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Ma cos’ è un cognome che ci si debba preoccupare?

   di Mauro Antonio Miglieruolo… o qualcosa del genere: pubblicato ieri sul suo blog

Mau-Yerka

Oggi teoricamente sarebbe il mio compleanno. La realtà però, più forte della stessa biologia, ha deciso diversamente. Così come ha stabilito debba esistere somma incertezza sulla natura esatta del mio cognome, ha imposto un analogo arbitrio sulla data di nascita, ringiovanendomi di 4 giorni. Cosicché mentre all’anagrafe risulto essere nato nel lontanissimo preistorico 10 aprile 1942, nella memoria dei miei genitori risultavo essere venuto al mondo il 6 aprile dello stesso anno.

Una prepotenza questa che condivido con chissà quanti altri, ma che nel mio caso è stata accompagnata da ulteriori violenze sul cognome. Il che mi ha indotto, ipotesi con la quale spiego certe mie reticenze, a adottare come unica possibilità di difesa, la ricusazione di ambedue le date. A non festeggiare né il 6 ufficioso, né il 10 ufficiale. Consolato dalla considerazione che in fondo, ma anche in superficie, i giorni sono tutti uguali. O li festeggi tutti o li rinvii tutti equamente nel limbo dei tanti che si sono accumulati e continuano a accumularsi.
Questo in cui scrivo si è però arricchito di un particolare che induce, anzi direi proprio costringe a considerarlo a sua volta particolare. È infatti il primo, dopo circa tre mesi di calvario, nel quale ho potuto trascorre la notte sdraiato. Mentre nelle altre mi toccava starmene o seduto, ad aspettare la fine della notte (e poi quella del giorno); oppure in piedi a passeggiare per casa, lottando contro il sonno che giungeva a ondate, ma al quale non potevo, assolutamente non potevo dare retta. Bastava poggiassi la testa sul cuscino e cadevo in una sorta di caverna nera d’inconsapevolezza; per risvegliarmi, trascorsi alcuni secondi affannato come dopo una lunga corsa o sovrastato da una orribile sensazione di soffocamento; una sensazione che solo rimettendomi in piedi riuscivo ad attenuare. Entrare e uscire dal letto, la voglia di dormire crescente, crescente anche il senso di pesantezza allo stomaco e nel finale, un gran bel finale, scompensi alla pressione e polso sempre più debole e aritmico.
Non è stato un bel vivere in quelle lunghe settimane. Con nessun medico che sapeva darmi una spiegazione accettabile o cura efficace.
Sapete la tortura del sonno, che consiste nell’impedire alla vittima di dormire, è una delle peggiori che il sadismo degli uomini ha inventato per tormentare il prossimo. L’ho inflitto io a me stesso? O si è trattato di una spiacevole congiuntura durata troppo a lungo?
Non mi sottraggo alla responsabilità. La congiuntura sono io, io costruisco gli elementi che poi si ritorceranno contro – a favore della mia persona. Io sono la conseguenza ultima e irrimediabile di centinaia di migliaia, di milioni di scelte che opero secondo per secondo, minuto per minuto, in ogni frazione di tempo di questi settantaquattro anni di scelte scriteriate e scelte dotate di un loro occulto criterio.
L’unico elemento di questa infinita serie di scelte, che hanno dato luogo a una infinita serie di congiunture, del quale non posso farmi carico è quella che appartiene all’assegnazione del nome, voluto dai genitori – Mauro Antonio, Mauro per volontà del padre, Antonio per volontà della madre; e del cognome, le cui disfunzioni sono da ascrivere integralmente alla precaria volontà del Segretario Comunale. Sulla cui sobrietà mi si è sempre detto occorreva porre più che una riserva, bisognava porne diecimila (in ragione di una delle diecimila e passa sbornie, voglio sperare si tratti di una calunnia, che si sostiene usasse prendersi). Il quale Segretario Comunale resosi conto di aver trascritto erroneamente il cognome aggiungeva altro inchiostro (cosa proibitissima) cercando di rettificare. Essendo però la rettifica a sua volta errata rettificava ulteriormente creando un pastrocchio tale che è diventato pressoché impossibile sapere quale cognome l’anagrafe mi abbia attribuito. Miglieruolo/Migliaruolo sono i più comuni e adoperati nei documenti che, nel corso degli anni, mi sono stati spediti a Roma su mia richiesta. Ma alla lettura potrebbe anche trattarsi di un Migliarulo, Migliarnolo o non so che altro. E pensare che tutti questi nomi sono errati per seconda intenzione. In quanto il mio autentico cognome avrebbe dovuto essere Mastrangelo, cioè il cognome che gli uomini hanno stabilito fosse del nonno paterno. Il signor Mastrangelo però essendo un birichino che commetteva facilmente birichinate con le donne di spettacolo, con una di esse ebbe la ventura di mettere al mondo un bambino. Non bastandogli essere birichino (e fedifrago) decise d’aggravare comportandosi da mascalzone. Il bambino fu internato in un brefotrofio e lì abbandonato alla fantasia degli inventori di cognomi. Un cognome insolito per mio padre trovarono questi ideatori di allusioni e richiami alla protezione o all’appartenenza alla divinità; e da mio padre a me. Non però un cognome ordinario, un semplice Rossi o Smith che dir si voglia, ma quella specie di scioglilingua del quale tutti sapete.
Ma neanche una scelta a caso. E invece un cognome significativo, insospettabile, che ho faticato a lungo a identificare. La miglieruola (o migliaruola, non ricordo bene) pare essere la parte più minuta della polvere da sparo (quella utilizzato per le cartucce dei fucili da caccia).
Perché, mi domando, un nome tanto battagliero, per un pacioso pacifista quale mi pregio tentare di essere? Sottile allusione del destino al mestiere di carnefice che avrei esercitato a mio danno? Un volersi mettere da solo in punta a un fucile nello stesso modo in cui in Cina furono messi in punta a un cannone – e sparati, gli operai che si erano ribellati al potere imperiale?
Ai pochi lettori che si ostinano a seguirmi e che anzi incredibilmente continuano a iscriversi, nonostante che da quasi un anno non appaiano più miei nuovi post nel blog, l’ardua sentenza.
Lettori che abbraccio collettivamente, e ai quali prometto un prossimo ritorno, subito dopo che le mie migliorate condizione di salute permetteranno di potermi operare. E ai quali per di più dico: vogliatemi bene, ve ne voglio.

BREVE NOTA

Qui dalle parti della “bottega” disdegniamo i compleanni canonici: siamo linea «Alice» – nel senso «nel Paese delle meraviglie» – e fatti due calcoli confermiamo che 365 meno 1 fa 364, con la variante del bisestile. Dunque buoni «non compleanni» a Miglieruolo o comunque nella sbornia anagrafica si chiami questo nostro amico e compagno. Lo rivogliamo presto anche in “bottega”. L’IMMAGINE è di quel JACEK YERKA che proprio Miglieruolo-Migliaruola-Miglieruola-Migliarnolo ecc ci ha “insegnato” ad amare.  (db)

 

Redazione
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