8 marzo, il nostro viaggio nella Storia

di Laura Ferrin e Bianca Menichelli

È l’agosto del 1907 quando, durante la VII Conferenza dell’Internazionale socialista di Stoccarda, viene sollevata la questione femminile. Il Congresso vota una risoluzione nella quale si impegnano i partiti socialisti a «lottare energicamente per l’introduzione del suffragio universale delle donne».

Rosa Luxemburg, figura di primo piano del comunismo europeo e mondiale, propone di dedicare un giorno ai diritti delle donne.

Il 3 maggio 1908 a Chicago Corinne Brown presiede la conferenza del partito socialista che si tiene ogni domenica mattina. Sono presenti molte donne che intervengono, discutono della loro condizione, di sfruttamento nelle fabbriche, di diritto al voto.

Forse non è la prima giornata della donna nella storia, ma certo è la prima di cui si trovano precisi resoconti nei giornali dell’epoca.

L’iniziativa si diffonde anche in Europa, soprattutto tra le militanti socialiste che si rivolgono alle operaie perché si battano per i loro diritti e per ottenere il voto.

Il 28 agosto 1910 a Copenaghen si apre il VIII Congresso della Seconda Internazionale Socialista.

Due giorni prima si era svolta la seconda conferenza internazionale delle donne socialiste in cui le delegate americane avevano presentato il progetto di istituire una giornata internazionale dedicata alla rivendicazione dei diritti delle donne.

Clara Zetkin, esponente del Partito Socialista Tedesco, fa propria la proposta e la presenta al Congresso dell’Internazionale Socialista, ma la mozione non passa.

Il 25 marzo 1911 divampa un terribile incendio in una fabbrica di camicie a Manhattan.

Negli occhi di tutti, scrive il cronista del New York Times, restò l’immagine di una ragazza che, lanciatasi nel vuoto nella speranza di aggrapparsi all’edificio accanto, restò impigliata per alcuni interminabili secondi finché le fiamme le divorarono il vestito lasciandola precipitare. Forse era russa, tedesca, finlandese…” non è improbabile che fosse italiana.

In quello spaventoso incendio morirono 146 persone. 123 erano donne e almeno 39 di quei corpi quasi carbonizzati erano di operaie italiane. Questo tragico evento, dimenticato dall’Italia, fu invece sempre ricordato, come l’atto di origine dell’8 Marzo.

Certo è che, anche se il collegamento storico fosse dovuto ad un equivoco, non c’è episodio nella storia delle donne più adatto a segnare un punto di svolta quanto la catastrofe alla Triangle Waist Company.

Il 23 febbraio 1917 a Pietrogrado fame, freddo e miseria inducono operaie e contadine a scendere in piazza contro lo zar, rivendicando pace e pane. E’ l’inizio della Rivoluzione di Febbraio: 23 Febbraio secondo il calendario Giuliano, 8 marzo per quello riformato in vigore in occidente.

Il 14 giugno 1921 a Mosca si apre la seconda Conferenza internazionale delle donne comuniste; sono presenti 82 delegate provenienti da 20 paesi.

Prende la parola Clara Zetkin:

Propongo di adottare l’8 marzo come Giornata dell’operaia in ricordo della manifestazione del 23 febbraio 1917, quando le donne operaie di Pietrogrado dimostrarono di essere capaci di divenire protagoniste.”

Quando le donne russe riescono a sintonizzarsi con le donne americane è 8 Marzo per tutte!

Da Oriente ad Occidente da allora sarà Giornata internazionale della donna.

In Italia con il fascismo i diritti femminili fanno un passo indietro: la concessione del voto amministrativo alle donne (1925) è sospesa, dato che non si tengono più elezioni. Perfino le insegnanti sono escluse dalle cattedre di Lettere e filosofia ai licei, e le tasse scolastiche per le studentesse raddoppiano.

Con il regio decreto 838 del 29 luglio 1939, il governo fascista stabilisce le mansioni lavorative adatte alle donne: dattilografe, telefoniste, stenografe, conta banconote e biglietti, segretarie, annunciatrici, cassiere, commesse e sarte.

La donna che lavora si avvia alla sterilità; perde la fiducia nell’uomo; concorre sempre di più ad elevare il tenore di vita delle varie classi sociali; considera la maternità come un impedimento, un ostacolo, una catena; se sposa difficilmente riesce ad andare d’accordo col marito […]; concorre alla corruzione dei costumi; in sintesi, inquina la vita della stirpe». (Ferdinando Loffredo, nella Politica della famiglia, 1938)

Con la guerra ancora in corso, dall’1 all’8/3/1944 le donne italiane sono in prima fila durante lo sciopero generale. È la più grande protesta di massa, attuata dimostrativamente senza aiuti dall’esterno, senza armi, ma con grande energia e sacrifici.

E’ il più importante sciopero in Italia dopo vent’anni di dominio fascista e il più grande sciopero generale compiuto nell’Europa occupata dai nazifascisti.

A settembre 1944 nasce a Roma l’UDI (Unione Donne in Italia) per iniziativa di donne appartenenti al PCI, al PSI, al Partito d’azione, alla Sinistra Cristiana e alla Democrazia del lavoro.

E’ l’UDI a prendere l’iniziativa di celebrare, l’8 marzo 1945, la prima giornata della donna nelle zone dell’Italia libera.

A Londra viene approvata e inviata all’ONU, appena costituita, una Carta della Donna contenente richieste di parità di diritti e di lavoro.

Nel 1946, a guerra finita, l’8 marzo è celebrato in tutta l’Italia con l’adozione del fiore simbolo, la mimosa, che fiorisce proprio nei primi giorni di marzo.

Negli anni successivi le donne continuano a scendere in piazza, distribuendo la mimosa e rivendicando pace, lavoro, istruzione, parità salariale, servizi sociali, accesso a tutte le carriere, cioè l’applicazione della Carta costituzionale

Nel 1948, al momento dell’entrata in vigore della Costituzione italiana, i codici e le leggi vigenti sono ancora quelli del periodo precedente. I principi stabiliti nella Carta non trovano immediata applicazione nell’ambito familiare e nella vita sociale.

Sebbene la Costituzione italiana sancisca la parità tra uomini e donne, alcuni suoi articoli riflettono una difficilissima mediazione tra proposte diverse.

In molti campi le donne restano, di fatto, “uguali per diritto, ma inferiori per legge”. Solo gradualmente e, a volte, a distanza di decine di anni le vecchie norme saranno abolite o modificate.

Nei primi anni 50, anni di guerra fredda e del ministero Scelba, distribuire la mimosa o diffondere “Noi donne”, il mensile dell’UDI nelle piazze italiane, in occasione dell’8 marzo, è considerato un gesto “atto a turbare l’ordine pubblico”, tenere un banchetto per strada è “occupazione abusiva di suolo pubblico”.

Ma le donne non si fermano e continuano la loro lotta.

Cominciano ad ottenere le prime conquiste legislative, in applicazione della Costituzione.

– 1950 – Viene varata la legge sulla «Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri»

– 1956 – Le donne possono accedere alle giurie popolari e ai tribunali minorili col limite massimo di tre su sei, norma in vigore fino al 1978

– 1958 – Con la legge n. 75 «Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione altrui» si chiudono definitivamente le case di tolleranza

– 1959 -Le senatrici Luisa Balboni, comunista, Giuseppina Palumbo e Giuliana Nenni, socialiste, presentano una proposta di legge per rendere la giornata della donna una festa nazionale, ma l’iniziativa cade nel vuoto.

Il boom economico negli anni ‘60 illude sulla conquista di autonomia.

L’UDI, nelle manifestazioni dell’8 marzo, denuncia la società maschilista, comincia a parlare di divorzio, chiede la riforma del diritto familiare, la libera diffusione dei mezzi di controllo delle nascite, la tutela della lavoratrice madre, la parità per il lavoro della donna contadina, il piano nazionale per gli asili nido, la scuola materna pubblica.

L’impegno politico-sociale delle donne porta a nuove conquiste.

– 1963 Con la legge n. 66 le donne sono ammesse alla magistratura e con la legge n. 7 il matrimonio non è più ammesso come causa di licenziamento-

– 1968 La Corte costituzionale abroga l’articolo sul diverso trattamento dell’adulterio maschile e femminile e l’articolo 559 del Codice penale.

L’adulterio femminile non è più considerato reato.

Negli anni ‘70 la pratica dell’8 marzo viene adottata anche dalle femministe, come occasione politica per passare dalla fase dell’autocoscienza alla comunicazione e alla visibilità con le altre donne.

I cortei femministi rompono in modo clamoroso con la tradizione. Slogan esplosivi e dirompenti su matrimonio, famiglia, prostituzione, aborto vengono urlati nei megafoni, attraversano la piazza. Spesso la polizia carica.

Si aggregano donne a migliaia e migliaia: studentesse, tantissime casalinghe, lavoratrici, ai bordi dei cortei uomini che credono alla parità di genere.

Nel dicembre del 1970 viene approvata la legge sul divorzio.

Nel 1971 entrano in vigore altre leggi importanti, come il «Piano quinquennale per l’istituzione di asili-nido comunali con il concorso dello Stato» e quella sulla «Tutela delle lavoratrici madri».

Nello stesso anno la Corte Costituzionale cancella l’articolo del Codice civile che punisce la propaganda di anticoncezionali e abroga l’art. 535 del Codice penale che vietava la propaganda di qualsiasi mezzo contraccettivo e puniva i trasgressori col carcere.

Nel 1974 il referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio è bocciato con il 59% dei NO.

Il 1975 è designato dalle Nazioni Unite “Anno Internazionale delle Donne” e l’8 marzo le organizzazioni femminili celebrano in tutto il mondo la giornata internazionale della donna con grandi manifestazioni. Si festeggiano le conquiste delle donne ribadendo la necessità di una continua vigilanza per mantenerle.

Alcuni obiettivi politici diventano comuni e i diversi cortei sono percorsi dagli stessi slogan. Si dibatte su maternità, sessualità e aborto

A maggio, con la legge n. 151, arriva la «Riforma del diritto di famiglia».

Col nuovo diritto di famiglia, la legge riconosce, tra l’altro, parità giuridica tra i coniugi che hanno uguali diritti e responsabilità e attribuisce ad entrambi la patria potestà.

Nel 1977 con la legge n. 903, è riconosciuta la parità di trattamento tra donne e uomini nel campo del lavoro

Le immagini dell’8 marzo vengono trasmesse per la prima volta in TV.

A dicembre, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituisce la «Giornata delle Nazioni Unite per i diritti della donna e la pace internazionale».

In Italia nel 1978, in un clima politico cupo e teso, il movimento delle donne entra in crisi. Si parla di “riflusso”.

L’8 marzo è comunque un grande appuntamento collettivo: sfilano ben 5 cortei di organizzazioni diverse, nonostante il divieto della Questura.

A maggio è approvata la legge n. 194 che definisce le norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza. In precedenza il Codice penale stabiliva che la donna che si procurava un aborto dovesse essere punita con la reclusione da uno a quattro anni, ma, se l’aborto era effettuato per “salvare l’onore”, era prevista una riduzione, che andava da un terzo alla metà della pena.

1979. La Rai manda in onda “Processo per stupro”. La riflessione sulla violenza ricompatta le organizzazioni femminili. Nasce il comitato promotore di una proposta di legge d’iniziativa popolare contro la violenza sessuale.

8 marzo 1980: Roma, Piazza Farnese: storico incontro di tutto il movimento; al mattino sfilano le studentesse, al pomeriggio un altro grande corteo, un fiume di mimose. Le femministe aspettano in Piazza, invitano a partecipare portando cuscini, sdraio e ombrelloni, merende e beveraggi. Sono gli anni del terrorismo, degli attentati, dei sequestri, delle stragi e i movimenti delle donne vogliono dare una risposta ferma e comune contro la violenza e le spinte restauratrici.

Il referendum del 17 maggio 1981 per abrogare la legge 194 viene respinto dalla maggioranza dei cittadini.

A settembre dello stesso anno viene soppressa la norma per cui il motivo d’onore non è più attenuante nell’omicidio del coniuge infedele.

Nel movimento delle donne affiora la contestazione della giornata dell’otto marzo, ormai mutata in un rituale consumistico (fiori, cioccolatini, pizza, striptease maschile) e convertita in “Festa della donna”.

Negli anni questa contestazione si rafforza anche tra le donne che hanno visto negli anni 60 e 70 una rivendicazione tutta politica per la dignità e la parità delle donne.

Negli anni a seguire prosegue molto faticosamente e con lentezza l’iter legislativo

– 1996 La legge n. 66 punisce lo stupro come delitto contro la persona. Prima di questa legge lo stupro era considerato “reato contro la morale”.

– 2000 Con la legge n. 53, «Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città» sia il padre sia la madre possono chiedere l’aspettativa entro gli otto anni di vita del figlio

– 2011 con la legge 22 dicembre n. 214 (Monti/Fornero) la pensione di vecchiaia delle donne si allontana sempre di più

– 2013 la legge n. 119 reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere.

“..Mi ha uccisa e il giornalista ha sottointeso che me la sono cercata, perché rompevo le palle sul fatto che andasse a giocare due volte alla settimana a calcetto con gli amici e la domenica allo stadio.Mi ha uccisa e i vicini di casa hanno detto che era una brava persona, è stato un raptus, una parentesi, cosa vuole, capita anche ai migliori, 35 coltellate scappano di mano.Mi ha uccisa e l’arcivescovo nell’omelia ha detto di pregare per lui affinché non venga sopraffatto da sensi di colpa. Passi io sopraffatta da 35 coltellate, ma lui da 35 mila rimorsi no!

MI AVETE UCCISA!CHE CAZZO PIANGETE ORA?” (da un monologo di Serena Piccoli)

– 2018 L’iter legislativo del decreto di legge sul cognome materno è ancora in fase di stallo e comunque la possibilità è prevista solo col consenso del padre

– 2021 In Italia si discute se attribuire automaticamente il cognome paterno sia davvero costituzionale.

……

Noi siamo le donne affamate di riso, casa, libertà, delle altre, di noi stesse.

Noi siamo le donne assetate di acqua limpida e risate, di letture, d’amore.

Noi siamo esistite in tutti i tempi, in ogni società.

Siamo sopravvissute al nostro sterminio. Ci siamo ribellate e abbiamo lasciato dei segni.

Noi siamo la continuità, intessiamo il futuro col passato, la logica con la poesia.

Noi siamo le donne che tengono duro e gridano Sì.

Noi siamo le donne dalle ossa, voci, menti, cuori spezzati eppure siamo le donne che osano sussurrare No.

Noi siamo le donne la cui anima nessuna gabbia fondamentalista può contenere.

Noi siamo le donne che rifiutano di permettere che si semini morte nei nostri giardini, nell’aria, nei fiumi, nei mari.

Noi siamo, tutte e ciascuna, preziose, uniche, necessarie. Noi fatte più forti, benedette, sollevate perché non uguali.

Noi siamo le figlie del desiderio.

Noi siamo le madri che daranno alla luce la politica del XXI secolo.

Noi siamo le donne da cui gli uomini ci hanno messo in guardia.

Noi siamo le donne che sanno che tutte le questioni ci riguardano, che reclamano il loro sapere, reinventeranno il loro domani, discuteranno e ridefiniranno ogni cosa, incluso il potere.

Sono decenni ormai che lavoriamo a dar nome ai dettagli del nostro bisogno, rabbia, speranza, visione. Abbiamo rotto il nostro silenzio, esaurito la nostra pazienza.

Siamo stanche di enumerare le nostre sofferenze per intrattenere o essere semplicemente ignorate.

Ne abbiamo abbastanza di parole vaghe e attese concrete; abbiamo fame d’azione, dignità, gioia. Intendiamo fare di meglio che resistere e sopravvivere.

Hanno tentato di negarci, definirci, piegarci, denunciarci; ci hanno messo in prigione, ridotte in schiavitù, esiliate, stuprate, picchiate, bruciate, asfissiate, seppellite e ci hanno annoiate.

Ma niente, neppure l’offerta di salvare il loro agonizzante sistema, ci può trattenere.

Per migliaia di anni, le donne hanno avuto responsabilità senza potere mentre gli uomini avevano potere senza responsabilità.

Agli uomini che accettano il rischio di esserci fratelli offriamo un equilibrio, un futuro, una mano.

Ma con loro o senza di loro, noi andremo avanti.

Perché noi siamo le Antiche, l’Essere Nuovo, le Native venute per prime e rimaste, indigene come nessuno. …

Siamo canto di balena e foresta pluviale; l’onda sommersa del mare che monta, immensa, a spezzare in mille frammenti il vetro del potere. Siamo le perdute e le disprezzate che, piangendo, avanzano nella luce.

Questo noi siamo. Siamo intensità ed energia. Siamo i popoli del mondo che parlano che non aspetteranno più e non possono essere fermati.

Siamo sospese sull’orlo del millennio alle spalle la rovina, davanti nessuna mappa, il sapore della paura acuto sulle nostre lingue.

Eppure faremo il salto.

L’esercizio dell’immaginazione è un atto di creazione.

L’atto di creazione è un esercizio della volontà.

Tutto questo è politica. E’ possibile.

Pane. Un cielo pulito. Pace vera. La voce di una donna che canta chissà dove, melodia che spira come fumo dai falò campestri. Congedato l’esercito, abbondante il raccolto. Rimarginata la ferita, voluto il bambino, liberato il prigioniero, onorata l’integrità del corpo, ricambiato l’amante.

Magico talento di trasformare i segni in significato.

Uguale, giusto e riconosciuto il lavoro.

Piacere nella sfida che porta, concordi, a risolvere i problemi.

La mano che si alza solo nel saluto.

Interni dei cuori, delle case, dei paesi così solidi e sicuri da rendere finalmente superflua la sicurezza dei confini.

E ovunque risate, sollecitudine, festa, danze, contentezza. Un paradiso umile, terrestre, ora.

Noi lo renderemo reale, nostro, disponibile. Noi disegneremo la politica, la storia, la pace.

Il miracolo è pronto.

Credeteci.

Siamo le donne che trasformeranno il mondo.

Il Credo di Una Donna (di Robin Morgan in collaborazione con Perdita Huston, Sunetra Puri, Mahnaz Afkhami, Diane Faulkner, Corrine Kumar, Simla Wali, Paola Melchiari, da “Cassandra non abita più qui” di Robin Morgan, ed. La Tartaruga, 1996)

Le donne sono sempre presenti e come sempre, in questi giorni interminabili di pandemia, si dimostrano l’asse portante dell’iniqua costruzione sociale fondata sulle necessità di cura, che non tiene conto di uguaglianza, dignità e diritti.

Ecco cos’è, ancora una volta, l’otto marzo 2021.

E’ l’occasione per ridare senso alla storia.

E’ la data simbolo delle lotte comuni di tante donne per ottenere dignità e diritti, è quella che ci ricorda quanto duro sia il cammino per affermare la parità e l’uguaglianza e quanto sia facile perdere quello che si è conquistato.

L’IMMAGINE – SCELTA DALLA “BOTTEGA” – ARRIVA DALL’IRAN E SI INTITOLA “LA SCOMPARSA DELLA DONNA“. NE E’ AUTRICE LA FOTOGRAFA SHADI GHADIRIAN (grazie a Rezki per la segnalazione e a Doriana per aver corretto il nome)

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

4 commenti

  • grazie per l’esauriente nostra storia, che condivido, una piccola precisazione…la foto è di Shadi Ghadirian, https://it.wikipedia.org/wiki/Shadi_Ghadirian

  • DUE COMUNICATI diffusi da UIKI (Ufficio d’informazione del Kurdistan In Italia)

    In occasione della giornata di lotta rivoluzionaria dell’8 marzo, commemoriamo tutte le donne cadute combattendo contro l’egemonia maschile e celebriamo le nostre compagne che hanno dedicato e sacrificato le loro vite per la creazione e la difesa di una vita libera.
    Sakine Cansiz, Zilan, Beritan, Arin Mirkan, Ivana Hoffmann e Anna Campbell hanno ispirato migliaia di altre combattenti per la libertà, proseguendo le lotte a suo tempo intraprese da Rosa Luxemburg, Clara Zetkin, Emma Goldman e dalle innumerevoli partigiane e rivoluzionarie in Italia e nel mondo.
    La Giornata Internazionale della Donna è il risultato del sacrificio e della resistenza di tutte queste donne che hanno lottato per la liberazione di tutta l’umanità contro sfruttamento, oppressione e potere.
    Questa lotta continua e deve continuare ogni giorno più forte, perché ogni conquista delle donne rende il nemico più aggressivo e determinato a colpire per salvaguardare la propria supremazia.
    Quest’anno le donne del nord e dell’est della Siria, celebrano l’otto marzo con lo slogan” la nostra lotta è la garanzia della rivoluzione delle donne”. Sono quelle stesse donne hanno lottato contro le bande fascio-jihadiste dell’ISIS e hanno fatto conoscere a tutto il mondo la rivoluzione del Rojava, definita poi “la rivoluzione delle donne”
    L’ideologia dell’ISIS è conosciuta per la sua ostilità contro le donne, per le sue politiche di genocidio e femminicidio. l’ISIS ha impartito ai suoi membri l’ordine di rapire e di schiavizzare le donne Ezide, dichiarandole bottino di guerra. Tremila donne Ezide sono ancora tenute in ostaggio, torturate, vendute come schiave, sottoposte ad abusi fisici e sessuali e a ricusare la propria cultura.
    In risposta a tali crimini le donne di Sinjar si sono organizzate, hanno creato forze di autodifesa e un’amministrazione autonoma che ora sono bersaglio di quei poteri che considerano la loro esistenza una minaccia alla propria egemonia.
    Anche le donne del Rojava, che oggi resistono ancora contro gli attacchi della Turchia e dei suoi mercenari, ci ricordano che l’autodifesa e l’organizzazione sono indispensabili per respingere gli attacchi delle potenze che impongono l’egemonia del maschio dominante in tutti gli ambiti delle nostre vite.
    Oggi la Turchia di Erdogan è diventata il centro del potere reazionario dell’egemonia maschile. Il suo regime continua ad imprigionare e ad assassinare centinaia di militanti, tra cui numerose donne, che si oppongono alla sua dittatura.
    La lotta di liberazione delle donne contro questo regime scuote le fondamenta di tutti i governi reazionari del mondo.
    Nel Kurdistan Orientale e in Iran le esecuzioni delle donne vengono utilizzate come specifico strumento di guerra per intimidire la popolazione.
    Nonostante ciò le donne, ben lungi dal sottomettersi, proseguono la loro lotta coraggiosa contro l’oppressore.
    Mentre continuano gli attacchi di invasione del Kurdistan, contro le donne continua una politica speciale: più le donne avanzano più il nemico attacca.
    Le donne che in Kurdistan da decenni ormai sono diventate l’avanguardia e la speranza di tutta la società sono oggetto di brutali attacchi sotto gli occhi di tutto il mondo. L’unità che le donne hanno raggiunto con le forze di difesa delle YPJ e con la Rivoluzione del Rojava sono un simbolo e un’ ispirazione che hanno promosso la partecipazione a questa rivoluzione di tante compagne internazionaliste.
    La realtà di sfruttamento e di oppressione vissuta dalle donne in Kurdistan è la stessa in gran parte del mondo, dove il sistema patriarcale è dominante.
    Tanto più oggi, con la pandemia in corso, la gestione dell’emergenza ha fortemente penalizzato la donna sia in ambito privato/familiare che in quello lavorativo. Il modello capitalista, già in crisi, si è dimostrato incapace di rispondere adeguatamente e ha lasciato dietro di sé solo macerie.
    Per questo accogliamo e aderiamo allo sciopero indetto dal movimento globale delle donne contro lo sfruttamento e a sostegno di tutte le donne resistenti e libertarie.
    Rafforziamo il Confederalismo, la nostra organizzazione e l’internazionalismo per respingere il fascismo e ogni tipo di intimidazione.
    Solo così la voce delle donne potrà alzarsi ed esprimersi liberamente.
    Viva l’8 marzo, viva la lotta internazionale delle donne!
    Jin-Jiyan-Azadi! Donna-Vita-Libertà!
    Ufficio d’informazione del Kurdistan In Italia

    Le donne scaricheranno il governo AKP-MHP
    Ci congratuliamo per la Giornata internazionale della donna e commemoriamo tutte le donne che sono cadute come martiri nella lotta contro l’egemonia maschile. L’8 marzo è il giorno in cui si passa dall’inverno della dominazione maschile alla primavera della libertà delle donne. A causa dell’ascesa delle donne, oggi tutta l’umanità guarda con più speranza al futuro.
    Perché la lotta per la libertà delle donne costituisce una lotta per la liberazione dell’umanità nel suo insieme. Lottando per la propria liberazione, le donne stanno conducendo una lotta per la liberazione dell’umanità.
    Se anche gli uomini vogliono realizzare una vita che sia veramente libera e democratica, devono diventare parte attiva della lotta per la libertà delle donne. Finché le donne non raggiungeranno la loro libertà, anche gli uomini rimarranno schiavi di un sistema di sfruttamento, oppressione e potere e saranno condannati a vivere una vita piena della sporcizia del sistema dell’egemonia maschile. Pertanto, la libertà delle donne significa in particolare che gli uomini saranno in grado di liberarsi dalla loro sporcizia e colpa. Il nostro leader Abdullah Öcalan – lo sviluppatore della teoria “Uccidere l’uomo” – è sempre stato molto consapevole di questo fatto. Ha ucciso il tipo di uomo la cui personalità è stata contaminata dalla sporcizia e che ha commesso tutti i tipi di crimini. Il nostro leader Abdullah Öcalan ha iniziato uccidendo la mascolinità dentro di sé. Così ha promosso la più grande e santa lotta della storia contro il sistema di dominazione maschile. Ha aiutato la donna – la creatrice di tutto ciò che è santo – a rimettersi in piedi, aprendo così la strada all’umanità per condurre una vita santa. L’egemonia maschile guida il corso della storia dell’umanità da 5000 anni. Il nostro leader Abdullah Öcalan ha aperto una nuova pagina nella storia dell’umanità che è guidata dalle donne e porterà alla fine dell’egemonia maschile. Non importa quanto il sistema di egemonia maschile cerchi di evitarlo, d’ora in poi le donne guideranno l’umanità. Il nostro leader Abdullah Öcalan ha creato l’ideologia della libertà delle donne analizzando il carattere sociale delle donne nel corso della storia e tutto ciò che ha vissuto. Oggi, questa è diventata un’ideologia di liberazione per tutta l’umanità. Così ha illuminato non solo la storia delle donne ma anche quella dell’umanità. Con questa grande illuminazione è iniziato un periodo storico – rappresentato dalle donne – in cui l’umanità si innalza. L’ideologia della libertà delle donne creata dal nostro leader Abdullah Öcalan costituisce una pietra miliare per l’umanità. Con questa ideologia le donne sono finalmente diventate le pioniere rivoluzionarie per la liberazione dell’umanità. Sradicando il sistema di dominazione maschile vecchio di 5000 anni, stanno conducendo la lotta e la campagna più rivoluzionarie della storia.
    Oggi, le lotte che comprendono come base la libertà delle donne porteranno avanti l’umanità lungo la linea di una vita libera e democratica.Tutte le strutture ideologiche e politiche che non si basano sulla libertà delle donne sono destinate ad affrontare battute d’arresto e sconfitte. Perché la storia ruoterà nella direzione della lotta per la libertà delle donne. Questo è il motivo per cui il nostro leader Abdullah Öcalan ha affermato che attraverso la lotta per la libertà delle donne i curdi diventeranno decisivi per la lotta per la libertà dei popoli del Medio Oriente, guidando così la regione verso la civiltà democratica. Oggi, mentre il perno curdo avanza, la lotta per la libertà delle donne ha assunto il ruolo di guidare non soltanto il Medio Oriente, ma tutta l’umanità verso la civiltà democratica.
    Attraverso lo sviluppo di un fondamento ideologico e teorico della liberazione delle donne, la lotta per la libertà delle donne ha compiuto ovunque grandi progressi. Questo è il motivo per cui il 2020 è stato un anno di progresso per la lotta per la libertà delle donne, sebbene il sistema abbia utilizzato il Covid-19 come pretesto per ostacolare questa lotta. A partire dall’8 marzo, le donne supereranno la strumentalizzazione di questa pandemia come impedimento e aumenteranno la loro lotta nel 2021.Niente potrà più fermare il vento della lotta per la libertà delle donne. Le donne che hanno riconosciuto la vita libera raccoglieranno tutta l’umanità attorno alla loro ideologia di liberazione e reprimeranno il sistema dell’egemonia maschile. La paura di questo sistema di egemonia maschile continuerà a crescere. E la lotta guidata dalle donne costringerà questo sistema a incontrare le sue più grandi paure.Oggi, la Turchia è diventata il centro del reazionismo dell’egemonia maschile con il governo AKP-MHP come suo rappresentante. Espandendo costantemente la mascolinità, agisce come un nemico delle donne. Ecco perché nel 2020 ha diretto i suoi più grandi attacchi contro le donne e ha imprigionato centinaia di donne politiche che lottano per la libertà delle donne. I casi sempre crescenti di omicidio e stupro contro le donne sono stati utilizzati anche come strumento per rafforzare l’egemonia maschile. Pertanto, la lotta di tutte le donne curde, turche, arabe, picassiane, musulmane, cristiane, yazide e alevite contro il governo AKP-MHP è diventata una lotta per la liberazione dell’umanità nel suo insieme. L’8 marzo 2021, tutte le donne aumenteranno la loro lotta contro il governo AKP-MHP, questo nemico di tutte le donne e dell’umanità. Questo sarà il punto di svolta per la lotta per una Turchia democratica e un Kurdistan libero. Le donne scaricheranno il governo AKP-MHP.
    La lotta per la libertà delle donne del 2021 porterà al collasso del governo AKP-MHP e scuoterà così le fondamenta di tutti i governi reazionari in tutto il mondo. Dopo aver tentato di prolungare la vita del loro governo e aver subito una devastante sconfitta a Garê, il governo AKP-MHP è diventato ancora più debole. Ora, la lotta per la democrazia guidata dalle donne porrà fine a questo governo. Sotto la guida delle donne questa lotta per la libertà non solo salverà i popoli della Turchia, ma tutti i popoli del Medio Oriente da questo governo che costituisce un nemico di tutte le donne.E aprirà la strada alla democratizzazione del Medio Oriente.
    L’8 marzo si solleveranno le donne in Kurdistan, in Turchia e in tutto il mondo. Così, tutte le nuvole scure che aleggiano sull’umanità saranno disperse e l’umanità raggiungerà anni di vita libera e democratica che sorge come il sole.
    La Co-presidenza del Consiglio esecutivo della KCK

  • Giorgio Chelidonio

    Ricordare la Storia e i suoi momenti evolutivi aiuta il presente e il futuro.
    Grazie e buon 8 marzo!!

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