Abate, Bradley, Bussi, De Cataldo, Quattrucci e due Carlotto

7 recensioni giallo-noir (ma c’è anche un fantasy per adolescenti) di Valerio Calzolaio

 

Michel Bussi

«La caduta del sole di ferro». NEO, libro uno

traduzione di Alberto Bracci Testasecca

Edizioni E/O

442 pagine, 16 euro

Parigi. Post Apocalisse. Sono trascorsi 12 anni da quando tutti morirono eccetto alcuni neonati. Ormai i sopravvissuti son diventati ragazzi, risiedono in due distinte tribù: quella del Tepee sulla Torre Eiffel tappezzata di pelli, pescando nella Senna e cacciando al Bois de Boulogne, autodidatti e onnivori; quella del Castello negli edifici e nelle ricche sale del Louvre, dove hanno trovato i video degli antenati, istruitisi a quel modo e perciò vegetariani. Il grande scrittore Michel Bussi (Louviers,1965) ha iniziato una sagace distopia per adolescenti e curiosi, il primo volume si chiama “La caduta del sole di ferro”. Seguiranno gli altri, ogni volta un biennio fino alla “maggiore” età. Il titolo fa riferimento all’astro sconosciuto (per gli uni) e al satellite artificiale (per gli altri) che vigila, scalda, schiarisce. Quando alcuni animali muoiono misteriosamente le due tribù interagiscono con capi e spie, infiltrazioni e tradimenti, manipolazioni e conflitti, amicizie e lotte.

 

Francesco Abate

«I delitti della Salina»

Einaudi

290 pagine, 18 euro

Agosto1905. Cagliari. Al passaggio di turno dei salinieri, viene trovato un cadavere di ragazzo, un corpo piccolo e sgraziato tra il fango e la sabbia. Clara Cio-Cio-San Maylin Simon, lunghi capelli neri, dalla nascita orfana di madre (origini cinesi) e di padre (marinaio disperso in guerra), cresciuta dal benestante importante nonno Ottavio, bellissima coraggiosa ribelle giornalista (ma il direttore Ugo Fassberger corregge sempre e spesso firma lui i pezzi) all’Unione (il quotidiano dei sardi, quattro dense pagine) viene indotta a indagare. Sono molti i bambini scomparsi, in realtà, morti. Li chiamano piciocus de crobi, facchini del mercato. In terza varia l’ottimo giornalista e scrittore Francesco Abate (Cagliari, 1964) narra un’avventurosa storia di oltre un secolo fa: le saline e la Tabaccheria, i poteri forti e il porto, muratori e operai, donne e uomini, lavoro giovanile e dinamiche giornalistiche. Rischia di far risaltare troppo l’occhio di oggi, lo stile è raffinato e godibile.

 

Massimo Carlotto

«Il maestro di nodi»

Edizioni e/o

156 pagine, 15 euro

Padova e Nord Italia. Da giugno ad agosto 2001. Helena Heintze scompare a Milano, è una modella sadomaso, schiava. Il marito è un dominatore dello stesso ambiente, non può rivolgersi alla polizia, affida al padovano Marco Alligatore Buratti l’incarico di trovarla e poi scompare pure lui a Torino. Con Marco e i suoi due compari entriamo in un mondo parallelo reale, terribile, di ricatti ed efferatezze, solitudini e dolore, anche torture e omicidi (Melena con la tecnica del fist fucking). Il quinto romanzo della splendida cruda serie noir di Massimo Carlotto (Padova, 1956), “Il maestro di nodi” uscì a fine 2002 e vinse il Premio Scerbanenco 2003. La casa editrice che ebbe il grande merito di apprezzare e valorizzare il bravissimo autore fin dal 1995, con meritato successo di critica e di pubblico, ripubblica ora i romanzi da cui è tratta la serie televisiva in onda su Rai 2 nell’autunno del 2020. Sul piccolo schermo le avventure sono per ora 4 e questa è la terza (andata in onda mercoledì 9 dicembre).

 

Massimo Carlotto

«La verità dell’Alligatore»

Edizioni e/o

220 pagine, 15 euro

Padova. Metà Novanta. L’avvocata Foscarini lo incarica di trovare un tossico ex compagno di prigione. Marco Alligatore Buratti, studente fallito, ex musicista blues, gran fumatore, spesso ubriaco di calvados e caffè forte dolcissimo, ossessionato di verità e ricordi carcerari, graziato dopo aver scontato ingiustamente sette anni per partecipazione a banda armata, investigatore chandleriano senza licenza con entrature nel mondo della malavita, vincolo (assoluto) di non uccidere mai, ci prova. Riecco la prima di tante belle avventure, dedicata a Grazia Cherchi, “maestra e amica generosa”, esordio della splendida cruda serie noir di Massimo Carlotto (Padova, 1956) sull’Alligatore”.

 

Giancarlo De Cataldo

«Un cuore sleale. Un caso per Manrico Spinori»

Einaudi

246 pagine, 17 euro

Roma. Dicembre 2018. Il 9 dicembre di ogni anno i maschi Proietti trascorrono giornata e notte in yacht. Quel giorno ricorre sia il matrimonio dei genitori che la morte della madre. Il marito e padre Ademaro, palazzinaro di successo, tifoso laziale, i figli gemelli Tommaso e Umberto e il più piccolo Renzo si trovano sul lussuoso Chiwi, governato dal capitano e da un marinaio, accompagnati da Brian, marito dell’unica figlia femmina, Sofia. Da Ostia partono per Ponza: battuta di pesca, partita a carte, chiacchiere, rientro all’alba. Questa volta, al risveglio non rintracciano più Ademaro e presto il mare ne riconsegna il cadavere, forse caduto perché colpito alla nuca. Si precipitano sul posto quattro Pm con i relativi poliziotti o carabinieri, non si capisce bene di chi sia la competenza territoriale: Roma, Velletri, Latina, Civitavecchia. Fra di loro c’è il contino Manrico Spinori che non esclude possa trattarsi di omicidio, sulla base delle prime valutazioni, risultanze e scambi di competenti opinioni. La sua squadra alla cittadella giudiziaria di piazzale Clodio è fatta di donne: tre poliziotte; la gentile coordinatrice 40enne Sandra, sposata col 45enne Nico, materna all’apparenza, feroce all’occorrenza, intuitiva per vocazione, meticolosa per scelta (però ora distratta da guai di coppia); la bassa sarda Gavina, sempre concentrata e corrucciata (col caschetto), imbattibile al computer, legata al 32enne professor Filippo; la nuova bella “fascista” romanaccia Deborah, un metro e ottanta di tatuaggi e muscolatura da karateka, legata all’ispettore testa di cuoio Diego; infine l’efficiente sospirosa segretaria Brunella. Interrogano i familiari: Ademaro aveva sfruttato gli ebrei, ora c’erano problemi di successione, la giovane amministratrice delegata delle aziende sembra brava, ma era stata amante di Ademaro e ora è convivente del terzo lento figlio. Al cadavere manca anche un prezioso orologio. Insomma, il problema è individuare l’opera lirica di riferimento!

Il bravo magistrato e grande scrittore Giancarlo De Cataldo (Taranto, 1956) non è un melomane di gioventù, a un certo punto ha riscoperto l’impatto emozionante dell’opera lirica che gli ha scombussolato la vita e ora anche l’identità letteraria. Siamo già alla seconda avventura della nuova serie di noir: il signorile melomane Manrico (dal “Trovatore”) è un gran bel personaggio, perfetto per mescolare l’esperienza professionale e la passione musicale di De Cataldo con due differenti generi narrativi. Il credo è rigoroso: «non esiste esperienza umana – delitto incluso – che non sia già stata raccontata da un’opera lirica. Bisogna individuarla. E rimettere al centro della scena il melodramma della realtà». Si comincia con il morto, come da copione giallo. Seguono tutti i riti dell’investigazione, sia letterari che istituzionali. La narrazione è in terza (quasi) fissa al passato. Manrico va alle “prime”, cita opere, ascolta lirica e classica, studia analogie emotive col caso, è caparbio, si concentra sulla slealtà (da cui il titolo): «Se c’era una verità che aveva appreso, in tanti anni di indagini, era che, negli esseri umani, verità e menzogna, lealtà e cupidigia, spesso si mescolano… Un solo cuore sleale poteva inquinare un esercito di valorosi». L’ispirazione verrà da Un ballo in maschera di Verdi, ma non sarà immediata. Manrico è tentato pure di scappare dalle furbizie magistrali dell’amministrazione della giustizia, dai vizi mediatici (che si manifestano alla grande) e dalle frequenti cafonaggini di taluni ricchi. Siamo nell’èra della suscettibilità, incombono le festività, è proprio dura: la madre Elena si salva solo giocando al casinò di Venezia, il figlio musicista Alex preferisce New York, Maria Giulia non si fa amare facilmente. Comunque dolci fanciulle lo vedono alto e bello, ne subiscono il fascino frivolo ma riservato. Fra l’altro, fuori dall’ufficio incrocia pure Valentina Poli, trentaquattro anni, vivace e bella marchigiana di Macerata, pubblico ministero appena trasferita da Palmi a Roma. L’apericena da Piero a Prati non ha conseguenze (per ora). Però, l’ultimo dell’anno si trova a suonare al piano Alabama Song di Bertold Brecht e Kurt Weil, diventa irresistibile. Gaudenti vino rosso, cocktail (Hugo) e liquori (whisky).

 

Mario Quattrucci

«A Roma, novembre»

Oltre Edizioni (prima edizione Quasar-Manni 1999)

294 pagine, 16 euro

Roma. Novembre-dicembre 1998. C’è una strana nebbia in città, spetta all’attempato scattante commissario Gigi Marè decifrare l’omicidio di un economista, l’amico e Maestro professor Nicola Cusano: corpo senza vita riverso nella poltrona dietro la scrivania, camicia bianca lordata di sangue, testa reclinata sul petto, profilo sconciato da un colpo d’arma tirato a bruciapelo. Il sor Bruno, portiere della palazzina in via Annia Faustina, ha avvisato la polizia; l’ispettore napoletano Gennaro Zocchi si è precipitato a chiamarlo in Questura; è accorso, nel dolore. L’esordio della bella serie del grande Mario Quattrucci (Velletri, 1936) uscì poco più di venti anni fa, viene ora ripubblicato con una prefazione aggiornata dell’autore che ricostruisce la spinta a scrivere fiction quando rinunciò a tutti gli incarichi e onori istituzionali all’inizio dei Novanta, la genesi del personaggio, il genere, la lingua, i nomi, Marè in onore del poeta Mauro, Giggetto in onore del nonno. Godibile.

 

Alan Bradley

«Un posto intimo e bello»

traduzione di Alfonso Geraci

Sellerio

388 pagine, 15 euro

Toronto. Giugno 1952. Flavia, quasi 13enne, occhi azzurri, udito sopraffino, talento chimico, è in barca con le sorelle Feely 18enne e Daffy 14enne, ai remi il fido Dogger. Ormai da sei mesi è morto il nobile colonnello de Luce, sono rimaste sole, e l’ex attendente e servitore del maniero inglese cerca di farle distrarre con una passeggiata lungo il fiume. Sono distanti dalle antiche magione e tenuta di Buckshaw nel villaggio agreste di Bishop’s Lacey. Superato il camposanto e il vecchio molo (dove due anni prima il vicario aveva avvelenato tre sue parrocchiane, finendo poi impiccato), Flavia lascia languidamente penzolare una mano a pelo d’acqua e… scopre l’ennesimo cadavere, il giovane bellissimo Orlando. La polizia sembra convinta dell’incidente, lei e Dogger indagano nel passato. Sempre godibile la serie iniziata nel 2009 dal canadese esperto d’ingegneria elettronica Alan Bradley (Toronto, 1940). Questo è il decimo, “Un posto intimo e bello”, come sempre in prima persona.

 

Redazione
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