Pfas, il veleno nel sangue

articoli di Laura Fazzini, Beniamino Bonardi, Giuseppe Pietrobelli con schede e link

Acidi perfluoroacrilici: questi terribili sconosciuti

Pfas, il veleno nel sangue: cosa sono, acqua contaminata e danni alla salute

di Laura Fazzini

«I nostri figli non si toccano», è il motto delle oltre 100 mila persone che sabato 23 marzo hanno marciato per le strade di Roma alla manifestazione nazionale contro le grandi opere, l’inquinamento e il cambio climatico. Mamme da nord a sud che pretendono un ambiente pulito in cui far crescere i loro figli. Tra queste, le Mamme No Pfas del Veneto.

Acqua avvelenata: la mappa tra Vicenza, Verona e Padova

Sono 350 mila le persone contaminate dal Pfas, una sostanza chimica presente nell’acqua di falda tra Vicenza, Verona e Padova che altera il sistema ormonale portando diverse patologie, anche mortali. Le associazioni ambientaliste e i residenti combattono dal 2015 per avere acqua pulita.

Pfas: cosa sono queste sostanze e i danni alla salute

La sigla Pfas, o acidi perfluoroacrilici, indica una famiglia di sostanze chimiche utilizzata in campo industriale. La classe di Pfas più diffusa, la Pfoa, nel 2009 è stata dichiarata “sostanza inquinante resistente” dalla Convenzione di Stoccolma e nel 2017, su indicazione dell’Agenzia europea delle sostanze chimiche (Echa), la Commissione europea ha riconosciuto che comporta rischi inaccettabili per la salute umana e l’ambiente.

La sostanza viene assimilata nel sangue attraverso l’acqua, sia del rubinetto sia dei cibi, ed è altamente tossica. Non essendo espellibile dal corpo umano, se non in minima parte e nel corso di decenni, porta ad alterazioni ormonali e conseguenti malattie.

Pfas: il Veneto, l’Arpav e la Miteni

Tutto ha inizio a metà degli anni ’60, quando la società Rimar – acronimo di Ricerche Marzotto –  stabilisce a Trissino, in provincia di Vicenza, il suo polo di ricerca. Il marchio di alta moda cerca un prodotto chimico che renda la pelle e il materiale tessile resistenti all’acqua. Lo stabilimento, però, viene costruito sopra una zona di ricarica della falda considerata la seconda più grande d’Europa e già nel 1966 una fuga di acido fluoridrico avvelena la vegetazione circostante.

Dopo quel caso ne seguono altri fino al 2011, anno in cui l’evidenza di una situazione 
di potenziale rischio porta ad una convenzione tra il ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare (Mattm) e l’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) del Consiglio nazionale per le ricerche (Cnr) per monitorare la presenza di perfluorati nell’acqua.

Nel 2013, Arpav Veneto attribuisce il 97% dell’inquinamento della zona alla Miteni spa, ultima proprietaria della ditta, che in pochi anni riceve multe e sanzioni per 3 milioni di euro e dichiara fallimento nell’ottobre 2018.

Pfas: valori limite nel sangue e l’epicentro di Lonigo

Nel 2015 l’azienda sanitaria locale di Vicenza, dopo forti pressioni delle associazioni ambientaliste locali, avvia un primo screening su 270 persone per analizzare il sangue e controllare la presenza di Pfas. Se la soglia massima nel sangue è di 8ng/l, i primi risultati evidenziano casi che superano di 35 volte il limite.

Viene quindi delimitata una zona rossa che comprende 30 comuni, con epicentro Lonigo, Sarego e Meledo, e deciso il posizionamento di filtri al carbone per ridurre l’alto tasso di Pfas nell’acqua.

Oltre ai test sanguigni, la popolazione viene monitorata sulle malattie legate alla mutazione ormonale da contaminazione e si evidenzia, ancora una volta, l’alto rischio di malattie tiroideetumore a rene e testicolo (+30%), cardiopatia ischemica (+21%), morbo di Alzheimer (+14%), malattie correlate al diabete(+25%).

La sterilità maschile e gli aborti: effetti sulla salute

Alla fine del 2018 vengono pubblicati su alcune riviste scientifiche i risultati delle analisi su oltre 200 giovani residenti nella zona rossa raccolti dal gruppo di ricerca dell’unità operativa complessa di Andrologia e Medicina della riproduzione dell’Azienda Ospedaliera dell’Università di Padova.

Carlo Foresta e la sua equipe hanno evidenziato come la sostanza chimica interferisca con l’attività ormonale.

«Abbiamo dimostrato che i Pfas si legano al recettore per il testosterone, riducendone di oltre il 40% l’attività», spiega il professore.

La storica scoperta, che spiega il calo di nascite e l’alto tasso di malattie correlate, ha confermato inoltre come l’inquinamento da Pfas «è stato riscontrato nel cordone ombelicale e nella placenta di donne esposte. Si può ipotizzare una precoce interferenza dei Pfas sullo sviluppo gonadico e sulla documentata riduzione di sviluppo nell’altezza e nel peso dei figli nati da queste donne esposte. Questi risultati suggeriscono che i Pfas, fra le tante sostanze inquinanti ambientali, possono avere un ruolo nell’universalmente riconosciuto incremento delle patologie andrologiche, come infertilità, il criptorchidismo, i tumori del testicolo», dice ancora Foresta.

Lo stesso gruppo di lavoro a febbraio ha denunciato l’impatto dell’inquinante durante la gravidanza, confermando gli alti tassi di preeclampsia (+20%), diabete gestazionale (52%) e nascite premature (30%). «Il professor Foresta ha dimostrato il passaggio della sostanza nella fase gestazionale tra la madre e il feto. Siamo noi mamme le prime a passare il Pfas ai nostri figli, questo è insopportabile», commenta una madre.

La lotta della popolazione, le Mamme No Pfas

Da queste valutazioni l’Asl Veneto inizia nella primavera del 2017 un biomonitoraggio sulla popolazione nata tra il 1956 e il 2002. I primi risultati, arrivati dopo alcuni mesi, dimostrano come la popolazione under 15 sia ad alto rischio, con valori di Pfas che arrivano a 300 ng/l. Da qui la decisione di quattro mamme della zona di Lonigo, divenute in fretta oltre un centinaio, di formare un gruppo di residenti per ottenere la posa di filtri nelle tubature scolastiche.

«All’inizio credevamo fosse necessario solo purificare l’acqua da bere per i nostri figli. Abbiamo lottato perché i Comuni installassero nelle scuole le necessarie macchine di pulizia, ma poi ci siamo rese conto che questo era solo la punta dell’iceberg», racconta Michela Piccoli, una delle fondatrici di Mamme No Pfas.

Infatti l’acqua inquinata non arriva solo nei bicchieri dei piccoli, ma anche nei cibi che mangiano. Le mamme allora sono andate a Roma, in Parlamento e al ministero dell’Ambiente per chiedere di finanziare i lavori per cambiare la fonte di approvvigionamento della zona rossa. «I filtri non bastano, anche se ci hanno assicurato che si arriva allo zero virtuale di presenza Pfas nell’acqua. Abbiamo lottato e abbiamo ottenuto i soldi per far partire i lavori ad aprile», continua Michela.

Infatti il ministero dell’Ambiente, insieme alla Regione Veneto, ha stanziato nella legislatura Gentiloni 120 milioni di euro per scavare il terreno e collegare tre nuove fonti d’acqua alla rete idrica della zona.

«Non ci fermeremo, mai. Non per noi, ma per i nostri figli perché non si può morire per aver bevuto dell’acqua», conclude.

Pfas: Greenpeace, il Noe di Treviso e la denuncia

A metà marzo il comando dei carabinieri per la tutela ambientale, Nucleo operativo ecologico (Noe), di Treviso, ha chiuso le indagini relative all’inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) nelle province di Vicenza, Padova e Verona. Con il report del Noe, Greenpeace ha denunciato come già nel 2006 l’Arpav potesse iniziare le operazioni di bonifica Pfas, nella zona di Trissino.

«Tra il 2004 e il 2010 sono state analizzate le acque con il progetto Giada, finanziato a livello europeo e coordinato dalla Provincia di Vicenza. I risultati del monitoraggio sono stati comunicati ad Arpav, ma non è partita la procedura di bonifica», conferma Greenpeace.

Inoltre, già dal gennaio 2006 la società Icig, che aveva comprato per un euro dalla Mitsubishi lo stabilimento, aveva collocato una barriera idraulica per bonificare il sito inquinato. Il report del Noe, sempre secondo la ricostruzione fatta da Greenpeace, dimostra come alcuni tecnici di Arpav siano stati coinvolti nella gestione del depuratore, senza però far partire le ispezioni dedicate. Questa mancata azione dell’Agenzia per l’ambiente, sostiene il Noe, ha condannato ad altri 10 anni di contaminazione della falda, minando ancora di più la salute dei residenti.

https://www.osservatoriodiritti.it/2019/04/03/pfas-cosa-sono-acqua-effetti-salute/

 

La memoria dell’acqua con PFAS  delle mamme incazzate venete 

di Beniamino Bonardi

Miteni, la fabbrica che si trova a Trissino, nell’alto vicentino, sotto accusa per l’inquinamento delle falde acquifere da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas) in Veneto, ha deliberato l’istanza di fallimento e chiuderà la produzione entro l’anno. Lo ha deciso il cda dell’azienda, che occupa 122 persone e che in una nota spiega di aver “preso atto dell’impossibilità di attuare il piano industriale. Il management ha rilevato l’impossibilità di giungere alla definizione certa dei tempi di sblocco delle due produzioni interdette e del susseguirsi di richieste fortemente onerose giunte, tramite diffide, dalla Provincia di Vicenza. Queste diffide comporteranno l’interruzione di tutte le attività produttive, pur essendo in alcuni casi pretestuose e non riguardando anomalie conclamate o rischi per l’ambiente. Un quadro di assoluta incertezza che ha vanificato gli sforzi del management volti a rilanciare l’attività industriale”.

I Pfas sono riconosciuti come interferenti endocrini correlati a patologie riguardanti pelle, polmoni e reni. L’inquinamento, che è entrato nella catena alimentare, è stato scoperto nel 2013, interessa una sessantina di Comuni nelle province di Vicenza, Verona e Padova, e probabilmente è in corso da decenni dato che la principale fonte sospettata è proprio l’impianto della Miteni, entrato in attività nel 1964 e specializzato nella produzione di molecole fluorurate per la farmaceutica, l’agricoltura e l’industria tecnica.

A seguito del fallimento e della chiusura della fabbrica Miteni, i costi della bonifica si scaricheranno sulle casse pubbliche

A questo punto resta il problema di chi pagherà i costi della bonifica, il cui piano Miteni presenterà entro il 4 novembre, come si era impegnata a fare, ma che in seguito al fallimento non sarà lei a pagare. “L’istanza di fallimento è un escamotage per non pagare la bonifica e non risarcire le persone contaminate dai Pfas. Meglio sarebbe stato se la magistratura avesse sequestrato i beni della ditta”, afferma il consigliere regionale Andrea Zanoni (Pd), vicepresidente della commissione Ambiente.

Alla fine, la bonifica sarà pagata con i soldi pubblici e già si preannuncia lo scarico di responsabilità, come prefigura l’assessore regionale all’Ambiente, Gianpaolo Bottaccin: “Da tre anni dico che se la Miteni chiude, i costi della bonifica sono a carico della collettività. Il pagamento spetterebbe al Comune di Trissino, che si appellerà agli enti superiori. Non c’è però solo la Regione, ma anche la Provincia di Vicenza e poi il danno ambientale è in capo al governo”.

 

Pfas, chiuse indagini su azienda Miteni: 13 indagati tra manager e tecnici. “Sapevano che falda veniva inquinata”

 di Giuseppe Pietrobelli

Si sono chiuse le indagini sull’inquinamento della falda idrica nel Veneto provocato dai Pfas, le famigerate sostanza perfluoroalchiliche che, stando ad alcuni studi, causano danni irreversibili all’organismo. Nelle province di Vicenza, Verona e Padova le persone interessate sono circa 350mila, pari alla popolazione che ha usato l’acqua inquinata, proveniente da acquedotti e pozzi artesiani. La Procura di Vicenza ha notificato gli avvisi di chiusura delle indagine a 13 persone, in particolare manager dell’azienda Miteni di Trissino, considerata la fonte dell’inquinamento. Gli indagati potranno farsi interrogare o depositare memorie difensive, poi la procura potrà procede alla richiesta di rinvio a giudizio.

I magistrati vicentini contestano i reati di avvelenamento delle acque e “disastro innominato”, per fatti accaduti fino al 2013. Ma è già aperto un filone per i fatti accaduti in epoca successiva. Nell’elenco troviamo innanzitutto i manager giapponesi di Mitsubishi Corporation che hanno avuto il controllo della Miteni dal 2002 al 2009, ovvero Maki Hosoda, 53 anni, Kenij Ito, 61 anni, e Yuji Suetsune, 57 anni. Il secondo gruppo è costituito dai vertici della società tedesca Icig-International chemical investors se, che è proprietaria di Icig Italia 3 holding srl, a cui è passato il controllo dell’azienda nel 2009. Si tratta di Hendrik Schnitzer, di 61 anni, Achim Georg Hannes Riemann, 65, Alexander Nicolaas Smit, di 75, cittadino olandese residente in Francia, e l’irlandes Brian Anthony Mc Glynn, 62 anni, residente a Milano. Smit è stato presidente dal 2009 al 2012, Glynn gli è succeduto nel 2012. C’è un terzo gruppo di indagati, responsabili di stabilimento o dell’area tecnica. Si tratta di Luigi Guarracino, 62 anni, di Alessandria, Mario Fabris, 56 anni, di Fontaniva (Padova), Davide Drusian, 44 anni, di Marano, Mauro Cognolato, 46 anni, di Atrà (Venezia) e Mario Mistrorigo, 67 anni di Arzignano.

“In questo primo filone abbiamo contestato le condotte fino al 2013, ossia prima dell’entrata in vigore dell’ipotesi di disastro ambientale. Le riteniamo dolose” spiega il procuratore capo Antonino Cappelleri. Secondo la Procura, quindi, gli indagati erano consapevoli che Miteni inquinava “la falda e le acque superficiali destinate comunque al consumo”, ma non si sarebbero attivati per evitare le conseguenze degli sversamenti. Le indagini sono condotte dai sostituti Hans Roderich Blattner e Barbara De Munari. Come polizia giudiziaria hanno lavorato i carabinieri del Noe e i tecnici dell’Arpav. Secondo gli accertamenti sono stati sepolti nei terreni rifiuti e scarti di lavorazione, anche se dagli studi che erano stati commissionati dalla stessa Miteni emergesse la presenza, sia nel suolo che nell’acqua, di metalli e sostanze che avevano inquinato la falda.

Una conferma è venuta anche dal consulente Tony Fletcher, epidemiologo, coordinatore di una superperizia, affidata nel 2017, che ha concluso: “Le acque furono rese pericolose per la salute pubblica, a causa del riscontrato elevato bioaccumulo dei contaminanti Pfas e Pfoa nella popolazione esposta” e con valori “superiori ai cosiddetti valori obiettivo, con conseguente aumentata incidenza di effetti sanitari indesiderati quali l’aumento di livello di colesterolo”. Con i Pfas, purtroppo, non entra in gioco soltanto il colesterolo, ma gli effetti sono molto più ampi, come dimostrato da una recente indagine scientifica dell’Università di Padova sull’alterazione dello sviluppo sessuale degli adolescenti.

La consapevolezza dell’inquinamento prodotto, secondo gli inquirenti, sarebbe dimostrato anche dal prezzo di cessione di Miteni da Mitsubishi a a Icig, avvenuto nel 2009. Il prezzo pattuito fu di un solo euro, mentre il valore dell’azienda era stimato in 15 milioni di euro. Un accordo piuttosto strano, ma che avrebbe la sua spiegazione in alcuni documenti sequestrati in uno studio legale di Milano da cui risulterebbe la conoscenza dello stato di inquinamento provocato dalla Miteni.

Sostanze perfluoro alchiliche (PFAS)

Cosa sono?

I PFAS sono composti che, a partire dagli anni cinquanta, si sono diffusi in tutto il mondo, utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa.
Come conseguenza dell’estensiva produzione e uso dei PFAS e delle loro caratteristiche chimiche questi composti sono stati rilevati in concentrazioni significative nell’ambiente e negli organismi viventi.
Nel 2006 l’Unione Europea ha introdotto restrizioni all’uso del PFOS, una delle molecole più diffuse tra i PFAS, da applicarsi a cura degli Stati membri. Per le acque potabili non sono ancora definiti e non esistono limiti di concentrazione nella normativa nazionale ed europea; la Regione del Veneto ha recepito le indicazioni del Ministero della Salute sui livelli di performance da raggiungere nelle aree interessate da inquinamento da composti fluorurati.

Presenza di PFAS in Italia e in Veneto

Nel 2013 una ricerca sperimentale su potenziali inquinanti “emergenti”, effettuata nel bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani dal CNR e dal Ministero dell’Ambiente, ha segnalato la presenza anche in Italia di sostanze perfluoro alchiliche (PFAS) in acque sotterranee, acque superficiali e acque potabili.
Distribuzione dei PFAS nelle acque italiane: i risultati del progetto. IRSA-CNR, Polesello

In precedenza, nel 2007, uno studio pubblicato su Analytical and Bioanalytical Chemistry su alcuni tratti del fiume Po e dei suoi affluenti aveva riscontrato nel Tanaro, vicino alla città di Alessandria concentrazioni di PFAS fino a 1300 ng/l.

L’attività di ARPAV

ARPAV si è attivata subito individuando per il Veneto la principale fonte di pressione e l’area di contaminazione nella provincia di Vicenza ed estendendo il controllo a tutto il territorio regionale, attraverso le reti di monitoraggio delle acque sotterranee e superficiali nonché, in stretto coordinamento con la Regione del Veneto e l’Istituto Superiore di Sanità, ad altre matrici ambientali, quali acque marine e lagunari, fanghi e alimenti.
L’intervento tempestivo ha permesso alle autorità regionali di mettere in sicurezza l’acqua potabile della zona interessata, tramite l’utilizzo di filtri a carboni attivi, già nel 2013.

Contaminazione da PFAS – Azioni ARPAV – Regione Veneto – Periodo di riferimento: dal 14 giugno 2013 al 31 dicembre 2018

Contaminazione da PFAS – Azioni ARPAV – Regione Veneto – Aggiornamento al 30 giugno 2017

Contaminazione da PFAS – Azioni ARPAV – Regione Veneto – Periodo di riferimento: dal 14 giugno 2013 al 31 gennaio 2017

Contaminazione da PFAS. Azioni ARPAV – Regione Veneto. Periodo di riferimento: dal 14 giugno 2013 al 31 dicembre 2017

Contaminazione da PFAS. Azioni ARPAV – Regione Veneto. Periodo di riferimento: dal 14 giugno 2013 al 30 giugno 2018

L’analisi sul sistema degli scarichi fognari del territorio interessato ha messo in evidenza che le concentrazioni più alte provenivano dal depuratore di Trissino; tra le principali fonti da cui avevano origine le quantità di PFAS scaricate in fognatura vi era la MITENI S.p.A..
La messa in sicurezza effettuata a luglio 2013, in base all’articolo 245 del D.Lgs. 152/06, consisteva in tre pozzi barriera per l’emungimento dell’acqua, posizionati nel lato più a sud dello stabilimento della ditta Miteni, a valle idrogeologica dalla sorgente, e in un sistema di depurazione costituito da due gruppi di filtri a carbone attivo.

Il territorio interessato dalla presenza di PFAS      

Il monitoraggio

Acque interne superficiali e sotterranee
Dati
Dati analitici open data
Relazioni tecniche
Monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nei punti della rete regionale acque sotterranee. Anno 2018
Monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque superficiali del Veneto – periodo di riferimento 2013-2018
Programma di controllo delle sostanze Perfluoroalchiliche (PFAS) nelle fonti di pressione della regione Veneto. Anno 2017
Monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nella rete di sorveglianza delle acque sotterranee. Anno 2017
Monitoraggio PFAS nei punti di monitoraggio della rete regionale acque sotterranee – anno 2017
Monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque superficiali del Veneto – periodo di riferimento 2013-2017
Sintesi del monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche nelle acque superficiali dei bacini Fratta Gorzone e Bacchiglione. Luglio 2013 – settembre 2017
Programma di controllo delle sostanze PFAS nelle fonti di pressione della Regione Veneto. Anno 2016
Monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nella rete di sorveglianza delle acque sotterranee. Anni 2015 – 2016
Bacino del Fratta-Gorzone. Rapporto 2016
Monitoraggio PFAS nei punti di monitoraggio della rete regionale acque sotterranee – anno 2016
Monitoraggio PFAS nelle acque superficiali del Veneto. Periodo di riferimento: gennaio 2015 – dicembre 2016
Presenza di PFAS nei suoli in zone interessate da contaminazione delle acque superficiali 2016
Stima tempi di propagazione dei PFAS nelle acque sotterranee_nota tecnica 2016
SOSTANZE PERFLUORO-ALCHILICHE – Analisi sulle Fonti di Pressione Ambientale – Collettore consortile ARICA, Sistema dei cinque depuratori, Ditta MITENI S.p.A.
(Periodo di riferimento: 25/06/2013 – 04/05/2016)
Monitoraggio PFAS nei punti di monitoraggio della rete regionale acque sotterranee – anno 2015
Monitoraggio PFAS nelle acque superficiali del Veneto. Periodo di riferimento: luglio 2013 – dicembre 2015. Revisione del 16/05/2016
Monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nelle acque superficiali del Veneto. Periodo di riferimento: luglio 2013 – aprile 2015
Monitoraggio PFAS nei punti di monitoraggio della rete regionale acque sotterranee – autunno 2014
Campagna PFAS Estate 2014 – Acque Superficiali
Monitoraggio PFAS nei punti di monitoraggio della rete regionale acque sotterranee – primavera 2014
Campagna PFAS Marzo 2014 – Acque Superficiali
Stato dell’inquinamento da PFAS in provincia di Vicenza, Padova, Verona. Nota tecnica
Monitoraggio PFAS nei punti di monitoraggio della rete regionale acque sotterranee – autunno 2013
Fanghi di depurazione
Produzione e gestione dei fanghi di depurazione nelle zone interessate dalla contaminazione da PFAS. Approfondimento
Aria
Studio matrice Aria

La Commissione tecnica regionale

Attraverso l’attivazione immediata di una Commissione Tecnica Regionale coordinata dall’Area Sanità e Sociale costituita con la Sezione Regionale Tutela Ambiente e ARPAV, sono state avviate una serie di azioni finalizzate alla tutela prioritaria delle salute pubblica.
Commissario delegato emergenza PFAS

 

per saperne di più

https://www.regione.veneto.it/web/sanita/pfas
http://www.regione.veneto.it/web/sanita/tutela-acque-destinate-al-consumo-umano
http://sian.ulss20.verona.it/iweb/521/categorie.html

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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