Abituarsi

di Pabuda

uno ci si abitua.

eppure, uno non s’abitua mai:

è vero: col tempo non ci fai più caso,

ma è vero pure il contrario:

appena te ne ricordi,

soprattutto in un certo orario,

ti salta la mosca al naso.

uno crede, col passar degli anni,

d’averci fatto il callo.

eppure, se te n’accorgi,

proprio sul più bello…

(non so se mi spiego)

ti girano all’unisono tutti e due quei cosi

predisposti, tra l’altro, per girare

in caso d’improvvisa perdita

del buonumore.

ci può essere il tipo piagnucolante

che producendo lacrime e moccio

in eccedenza molesta,

il proprio ecosistema circostante appesta.

qualcun altro,

con più spirito o proprio spiritato,

può giocar tutta la vita,

sfoggiando un fluente boemo,

a interpretare il Visconte Dimezzato.

son sicuro che c’è anche qualcuno in grado

di drammatizzare la faccenda all’impazzata

immaginandosi d’esser stato

con saracco dentato

da vivo crudelmente in due segato.

insomma, la vita – come sempre –

offre una caterva d’interessanti alternative!

oltretutto, in questo caso, se ne può scegliere una,

combinarne due o mescolarle… tutte quante,

giorno per giorno od ora per ora, alternandole.

impossibile, cazzarola, chieder di meglio!

ma tutto ‘sto discorso vale solo se sei dotato

d’una speciale proprietà:

il famoso, strambo e magico, movimento a metà.

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Pabuda
Pabuda è Paolo Buffoni Damiani quando scrive versi compulsivi o storie brevi, quando ritaglia colori e compone collage o quando legge le sue cose accompagnato dalla musica de Les Enfants du Voudou. Si è solo inventato un acronimo tanto per distinguersi dal suo sosia. Quello che “fa cose turpi”… per campare. Tutta la roba scritta o disegnata dal Pabuda tramite collage è, ovviamente, nel magazzino www.pabuda.net

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