviazione n. 6989/97 R.G.P.M. N. 4958/98 R.G.G.I.P. Tribunale di Milano Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari.
alexik

4 commenti

  • Daniele Barbieri

    “CON PREGHIERA DI PUBBLICAZIONE” – ricevo da Dniele Biacchessi

    RISPOSTA ALL’ARTICOLO DI ALEXIK SUL FILM “IL SOGNO DI FAUSTO E IAIO” DI DANIELE BIACCHESSI E GIULIO PERANZONI
    Dopo gli applausi, i complimenti, lo straordinario successo del film in ogni parte d’Italia, su “Carmilla” compare un articolo diffamante e denigratorio sul nostro film “Il sogno di Fausto e Iaio” realizzato da me e Giulio Peranzoni in crowdfunding grazie al contributo determinante sul piano produttivo di centinaia e centinaia tra narratori, attori, registi, musicisti, fotografi, associazioni e cittadini.
    L’autrice si firma Alexik, ma in realtà si chiama Alessandra Cecchi e del caso di Fausto e Iaio, sul piano della controinformazione, in questi 38 anni non si è mai neanche lontanamente occupata.
    Però scrive, scrive e sostiene che Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci sono stati uccisi perché collaboravano alla realizzazione di un dossier sullo spaccio dell’eroina a Milano.
    Viene ancora a galla questa panzana.
    Purtroppo per la signora Cecchi, tutti i magistrati e gli investigatori che si sono occupati del caso (Armando Spataro, Guido Salvini, il poliziotto Carmine Scotti, il perito Aldo Giannuli, e molti altri), hanno escluso categoricamente e da molti anni che i due ragazzi siano stati uccisi perché avevano scoperto qualcosa dietro lo spaccio di eroina a Milano.
    Il giudice Guido Salvini, nella sua ordinanza sentenza del 1997, con cui chiede il rinvio a giudizio di Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi, descrive con la massima attenzione il ruolo di neofascisti legati alla Banda della Magliana in trasferta a Milano, e di un tentativo successivo da parte dello stesso gruppo, di uccidere, l’anno dopo, uno dei leader dell’Autonomia milanese (Andrea Bellini),
    Sono le identiche conclusioni a cui era arrivato il giornalista dell’Unità Mauro Brutto, e successivamente contenute nel dossier di Umberto Gay e Fabio Poletti di Radio Popolare.
    Non contenta della enorme panzana, la signora Cecchi mi accusa di essere un “dietrologo” perché rilevo la strana coincidenza tra l’appartamento brigatista di via Montenevoso, esattamente davanti all’abitazione di Fausto Tinelli, e la presenza di uomini dei servizi in una mansarda al terzo piano del palazzo in cui abitava la famiglia Tinelli.
    Se fosse stata informata di questa vicenda, la signora Cecchi avrebbe anche letto le dichiarazioni di Danila Tinelli, madre di Fausto.
    E che per sua e vostra conoscenza qui pubblico.
    «Dopo l’omicidio di mio figlio ognuno offriva la sua versione. Chi parlò di regolamento di conti tra spacciatori di droga, oppure una faida tra gruppi della sinistra extraparlamentare. Negli anni ho riannodato i fili della memoria, i pezzi di un piccolo mosaico che mi ha permesso di raggiungere la vera verità che io conosco. Mio figlio è stato vittima di un commando di killer giunti da Roma a Milano, nel pieno del rapimento di Aldo Moro, in una città blindata da forze dell’ordine. Un omicidio su commissione di uomini dei servizi segreti. Gli apparati dello Stato avevano affittato un appartamento al terzo piano del mio palazzo, in via Monte Nevoso 9, esattamente davanti all’appartamento in cui risiedevano appartenenti alle Brigate Rosse, responsabili del rapimento Moro, dove vennero rinvenuti i memoriali del presidente della Democrazia cristiana. Prima del rapimento Moro e dell’omicidio di mio figlio, tra la fine del ’77 e l’inizio del ’78, la famiglia che occupava l’appartamento al terzo piano del mio palazzo venne mandata via d’urgenza con uno sfratto esecutivo. La casa era rimasta vuota per qualche settimana. A un certo punto la portinaia dello stabile, mentre puliva al terzo piano, vide alcune persone entrare nell’appartamento, si agitò e me ne parlò. E da allora ho cominciato a sentire rumori sulle scale specie di notte, fino a vedere attraverso lo spioncino persone che andavano al terzo piano con strani congegni, apparecchi fotografici. Nessuno, oltre a me, si è domandato cosa stessero facendo quelle persone. Ho messo in relazione la presenza di quelle persone con alcuni fatti strani avvenuti prima dell’omicidio. Una ragazza venne a cercare mio figlio a casa mia. Quando la descrissi, mio figlio non la riconobbe come un’amica. Eravamo spiati, controllati, almeno due mesi prima. Nessuno mi ha mai interrogata. Fausto e Iaio sono come un segreto di Stato, un depistaggio. Hanno scelto mio figlio perché abitava in via Monte Nevoso dove era in corso un’operazione coperta dei servizi, qualcosa che non doveva emergere.»
    Di una cosa sono certo, cara signora Cecchi.
    Tra le sue vergognose panzane, diffamatorie e oltraggiose rispetto al lavoro di centinaia e centinaia di persone, e la ricerca della verità della signora Tinelli, non abbiamo dubbi chi scegliamo.
    Daniele Biacchessi
    Per maggior informazioni
    https://www.facebook.com/ilsognodifaustoeiaio/?fref=ts

  • Non ho mai sostenuto (detto, scritto o pensato) che l’omicidio di Fausto e Iaio non abbia matrice neofascista, matrice del tutto compatibile con la ‘pista dell’eroina’, non in contraddizione. Del tutto plausibile che i tre NAR romani siano andati in trasferta per ‘fare un favore’ ai camerati milanesi, infastiditi nei loro traffici dall’inchiesta dei compagni.

    Conoscevo, e rispetto, le convinzioni della mamma di Fausto, che non ha nessun interesse dietrologico.
    Ma tali convinzioni non cambiano il mio giudizio sulla cd ‘pista di via Monte Nevoso’, che non ha nessun movente, non ha nessuna logica, né dei riscontri.

    Ho l’impressione, leggendo la controinchiesta del movimento e di Radio Popolare – consultabile sul sito faustoeiaio.org – e l’intervista ad Umberto Gay di due anni fa di essere in buona compagnia nel sostenere ‘una vergognosa panzana’.
    La controinchiesta conclude indicando i mandanti dell’ esecuzione fra “coloro che nella zona Lambrate – Casoretto-Padova dirigevano lo spaccio della droga ed erano collegati a settori della destra terroristica”. E’ esattamente il mio pensiero.
    Per leggere l’intervista a Umberto Gay: http://glianni70.it/fausto-e-iaio-un-dossier-sulleroina-pagato-a-caro-prezzo.

    Dal momento che è stato tirato in ballo anche Armando Spataro (che tengo a precisare non è un amico mio, visto che come procuratore della Repubblica di Torino continua a perseguitare i No Tav), riporto la sua posizione in merito alla ‘pista di via Monte Nevoso’ :
    “Secondo qualcuno l’omicidio dei due ragazzi sarebbe stato commesso dalle Br o, addirittura, dai Servizi, per mandare un segnale alle Br del tipo “noi sappiamo dov’è la vostra principale base a Milano”. Spiegazioni così fantasiose sono difficili da immaginare, eppure sono state addirittura scritte !”

    In: Armando Spataro, Ne valeva la pena. Storie di terrorismi e mafie, di segreti di Stato e di giustizia offesa, https://books.google.it/books?id=KReODAAAQBAJ&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false.

    Insomma, della dietrologia si sono stufati pure i giudici. Figurati gli altri !

    Alexik

  • gino marchitelli

    Buongiorno compagna Alexik, giusto “compagna” come indicazione?
    Le scrivo in riferimento all’articolo sul film in auto produzione su Fausto & Iaio di Daniele Biacchessi. Mi permetto di dirle che non capisco la necessità di sentirsi così determinati nella critica nei confronti di un giornalista che, come tutti, avrà i suoi pregi e/o difetti, ma che è indubbiamente si mette in prima fila nella difesa della memoria, della Resistenza, della “storia” di noi tutti compagn* dai partigiani in poi da più di venti anni.
    Capisco e comprendo che non a tutti può piacere la struttura del ricordo su Fausto & Iaio, che sia anche facile non condividere i “pensieri” e le “ragioni” di altri su una vicenda così tremenda e delicata come quella dell’assassinio dei nostri compagni.
    Io all’epoca avevo proprio 18 anni, diciannove a maggio del 1978. Abitavo in via Buschi al 27 al piano terra dove fu scoperta una tipografia clandestina delle Brigate Rosse e venne rubata, forse per fuggire, una A112 Rossa di mio padre. Come tanti giovani capelloni e impegnati nel movimento frequentavo il Leoncavallo e tutta la zona. Partecipavo a qualche giro notturno per Lambrate e Casoretto per controllare il territorio dalle presenze e incursioni neo fasciste, ma, come Fausto & Iaio, che conoscevo di vista, mi intrigavo molto – come loro – con la musica prog e quel grande movimento anche un pò hippy che faceva girare la testa ai potenti, ai democristiani, ai fascisti e anche al PCI.
    Radio Popolare era la mia radio di riferimento.
    Ebbene quella sera in via Mancinelli poteva capitarci chiunque di noi, l’agguato fu chiaro fin dall’inizio che NON poteva essere rilegato nella semplicistica visione dell’attacco dei fascisti spacciatori di droga per il dossier che si stava realizzando.
    Troppo micidiale la tecnica, troppo chiara la modalità dell’assassinio premeditato, troppo evidente che fosse qualcos’altro tant’è che, se mi ricordo bene, i fascisti spacciatori ci tennero subito a prendere le distanze e a dichiarare di non c’entrare assolutamente nulla perché lo sapevano che sarebbero stati sprangati [se gli andava bene, se non peggio].
    E allora le chiedo, ammesso e chiaro che lei possa anche non condividere il contenuto del film in piena libertà, come mai così tanto accanimento contro un lavoro che comunque ha riportato al centro la storia dei nostri due compagn*. Fastidio per Biacchessi? Biacchessi non ha bisogno di fare inchieste scomode per affermarsi nel panorama giornalistico nazionale, la sua storia parla da sè.
    L’aver fondato Arci Ponti di Memoria che è impegno e scelta gratuita quotidiana di cantanti, gruppi, cantautori, attori, scrittori contro le mafie, antifascisti e anti nazisti è importante, non c’è altro nel panorama nazionale.
    I centri sociali e i compagn* antagonisti in realtà che fine hanno fatto?
    Da quando si sono imbarcati nella sciagurata scelta di sostenere Vendola e SEL e Casarini non solo sono diventati più realisti del re, ma sono diventati molto saccenti e attenti a sparare sui compagn* impegnati anziché sui fascisti con un’attenzione che a volte diventa perfino sospetta.
    Chi sono i revisionisti? Biacchessi? La GANG? Adele Marini? La Famiglia Pinelli? Giovanni Impastato? le centinaia di compagn* e artisti che per il solo fatto di MANTENERE viva la memoria e la denuncia ottengono il risultato di essere esclusi dalla possibilità di campare con la propria arte?
    Comunisti e Anarchici, Movimentisti e NO Global, NO TAV e NO MUOS ecc. sono tanti e in tanti difendono la nostra comune storia e memoria.
    Ecco io avrei meglio accettato la sua critica su Fausto & Iaio se l’avessi vista in tutti questi anni organizzare il ricordo dei compagni uccisi, di loro, di Varalli, di Zibecchi, di Luca Rossi, di Franceschi.
    Costruire memoria e denuncia, costruire resistenza.
    Invece, anche se ci sono per fortuna buone eccezioni [prendiamo per esempio il grande rapper Kento o gli Assalti Frontali che operano come Biacchessi, i GANG e cento e mille altri] anche nei centri sociali e nell’antagonismo.
    Lei invece non è pervenuta… e questo spiace.
    Ecco mi piacerebbe ORA vederla bella attiva e in linea sui prossimi appuntamenti e sulle prossime barricate resistenti così magari… guarda caso… al suo fianco troverà proprio Biacchessi e non tanti altri rivoluzionari da tastiera che, mi perdoni, fanno proprio molta pena.
    Con stima comunque.
    Saluti.
    Gino Marchitelli

  • Gentile Marchitelli,

    la mia critica al lavoro di Biacchessi non parte da una prevenzione nei suoi confronti.
    Ero talmente poco prevenuta che ho partecipato al crowdfunding.
    Ho analizzato quel lavoro dopo averlo visto e valutato, dopo averne vagliato la ‘correttezza di metodo’ (tipo: basare affermazioni ad effetto su dati palesemente fasulli) e la chiave di lettura suggerita, che è quella dei ‘misteri’ del caso Moro.

    Per quanto mi riguarda, la ‘Memoria’ non è un contenitore che si può riempire di qualsiasi cosa.
    Non si può riempire, per esempio, con ricostruzioni dietrologiche che nascono (scusi se mi ripeto) già prive di logica e di riscontri.
    Se l’operazione è questa, non si tratta di ‘mantenere viva la memoria’, ma di distorcerla, e non vi trovo nulla di meritorio.
    Citando altri che hanno visto e commentato il video di Biacchessi: “… la ricerca e l’inchiesta per la verità politica e storica deve necessariamente evitare di assecondare i depistaggi. E qui ci sono quelli degli apparati dello Stato ma anche quelli degli apparati dell’allora PCI, che hanno alimentato spesso mille piste diverse confondendo così quella che andava seguita”. (http://contropiano.org/news/cultura-news/2016/11/14/sogno-fausto-iaio-un-film-noioso-poco-altro-085836)

    Lei dice che Radio Popolare era la sua radio di riferimento e che frequentava il Leoncavallo.
    La invito dunque a rileggere con attenzione sia il dossier di Umberto Gay e Angela Valcavi (1988), sia la controinchiesta del Leoncavallo.
    Quest’ultima è datata 1992, quando il Leoncavallo non aveva ancora imboccato la deriva istituzionale ed era ancora questa roba qui: http://www.libreriaanomalia.org/milano-leoncavallo-16889/
    (le vostre diatribe successive fra Rifondazione e Sel non mi interessano.)

    Il ‘combinato/disposto’ fra le due controinchieste conduce ai neofascisti romani in soccorso ai camerati milanesi impegnati nel traffico di eroina, delineando ambienti, nomi e ruoli, oltre ad un movente, una logica e svariati riscontri.
    La prima conclude: “La sensazione netta è che la morte di Fausto e Iaio sia stata decisa da coloro che, all’epoca, nella zona Lambrate-Casoretto-Padova dirigevano lo spaccio della droga ed erano collegati a settori della destra terroristica”.
    La seconda conclude: “In questo contesto si inserisce sia l’omicidio di Fausto e Jaio in cui si tenterà di coprire le complicità fra questi settori neofascisti e la malavita organizzata sul problema del grosso spaccio dell’eroina.”
    Le controinchieste sono il frutto di lavori collettivi a cui hanno partecipato tanti e tante compagni/e di varie organizzazioni (Lotta Continua, Autonomia e giornali di movimento) che avevano internità al territorio e lucidità di analisi.
    A loro credo, non alle elucubrazioni partorite nel chiuso delle commissioni parlamentari, a cui invece il video di Biacchessi dà voce.

    La ringrazio vivamente per avermi segnalato ‘Arci Ponti di Memoria’, che non conoscevo.
    Sono andata subito a guardarne il sito, aspettandomi di trovare esempi di controinformazione antifascista, magari sul raduno internazionale nazi rock tenutosi sabato scorso proprio a Milano.
    Non c’era nulla su ‘Europe Awake’. In compenso ho trovato nella home page un articolo di Biacchessi che inneggiava al 41bis e a quant’è bravo Alfano a renderlo sempre più duro.
    Per intenderci, il 41bis è l’evoluzione dell’art. 90, quello che costò al movimento il massacro di Voghera.
    E’ un regime carcerario che il Comitato europeo per la prevenzione della tortura ha definito come ‘trattamento inumano e degradante’ capace di provocare, se prolungato, ‘alterazioni delle facoltà sociali e mentali irreversibili’ (i dettagli in nota).
    Se sono queste le vostre ‘barricate’, temo che no, non ci incontreremo.
    Quelle che frequento io sono molto, molto diverse.

    Saluti, Alexik

    Nota:

    Dettagli sul 41 bis

    Cella singola di m 2X3, collocata in carceri speciali.
    Ventidue ore di isolamento.
    Massimo due ore d’aria al giorno in gruppi di max 4 detenuti e con divieto assoluto di rivolgere la parola a qualsiasi altra persona.
    Ora d’aria in cortiletto di cemento sporco e senza cielo.
    Perquisizione corporale, anche anale, prima e dopo l’ora d’aria.
    Sorveglianza affidata ai GOM (quelli delle torture di Bolzaneto)
    Divieto di tenere più di 3 libri in cella. Per inciso: il regime fascista permetteva di tenere in cella 5 libri intercambiabili.
    Non si possono ricevere libri o riviste dall’esterno né si possono riconsegnare i libri alle famiglie. È consentito solo l’acquisto solo tramite impresa interna, quindi chi non ha soldi non legge.
    Esclusione da lavoro interno (e ovviamente esterno).
    Esclusione dalle attività di studio.
    Un colloquio al mese solo con i familiari, della durata di un’ora e sottoposto a videoregistrazione, con vetro divisorio scientificamente lordato.
    Solo i detenuti che non effettuano colloqui possono fare una telefonata al mese, ovviamente registrata.
    Per effettuare questi colloqui telefonici i familiari devono recarsi al carcere più vicino al loro luogo di residenza per essere identificati.
    Questo vale anche per i colloqui telefonici con gli avvocati.
    Divieto assoluto di passaggio di oggetti tra detenuti (cibo, libri, giornali etc.).
    Limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere ricevuti dall’esterno.
    Censura della corrispondenza.
    Violazione del diritto alla difesa: divieto di partecipazione ai processi se non in videoconferenza.

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