7 febbraio 1980: «The Wall» dei Pink Floyd sfonda …
… il muro dell’alienazione
di Fabrizio Melodia
E sono 41 – ma sembra non sentirli – per il doppio vinile «The Wall». Il concept album della band progressive rock britannica si rivelò un colossale successo commerciale e (per molti) un capolavoro. Rimise i Pink Floyd insieme dopo litigi, ossessioni, cambiamenti musicali epocali e una colossale crisi finanziaria che aveva portato la band sull’orlo della bancarotta. Come si arrivò a tutto questo? Sembra di essere in un biopic un po’ raffazzonato se non fosse che è tutto vero, cattiverie e bastardate comprese. Altro che il film «Bohemian rhapsody» di recente uscita, sulla parabola ascendente, il crollo e la rinascita di Freddy Mercury e dei Queen (rimaneggiando con arte la verità). Per «The wall» volarono sputi e non in senso metaforico.
Tutto ebbe inizio con il punk, che negli anni ‘70 aveva polverizzato il progressive rock e molti dei suoi più illustri esponenti: Emerson, Lake & Palmer, Yes o Jethro Tull, per fare qualche nome in ordine sparso.
Il punk, con una buona dose di sfacciataggine mista a temerarietà, mise in discussione l’estetica e la contenutistica musicale del decennio, segnando punti importanti e portando una piccola ma significativa rivoluzione.
Oltre a questo clima mutato i Pink Floyd dovettero far fronte a una crisi finanziaria per investimenti sbagliati in Borsa operati da una agenzia che gestiva i loro cospicui introiti.
Nel 1977, durante il concerto «In the flesh», Roger Waters si scontrò duramente con un fan che cercava a tutti i costi di scavalcare la recinzione che divideva il palco dagli spettatori. Da questo duro scontro, Waters se ne uscì sputando all’indirizzo dello scalmanato. Da quell’episodio, dopo un litigio con il manager Steve O’Rourke, Waters ebbe modo di parlare anche con uno psichiatra, “sputando” fuori tutte le problematiche che lo affliggevano: la paura di esibirsi davanti a un pubblico numeroso e il distaccato odio che provava verso di esso.
Mentre la band decise di dedicarsi a progetti solisti, Waters andò a fondo della questione, cominciando a scrivere nuovo materiale proprio pensando proprio al distacco fra gli artisti e il pubblico. Non era la prima volta che i Pink Floyd mostravano insofferenza verso i loro fan, ma per la prima volta essa diventava tematica, un vero e proprio “concept” che pervadeva la creazione musicale.
Waters ebbe modo di raccontarlo: «Fu poco dopo l’episodio di Montreal che mi venne in mente l’idea di costruire un muro durante lo show. A parte il suo significato personale, pensavo sarebbe stato un grande pezzo di teatro musicale».
Fra tensioni e litigi, Waters e la band misero insieme 26 brani musicali, tutti accomunati da un concept unitario: una vera opera rock che narrava di un personaggio fittizio, un certo Pink, popstar amareggiata e disillusa, che viveva in modo problematico il suo distacco con il pubblico, in un susseguirsi di esperienze traumatiche, arrivando a costruire un muro tra sè e gli altri. Alcune di quelle esperienze terribili sono la prematura scomparsa del padre (accadde realmente a Roger Waters: il padre morì durante la seconda guerra mondiale, quando era troppo piccolo per ricordarlo), la scuola con insegnanti severi e ottusi, la presenza ossessiva della madre.
«The Wall» contiene capolavori come «Another brick in the wall» e «Confartably numb». I traumi, la costruzione del muro, la solitudine, l’alienazione… «Tutto sommato sono solo un altro mattone nel muro» si ripete ossessivamente nel ritornello.
Si potrebbe quasi paragonare «The Wall» a una “Divina Commedia” dantesca, dove l’esito non è vedere Dio ma affondare le mani completamente nell’abisso della propria anima, analizzandosi «nel mezzo del cammin». Emblematica la canzone «The trial» (Il processo) che condanna Pink proprio a cercarsi l’anima … per ritrovare la sanità mentale. La sentenza lo condanna ad abbattere il muro.
Sembra di sentire echi del filosofo francese Jean-Paul Sartre, nell’a ntologia imtitolata proprio «Il muro». Nell’ultima canzone, «Outside the Wall» Waters sottolinea come sia difficile integrarsi con la società rimanendo sani di mente: «Soli, o a coppie – Quelli che davvero ti amano – Camminano su e giù fuori dal muro – Qualcuno mano nella mano – Qualcuno si riunisce in band – I cuori sanguinanti e gli artisti – Fanno la loro comparsa – E quando hanno dato tutto ciò che potevano – Alcuni barcollano e cadono – Dopo tutto non è facile – Sbattere il tuo cuore contro un muro di pazzi».
«The Wall» ebbe un successo enorme, nel 1980 fu il disco più venduto negli USA e rimase nelle vette delle classifiche di tutto il mondo, diventando il doppio album più venduto nella storia della musica.
Per promuoverlo, i Pink Floyd furono impegnati in una serie di concerti fra il 1980 e il 1981, portando sul palco la denuncia feroce della società senza peli sulla lingua, con l’ormai celebre muro di polistirolo costruito sul palco e abbattuto alla fine della performance.
Tanto potente fu questo concept album che il cineasta Alan Parker ne traspose la storia in un film (dallo stesso titolo) nel 1982.
La critica fu divisa e questo portò alla definitiva spaccatura della band. Chris Brazler sul settimanale «Melody Maker» commentò: «Non so dire se sia brillante o atroce ma certo lo trovo irresistibile».
Il 21 luglio 1990, i Pink Floyd si esibirono a Berlino nell’area di Potsdamer Platz in uno storico live di «The Wall» collegandosi al crollo del muro berlinese. Allora pochi avevano intuito che presto nel mondo sarebbero sorti ovunque nuovi e più alti muri.
PER APPROFONDIRE:
– Matteo Palombi, “The wall. No adulation. Storia e analisi di un’opera totale”, Arcana Edizioni, 2019.
– The Lunatics, “Il Fiume Infinito – Tutte le Canzoni dei Pink Floyd”, Giunti, 2014.
– Christian Diemoz, “Le Canzoni dei Pink Floyd”, Editori Riuniti, 1991.
– Alessandro Bratus, Pink Floyd. 40 anni di suoni e visioni, Editori Riuniti, 2005.
– Franco Brizi, Pink Floyd, Coniglio Editore, 2007.
In “bottega” cfr Bologna, 25 aprile: Roger Waters (ex Pink Floyd) in concerto ma anche Rogers e la via del drago divorato dal sole – Ahmed Nàgi
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
l’articolo è buono, ma contiene un’inesattezza: nel 1990 a Berlino fu il solo Waters, accompagnato da vari musicisti e cantanti famosi, ad organizzare il concerto. Infatti il bassista era già fuori dai Pink Floyd che nel frattempo avevano già pubblicato un paio di album senza di lui.
Carissimo, ti ringrazio dell’ osservazione, ma più che una inesattezza è una voluta ambiguità. E ammetto che il mio cuore di fan dei mitici si è lasciato trasportare dalla foga e un po’ (tanto) dalla nostalgia.
Sentii la prima volta i Pink Floyd proprio al famoso concerto che causò non pochi problemi alla mia città. Ma fu meraviglioso e da quel momento iniziai a conoscerli e ad ascoltarli sempre di più. La band si sciolse nel 2006 ufficialmente, quando Gilmour disse xe una reunion era impossibile. Ma il nome “Pink Floyd” veniva usato ancora dai membri, soprattutto da Waters. Il concerto di Berlino fu organizzato da lui, strutturandolo con una forte componente teatrale e con la partecipazione attiva di artisti di fama mondiale. Ma risulta essere Pink Floyd a Berlino con la partecipazione di artisti. Waters poteva ancora disporre del nome e dell’ album, poiché il materiale era per la maggior parte suo. Quindi a livello ufficiale furono i pink floyd a esibirsi ma a livello di partecipazione l’ organizzazione e il concept artistico fu di Waters.
Mi terrò un appunto in bella vista per parlare di questo concerto in futuro. E ti ringrazio di cuore
in effetti penso abbiate ragione entrambi. the wall è indubbiamente figlio di Waters che potè e può disporre del nome Pink Floyd e a Berlino fu comunque un’iniziativa personale. una mini-reunion ci fu poi per il live 8 e porca miseria per non essere riuscito ad andarci