8 eritrei marciano di notte per 35 km al buio e nel gelo, sotto la pioggia…

… in fuga dal confino sui monti Lessini veronesi

di Bartolo Fracaroli

alla cortese attenzione di Beppe Severgnini (direttore “7”)

Verona, 21 novembre

8 eritrei marciano di notte per 35 km al buio e nel gelo, sotto la pioggia, in fuga dal confino sui monti Lessini veronesi

Sull’altopiano della Lessinia veronese, in contradina Vaccamozzi di 7 residenti (tre over 90 anni) a mezzora a piedi dal capoluogo Erbezzo (759 abitanti, 1118 mslm, 31 km da Verona) la prefettura di Verona ha appena dislocato “temporaneamente” 26 migranti centroafricani arrivati coi barconi in Italia («Che potranno arrivare ad 80») dentro una ex base Nato vuota dal 2016 e abbandonata ma ancora funzionale.

Allarme!

C’è un “programma d’inserimento” italiano per queste persone, tutti giovani che, sopravvissuti ai naufragi, ne hanno viste di ogni sorta e attendono solo il vaglio delle competenti autorità per poter salire in Nord Europa, a lavorare. Scappano da guerre, povertà, desertificazione, fame e miserie di Paesi senza prospettiva alcuna; ma chi vende laggiù le armi a tiranni, despoti e servi delle multinazionali? Vengono ospitati in Italia perché il vaglio della loro situazione richiede circa due anni (!?). Ohibò, ahimè.

Proteste diffuse con balle spaziali (portano malattie) smentite dai primari di infettivologia della facoltà di medicina dell’Università di Verona e da quello di malattie tropicali dello stimatissimo ospedale privato di Negrar dell’Istituto San Giovanni Calabria di Negrar.

Sempre a Erbezzo, appena sopra il capoluogo, un falansterio dell’Istituto don Bosco è vuoto da anni, anche come colonia estiva. Idem a Roverè di Velo, grandiosa villa diocesana anni 30, a doppia ala, di quando le vocazioni c’erano. Nella frazione di San Massimo di Verona fra altri colossali bruttissimi edifici stile realismo socialista c’è il (chiuso) Seminario Nuovo diocesano, con centinaia e centinaia di posti letto, munito di ogni servizio, vuoto da anni, in attesa di essere trasformato – secondo il vescovo Giuseppe Zenti – in un immane nuovo, ennesimo centro commerciale (con annesso ospizio) ma sempre il vescovo dice «Ora non è idoneo». Sono decine e decine i grandi complessi religiosi vuoti in città e provincia, anche canoniche e sono pure molte le caserme dismesse e le ex carceri!

Nel veronese i “richiedenti asilo” sono finiti anche in paesini di montagna, a Prada di San Zeno di Montagna (appunto) sul monte Baldo e altre decine di migranti all’isolatissimo rifugio Branchetto di Bosco Chiesanuova (1501 m.). Ai freschi.

Allarme generalizzato, interrogazioni a Venezia e a Roma. Eppure sono state tutte terre di emigrazione, si dovrebbero ricordare cos’era la miseria nera, l’aringa appesa per cena sopra la mensa domestica per insaporire le fette di polenta. Ma è terra pia, di bravi cristiani. Luoghi un tempo di votazioni bulgare per la DC e ora diventate plebiscitarie ai leghisti. Un tempo chi predicava bene e razzolava male lo si chiamava “pesàtabanchi falso” (sepolcro imbiancato) e in città si diceva “El montagnàr el fà del bèn, quando l’acua la brùsa el fèn”. Ma non è vero. Anzi.

Nessuno dei cronisti arrivati sulla notizia ha posto la domanda più elementare: quanti erano i militari di leva nella base Nato? Centocinque. “E mai un problema” rispondono.

Sabato 11 novembre, a notte fonda, gli ultimi otto eritrei arrivati dal Corno d’Africa, visti dal sindaco sulla provinciale per Verona (40 km) a piedi nudi nei sandali a zero gradi, fasciati in lenzuoli e coperte su abiti estivi, sono stati fermati dai carabinieri a Poiano di Valpantena a 4,7 km dalla città. «Andiamo a Verona per raggiungere Milano o Roma» la risposta. Subito qualcuno ha dichiarato che sulla strada erano un pericolo per il traffico, l’Arena ha titolato a tutta pagina «In libera uscita».

Che della povera gente cammini per 35 km nel buio e al gelo non fa notizia. E pioveva. Ma non erano cittadini veronesi.

Data la posizione di eritrei – per il missionario comboniano trentino Alessandro Zanotelli, sull’agenzia di stampa cattolica Adista: «Il più oppressivo regime dittatoriale d’Africa» – in questura li hanno dovuti lasciar andare. Si sono dissolti.

A Vaccamozzi sono caduti 15 centimetri di neve. Il Corriere di Verona ha scritto che i rimasti avevano così l’opportunità di vederla per la prima volta.

Papà, papà èla distante l’Africa?” chiedeva il bambino a Sant’Ambrogio di Valpolicella al genitore che aveva per colleghi i primi migranti neri assunti nei laboratori del marmo. “Nol credo mìa sèto, visto che i mori i ven a laoràr en bicicléta”.

Bartolo Fracaroli, Verona, 21 11 17

PER LE IMMAGINI:

http://www.veronasera.it/cronaca/richiedenti-asilo-fuga-erbezzo-ex-base-nato-12-novembre-2017-.html  http://www.veronasera.it/politica/paolo-tosato-critica-prefettura-erbezzo-profughi-fuga

 

Redazione
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Un commento

  • domenico stimolo

    Come ai tempi delle deportazioni, della “caccia” agli ebrei e ai diversi di tutte le specie, così come annunciato ed operato durante il fascismo e la fase dell’occupazione nazifascista.

    Molte volte mi son chiesto, ma come è stato possibile! I “nostri antichi” che facevano, che pensavano di fronte alla ferocia praticata?. Certo tempi terribili e sanguinari , di dittatura! Eppure non sono passati molti anni, c’è ancora memoria diretta ( io non c’ero). E’ vero c’è stata una grande indifferenza da parte degli “italiani brava gente”, e collusione di tanti che credevano alla proclamazione fanatica della “razza eletta”, ai postulati del “dio, patria e famiglia” contro tutti i sobillatori, e ai motti assassini che guidavano la conquista dell’impero.
    C’è stata anche tanta solidarietà e sostegno ai perseguitati. Molti si salvarono dalle galere e dai lager grazie all’intervento di tanti italiani, uomini e donne, che intervennero a prezzo della loro vita.

    La storia non ritorna mai uguale. Le sembianze cambiano sempre, la sostanza, però, è similare. Oggi, in un’epoca definita democratica – le libertà sono state riconquistate a duro prezzo umano -, i “diversi” sono i migranti. I reietti, portatori di “peste”, tra i tanti, i poveri più poveri.

    I proclamanti dell’odio, potenti, in organizzazioni, mezzi finanziari e organi di informazione, sfogano quotidianamente i loro istinti belluini contro i più deboli. Solo in questo sono molti bravi. Proclamano, in aggiunta, in caso di “loro vittoria”, l’espulsione di 500.000 persone migranti ( 100.000 per anno).

    Sono ritornati i tempi bui, in Italia e in Europa, le strutture istituzionali sbandano, dando un colpo al cerchio e un altro alla botte.
    Anche la società civile e democratica per lo più latita. Sono prevalsi gli egoismi più beceri, con un tranquille “ritorno a casa”……come in quegli anni bui. Siamo forse ritornati come allora e non ce siamo ancora accorti?

    Mentre dormiamo sonni tranquilli, come negli anni bui, c’è, sono in tanti, che fuggono, via mare, attraversando di notte sperdute montagne di frontiera, sotto i treni, lungo freddolosi sentieri, con il cuore in gola per paura di essere scoperti. Sono alla ricerca di vita e libertà.

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