Scor-date: 27 gennaio 1944

Un giornalista che non morì da servo (*)

di Claudio Santini

Scritto nel carcere di Bologna alle ore 12 del 27 gennaio 1944.«Mio caro fratello Mario, prima di morire ho fatto acquistare un fiasco di vino che ha pagato il latore del presente. Non voglio lasciare debiti e ti prego di rimborsare la spesa. Baci. Ezio».

E’ l’ultima lettera di Ezio Cesarini prima di essere portato davanti al plotone d’esecuzione. E’ la più significativa testimonianza del carattere e dello stile morale di vita di un giornalista scomodo perché non in linea con l’ideologia del regime. Quando si preoccupa di far saldare la spesa per l’ultimo stordente desiderio è, infatti, a San Giovanni in Monte in attesa della condanna a morte pronunciata come rappresaglia per l’uccisione di Eugenio Facchini, segretario provinciale del partito repubblicano fascista, freddato da un commando partigiano lungo le scale della “Casa dello Studente” in Via Zamboni. Non ha partecipato a quell’azione, ma è stato inserito “d’ufficio” nel numero dei dieci accusati di concorso morale solo per essere recluso come antifascista (meglio non fascista).

Il “tribunale di guerra” si è riunito in Prefettura, senza difensori, alla presenza invece del segretario nazionale Alessandro Pavolini e ha pronunciato sentenza capitale con la motivazione che dice: «Per avere dal 25 luglio 1943 in poi… alimentato con scritti e con parole l’atmosfera della rivolta e determinato così gli autori materiali dell’omicidio a compiere il delitto».

Per questo la mattina del 27 gennaio, verso mezzogiorno, è prelevato con altri sette compagni (due dei dieci originari coimputati hanno evitato l’esecuzione per precedenti «meriti fascisti») ed è portato al prato della fucilazione. Durante il trasferimento coglie un attimo di distrazione dell’ufficiale di scorta, gli strappa la pistola, forza con una spallata il portello del furgone cellulare e tenta di scappare per la campagna. Ma è colpito alle gambe dalle schegge di una bomba a mano lanciatagli contro e portato sanguinante davanti al plotone. Muore gridando: «Viva l’Italia libera!». Ha 46 anni.

Era nato a Montebello Vicentino, si era poi trasferito a Bologna, aveva ideologicamente militato nelle file socialiste.

Nel 1916 prende parte a una manifestazione anti-interventista, è accusato di violenza sovversiva e da quel momento schedato. Nel 1917 è mandato al fronte, partecipa alla grande guerra e riporta un’invalidità. Segue poi i corsi dell’Umanitaria di Milano, la scuola che prepara i quadri del movimento socialista, cooperativo e sindacale.

Appassionato di giornalismo, deve necessariamente iscriversi al sindacato fascista se vuole esercitare la professione dopo le leggi di controllo liberticida entrate in vigore nel 1924.

Nel 1925 è assunto a «Il Resto del Carlino» con l’incarico di segretario di redazione poi di cronista di nera. Nel 1933 – quando Leandro Arpinati, ras del fascismo bolognese, cade in disgrazia ed è mandato al confino – Ezio Cesarini è privato della “tessera” perché ritenuto – non si sa in base a quali elementi – un arpinatiano.

Per riabilitarsi deve così partire volontario per l’Africa Orientale dove è uno dei fondatori e dei redattori del giornale di Addis Abeba.

Tornato a Bologna, è riassunto al «Carlino», ma il 7 gennaio del 1938 è nei guai per un “fattaccio” che gli costa il posto di lavoro per la perdita delle qualità «morali e politiche», necessarie per restare iscritto all’ Albo.

Alfredo Leati, segretario del Pnf (Partito nazionale fascista) bolognese, percorre via Rizzoli e lo nota mentre sta parlando con Francesco Zanardi, già sindaco socialista di Bologna, incontrato in compagnia di un comune amico. Ritiene la condotta di Cesarini «indegna di un vero fascista», lo fa convocare in federazione e lo punisce con la sospensione della tessera del Pnf perché «alle dipendenze di un giornale della Rivoluzione, si accompagnava con elemento notoriamente nemico del regime».

Dopo un anno però il “perdono” e il rientro al lavoro di reporter fino al 25 luglio del 1943. Alla caduta politica di Mussolini, Ezio Cesarini tiene un improvvisato comizio in pieno centro per inneggiare alla ritrovata libertà, poi decide di non ritornare più al «Carlino» per non collaborare con i fascisti che – dice- sono diventati ormai succubi dei nazisti.

Pensa di raggiungere il sud dell’Italia già liberata, ma il progettato trasferimento per mare da Cervia va a vuoto.

E’ senza lavoro, stenta a mandare avanti la famiglia, prova di recuperare la liquidazione che mai gli è stata pagata. Va al giornale e fa presente che il trattamento di fine rapporto gli spetta per gli anni effettivamente passati al quotidiano. L’amministratore sembra convenire e lo invita a presentarsi il giorno dopo per il saldo; ma l’incontro sarà invece con la polizia fascista che lo porterà in carcere pochi giorni prima dell’uccisione del federale, seguito dal “processo” per rappresaglia e dalla condanna a morte.

Ezio Cesarini ha ricevuto la medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: «Ardente patriota, attivamente ricercato dai nazifascisti, dava prezioso apporto alla causa patriottica, distinguendosi in molteplici circostanze per coraggio, entusiasmo e fattive iniziative. Scoperto ed arrestato a Bologna mentre svolgeva una pericolosa missione affidatagli dal “Centro” di Roma, e condannato a morte per vile rappresaglia, affrontava virilmente il martirio, facendo sereno olocausto della sua vita per il riscatto della Patria e della libertà».

La Federazione della Stampa gli ha dedicato una lapide con questa epigrafe: «Ezio Cesarini Giornalista lottò e mori perché l’Italia fosse libera – Iniqua sentenza lo trasse davanti al plotone fascista il 29 gennaio 1944 – L’Associazione Stampa Emiliana fiera del suo glorioso caduto». L’ Ordine dell’Emilia-Romagna gli ha intestato la sala delle riunioni nella sede di Strada Maggiore 6. Il Comune una strada nel Quartiere Navile. Suo figlio, Metello, è stato per anni redattore capo e vice direttore de «il Resto del Carlino».

 

(*) Ringrazio per questo pezzo (il titolo è mio) Claudio Santini e ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso dell’appuntamento quotidiano con le «scor-date». Dall’11 gennaio, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata», di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario; si intende il ricordo di una persona o di un evento che per qualche ragione la gente sedicente “per bene” ignora, preferisce dimenticare o rammenta “a rovescio”. E’ il caso di Ezio Cesarini che pochi conoscono.

Molti sono – con ogni evidenza – i temi possibili delle «scor-date». A esempio, nel mio babelico archivio, sul 27 gennaio c’erano questi appunti: ragionare sul «Giorno della memoria» (bellissima iniziativa macchiata, a mio avviso, da qualche persistente smemoratezza); nel 1302 Dante è cacciato da Firenze; nel 1606 inizia il processo a Guy Fawkes («V per vendetta» per capirsi); nel 1820 una nave avvista il continente antartico; nel 1841 nasce Ulisse Barbieri; nel 1922 muore Giovanni Verga; nel 1940 muore Isaak Babel; nel 1944, lo stesso giorno che i fascisti ammazzano Cesarini si conclude, dopo 900 giorni, l’offensiva nazista in Urss; nel 1945 l’Armata rossa entra ad Auschwitz (da qui la scelta del 27 gennaio come «giorno della memoria»); nel 1955 la Camera vota per la prima volta l’arresto di un parlamentare (Francesco Morarino); nel 1956 un gruppo di intellettuali francesi si schiera contro il colonialismo e per l’Algeria libera; nel 1967 l’Apollo 1 è distrutto da un incendio (3 morti); nel 1973 accordi di Parigi per il Vietnam; nel 1976 eccidio di Alcamo (e un colpevole inventato); nel 1977 Paolo VI ribadisce il no alle donne-sacerdoti; nel 1987 la Cassazione conferma «nessun colpevole per Piazza Fontana»; nel 2009 muore Updike.

Come vedete e vedrete molte le firme e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevissimi, magari solo una citazione, un disegno o una foto. Se l’idea vi piace fate circolare le “scor-date” o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo – assai eterogeneo – che sta nascendo intorno a questa idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

 

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