Alajmo, Crovi, del Molino, Ervas, Mecca con…

con Montorfano, Rousseau e Tartaglia

8 recensioni di Valerio Calzolaio

Giorgia Mecca

«Serena e Venus Williams, nel nome del padre»

66thand2nd Roma

164 pagine, 16 euro

Da Compton (California) per il mondo. 1980-2021. Prima che le sue due figlie venissero al mondo, a un anno di distanza l’una dall’altra, il povero e nero Richard Williams decise che doveva provare a far avere loro successo; il tennis sembrava la via migliore, con rara coerenza e determinazione ci è riuscito (a caro prezzo per le bimbe). Giusto dunque che la biografia italiana delle due campionesse dia spazio al padre (come anche il film americano dello scorso anno). In «Serena e Venus Williams, nel nome del padre» la giovane brava giornalista piemontese Giorgia Mecca (Torino, 1989) narra con brio e sensibilità una straordinaria storia familiare, fatta di infanzia e adolescenza già “professionistiche” e di contenuta intelligente rivalità. Quando lo ha scritto entrambe le quarantenni erano in attività, poi la poco più giovane e maggiormente vincente Serena (che dal 2017 ha già una figlia) si è ritirata durante gli Us Open 2022 (cui ha partecipato anche Venus, perdendo al primo turno).

 

Angelo Tartaglia

«Spaccare l’atomo in quattro. Contro la favola del nucleare»

Edizioni GruppoAbele

92 pagine, 12 euro

Il nostro pianeta. Fattori biotici e abiotici. L’energia ha da sempre un ruolo fondamentale, è come una sorta di fluido vitale indispensabile per alimentare tutte le trasformazioni e manipolazioni della materia alla base del nostro sistema produttivo e della nostra economia. In un sistema che si pretende di far materialmente crescere occorre un flusso anch’esso crescente di energia, che dobbiamo prelevare dall’ambiente circostante. Solo che: non esistono né possono esistere fonti illimitate di energia né nella quantità né nella durata; le uniche fonti energetiche di lunghissima durata (solare e geotermica) sono esterne al nostro mondo (considerando esterne anche la profondità della Terra); è possibile convivere a tempo lungo e indeterminato con gli effetti collaterali delle trasformazioni di energia (i princìpi della fisica, conservazione ed entropia) solo quando è possibile scaricare gli effetti all’esterno e questo dipende dal fatto che la fonte a cui si ricorre sia anch’essa esterna al sistema e il flusso di energia sia più o meno costante (non in perpetua crescita). Il nucleare viene chiamato in causa per il suo (forse effettivamente scarso) contributo alle emissioni di gas climalteranti, tuttavia non è una soluzione, attenzione alle fake news! Il nucleare non è pulito e non è sicuro; produce comunque forti rischi per la sicurezza e gli ecosistemi; l’eliminazione delle tante scorie non è problema risolvibile; l’alternativa dei piccoli reattori per produrre idrogeno è irragionevole e diseconomica; l’intreccio fra civile e militare è storico e strutturale; esistono alternative certamente migliori. La guerra scatenata dalla Federazione Russa contro l’Ucraina non cambia questo acclarato scenario e non può motivare la scelta di lasciare in secondo piano l’emergenza climatica.

Il grande fisico in pensione Angelo Tartaglia (Foggia, 1943), piemontese d’adozione, ingegnere nucleare, già ordinario di Fisica presso il Politecnico di Torino, prende di petto una questione d’attualità, quella che chiama la “favola” del ritorno al nucleare. Il suo breve aggiornato saggio spacca appunto «l’atomo in quattro», ovvero prende in esame sinteticamente i princìpi fondanti della fisica e della termodinamica per sottolineare come l’invocata crescita perpetua delle quantità materiali non sia proprio possibile e come ora la fissione nucleare (come poi in futuro l’eventuale fusione) non possa comunque garantire energia illimitata e pulita. Il tono è colloquiale, diretto, narrativo. Non un trattato di note e appendici (ne ha scritti altri in passato), piuttosto una guida ad alcuni luoghi comuni nel mondo dell’informazione e della politica che rischiano di orientare (malamente) il futuro comune. Purtroppo, da una parte il nostro sistema economico globale, strutturalmente insostenibile, trae, e ha tratto anche in passato, vantaggio dalle sciagure, guerre comprese; dall’altra parte la dinamica contemporanea del clima, essendo il clima stesso, con l’intera biosfera, un sistema complesso, sta evolvendo verso un potenziale collasso. Così il nucleare viene talvolta da taluni rappresentato come un magico rimedio all’impossibile, mentre risulta nei fatti solo un modo per risollevare un settore economicamente in difficoltà mettendo in poche mani un’opportunità di grandi profitti a breve termine, garantiti da risorse pubbliche. Oltre tutto, ogni nuovo impianto nucleare, a parte l’uso bellico diretto, individua bersagli che la follia dei comandi generali di chi possiede armi (dittature e terroristi) potrebbe considerare interessanti, Meglio evitare.

 

Roberto Alajmo

«Notizia dal disastro»

Sellerio (prima edizione 2001)

232 pagine, 14 euro

Palermo, 1978. La tragedia notturna dell’aereo DC-9 proveniente da Roma, precipitato subito prima di atterrare sulla pista di Punta Raisi nella notte del 23 dicembre 1978, con 108 morti e 21 salvati (volo Alitalia 4128), non ebbe come scenario un attentato o un complotto, bensì un destino collettivo, terribile e crudele, e alcuni ritardi nei soccorsi (una quarantina di loro annegò). L’ottimo scrittore e giornalista Roberto Alajmo (Palermo, 1959) definisce «Notizia dal disastro» un romanzo in cui a reinventare fiction sono gli stessi veri personaggi, “facendone un’opera corale fondata sull’imprevedibile incidenza del destino sulla vita degli uomini e sull’imperfezione del loro ingegno quando cerca di dare un senso alle cose”. All’inizio l’esergo di Camus, l’introduzione alla nuova edizione, l’elenco dei 124 passeggeri e dei 5 membri dell’equipaggio. Con ricchezza di documentazione e testimonianze (pure sulle discrepanze) ogni capitolo li presenta in carne e ossa, in terza al passato.

 

Luca Crovi

«Copiare/Reinventare. Andrea Camilleri falsario»

prefazione di Giovanni Capecchi, postfazione di Giuseppe Marci

Oligo Il Rio editore

76 pagine, 12 euro

Testi orali e scritti di Andrea Camilleri (Porto Empedocle, 1925 – Roma, 2019). Fra funzioni e tasti del computer c’è copia/incolla non copia/reinventa, attività molto felicemente praticata dal grande scrittore siciliano (non inventata, ma certo frequente e fertile). Il critico, conduttore radiofonico, storico del genere giallo ed esuberante fumettologo (alla Sergio Bonelli Editore) Luca Crovi (Milano, 1968) racconta con garbo il suo rapporto con Camilleri (frequentato indirettamente a distanza anche dal padre, intervistato per ore tante volte, subito rappresentato in Germania dopo la prima, incontrato di persona in una sola occasione a Luino), mostrando come lo straordinario contastorie abbia utilizzato appigli storici, cronache quotidiane, testi letterari per aumentare la qualità emozionale delle proprie oralità e scrittura, in funzione del racconto che stava facendo. Ecco il breve «Copiare/Reinventare»: far pure sparire le prove della copia anche quando riveli che la stai eseguendo.

 

Jean-Jacques Rousseau

«Le fantasticherie di un viandante solitario»

traduzione e breve introduzione di Ilaria Guidantoni

Lorenzo de’ Medici Press

(originale «Les Rêveries du promeneur solitaire», 1782)

152 pagine, 10 euro

Passeggiate solitarie reimmaginate negli ultimi anni di vita. «Le fantasticherie di un viandante solitario» costituiscono l’ultima opera di Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778), le pagine finali scritte a meno di tre mesi dalla morte e rimaste incompiute, dedicate alla nobildonna amante (e sua benefattrice) Madame de Warens e al loro primo incontro cinquant’anni prima, lei 28enne, lui 17enne. Il grande filosofo, pedagogista e musicista svizzero visse spesso nell’indigenza economica e trascorse gli ultimi anni emarginato dalle relazioni umane, con spirito affaticato, inasprito dalla misantropia. Le redasse prevalentemente per sé stesso, cercando una solitaria pace interiore, conversando con i propri ricordi in un “rifugio” naturalistico e scegliendo uno stile abbastanza contorto e trasandato, mantenendo pur sempre un grande rigore morale capace di interrogarci ancora. Le passeggiate sono dieci, ovviamente in prima persona perlopiù al passato, prendono spunto da un luogo visitato.

 

Fulvio Ervas

«Se ti abbraccio non aver paura»

Marcos Y Marcos

(edizione originale 2012)

336 pagine, 19 euro

Americhe. In moto (soprattutto). Imperdibile (almeno se lo avete perso). Ecco l’edizione speciale con venti fotografie originali, a dieci anni dalla prima uscita, del viaggio di Franco Antonello e del figlio autistico Andrea: «Se ti abbraccio non aver paura». La vicenda è stata splendidamente narrata, con la prima persona del padre, dall’ottimo scrittore Fulvio Ervas (Musile di Piave 1955). Ora nella premessa, Fulvio: «parlarne perché non si tratta di una maledizione ma di una possibilità del vivere… ho la certezza che in questi dieci anni siano affiorate, su media e social, alla televisione e al cinema, le storie di molte persone con disabilità… invece di combatterci, potremmo abbracciarci». Franco: «a maggio 1996 l’autismo ha travolto le nostre vite… Oggi Andrea, che prima di quel viaggio era da “rinchiudere nei muri della follia”, come scrive lui, è un ragazzo che lavora e si muove da solo per la città, addirittura vive nel suo appartamento in relativa autonomia…».

 

Sergio del Molino

«Pelle»

traduzione di Maria Nicola

Sellerio

282 pagine, 16 euro

Spagna. Ultimi decenni. Un padre fa compagnia al figlio di 7 anni, che in genere si addormenta tranquillo senza il minimo timore che una strega potrebbe bussare alla finestra quando tutte le luci sono spente. Uscendo dalla camera, la porta viene però lasciata socchiusa e la luce accesa in cucina, è il padre che a quel punto inizia un’altra vita. Comincia a grattarsi, le braccia, la schiena, la testa; talvolta esce sangue, macchiando magliette, fodere, lenzuola; si sente mostruoso, lui una strega. Con «Pelle», il bravo giornalista e prolifico scrittore Sergio del Molino (Madrid, 1979), racconta in prima persona la propria dura esistenza con la psoriasi, soffermandosi sia su aspetti anatomici, antropologici, storici, letterari e cinematografici, che su malati celebri personalità, come Stalin, Pablo Escobar, Cyndi Lauper, John Updike, Nabokov, oltre a guardarsi bene dentro e sopra, a riflettere autobiograficamente con acume beffardo e dolente e identificandosi con una quantità di mostri.

 

Michele Montorfano

«Tutto il cinema è Addio»

Graphe editrice

76 pagine, 9 euro

Vedere con gli occhi, sala o non sala. Soprattutto nell’ultimo secolo. Ci sono due luoghi, due pianeti, due città, due continenti nati nella testa degli uomini: il muro della natura, con il suo corpo ciclico nel tempo, e il cinema, quella piccola scatola inapribile che ci abita dentro prima di essere vista, che è sia efflorescenza di noi che un luogo fisico (da alcuni molto frequentato). Il cinema apre un sentiero enigmatico tra il tempo e lo spazio, tra il nostro desiderio di mantenerli legati e la violenta volontà di abolirli, ben raccontabile su uno specifico tema, il legame con l’Addio. Tutta la vita è costellata di Addii: l’amore, le partenze, la fine di una storia, la morte. «Tutto il cinema è Addio» è un breve immaginifico saggio di cinematografia dello scrittore e poeta Michele Montorfano (Como, 1976) che in particolare esamina, con svariati agganci filosofici e ideologici (bibliografia finale) cinque film: Drive, Casablanca, Elephant, The tree of life, 8 ½.

 

Redazione
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