A un passo dal culo mio – 5

 Per strada a Brescia

Una coppia in via Trieste. Da come si guardano in giro e fanno commenti è chiaro che non sono di Brescia. Tengono il mio passo e li ascolto. Davanti al numero 23 «La fabbrica del cacao» (chiuso) lui si ferma: «Sembra un bar». Lei sbircia e poi entusiasta: «Ma che bello». Lui: «Però non capisco perchè il bidè, la tazza del gabinetto. E poi guarda un coso romano come si chiama?». Lei: «capitello credo». Lui «Sì e lì il quadro vuoto, con la maglietta I love Pirlo. E’ buffo no?». Lei: «Sembra un De Chirico?». Lui: «E’ quel cantante nuovo?»

Scritte ambigue, Brescia

La stessa coppia pochi metri più avanti. Lui: «Hai visto, lì all’ incrocio?». Lei: «No cosa?». Lui: «Ti faccio vedere». Lei: «No acceleriamo che è tardi, spiegami». Lui: «C’era una scritta: Rosy Bindi è buona». Lei: «Sei sicuro?». Con voce incerto: «Forse è una battuta». Lei: «o una volgarità». Lui: «Cioè?». Lei: «Nel senso di bona». Lui: «Ah. Ho capito… ma allora forse ho letto male, c’era scritto busona». Lei: «Può darsi, sono le classiche battute che piacciopno ai bnrlusconiani». Lui: «Però dovrebbero scrivere meglio, altrimenti uno che passa non capisce».

Scritte ambigue, due

Anche a Bologna, non lontano dalla stazione, c’è una scritta, piuttosto grande, il cui significato resta mistrerioso. Chiunque abbia scritto «Nazisti gay» che intendeva? Voleva insultare i nazisti con metodi razzisti-nazisti oppure cosa?

Scritte ambigue, tre

«Amore ti aspetto fuori».

88

Due venticinquenni-trentenni in stazione. «Chiudi quel giornale, mettilo in tasca» dice il primo. «Va bene ma perchè?» chiede l’altro. «Quelli al binario di fronte sono nazisti, se vedono che hai il manifesto sono rogne» spiega il primo. «Ma no, forse sono solo tifosi. Però… guarda due hanno la maglietta “colonna infame”, che roba è?». Il secondo: «Non lo so ma quello lì che sembra il capo ha una maglietta con scritto 88». Il primo: «E allora?». Il secondo: «H H». L’altro: «Non capisco». Il secondo: «H è l’ottava lettera dell’alfabeto perciò per i nazisti H H vale “Heil Hitler”. Lo usano come segno, per riconoscersi fra loro». Il primo stupitissimo: «E tu dove lo hai letto?». L’altro, sconsolato: «Ti ricordi la spalla che mi fa sempre male? Ecco stavo leggendo Il fatto ma a due tipi con la scritta 88 non è piaciuto. Così, dopo il gesso, mi sono informato in rete».

Chi consuma cosa?

Uscendo dal centro sociale Capolinea (di Faenza) un cartello avvisa: «Mondo esterno, consumazione obbligatoria».

Prima dei ballottaggi milanesi

«Non voto più e sai perchè?» chiede il biondo. «No» risponde (un po’ freddo) il castano. «Ho capito che il mio voto vale come quello di mia nonna che non capisce un cavolo» dice il biondo tutto soddisfatto. L’altro con un tono fra il sarcastico e l’arrabbiato: «Complimenti, visto che tua nonna non capisce nulla fai bene a farla votare al posto tuo, sei un genio».

Veramente artigiano

Il locale (molto bellino) si chiama «Circo Sforza» ed è a Imola, in vicolo Troni. Il menù si chiude con un bell’elenco di «birre romagnole» ma un foglio precisa che un paio non sono disponibili perchè «il birraio ha avuto un figlio».

Per strada

A: «La vedete quell’auto?». B e C si girano, poi: «sì». A: «E’ fermo da quasi mezz’ora con il motore acceso». B: «Che stronzo». C: «Perchè stronzo?».

Sempre per strada

Due litigano ma non sul serio. Quello con accento trasteverino dice all’altro: «lo sai come si dice a Roma?». L’altro con accento nordico: «No». Il primo: «Ti do gli schiaffi a due a due finchè diventano dispari».

In fila

Davanti all’ingresso di un concerto una guardia controlla che tutto sia a posto. Un ragazzo esce un attimo dal suo posto, scavalca la recinzione e poi torna dov’era. La guardia ha notato la manovra (forse solo la seconda parte) e si dirige verso il ragazzo. Con tono deciso gli chiede: «perchè sei saltato dentro?». Lui risponde serafico: «perchè prima ero saltato fuori». Il poliziotto se ne va mesto.

Assenze

Lei lo guarda con un sorriso indecifrabile: «Amore mi manchi tanto, mi manchi sempre… mi manchi anche quando ci sei».

 

Milano, luglio

Rubo a Lorella Zanardo questa storia. «Da anni a luglio ripeto un esperimento il cui esito finale spero mi sorprenda ma che finora mi ha dato sempre eguale risultato. La 94 è una linea di autobus a Milano […] molto frequentata. Attendo una mattina quando la temperatura e l’umidità sono altissime […] e intorno alle 11 vado alla fermata della 94. Salgo e mi assale il caldo opprimente, l’aria è irrespirabile, gli abiti si appiccicano al corpo, la promiscuità con gli altri rende il tragitto più faticoso […].Tutti i finestrini sono chiusi. Mi faccio strada educatamente fra i passeggeri e, in silenzio, comincio ad aprire il primo finestrino […]. L’impresa non è agevole: i finestrini a scorrimento resistono […] Dal secondo finestrino in poi tutti gli sguardi erano su di me […] L’interesse svagato delle persone intorno a me diventa attenzione interrogativa, come se non si spiegassero cosa sto facendo: come se l’apertura del primo finestrino rispondesse a un desiderio personale di soddisfare un mio bisogno di refrigerio. Ma l’apertura del secondo, del terzo… perché? Con la terza faticosa apertura accade quasi sempre che un passeggero mi si avvicini e, senza che ci sia un accordo verbale, si sporge con me e mette la mano accanto alla mia per rafforzare la spinta […]. Dal quarto in poi altri si avvicinano […]. Sempre, verso la fine, qualcuno – di solito anziano – dice a voce alta: «Era ora, si moriva di caldo». Molti annuiscono […]. Allora finalmente chiedo a voce alta e con sincera curiosità: «Ma scusate, se avevate caldo perché non li avete aperti voi i finestrini?». Alla domanda, negli anni segue sempre un silenzio tra l’imbarazzato e l’interrogativo […]. Ho verificato che sulla 94 né quest’anno né negli anni precedenti sia mai stato esposto un cartello che vieti l’apertura dei finestrini».

Questa bellissima storia, che ho un pochino sintetizzato, apre «Il corpo delle donne» di Lorella Zanardo, edito da Feltrinelli.

SOLITA NOTA PER CHI PASSA DA QUI

«A un passo dal culo mio» rimanda a un’espressione romanesca spesso addotta a pretesto per disinteressarsi: se “non è a un passo dal culo mio”non mi interessa. Una concezione del mondo che non condivido. Ma poi è davvero così? Storie e dolori altrui, politica, economia o ecologia sono davvero a un palmo da noi. Ecco allora questo appuntamento che propone (anche sul mensile «Come») piccole storie “rubate” sui bus o in metrò, al bar, mentre si parcheggia, in fila al supermarket, all’uscita della pizzeria, raccontate da amiche-amici, ecc. Se volete inviare commenti, impressioni o le storie “a un passo dal culo vostro”… mi  fa piacere. (db)

 

Redazione
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Un commento

  • Non vorrei sbagliarmi.. ma ultimamente a Bologna ne ho visto almeno due di quelle scritte ‘Nazisti gay’…
    Mi faccio la tua stessa domanda…

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