8 mar(z)ò, le donne, il privato…

il politico, le armi e il parlar d’altro

Biani-donneParà

 

Sulla vicenda dell’8 marzo «marò-nizzato» (vedi qui: 8 marzo marò-nizzato) ho ricevuto alcune risposte che mi hanno molto colpito: soprattutto perché invitavano al silenzio e/o non capivano il senso dello scontro politico in atto e delle domande poste.

Non le pubblico qui in “bottega” perché le persone che le hanno inviate a me – o comunque fatte circolare nel magma della rete – non vogliono essere citate (se cambiano idea la “bottega” è sempre aperta).

Riassumo i loro argomenti:

  • perché fare tutta questa cagnara su una cosuccia? Dov’è il problema?
  • Sui marò sono lecite opinioni diverse…
  • È una polemica (o una “rissa”) fra donne… per motivi personali; anzi cito: «se ci sono risse fra donne, non so che cosa c’entri tu e il tuo blog»

Boh, bah, bih.

Nessuna delle risposte “private” che io ho ricevuto (o che ho potuto vedere) entra nel merito della questione centrale, rispondendo cioè alle domande poste pubblicamente prima dall’Udi di Imola e da Trama di Terre ma riprese subito da alcuni interventi in rete e poi (vedi qui: Ancora sull’8 marzo «marò-nizzato») da due lettere di Giulia Barelli e di alcune «giovani donne native e migranti».

In sostanza le domande erano e restano due. Molto semplici, chiare e importanti; almeno così a me pare.

1 – Ha ragione Paola Lanzon, che è la presidente del Consiglio comunale di Imola, a schierarsi per la «liberazione» dei due marò in India? Ribadisco quanto scritto più volte: per la «liberazione» non per un giusto/rapido processo che è tutt’altra faccenda.

2 – Come si può escludere l’offesa alle donne e l’inchino al militarismo visto che la decisione di manifestare per i marò l’8 marzo nasce dichiaratamente in risposta a quanto detto dalle «giovani donne» (il loro intervento è qui: Danzando per la rivoluzione) all’ultimo One Billion Rising di Imola?

Per me le risposte sono evidenti: non ripeto quanto ho già scritto. E si tratta di due questioni politiche importanti che richiedono una presa di posizione netta. Mi riguarderebbero anche se non abitassi a Imola; ovviamente mi coinvolgono un pochino di più visto che quel corteo (aggiungo: schifoso) è passato sotto le mie finestre.

C’è chi la pensa diversamente anche fra persone che si dicono femministe e/o antimilitariste. Un po’ mi sorprende. Ma ancor più mi colpiscono i silenzi (cioè le non risposte) e gli inviti al silenzio. Perché mai non bisognerebbe parlarne? Sono due domande molto politiche. Non vedo “risse” fra donne ma vedo chi sostiene i marò innocenti a prescindere dal processo e si presta a un uso militarista dell’8 marzo.

ElleKappa-F35

Accenno infine a una questione specifica di Imola e a una più generale.

La prima: c’è chi sostiene che Paola Lanzon (se come è giusto bisogna personalizzare il meno possibile, diciamo allora il Pd e la sua maggioranza) qui a Imola è impegnata in attività lodevoli.

La seconda: c’è chi sostiene che con le istituzioni, piaccia o no, bisogna comunque lavorare.

Rispondo sulla prima. Pure se fosse vero (che il Pd di Imola è impegnato in attività lodevoli) non vedo perché dovrei mettere una museruola ai miei pensieri. Ma si dà il caso che io viva a Imola: per quel che so (sono abbastanza informato) la maggioranza di governo della città non porta avanti lodevoli attività di interesse generale e/o in specifiche attività sulla questione del sessismo. Fa il minimo possibile, forse anche un pochino di meno, addirittura non spendendo sempre i pochi soldi disponibili. Certo “bei discorsi” nel Pd e nella sua maggioranza se ne fanno molti; ma per importanti che siano le parole – e non sto scherzando – io ho imparato negli anni che i fatti sono molto, molto e molto più importanti. E spesso le chiacchiere (oppure certi eventi: come a esempio avere invitato a Imola il partito femminista svedese) sono foglie di fico; o un parlar … d’altro.

Rispondo sulla seconda. Certo che si lavora (e si discute) con le istituzioni, finché si può e se dall’altra parte c’è un minimo di rispetto. Ma ogni eventuale collaborazione non impone la “museruola” suddetta cioè non può vietare o limitare il diritto di critica. Altrimenti è camorra. O mafia. O ‘ndrangheta.

Per me la discussione sull’8 mar(z)ò di Imola resta aperta: in questa piccola “bottega” e altrove.

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

Un commento

  • Ciao a tutt*,
    oltre alle giuste motivazioni di Daniele, mi pare ci sia un’ulteriore problema di espropriazione del significato delle giornate di lotta: il fatto che un’istituzione trasformi una giornata nata all’interno di un orizzonte preciso che intendeva produrre e sviluppare un’idea di internazionalismo venga provocatoriamente sfregiata ed espropriata per costruire una data militarista, mi sembra che sia talmente assurdo che fatico a capire come qualcuno possa richiedere che passi sotto silenzio.
    L’idea che l’iniziativa imolese possa costituire un precedente per tentare di distruggere definitivamente quel desiderio di libertà che animava le compagne che la proposero e la istituirono è lampante: se inizia il PD è chiaro che l’arco costituzionale non può che essere completamente interessato alla distruzione di questa scadenza, se non relegandola al mero momento commerciale. Oltretutto la questione dei Marò parte da una idea completamente interna alle logiche secondo cui i militari occidentali possono “legittimamente” essere presenti in ogni parte del mondo: sarebbe interessante vedere quanto garantismo ci sarebbe se dei militari indiani avessero ucciso qualche italiano vicino alle coste pugliesi. La contrapposizione è completa e non mediabile: la lotta dell’otto marzo nasce all’interno di una idea internazionalista e fraterna, la richiesta di liberazione dei marò fatta nel modo del PD imolese, nasce all’interno di una logica colonialista e con un certo retrogusto razzista che, di questi tempi, è molto apprezzato… dalle destre di ogni ordine e grado.
    La giravolta del PD a Imola a quanto pare trova una nuova sottolineatura.
    Enrico

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